Copertina
Autore Marcus Rediker
Titolo Canaglie di tutto il mondo
SottotitoloL'epoca d'oro della pirateria
EdizioneEleuthera, Milano, 2005 , pag. 192, ill., cop.fle., dim. 125x190x12 mm , Isbn 978-88-89490-03-7
OriginaleVillains of All Nations. Atlantic Pirates in the Golden Age [2004]
TraduttoreRoberto Ambrosoli
LettoreRiccardo Terzi, 2006
Classe storia moderna , storia criminale , mare , viaggi , paesi: Giamaica
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Indice


   I. Storia di due terrori                       7

  II. L'aritmetica politica della pirateria      27

 III. Chi «si farà pirata»?                      47

  IV. Il nuovo governo della nave                71

   V. Rendere giustizia ai marinai               93

  VI. Le donne pirata: Anne Bonny e Mary Read   113

 VII. Estirparli dal mondo                      135

VIII. Una sfida alla morte stessa               155


      CONCLUSIONE
      Oro e sangue                              177
      Ringraziamenti                            185

 

 

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Pagina 7

I
STORIA DI DUE TERRORI



Nel primo pomeriggio del 12 luglio 1726, a Boston, William Fly saliva al patibolo per essere impiccato per pirateria. Si muoveva agilmente, come un marinaio che si arrampica a riva. Le sue mani indurite dalle sartie reggevano un mazzetto di fiori. Sul suo volto battuto dalle intemperie aleggiava «un aspetto sorridente». Non mostrava colpa, vergogna o contrizione. In effetti, come annotava il reverendo Cotton Mather, «si guardava intorno come distratto». Ma una volta sul patibolo, la distrazione cessò, anche se non nel modo che ci si sarebbe aspettato. I suoi modi si fecero più spicci, e immediatamente prese le redini della funzione mortale. Lanciò egli stesso la corda sulla traversa, assicurandola bene, e poi ispezionò attentamente il cappio destinato al suo collo. Dopodiché, seccato, si rivolse al boia rimproverandolo perché «non sapeva fare il proprio Mestiere». Ma subito dopo il marinaio esperto nell'arte dei nodi ebbe compassione del novizio e si offrì di insegnargli il modo giusto di eseguire il cappio. Quindi, «con le proprie Mani sistemava le Cose al fine di rendere tutto più Conveniente ed Efficace», riannodando personalmente la corda, mentre la folla sotto il patibolo guardava ammutolita la scena. Infine notificò al boia e agli astanti che «non aveva paura di morire» perché «non aveva fatto torto ad Alcuno». Come spiegava Mather, era determinato a morire «da uomo».

Al momento di pronunciare, in quella funesta occasione, le ultime parole, la speranza di Mather era che Fly e gli altri pirati condannati si comportassero da predicatori; in altri termini si augurava che potessero servire da esempio e monito a coloro che si erano riuniti per assistere all'esecuzione. E alcuni si adeguarono. Samuel Cole, Henry Greenville e George Condick, forse sperando in una grazia in extremis, si rivolsero con atteggiamento penitente alla folla raccomandando a tutti di obbedire a genitori e superiori, di non imprecare, bere o bestemmiare, e di non profanare il giorno del Signore. I tre pirati riconobbero la liceità del procedimento a loro carico, ringraziando i sacerdoti per la loro assistenza. Fly, invece, non chiese perdono, non elogiò le autorità, non affermò i valori della cristianità, come ci si attendeva da lui. Lanciò invece un avvertimento. Rivolgendosi alla folla della città portuale, fitta di capitani di navi e marinai, espresse il suo augurio estremo e più sentito: che «tutti i Comandanti di Vascelli possano trarre Avvertimento dalla Sorte del Capitano (si intenda il capitano Green) che egli aveva assassinato, e paghino ai Marinai il Compenso dovuto, e li trattino meglio; essendo a causa della loro Barbarie che tanti si fanno Pirati». Fly usava quindi il suo ultimo fiato per protestare contro le condizioni di lavoro in mare, che definiva Bad Usage, maltrattamento. Stava per accedere all'eternità con un'aperta minaccia di ammutinamento sulle labbra.

Benché Mather notasse con piacere che gli era parso di vedere un vago tremito alle mani e alle ginocchia del malfattore, Fly moriva comunque a modo suo, con atteggiamento di sfida e coraggio. Ciò nondimeno, i preti e i magistrati di Boston si sarebbero riservati le ultime battute del dramma. Giacché Fly non aveva rivolto alla gente l'avvertimento ritenuto idoneo, l'avrebbero fatto loro, rispondendo in tal modo alla sua minaccia. Dopo l'esecuzione, ne fecero appendere il cadavere incatenato all'ingresso del porto, «a mo' di Monito per gli altri, in particolare per gli Uomini di Mare».

Il dramma per Fly e il suo equipaggio era precipitato dalla mattina del 28 giugno 1726, quando erano entrati in porto come prigionieri. Fly era un nostromo di ventisette anni, un poveraccio «di oscuri Natali» che nell'aprile 1726, in Giamaica, si era arruolato sotto il capitano John Green, in rotta verso l'Africa occidentale con lo snow (vascello a due-alberi) Elisabeth di stanza a Bristol. Green e Fly ben presto si erano scontrati, e il nostromo aveva iniziato a organizzare un ammutinamento contro il comandante. Una notte, insieme a un marinaio di nome Alexander Mitchell, aveva tirato Green giù dal letto, trascinandolo sul ponte, e dopo averlo riempito di botte aveva cercato di buttarlo fuori bordo. Ma Green si era aggrappato alla vela maestra, e allora uno dei marinai, con un'ascia da carpentiere, gli aveva mozzato la mano all'altezza del polso. Dopodiché il disgraziato capitano «era stato inghiottito dal mare». L'ascia era stata quindi rivolta contro Thomas Jenkins, il primo ufficiale, che ancora vivo aveva seguito il capitano fuori bordo. Gli ammutinati avevano poi discusso se anche il dottore della nave dovesse fare la fine degli altri due, giù «nel blu», ma la maggioranza dell'equipaggio aveva deciso che l'uomo poteva risultare utile, cosicché era stato semplicemente messo in catene sottocoperta.

Una volta preso possesso della nave, gli ammutinati avevano preparato un mastello di punch per celebrare degnamente la nascita di un nuovo ordine a bordo. Erano marinai abituati a cucire la canapa per le vele ed erano quindi esperti nell'uso di ago e filo. Avevano così cucito un teschio con le tibie incrociate su di un drappo nero, creando il Jolly Roger, che sarebbe diventato il tradizionale, e temuto, simbolo piratesco. La nave venne ribattezzata Fames' Revenge e fece vela in cerca di possibili prede. Furono catturati cinque vascelli, tra cui il John and Hannah al largo della North Carolina. Prima di affondarlo, Fly inflisse una severa punizione al capitano John Fulker, legandolo alle drizze di pennone e prendendolo a frustate. Le imprese piratesche di Fly terminarono quando un gruppo di marinai appartenenti ai vascelli catturati e arruolati a forza sulla nave pirata si ribellarono. Fatto prigioniero con i suoi, Fly venne portato a Boston e messo sotto processo per omicidio e pirateria.

A Boston li aspettava il Reverendo Dottor Cotton Mather, un sessantatreenne prelato della Old North Church, pomposo, fatuo e arrogante, che all'epoca era il chierico più famoso, e forse la persona più famosa in assoluto delle colonie americane. Costui mise nella vicenda un interesse personale, proponendosi di portare Fly alla redenzione. Si era dunque incontrato con l'ex-nostromo, esortandolo a ravvedersi e pentirsi, e aveva dato ordine che fosse condotto in chiesa. Anche Benjamin Colman, un altro noto prelato, si era unito alla battaglia per salvare l'anima a Fly, ma fu tutto vano. I più importanti uomini di chiesa di Boston avevano miseramente fallito con il loro prigioniero, che di volta in volta li aveva sfidati, derisi, fatti oggetto della propria ira. Lo stesso Colman scriveva che Fly «si abbandonava talvolta a tremende manifestazioni d'ira imprecando contro il cielo stesso e Dio suo giudice». Mather, per parte sua, concludeva che quell'uomo era «un esempio massimamente insolito e raro di Impenitenza e Stupidità; e quale spettacolo di ostinazione sarà capace di fornire tale Malvagio». In uno di questi incontri, Fly era esploso, dicendo: «Non posso accusare me stesso ... Non mi riconoscerò colpevole di alcun Delitto ... il nostro Capitano e il suo secondo ci trattavano in modo Barbaro. A noi disgraziati non viene resa giustizia. Niente è detto ai nostri Comandanti affinché cessino di abusare di noi e trattarci come cani. Ma i poveri Marinai...». A questo punto, a quanto si legge, Mather l'aveva interrotto. Non poteva ascoltare altro. Due concezioni, l'una cristiana e provvidenziale, l'altra marinara e sociale, si fronteggiavano in un conflitto cosmico.

L'impiccagione del «povero» William Fly è stata un atto di terrore. O meglio, bisogna dire che l'occasione ha rappresentato lo scontro tra due terrori diversi. Uno era quello praticato da personaggi come Cotton Mather — cioè preti, funzionari regi, persone abbienti, in parole povere i membri della classe dirigente — che cercavano di eliminare la pirateria in quanto attentato alla proprietà mercantile. Costoro usavano coscientemente il terrore per raggiungere i propri scopi: proteggere la proprietà, punire chi rifiutava di obbedire alle leggi emanate a sua difesa, vendicarsi di quanti consideravano come propri nemici e intimorire i marinai che coltivassero l'intenzione di farsi pirati. Come lasciava intendere Colman, tutto ciò veniva fatto in nome dell'ordine sociale. Il sermone che quest'ultimo tenne per l'esecuzione — sermone cui Fly rifiutò di assistere — era una meditazione sul terrore, su Dio visto come «re dei terrori» e quindi fonte di ogni disciplina sociale. In effetti, i governanti dell'epoca erano dei veri e propri terroristi, decenni prima che il termine acquisisse il suo significato moderno (come sarebbe accaduto durante il periodo del Terrore nella Rivoluzione francese). Eppure non vengono considerati tali. Anzi, nel corso del tempo, costoro sono diventati eroi culturali, addirittura dei padri fondatori. Il loro era il terrore dei potenti contro i deboli.

L'altro tipo di terrore era quello praticato da comuni uomini di mare, come William Fly, che solcavano gli oceani sotto il vessillo del Jolly Roger, la bandiera concepita per terrorizzare i capitani dei vascelli mercantili e convincerli a cedere il proprio carico. Anche i pirati usavano coscientemente il terrore per raggiungere i propri scopi: ottenere denaro, punire chi opponeva resistenza, vendicarsi dei nemici, intimorire marinai, capitani, commercianti, funzionari e chiunque coltivasse l'idea di attaccare i pirati o fronteggiarli. Tutto ciò era fatto in nome di un diverso ordine sociale, come vedremo nei prossimi capitoli. Comunque sia, anche i pirati erano terroristi. E tuttavia anche loro non vengono considerati tali. Anch'essi, nel corso del tempo, sono diventati eroi culturali, forse anti-eroi, o per lo meno personaggi romantici e straordinari di una cultura popolare sempre più globale. Il loro era il terrore del debole contro il potente. Era una parte essenziale di una dialettica del terrore che veniva riassunta nella decisione delle autorità di innalzare il Jolly Roger sui patiboli dove venivano impiccati i pirati: un terrore sovrastava l'altro.


Il dramma in cui si trovavano ad agire i pirati (William Fly e le dozzine di altri che incontreremo in seguito) toccava alcune questioni fondamentali di quell'epoca. Come vedremo, i marinai semplici che diventavano pirati mettevano in luce i problemi di classe; gli ex-schiavi africani o afro-americani che passavano alla pirateria ponevano l'accento sui problemi razziali; e i pirati donna lo ponevano sulle convenzioni di genere. E tutti quelli che decidevano di diventare pirati e navigare sotto «la propria bandiera nera», il Jolly Roger, mettevano in scena un dramma di natura squisitamente politica riguardante i rapporti tra le nazioni. Questi eventi hanno avuto un proprio teatro, in entrambe le accezioni del termine, cioè un luogo fisico specifico e una forma drammatica particolare. Essi avvenivano infatti nell'Atlantico, sui patiboli eretti in tutta fretta nelle città portuali come Boston, e sui ponti dei vascelli d'alto mare come la Fames' Revenge. I palcoscenici erano transienti, in movimento, contemporaneamente locali e globali, come gli attori che vi comparivano.

Nella messa in scena nazionale, al pirata era riservato il ruolo di un feroce e violento villain [canaglia], descritto dai gruppi dominanti come un mostro assetato di sangue, votato alla distruzione dell'ordine sociale. Ma sotto la retorica della demonizzazione, che esploreremo nell'ottavo capitolo, c'è una storia reale alimentata dai conflitti nazionali e dalle loro ricadute. Durante la Guerra di Successione Spagnola, molti uomini di mare contemporanei di William Fly avevano prestato servizio, in qualità di corsari, sulle navi da guerra private che ricevevano dalle monarchie una «lettera di corsa», vale a dire l'incarico ufficiale di attaccare, catturare e saccheggiare i vascelli nemici. I governanti delle nazioni europee usavano questi corsari per integrare la propria forza navale, interrompere le linee di rifornimento e i circuiti commerciali del nemico e accumulare ricchezza a sue spese. A guerra finita, però, si accorgevano di non poter controllare i corsari che prima stavano alle proprie dipendenze. Nel 1716, ad esempio, una banda di pirati annunciava con spavalderia e arroganza di «non aver mai sottoscritto gli articoli di pace con i Francesi e gli Spagnoli» e che avrebbe quindi continuato ad attaccare le navi di quelle nazioni. Lo stesso equipaggio, sotto il comando di un certo capitano Benjamin Hornigold, aggiungeva che non avrebbe invece «disturbato Inglesi e Olandesi».

Il governatore della Virginia, Alexander Spotswood, pur avendo avuto notizia di tali dichiarazioni, non vi aveva però prestato fede. Nel luglio 1716 scriveva infatti al Council of Trade and Plantations che i pirati di recente insediatisi nelle Bahamas avevano annunciato che «non avrebbero arrecato disturbo agli Inglesi e si sarebbero accontentati di predare ogni vascello Francese o Spagnolo che avessero incontrato». Ma poi continuava: «Tuttavia è sì scarso il credito che si può dare a siffatte Persone, che non v'è dubbio che tratteranno tutte le Nazioni al medesimo modo, ogni qual volta ne abbiano l'occasione». E aveva ragione. La logica della guerra corsara non poteva durare a lungo. Uno stupefatto capitano Hornigold l'avrebbe ben presto scoperto a sue spese: il suo equipaggio, composto in massima parte di inglesi, lo avrebbe destituito di lì a poco proprio perché rifiutava di catturare e depredare le navi britanniche, che dopo tutto rappresentavano le prede più numerose e lucrative di quei mari.

In un mondo sempre più dominato dal sistema degli Stati nazionali, il fatto che i pirati agissero «in assenza di alcun incarico di Principi o Potentati» era diventato un problema di primaria importanza. Dopo un sanguinoso scontro al largo della costa occidentale dell'Africa, nel corso del quale la nave da guerra britannica Swallow aveva catturato l'intero equipaggio di Bartholomew Roberts, il giudice del tribunale speciale istituito per l'occasione al Cape Coast Castle (una fortezza per la tratta degli schiavi) aveva severamente ammonito i pirati: «Avete condotto questa Lotta e questa insolente Resistenza contro una Nave Reale senza qualsivoglia giustificazione di Autorità, se non quella proveniente dalla vostra personale depravata Volontà, e per di più sotto l'insegna di una Bandiera Nera, con ciò presentando Voi stessi con assoluta evidenza come volgari Briganti, Oppositori e Violatori di tutte le Leggi umane e divine».

I pirati non si consideravano «volgari Briganti, Oppositori e Violatori di tutte le Leggi umane e divine», bensì si ritenevano gente senza nazione. Nel cucire la loro bandiera nera, simbolo anti-nazionale di una banda di fuorilegge proletari, «dichiaravano Guerra a tutto il Mondo». Quando incrociavano un'altra nave, i pirati, che erano di origine multinazionale, in genere rispondevano ai saluti dicendo che venivano «dal mare», non da uno specifico Paese. A volte spiegavano ai loro prigionieri di aver «venduto la propria nazione» per il bottino. Cosa che era stata brutalmente chiarita dopo la dichiarazione di guerra contro la Spagna (la breve Guerra della Quadruplice Alleanza) nel marzo 1719, quando l'Ammiragliato britannico e tutti i suoi ufficiali, fino alle Americhe, speravano disperatamente che i pirati rientrassero per accettare dal re un «incarico di corsa» e poi tornare in mare appunto come corsari. In effetti molti pirati rientrarono per accettare l'incarico e tornarono in mare come corsari, ma alle dipendenze della Spagna per attaccare le navi inglesi! Lo storico Peter Farle scrive che i vascelli corsari spagnoli «avevano, a quanto si diceva, equipaggi formati principalmente da sudditi britannici e francesi, un ulteriore esempio dell'estrema slealtà dei pirati di quel periodo». Non stupisce se i governanti degli Stati nazionali arrivarono alla conclusione che quella gente doveva essere sterminata.

I pirati degli anni tra il 1710 e il 1720 sono stati forse quelli più importanti nella lunga storia delle scorrerie navali. Hanno rappresentato l'apice di ciò che è stata definita l'epoca d'oro della pirateria, che copre il periodo compreso all'incirca tra il 1650 e il 1730. Quest'epoca ha visto il succedersi di tre generazioni distinte di pirati: i bucanieri degli anni 1650-80, questi «cani del mare», per lo più protestanti, provenienti da Inghilterra, Francia settentrionale e Olanda, che cacciavano la selvaggina sulle isole deserte e attaccavano le navi della Spagna cattolica, ben esemplificati dal temibile Henry Morgan; i pirati degli anni Novanta, la generazione di Henry Avery e William Kidd, che si erano spostati nell'Oceano Indiano stabilendo le loro basi in Madagascar; e infine quelli che costituiscono l'argomento di questo libro, i pirati degli anni 1716-26, che sono stati i più numerosi e quelli che hanno riscosso il maggior numero di successi. Rappresentati da personaggi come Edward Teach e Bartholomew Roberts, attaccavano le navi di tutte le nazionalità riuscendo a mettere in crisi il lucrativo sistema commerciale atlantico. Sono loro che hanno dato origine alla maggior parte delle immagini di pirati che continuano a vivere nella cultura popolare, da personaggi esagerati come Barbanera o lo sconosciuto pirata zoppo che è servito a Robert Louis Stevenson da verosimile modello per il Long John Silver dell' Isola del tesoro, fino alla temuta bandiera nera con il teschio e le ossa incrociate.

Gli scorridori multietnici – che nel corso del decennio 1716-26 raggiungevano il numero di circa quattromila – furono in grado di mettere in ginocchio il sistema commerciale atlantico catturando centinaia di navi mercantili, bruciando o affondando molte di esse, e depredandole tutte di ogni carico di valore. Disarticolavano così il commercio in zone strategiche dell'accumulazione capitalista come le Indie Occidentali, il Nord America e l'Africa occidentale, in un'epoca in cui l'economia atlantica, avviata di recente e in espansione, era la fonte di enormi profitti e di rinnovato potere imperiale. Di solito i marinai si univano alle navi pirata dopo aver prestato servizio sui vascelli mercantili o militari, dove dovevano sopportare sovraffollamento, vitto scarso, disciplina brutale, salari di fame, malattie devastanti, incidenti disabilitanti e morte prematura. La pirateria, come vedremo, offriva invece la prospettiva di bottino e «denaro facile», cibo e bevande abbondanti, ufficiali elettivi, equa distribuzione delle risorse, cure per i feriti e allegro cameratismo, il tutto come espressione di un'etica di giustizia.

Se la qualità era buona, la durata della vita che la pirateria lasciava sperare non era però lunga. Di norma, un marinaio serviva sotto la bandiera nera per un paio d'anni, periodo oltre il quale molti, se non i più, ci lasciavano la pelle. Era raro che qualcuno servisse, o durasse, per un periodo superiore. I funzionari regi che rappresentavano l'accusa al processo contro l'equipaggio di Roberts al Cape Coast Castle definivano il primo gruppo di condannati alla forca – William Magnes, David Sympson, Thomas Sutton, Valentine Ashplant – come «vecchi Trasgressori e noti Briganti», anche se ognuno era «nella lista» soltanto da tre o quattro anni. Eppure il rischio di morte per molti non costituiva un deterrente, e tale scelta veniva riassunta dallo stesso capitano Roberts, che faceva notare come sui mercantili ci fosse «cibo scarso, paga bassa e lavoro duro; ma qui da noi c'è abbondanza e sazietà, piacere, libertà e potere; e chi non sceglierebbe di riscuotere il proprio credito da questa parte, quando il rischio che si corre, al peggio, è soltanto lo sguardo incarognito di un paio di persone mentre mi impiccano. No, vita felice e corta, ecco il mio motto».

Gli Stati nazionali, da terroristi quali erano, non chiedevano di meglio che rendere breve la vita dei pirati, e in effetti lo scontro del 1726 tra William Fly e Cotton Mather a Boston fu solo una scena di un dramma durato dieci anni. Gli imperi atlantici, con la Gran Bretagna in testa, organizzarono una campagna terroristica internazionale per sradicare la pirateria, usando il patibolo come esibizione pubblica di potere. Tra il 1716 e il 1726 i governi impiccarono pirati a Londra, a Edimburgo, a Sào Miguel nelle Azzorre, al Cape Coast Castle in Africa, a Salvador in Brasile, a Curaηao, ad Antigua, a Saint Kitts, in Martinica, a Kingston e Port Royal in Giamaica, nelle Bahamas, nelle Bermuda, a Charleston in South Carolina, a Williamsbourg in Virginia, a New York, a Providence nel Rhode Island e nella stessa Boston, dove diversi pirati erano già stati giustiziati negli anni precedenti. In tutte queste località le autorità mettevano in scena spettacolari esecuzioni di quanti avevano commesso atti di banditismo in mare. L'impiccagione di Fly fu soltanto una delle ultime di queste scene terribili.


Quasi tutte le impiccagioni di pirati eseguite nelle località atlantiche ebbero qualche elemento in comune con il dramma interpretato da Fly, i suoi compagni e Mather. I pentiti, come Cole, Greenville e Condick, sperando in un atto di clemenza, dicevano ciò che le autorità volevano sentire, e magari ne erano davvero convinti: non si doveva bestemmiare, imprecare, pronunciare il nome di Dio invano, cantare canzoni oscene, giocare d'azzardo, frequentare prostitute, profanare la festa, cedere all'indecenza e alla lussuria, peccare di gola. Si doveva invece obbedire a tutti i superiori, rispettare i genitori, «tributare la dovuta deferenza ai Governanti», «stare al proprio posto e accontentarsi della propria condizione». Solo a pochissimi fu concesso il perdono. Ai più, anche a quelli più sottomessi e pentiti, fu sempre negato.

Ma ciò che risulta evidente da queste esecuzioni, e certamente è risultato tale agli occhi delle autorità del tempo, è la quantità di disordine e resistenza che hanno generato. Nel 1717, a Kingston, Giamaica, una folla sediziosa sottrasse un pirata alla forca. Le autorità regie di tutte le località atlantiche, temendo che la cosa si ripetesse anche in altre occasioni, rinforzarono le proprie guarnigioni al fine di prevenire una simile eventualità. Molti pirati, poi, come Fly, rifiutarono il ruolo prescritto e usarono l'occasione per un ultimo atto di sovversione. Una fila infinita di pirati salì spavaldamente sul patibolo e da lì sbeffeggiò le più alte cariche. Nel 1718, alle Bahamas, il pirata Thomas Morris espresse davanti al cappio un unico semplice rammarico: di non essere stato «di maggiore afflizione per queste Isole». Nel 1726, all'impiccagione di John Gow, un uomo assai corpulento, la corda si spezzò e il condannato dovette «salire la scala una seconda volta, cosa che fece con modesto disagio, morendo con la medesima brutale ferocia che aveva animato tutte le sue azioni da vivo».

In occasione di un'esecuzione collettiva di pirati a Providence [l'allora capitale delle Bahamas], avvenuta nel dicembre 1718, Woodes Rogers, governatore e giudice del vice Ammiragliato delle Bahamas, fece issare sul patibolo l'infame bandiera degli scorridori, cosicché il suo teschio ghignante sventolasse sul luogo dell'esecuzione. Temendo una sommossa da parte della folla radunata (di cui facevano parte molti ex-pirati) e, ancor peggio, la liberazione dei malfattori, Rogers schierò cento soldati per scortare al patibolo Daniel Macarty e altri sette che dovevano essere giustiziati per «Ammutinamento, Fellonia, Pirateria». Uno dopo l'altro i pirati fecero discorsi spavaldi, proclamando che «la Vita da Pirata è l'unica Vita per un Uomo di qualche Valore». Macarty invece ricordò «il tempo in cui c'erano sull'Isola tanti Giovani Coraggiosi che non l'avrebbero lasciato morire come un Cane». Ma poi riconobbe davanti alla folla convenuta che in quell'occasione c'era «troppo potere sopra le loro teste» perché qualcuno potesse «tentare alcunché in suo Favore». E dopo bevute, brindisi, insulti al governo e persino una temporanea sospensione dell'esecuzione, alla fine fu dato l'ordine di rimuovere i supporti che sostenevano i condannati, al che «la botola si è aperta e gli otto hanno penzolato».

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