Copertina
Autore Enrico Remmert
CoautoreLuca Ragagnin
Titolo Smokiana
SottotitoloElogio del fumo nella letteratura di tutti i tempi
EdizioneMarsilio, Venezia, 2007, Gli specchi , pag. 220, cop.fle., dim. 13,5x21,2x2 cm , Isbn 978-88-317-9330-8
LettoreElisabetta Cavalli, 2007
Classe aforismi
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Indice


 11 Introduzione

 15 Sigaro qui sigaro là
 39 La pipa di Magritte
 61 La sigaretta
 97 Tabacchi da meditazione
111 Fumi e bicchieri
121 La Filosofia nel Fumoir
141 Altri tabacchi
163 Canne al Vento e Narghilè
175 Cenere sul pentagramma
191 Drogheria Calliope

215 Postfazione


 

 

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Pagina 15

Sigaro qui sigaro là



Con un sospiro Laureano Leon rimise l'orologio in tasca. Aveva ancora dieci minuti. Stava seduto su una panchina del parco Manuel de Céspedes, nel pieno centro di La Habana, e guardava con preoccupazione il portone d'ingresso del palazzo del Governo, che tra pochi minuti avrebbe dovuto varcare. Accese un fiammifero e lo accostò a quel che rimaneva del sigaro, chiudendo le mani a conca. Tirò una prima boccata soffiando fuori il fumo nervosamente, poi ne diede una seconda, inspirando lentamente e gustando il sapore del tabacco sul palato. Cosa poteva volere da lui il ministro dell'Industria? Come mai un uomo che era una leggenda per tutta Cuba faceva convocare un ragazzetto di vent'anni? Un operaio di una fabbrica di sigari? Di che mancanza si era macchiato? Non si era sempre comportato da buon rivoluzionario? La mano destra cominciò a tremare. Si alzò, buttò il mozzicone di sigaro per terra e lo spense con la punta della scarpa. Era una mattina torrida, la camicia si era appiccicata al torace avvolgendo d'umidità il cuore, che batteva all'impazzata.

Laureano Leon si avvicinò ai soldati di guardia al portone e mostrò la lettera di convocazione. Il soldato più giovane lesse la firma in calce al foglio e non riuscì a nascondere lo stupore. Gli chiese i documenti e lui li mostrò. Il soldato più giovane si avvicinò a quello che sembrava il più anziano tra i soldati di guardia e gli porse la lettera e i documenti. Il soldato anziano indugiò, come se stesse leggendo attentamente ogni parola, poi squadrò il ragazzo e con un gesto lo invitò a seguirlo.

Percorsero un lungo corridoio che portava a una scalinata di pietra. Oltrepassarono il primo piano e si fermarono al secondo, davanti a un tavolo in noce reso lucido dall'uso. Era l'anticamera del ministro. La guardia anziana porse i documenti del ragazzo all'uomo dietro il tavolo, che li prese sgarbatamente e lo congedò. Laureano Leon venne fatto accomodare in quella che aveva tutta l'aria di una sala d'aspetto, e lasciato solo. Chiuse gli occhi cercando di dominare il nervosismo e si preparò a una lunga attesa. Non passò neanche un minuto che un attendente aprì una doppia porta e, con tono neutro, pronunciò il suo nome.

Laureano Leon si alzò, stordito, ed entrò nell'ufficio del ministro dell'Industria. L'attendente, senza dire una parola, uscì dalla stanza e chiuse la doppia porta alle sue spalle. Il ministro dell'Industria stava seduto dietro una grande scrivania. Non alzò neanche lo sguardo, aveva un sigaro fra i denti ed era intento a leggere un fascicolo. Sul tavolo, fra varie carte, Laureano Leon non poté fare a meno di notare un libro di poesie di Pablo Neruda e una scatola di Montecristo numero 4, della cui linea di produzione lui era responsabile. Il ministro dell'Industria lasciò cadere i fogli sul tavolo, sbuffando. Il suo sguardo incendiario si posò su Laureano Leon, che fece fatica a controllarsi. Senza staccargli gli occhi di dosso aspirò una lunga boccata.

«Adoro i mareva, compaņero. Facili da tenere tra le dita, o tra i denti, nei momenti di lavoro duro».

Laureano Leon fece un sorriso di circostanza, incapace di rispondere. Il ministro dell'Industria gli porse la scatola di Montecristo.

«Mi dicono che lei è il responsabile di questa scatola, compaņero» disse.

Laureano Leon, pallido in volto di fronte a uno dei padri della Rivoluzione, annuì.

«Ebbene, ho notato che, negli ultimi tempi, la qualità dei miei puros varia da scatola a scatola, compaņero. Non ardono tutti allo stesso modo».

Il giovane notò che il ministro dell'Industria stava fumando il suo Montecristo fino all'ultimo millimetro. Cercò di difendersi: «Se è come dice, Comandante, perché quello che tiene in mano lo sta fumando fino a bruciarsi le dita?»

Il ministro dell'Industria sorrise: «Ma per la paura di non trovare un altro hecho come questo, compaņero!»

Mezz'ora più tardi, leggero come una piuma, Laureano Leon si risedette sulla panchina del parco Manuel de Céspedes e si accese quel sigaro. Fu la prima e unica volta della vita in cui ebbe a che fare personalmente con Ernesto Guevara.

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Pagina 24

Fumare è umano. Fumare sigari è divino. Anonimo


Ritorno al Toscanello... Certo che in molti non l'hanno mai abbandonato. Non hanno perso l'abitudine di accenderlo ogni tanto, di vederlo incandescente al vento di prua, piccolo frangiflutti di un mare irrequieto. Ma io mi ero semplicemente dimenticato il sapore, gli aromi, il calore che sprigiona questo rollato di foglie cresciute a trecento chilometri da casa mia, fatto oggi come ieri, le mani umide che avvolgono il tabacco, cinque volte a pacchetto. (...) Mi hanno detto che non conviene comprarlo, che in rapporto costano meno i Toscani, che se tagli a metà una scatola di Toscani hai dieci Toscanelli invece di cinque. Ma quando compro i Toscani non resisto alla tentazione di fumarne uno intero, magari aspettando pazientemente il giorno giusto, quello con la mezz'ora adatta. E poi se pensi di pagare troppo il tuo tabacco, allora fuma di meno, magari fosse possibile risparmiare su tutto. Alberto Ghidoli


«Lei è uno strizzacervelli?»

«Sì».

«Allora lasci che le dica una cosa. Non sono mai andato d'accordo con sciamani, stregoni e psichiatri. Della condizione umana hanno capito molto più Shakespeare, Tolstoj o persino Dickens di chiunque di voi. Siete una banda di ciarlatani sopravvalutata, che si ferma alla grammatica dei problemi umani, mentre gli scrittori che le ho nominato badano all'essenza. E non mi piacciono le etichette vacue che appiccicate alla gente, né le parcelle che chiedete per le perizie di parte. E non mi piacete in tribunale, uno per la difesa, l'altro per l'accusa, due cosiddetti esperti, l'un contro l'altro armati, ma entrambi col portafoglio gonfio. Voi giocate con la testa delle persone, e siete inutili, se non dannosi. Inoltre, stando a quanto ho letto di recente, avete abbandonato il lettino per i farmaci, come del resto anche il mio amico Morty. Paranoia? Prenda questo due volte al dì. Schizofrenia? Sciolga questo in bocca prima dei pasti. Io prendo un whisky al malto e un Montecristo per tutto, e le consiglio di fare altrettanto. Fanno duecento dollari, grazie». Mordecai Richler

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Pagina 39

La pipa di Magritte



Con un sospiro Sir Walter Raleigh rimise l'orologio in tasca. L'uomo che nel 1584 aveva portato per primo il tabacco in Europa stava conversando amabilmente con la sua protettrice, la regina Elisabetta I. A onor del vero fu il monaco francese André Thévet a portare dall'America i primi semi di tabacco e questo nel 1556. Dunque a parlare con la regina Elisabetta I era l'uomo che per secondo aveva portato il tabacco in Europa. A onor del vero, nel 1560, Jean Nicot de Villemain, ambasciatore francese in Portogallo, aveva inviato semi di tabacco in dono a Francesco Il, ed è infatti a lui che si deve il nome poi sancito da Linneo: Nicotina Tabacum. Dunque a parlare con la regina Elisabetta I era l'uomo che per terzo aveva portato il tabacco in Europa. A onor del vero poi, nel 1561, il cardinal Prospero di Santa Croce, nunzio apostolico a Lisbona, aveva inviato in dono a papa Pio IV, Giovanni Angelo Medici, i preziosi semi della pianta di tabacco. Così che a parlare con la regina Elisabetta I era l'uomo che per quarto aveva portato il tabacco in Europa.

E mentre parlava, evidentemente, Sir Walter Raleigh, fumava la pipa.

Il dialogo verteva sui limiti dell'intelligenza umana al cospetto del Creato.

«Voi. Sir Raleigh» disse a un certo punto la regina. «con tutta la vostra capacità e il vostro intelletto, non siete certo in grado di pesare il fumo che esce dalla vostra pipa».

«Affatto, mia regina» rispose l'uomo, «me ne sento assolutamente capace».

La regina sorrise e ne nacque una scommessa.

Raleigh chiese allora una bilancia da speziale. Quindi pesò una piccola quantità di tabacco, la mise nel fornelletto della pipa, la accese e cominciò a fumare. La regina lo guardava incuriosita. Sir Walter Raleigh, l'uomo che per quarto aveva portato il tabacco in Europa, fumava placidamente.

Quando ebbe finito, l'uomo svuotò le ceneri rimaste sul piattino della bilancia.

«Ecco» disse, «la differenza fra il peso del tabacco iniziale e il peso della cenere finale rappresenta appunto il peso del fumo».

La regina, divertita, pagò la scommessa e prima di congedare l'arguto Raleigh* osservò: «Finora avevo sempre visto la gente trasformare il denaro in fumo. Questa è la prima volta che vedo il fumo trasformato in denaro».


* Il capace e intelligente Sir Walter Raleigh fu poi condannato a morte da Giacomo I che, tra l'altro, non fumava.

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Pagina 64

Decise di cambiar vita, di approfittare delle ore del mattino. Si levò alle sei, fece la doccia, si rase, si vestì, gustò la colazione, fumò un paio di sigarette, si mise al tavolo di lavoro e si svegliò a mezzogiorno. Ennio Flaiano


Niente è più facile di smettere di fumare: lo faccio venti volte al giorno! Mark Twain


Quando ci ripenso non so dire se la storia che sto per raccontarvi sia cominciata a Parigi, nel settembre del '42, oppure cinque anni dopo a Torino, nel mio ufficio, nel momento in cui l'usciere entrò per annunciarmi che il signor Daniel G. aveva bisogno di parlarmi. A quell'epoca, e precisamente nel marzo del '47 ero ancora impiegato alla Società d'Assicurazioni, e con lo stipendio che guadagnavo dovevo mantenere mia madre ed aiutare la vedova di mio fratello che nel '45 era stato ucciso dai tedeschi: dello stipendio mi rimanevano sì e no i soldi per le sigarette. Sette ore al giorno in ufficio, qualche pacchetto di Nazionali e la coscienza di essere "un buon figliolo", come diceva mia madre, non bastano a soddisfare le aspirazioni di un giovane di ventisei anni. Raffaele La Capria


«Che vuoi?» Il ragazzo mi guardò fisso con gli occhi ben aperti, ben spaventati. Ed io ripetei: «Si può sapere che cosa vuoi?» Il ragazzo estrasse dalle tasche dei pacchetti di sigarette straniere. «Non fumo» dissi. Poi tesi la mano, presi un pacchetto e domandai: «Sono con la segatura?» Il ragazzino mi guardò per un attimo con gli occhi tondi e sfavillanti. Riprese il pacchetto, lo scartocciò e spinse fuori abilmente tre sigarette. Poi, così aperto, mi ridiede il pacchetto perché io odorassi il buon tabacco americano. Non contento, prese una sigaretta, la stracciò (è questo il nome del suo gesto), sbriciolò il tabacco nelle mani e lo buttò per terra dicendo: «Č roba genuina, io non tratto la roba di Forcella».

«Non far storie» dissi, «dove la rubi?»

«Signurì, non parlate così, altrimenti non facciamo più l'affare e vi dimostro che sono un uomo onorato». Domenico Rea


Mentre sperava, vedeva passare il tempo e si sentiva prendere da un senso di avvilimento dal quale tentò di liberarsi cercando di accontentarsi di quello che aveva. Siccome gli esseri umani hanno bisogno di attaccarsi a qualcosa che, per quanto futile, dia un senso alla vita, per non lasciarsi andare si dette al caffè, alle sigarette e alla raccolta di biglietti di banca nuovi. Nagib Mahfuz


La vedova smise di piangere e, gettato uno sguardo da vittima a Pëtr Ivànovic, disse in francese che per lei era molto duro. Pëtr Ivànovic fece un gesto, in silenzio, che voleva esprimere la sua assoluta certezza che non poteva essere altrimenti.

«Fumi pure, se vuole, prego» disse la vedova con voce magnanima e insieme afflitta e si mise a trattare con Sokolov la questione del prezzo del posto. Pëtr Ivànovic, che s'era messo a fumare, la sentiva investigare con molta minuzia sui vari prezzi della terra e infine stabilire quello che conveniva prendere. Lev Nikolaevic Tolstoj

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Pagina 141

Altri tabacchi



Con un sospiro Mario Soldati rimise l'orologio in tasca. Era seduto all'interno della manifattura tabacchi di Cava dei Tirreni, di fronte al dottor Diego Gamba, direttore generale dei Monopoli di Stato. Ogni anno il celebre scrittore e regista versava l'importo stabilito per ottenere i "diritti di cernita", che gli consentivano di acquistare fino a quattrocento sigari Toscani selezionati, da ritirare di persona al normale prezzo di vendita. E ogni anno Soldati lasciava per un giorno tutti i suoi impegni — macchine da presa o per scrivere che fossero — per godere di questo privilegio, per lui irrinunciabile. Poco prima aveva spiegato al dottor Gamba che, per il secondo anno consecutivo, alcuni dei sigari acquistati direttamente in manifattura avevano un gusto più dolce. Il direttore, sulle difensive, aveva risposto che, quando la manifattura si trovava a corto di tabacco Kentucky proveniente da Umbria o Toscana, al suo posto veniva impiegato Kentucky coltivato in Campania che, pur nascendo dallo stesso seme, dava sigari con caratteristiche diverse.

«Ma se vuole, dottor Soldati, posso fare in modo che questo inconveniente non le capiti più» concluse il dottor Gamba. «Al contrario» protestò Soldati. «Perché invece non usate abitualmente il Kentucky campano per produrre un Toscano diverso da quello classico?»

L'idea venne esaminata per anni e, alla fine, accolta: nel 1982 cominciò la produzione del nuovo Toscano Garibaldi, così chiamato in onore dell'eroe dei Due Mondi. La soddisfazione di Soldati, che di quel sigaro si sentiva il padrino, fu grande.

Vent'anni dopo nacque il Toscano Soldati, che lo scrittore poté fumare da una nuvola del Paradiso.

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Pagina 143

SGANERELLO Checché ne dicano Aristotele e tutta quanta la Filosofia, non c'è niente di meglio del tabacco. Č la passione delle persone perbene, e chi vive senza tabacco non è degno di vivere. Jean-Baptiste Poquelin aka Molière


«Vediamo un po'» disse Holmes fermandosi all'angolo e dando un'occhiata al panorama circostante. «Vorrei ricordarmi l'ubicazione precisa delle case qui attorno. Č una mia piccola mania, conoscere esattamente Londra. Ecco: lì c'è Mortimer, il tabaccaio». (...) Arthur Conan Doyle


Con un sacco di rape d'inverno sulla schiena, Lov Bensey veniva avanti a fatica, affondando i piedi nella sabbia bianca della via del tabacco sconvolta dalle piogge. Erskine P. Caldwell


Tabacco, divino, rarao, sovreccellente tabacco, tanto superiore a tutte le loro panacee, oro potabile, pietra filosofale, sovrano medio di tutte le malattie. Robert Burton

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