Copertina
Autore Giuliano Romano
Titolo Introduzione all'astronomia
EdizioneMuzzio, Roma, 2006 [1985], Il piacere della scienza 12 , pag. XIII+378, ill., cop.fle., dim. 14x21x2,5 cm , Isbn 978-88-7413-140-2
LettoreGiorgia Pezzali, 2007
Classe astronomia
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Indice


Parte I   CENNI DI ASTRONOMIA                     1


 1  Introduzione                                  3

    1.1 Le sezioni coniche
    1.2 Ellisse
    1.3 Parabola
    1.4 Iperbole
    1.5 Alcuni richiami di geometria

 2  Coordinate sferiche                          13

    2.1 La sfera celeste
    2.2 Punti cardinali, moto del Sole, eclittica
    2.3 La Terra e la sfera celeste
    2.4 La sfera celeste
    2.5 Sistema orario
    2.6 Il moto della Terra
    2.7 Sistema equatoriale
    2.8 Sistema eclitticale
    2.9 Coordinate galattiche
    2.10 La Terra e le coordinate terrestri

 3  Misura del tempo                             43

    3.1 Giorno solare vero e tempo vero
    3.2 Giorno solare medio e tempo medio
    3.3 Fusi orari e tempo civile
    3.4 Alcune conseguenze
    3.5 Tempo locale
    3.6 Tempo delle effemeridi
    3.7 L'anno
    3.8 La data giuliana

 4  Precessione e nutazione                      63

    4.1 Precessione e nutazione
    4.2 Aberrazione della luce

 5  Il moto del Sole e della Luna                69

    5.1 Il moto del Sole
    5.2 Il moto della Luna

 6  Le eclissi                                   81

    6.1 Le eclissi
    6.2 Limiti dell'eclisse
    6.3 Il saros o periodo delle eclissi
    6.4 Le occultazioni

 7  Il moto apparente dei pianeti                89


 8  Le leggi di Keplero                          95

    8.1 Le leggi di Keplero
    8.2 La legge di Titius e Bode

 9  Gli elementi orbitali dei pianeti            99


10  La legge di Newton                          105


11  Distanze e dimensioni dei corpi celesti     111

    11.1 Introduzione
    11.2 Parallasse diurna
    11.3 Parallasse annua
    11.4 Distanze nel sistema solare
    11.5 Diametri dei corpi celesti

12  Alcuni strumenti di misura                  117

    12.1 Il fotometro
    12.2 Il micrometro filare
    12.3 Lo spettrografo
    12.4 L'effetto Doppler
    12.5 Le camere CCD e le reflex digitali

13  Il Sole                                     125

    13.1 Il Sole
    13.2 Condizioni fisiche al centro del Sole
    13.3 L'attività del Sole

14  Caratteristiche fisiche dei pianeti         135

    14.1 Mercurio
    14.2 Venere
    14.3 Luna
    14.4 Marte
    14.5 Gli asteroidi
    14.6 Giove
    14.7 Saturno
    14.8 Urano
    14.9 Nettuno
    14.10 I limiti del sistema solare
    14.11 Le comete
    14.12 La luce zodiacale
    14.13 I meteoriti
    14.14 I pianeti extrasolari


Parte II   ESERCITAZIONI, QUESTIONI, PROBLEMI   159


15  Misure di angoli                            161
16  Astronomia sferica                          169
17  Il tempo                                    179
18  Le meridiane                                189
19  L'astrolabio                                213
20  Il globo celeste                            219
21  Antichi metodi elementari per la misura
    del raggio terrestre                        225
22  La Luna                                     233
23  La determinazione delle distanze dei pianeti
    dal Sole                                    257
24  Le leggi di Keplero: esercitazioni e
    problemi                                    263
25  Il moto dei pianeti                         281
26  Esercitazioni e problemi sui pianeti        295
27  La parallasse                               321
28  Il Sole                                     325
29  Piccoli strumenti per l'osservazione
    del cielo                                   333
    29.1 Considerazioni generali
    29.2 Il binocolo
    29.3 Le caratteristiche dei cannocchiali
    29.4 Uso delle mappe mensili

Bibliografia                                    371

Indice analitico                                373


 

 

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Pagina VII

Presentazione


Oggi quando si parla di Astronomia si pensa subito ai buchi neri, ai quasar, alla grande esplosione dell'Universo. Si dimentica facilmente che per millenni l'Universo era formato solo dalla Terra (al centro), dal Sole e dai pianeti, racchiusi, poco più in là, dal cielo delle stelle fisse oltre il quale si entrava nell'Empireo.

Escludendo la sfera delle stelle, che l'astronomia moderna ha mandato in frantumi insieme a quelle che portavano i pianeti, tutto il mondo antico si riduce unicamente al sistema solare: una parte infinitesima della Galassia nella quale ci troviamo che, a sua volta, è solo una dei tanti milioni sparse per l'Universo. Tuttavia, per quanto piccolo, il sistema solare è anche quella parte dell'Universo in cui ci è dato di vivere, quella che possiamo studiare meglio perché è più vicina, che dobbiamo conoscere sempre più esattamente per calibrare gli strumenti d'indagine con i quali affrontiamo poi il mondo galattico ed extragalattico.

Questo piccolo mondo vicino, anche osservato solo a occhio nudo, ci permette di impadronirci di un'astronomia di base attraverso la quale misuriamo il tempo, spieghiamo fenomeni come le fasi lunari e le eclissi o ritroviamo in cielo una remota galassia invisibile a occhio nudo sapendo dove puntare il telescopio. Ma c'è di più. I moti apparenti sulla sfera celeste del Sole, della Luna, dei pianeti, bene osservati e giustamente interpretati, ci svelano le distanze, le posizioni e i moti reali di questi corpi nello spazio, facendoci giungere a costruire il moderno sistema del mondo, copernicano, e a rivelarci le leggi che lo governano.

La maggior parte di coloro che volano direttamente ai "grandi temi" dell'Astrofisica e della Cosmologia ignorano o dimenticano questa Astronomia di base che regge tutto l'edificio della conoscenza dell'Universo. Così anche i libri si moltiplicano sviluppando quasi esclusivamente questi temi, spesso riducendo la trattazione a una esposizione di dati raggiunti, punto di partenza per sviluppare teorie affascinanti fino alla vertigine.

Questo libro spazia nel campo opposto, richiamando quella parte dell'Astronomia che tutti possono affrontare a occhio nudo, con strumenti modesti e col ragionamento. Non fa piovere dall'alto sul lettore i risultati di scoperte fantasmagoriche ottenuti con gli strumenti più potenti e le tecniche più raffinate, ma lo aiuta a diventare protagonista. Insegna a diventare abili interpreti e utenti di ciò che si vede in cielo, servendosi delle conoscenze acquisite. Infatti, dopo una prima parte in cui vengono ricordate nozioni fondamentali e riassunti i più recenti risultati, il libro presenta ben 174 problemi (con soluzione) e 59 esercitazioni che aiutano il lettore a chiarirsi questioni che si era già poste e a fargli scoprire possibilità che non sospettava di avere così a portata di mano. Non tutti sanno, per esempio, come costruirsi rapidamente da soli un atlante fotografico celeste contenente stelle fino alla 9a magnitudine (cioè 16 volte più deboli di quelle al limite della visibilità a occhio nudo) con una comune macchina fotografica. Questo libro lo insegna. E siccome l'autore sa di rivolgersi a persone che non hanno le possibilità strumentali dei grandi osservatori (studenti, professori, astrofili con molta passione ma pochi mezzi) incomincia con l'insegnare come si misurano gli angoli servendosi solo delle mani.

Procedendo di questo passo, spiega come si possono risolvere tanti problemi con strumenti rudimentali o col solo ragionamento. Sono problemi pratici, come quello di trovare per quante ore è esposta al Sole la facciata della propria casa, o culturali, come scoprire in quale stagione iniziò il viaggio di Ulisse leggendo il X libro dell'Odissea. Molti eccitano la fantasia dandoci quasi l'illusione di vivere su altri mondi come quelli, di trovare come si presentano e quanto durano i giorni su Urano o come vivremmo un giorno su Mercurio.

Mi sono necessariamente limitato a poche citazioni. E sono convinto che, quando il lettore avrà finito di risolvere i problemi proposti, sarà diventato abbastanza abile da trovarne e risolverne altri nuovi. Saprà insomma destreggiarsi nel cielo come un vecchio lupo di mare in mezzo ai flutti, prendendo coscienza direttamente del fatto che anche la Terra, in fondo, non è che un grosso vascello che naviga nello spazio cosmico.

Paolo Maffei

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Pagina 95

8 Le leggi di Keplero


8.1 Le leggi di Keplero

Giovanni Keplero, disponendo delle precise osservazioni effettuate da Tycho Brahe, riuscì a determinare con buona precisione dapprima l'orbita della Terra, poi quella di Marte.

L'analisi dei risultati ottenuti consentì a Keplero di enunciare le tre seguenti leggi fondamentali:

1. I pianeti descrivono attorno al Sole orbite ellittiche nelle quali il Sole occupa uno dei fuochi.

Generalmente, i pianeti hanno orbite ellittiche con eccentricità piccola, assimilabili, in prima approssimazione, a cerchi. Le eccentricità più grandi sono quelle di Mercurio (e = 0,205), Marte (e = 0,093).

2. Le aree descritte dal raggio vettore che congiunge il Sole col pianeta sono proporzionali ai tempi impiegati a percorrere l'arco corrispondente.

In particolare, ad aree uguali corrispondono tempi uguali (figura 8.1). Poiché ogni orbita ellittica ha il Sole posto in un fuoco, quando il pianeta si trova vicino al perielio, il raggio vettore copre per esempio in un mese, un'area eguale a quella che descrive nello stesso periodo di tempo quando è all'afelio. L'arco percorso al perielio è però più lungo di quello descritto all'afelio e di conseguenza la velocità del pianeta al perielio sarà maggiore di quella all'afelio.

3. I quadrati dei periodi P di rivoluzione dei pianeti attorno al Sole sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori (a) delle loro orbite.

In formula:

P^2 = k a^3

Scritta in questo modo la legge non è perfettamente esatta tuttavia, nel caso dei pianeti può essere utilizzata con ottima approssimazione.


Conseguenze

In base alla terza legge di Keplero si può disegnare esattamente la pianta del sistema solare.

Assumendo come unità di misura la distanza Terra-Sole (unità astronomica = UA) si può risalire, dal periodo P di ogni pianeta, al suo semiasse maggiore a e quindi si può costruire la pianta del sistema solare della quale però non è nota la scala, cioè la distanza Terra-Sole.

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Pagina 146

14.10 I limiti del sistema solare

Nel 1930 C. Tombaugh ha scoperto quello che allora si riteneva essere l'ultimo pianeta del sistema solare (il nono) al quale è stato attribuito il nome di Plutone. Tra la fine del XX secolo e l'inizio del XXI sono stati però scoperti moltissimi piccoli corpi celesti ghiacciati, alcuni anche più grandi e più lontani dal Sole di Plutone. Gli astronomi rimasero quanto mai dubbiosi se attribuire o no a loro il nome di pianeti. Dopo varie discussioni, molto animate, l'International Astronomical Union (IAU), la più prestigiosa organizzazione internazionale degli astronomi, nell'agosto del 2006, decise di declassare Plutone dal rango di pianeta.

Un pianeta pertanto viene definito come corpo celeste che: (a) è in orbita intorno ad una stella, e non è né una stella né un satellite orbitale intorno ad un pianeta; (b) possiede una massa sufficiente a far si che la propria gravità gli faccia assumere una forma quasi sferica vincendo le forze di corpo rigido. Ciò avviene in genere se ha una massa di circa 5 10^20 kg e un diametrosuperiore a 800 km (Cerere, e pochi altri pianeti, si conviene di chiamarli "pianeti nani"). Tutti i corpi del sistema solare che non soddisfano il punto uno sono considerati "piccoli corpi del Sistema solare" (gli asteroidi, i transnettuniani e le comete).

Il sistema solare è dunque composto da soli otto pianeti.


14.11 Le comete

Le comete sono astri le cui orbite, quando sono ellittiche, hanno una grande eccentricità; più spesso però sono paraboliche o iperboliche.

L'inclinazione dei piani delle orbite delle comete rispetto all'eclittica è casuale, alcune quindi hanno moto diretto, altre retrogrado.

Le comete finora note sono oltre 1600.

Lontano dal Sole, le comete sono costituite solo dal nucleo. Il diametro di questo corpo è di qualche chilometro e la sua massa è molto modesta, valutabile attorno a 10^15 - 10^19 grammi.

Il nucleo è composto da ghiaccio, acqua, gas congelati (H, C, N, O), polveri e conglomerati solidi, cioè dal materiale da cui ha avuto origine il sistema solare.

A una distanza dal Sole inferiore a circa 3 UA, il materiale superficiale sublima per effetto del calore solare; evaporano alcuni gas e si innescano subito delle reazioni fotochimiche sui composti gassosi. In tal modo si forma una sfera di gas, detta chioma, che si espande alla velocità di 0,6 - 0,8 km/s.

Attorno alla chioma, e poi attorno a tutta la cometa, si forma talvolta un alone di idrogeno che si espande a 8 km/s, raggiungendo estensioni di milioni di chilometri.

La fotoionizzazione che agisce sull'acqua e su altri composti genera numerosi radicali liberi (OH+, CO+, CO2+, CH+ ecc.).

Spesso in direzione del Sole si formano dei jet i quali, assieme ad altre emissioni, proiettano materiale in varie direzioni, facendo perdere alla cometa una discreta quantità di massa. In complesso, una cometa di media grandezza può perdere tra gas e particelle solide una massa valutabile attorno a un milione di tonnellate, ogni volta che si avvicina al Sole.

Il materiale solido proveniente dalle comete si disperde lungo le loro orbite e dà luogo, qualora dovesse investire la Terra, a sciami meteorici. La cometa di Halley, per esempio, genera lo sciame delle Aquaridi e quello delle Orionidi.

A una distanza inferiore a circa 1,5 UA dal Sole l'azione della pressione di radiazione e del vento solare, spinge il materiale della chioma in direzione opposta a quella del Sole; si forma così la coda.

Esistono due tipi di code: il tipo I, la coda di plasma, formata dai vari ioni sopra ricordati, che si allinea in direzione opposta a quella del Sole; e la coda di tipo II, polverosa, con una apparenza più diffusa, che spesso appare curva e talvolta staccata dalla precedente. L'estensione della coda può essere enorme, fino a 10^7 - 10^8 km in lunghezza e oltre 10^6 km in larghezza.

Le comete probabilmente provengono in parte dalla cosiddetta nube di Oort, cioè da un guscio sferico formato da una enorme quantità di nuclei cometari che contengono il materiale primordiale del sistema solare. Tale materiale è stato spinto nelle prime fasi della formazione del sistema fino a circa 100.000 UA di distanza dal Sole.

Le comete, il cui afelio è appena oltre il limite finora noto del sistema solare, provengono dalla fascia di Edgeworth Kuiper che si estende sul piano del sistema oltre Nettuno.

Le azioni gravitazionali esercitate dai grandi pianeti o dalle stelle vicine al Sole possono determinare l'uscita dalla nube di Oort o dalla fascia di Edgeworth Kuiper delle comete. Queste, catturate dal Sole, lentamente si dirigono verso l'astro e molto spesso l'azione perturbatrice dei grandi pianeti può trasformare le loro orbite da paraboliche in ellittiche. Le comete si trovano così a ruotare periodicamente attorno al Sole.

L'azione gravitazionale di pianeti come Giove e Saturno ha costretto certe comete a descrivere traiettorie i cui perieli sono vicini alle loro orbite (famiglie di comete). Talvolta la stessa azione gravitazionale dei pianeti può trasformare l'orbita di una cometa da ellittica in parabolica o iperbolica; l'astro in questo caso si perde nello spazio.


14.12 La luce zodiacale

Dopo il tramonto del Sole, alle medie latitudini boreali, quando è iniziata la notte, se questa è perfettamente buia, è possibile scorgere in febbraio, a occidente, un cono luminoso quasi quanto la Via Lattea, che ha per base il Sole.

Anche prima dell'alba, nelle stesse condizioni, si può vedere in ottobre un fenomeno analogo lungo l'eclittica. A causa della sua posizione, a questo fenomeno è stato dato il nome di luce zodiacale. Ai tropici questa luce è visibile quasi tutto l'anno.

Talvolta, quando non c'è la Luna, è possibile scorgere in direzione opposta al Sole una debolissima macchia luminosa che viene chiamata Gegenschein. I due fenomeni, luce zodiacale e Gegenschein, hanno la stessa causa: si tratta di polveri distribuite sul piano eclitticale che riflettono la luce del Sole.

In realtà, la luce zodiacale forma un doppio cono con base il Sole, esteso per 180 gradi lungo l'eclittica e ampio una cinquantina di gradi.

Sul piano dell'eclittica vi è attorno al Sole una nube, formata da innumerevoli particelle silicee del diametro di qualche micrometro (10^-6m), che si estende molto al di là della Terra. Probabilmente si tratta del residuo del materiale che ha costituito la nebulosa originale dalla quale è nato il sistema solare.


14.13 I meteoriti

Ogni giorno tonnellate di materiale interplanetario cadono sulla Terra. Si tratta di corpi il cui diametro può variare da una frazione di millimetro a centinaia di metri.

Quando queste masse, dette meteore, entrano nell'atmosfera, a 90 - 100 chilometri di altezza, l'attrito violento le rende incandescenti e quindi visibili, specialmente di notte, sotto forma di stelle filanti o stelle cadenti. La velocità d'impatto con l'atmosfera, a seconda che siano dirette in senso contrario o nello stesso senso del moto della Terra, varia dai 12 ai 72 chilometri al secondo. L'alta temperatura raggiunta da questi corpi, quando entrano nell' atmosfera, fa evaporare i più piccoli a una altezza di una cinquantina di chilometri. Si crea così una scia di gas ionizzati che può essere osservata anche di giorno con l'ausilio del radar.

Le meteore possono essere sporadiche — in media se ne vedono da 6 a 10 all'ora — oppure possono appartenere a sciami che circolano su orbite stabili, generalmente associate a vecchie comete.

Gli sciami osservati da Terra sembrano provenire da uno stesso punto, il cosiddetto radiante, che si può individuare tra le costellazioni.

Spesso le meteore più massicce raggiungono la superficie della Terra determinando, nei casi più spettacolari, larghi crateri d'impatto (per esempio il cratere Barringer nell'Arizona).

Le meteoriti metalliche si chiamano sideriti. La loro composizione chimica è: 90% ferro, 8-9% nichel e deboli tracce di cobalto e di fosforo. Opportunamente levigate e trattate con acido, le superfici delle sideriti si distinguono da altri minerali per le caratteristiche figure che mostrano: le cosiddette figure di Widmanstatten. Oltre alle sideriti esistono anche i meteoriti detti petrosi, o aeroliti, che contengono ossidi di carbonio, di silicio, di ferro ecc.; questi talvolta racchiudono piccoli noduli, le condriti carbonacee, nei quali compaiono anche numerosi composti organici.

Interessanti, ma di origine incerta, sono le cosiddette tektiti, simili a vetri vulcanici. Taluni pensano che provengano dal materiale eiettato dalla Luna in occasione di impatti di grossi meteoriti su di essa.


14.14 I pianeti extrasolari

L'enorme sviluppo che la tecnica astronomica ha avuto in questi ultimi anni ha consentito di affrontare, almeno in parte, la scoperta e lo studio di pianeti orbitanti attorno a certe stelle generalmente singole e di tipo solare e, in genere, abbastanza vicine.

Fino al 1 gennaio 2006 sono stati scoperti ormai 170 pianeti extrasolari e la ricerca continua in modo frenetico.

I metodi di scoperta dei nuovi pianeti sono diversi, ma nessuno ancora consente di studiare direttamente la loro costituzione fisica o la loro superficie.

Gli ostacoli sono dovuti principalmente al forte contrasto di luminosità che esiste tra la stella e il pianeta che ne riflette la luce (la stella in genere è splendente oltre un miliardo di volte il tenue chiarore del pianeta); un secondo ostacolo è il rapporto tra la piccola massa del pianeta a confronto con la massa, molto più grande, della stella, ed infine vi è l'ostacolo dato dalla piccolissima distanza angolare tra il pianeta e l'astro principale visti dalla Terra.

I metodi finora usati per la scoperta dei pianeti extrasolari si dividono in due categorie: i metodi diretti e i metodi indiretti.

Non potendo entrare nei dettagli troppo tecnici, accontentiamoci di accennare ai concetti generali.

I metodi diretti si basano sul perfezionamento delle ottiche dei telescopi e sulle tecniche di ottimizzazione dei sistemi di osservazione. Un buon metodo è quello di usare osservazioni nell'infrarosso che consentono di ottimizzare le differenze di splendore tra la stella ed il pianeta. Preziose, ma complesse, sono le tecniche che consentono invece di perfezionare l'acquisizione delle immagini usando i metodi dell'ottica adattativa che modificano al meglio, ed in tempo reale, la curvatura degli specchi, e quelli dell'ottica attiva che tendono a ridurre notevolmente i disturbi dell'atmosfera. L'introduzione di tecniche interferometriche, inoltre, consentono di utilizzare insieme più telescopi di grandi dimensioni (attualmente da 8 o da 10 metri di diametro dello specchio) migliorando così la definizione delle immagini.

Dei metodi indiretti, finora i più usati, sono, per esempio, i metodi dinamici, quelli cosiddetti di microlensing ed il metodo dei transiti.

Avendo oggi perfezionato notevolmente la spettroscopia astronomica ad altissima dispersione, è possibile studiare per lungo tempo lo spettro di una stella, rivelando piccolissimi spostamenti delle righe che denunciano certe oscillazioni della velocità radiale dell'astro. Se consideriamo, per esempio, il sistema stella—pianeta, l'unico spettro che è chiaramente visibile è quello della stella; sappiamo, dalla meccanica celeste, che due corpi, legati gravitazionalmente, ruotano entrambi attorno al comune baricentro del sistema: più velocemente il corpo più piccolo, cioè il pianeta, e più lentamente il corpo più massiccio, cioè la stella. Studiando pertanto le variazioni periodiche delle posizioni delle righe dello spettro della stella è possibile misurare le variazioni della sua velocità radiale provocate dal pianeta. Č evidente però che, a causa della grande differenza di massa tra il pianeta e la stella, quest'ultima mostrerà degli spostamenti delle righe che evidenziano una velocità molto bassa, quindi molto difficile da misurare. Si tenga presente, per esempio, che nel nostro sistema solare Giove influenza il moto radiale del Sole di solo 12 metri al secondo.

Nonostante queste difficoltà oggi questo è uno dei metodi più usati per la scoperta di nuovi pianeti.

Il metodo del microlensing è piuttosto difficile perché riguarda la deflessione della luce della stella da parte del pianeta, causata da effetti relativistici.

Più semplice invece è il metodo dei transiti. Utilizzando sensibilissimi fotometri, in luoghi di estrema tranquillità atmosferica, è possibile, in certi casi, se il piano dell'orbita del pianeta giace sulla visuale, osservare, in certi momenti, il passaggio del pianeta davanti la stella. Se il pianeta occulta un buona parte della superficie dell'astro, la luce ricevuta subisce una lievissima attenuazione che solamente un precisissimo fotometro può porre in evidenza. Quando il transito è passato, la luce ricevuta dalla stella ridiventerà perfettamente costante. Queste delicatissime misure possono dare preziose informazioni sul nuovo pianeta. Č ovvio che questo metodo può essere applicato solamente in rari casi, tanto più rari quanto più il pianeta è lontano dalla stella.

Č evidente che con i metodi finora utilizzati possono essere posti in evidenza pianeti di grande massa, cioè pianeti di tipo gioviano; i più piccoli invece, salvo alcuni casi, dovranno attendere l'applicazione di altre strumentazioni, ancora più sofisticate, appartenenti per ora al prossimo futuro.

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Pagina 189

18 Le meridiane


ESERCITAZIONE 13 L'orientamento con un orologio a lancette

Per orientarsi con un orologio basta puntare la lancetta delle ore in direzione del Sole; quindi si considera l'angolo tra la direzione delle ore 12 e quella del Sole. La bisettrice indica molto approssimativamente il sud.

La spiegazione è immediata.


ESERCITAZIONE 14 Una meridiana a mano

Questo rozzo sistema per stabilire l'ora è utilizzabile alle latitudini boreali intermedie (per l'emisfero sud si deve invertire il ruolo delle mani).

Durante le ore del mattino si utilizza la mano sinistra. Tra il pollice e la mano si stringe un bastoncino o una pagliuzza in modo da formare una specie di stilo il quale dovrà essere inclinato rispetto al palmo della mano di un angolo pressappoco identico alla latitudine del luogo. Il palmo deve essere aperto, posto orizzontale e rivolto verso l'alto.

Dirigendo le dita della mano verso ovest, le varie ore del giorno sono segnate dall'ombra che giunge sulle diverse pieghe della mano e sulle dita come è indicato nella figura 18.1.

Per le ore del meriggio si opera nello stesso modo ma con la mano destra il cui indice invece dovrà essere puntato verso est. Le varie ore sono indicate dalle pieghe e dalle dita come è illustrato nella figura 18.1.


ESERCITAZIONE 15 Un semplice strumento per misurare il tempo e per l'orientamento

Su un grosso foglio di cartone perfettamente orizzontale si disegnino 5 o 6 cerchi concentrici ugualmente intervallati; il più esterno dei quali abbia 15 centimetri di raggio. Al centro si ponga un'asticciola (gnomone) perfettamente verticale (si usi un filo a piombo) alta 5 cm (figura 18.2). Si fissi il tutto su una tavoletta di legno che a sua volta sarà sistemata stabilmente in un luogo ove possa essere illuminata dal Sole per diverse ore prima e dopo mezzogiorno. L'apparato potrà servire per una serie di misure e osservazioni.

1. Tracciare la linea meridiana (NS) e la direzione est-ovest Qualche tempo prima di mezzogiorno, un'ora o due, l'estremità dell'ombra dello gnomone toccherà una delle circonferenze in un punto A che si avrà cura di segnare con una matita. Dopo mezzogiorno bisognerà attendere il momento in cui l'ombra toccherà la stessa circonferenza in B, punto che verrà pure segnato. Il segmento AB indica la direzione est-ovest mentre il suo asse, che passa per O, indica la direzione della meridiana.

2. Determinazione del mezzogiorno locale Con il dispositivo precedente, sempre fisso nello stesso luogo, si può individuare il momento in cui cade il mezzogiorno solare locale (ML) cogliendo l'istante in cui l'ombra dello gnomone si sovrappone esattamente alla meridiana. Per trovare il mezzodì di tempo medio (MM) bisogna correggere ML con l'equazione del tempo ET data dalla tabella:

MM = ML — ET
Una correzione più esatta sarà illustrata in seguito.

3. Determinazione della latitudine

[...]

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20 Il globo celeste


Il globo materializza la sfera celeste mostrandocela come se la vedessimo dall'esterno. Potendo applicare allo strumento vari cerchi graduati, è possibile risolvere pressoché tutti i problemi di astronomia sferica. Per far questo però è necessario che il globo celeste sia stato costruito con precisione e che abbia una grandezza opportuna.

Purtroppo, i globi in commercio raramente si presentano completi sotto questo aspetto; in genere la loro costruzione rispetta più l'estetica o la spettacolarità che l'attendibilità scientifica.

Il globo celeste è costituito da una sfera sulla quale sono disposte le stelle fino alla quarta o quinta magnitudine in ordine inverso a quello che appare generalmente sugli atlanti stellari perché tutto deve apparire come se si vedesse la volta celeste dall'esterno (figura 20.1).

Il reticolato delle coordinate equatoriali (AR e D) è pure indicato sulla sfera. L'eclittica, spesso divisa in gradi oppure in giorni, è disegnata con chiarezza.

Il globo può girare su un asse, l'asse del mondo, che è fissato su un cerchio il quale può essere inclinato per poter far assumere alla sfera la posizione che corrisponde alla latitudine del luogo; inclinazione che si legge su una scala graduata

Un cerchio orizzontale fisso sul sostegno dello strumento materializza l'orizzonte del luogo. Tale cerchio dovrebbe essere graduato in modo che su di esso si possa leggere il valore dell'azimut.

Il cerchio che sta sul meridiano generalmente manca e quindi è necessario realizzarlo in plastica trasparente, con la relativa graduazione. Esso dovrà essere fissato sul polo nord e posto in modo da passare per il punto sud che è segnato sul cerchio orizzontale e dovrà essere tenuto perpendicolare a esso. Sull'asse del mondo, in corrispondenza del polo nord, è fissato sulla sfera celeste un cerchio graduato che porta segnati i giorni e i mesi; se ne vedrà più avanti il suo utilizzo.

Infine, molti globi non posseggono un altro quarto di cerchio mobile che invece è essenziale per la determinazione degli azimut e delle altezze delle stelle. Volendo lo si può costruire con una fascetta di plastica flessibile trasparente e leggera, oppure una strisciolina di carta trasparente piuttosto pesante. Sulla fascia, la cui lunghezza deve poter comprendere un quarto del globo o poco più, deve essere disegnata una graduazione che la divide in 90 intervalli uguali indicanti i gradi di altezza. Lo zero dovrà essere in basso. Questa striscia sarà posta di volta in volta sul globo in modo che una sua estremità, quella sulla quale sono segnati i 90°, sia in corrispondenza dello zenit. L'altra estremità, sulla quale è segnato lo 0, deve invece trovarsi in corrispondenza del circolo dell'orizzonte.

Le dimensioni relativamente modeste dei globi in commercio e la loro costruzione talvolta approssimativa, consentono misure poco esatte. Se le graduazioni fossero perfette e i globi più grandi si potrebbero ottenere misure molto più precise.


Come si utilizza un globo celeste

La prima operazione è quella di ruotare l'asse del mondo in modo che con l'orizzonte formi un angolo uguale alla latitudine del luogo.

Vediamo ora alcuni problemi di astronomia che si possono risolvere con questo strumento.


1. Come si presenta il cielo in un dato giorno e in una data ora

Sul polo nord della sfera vi sono due graduazioni, una fissa sul cerchio sul quale è imperniato l'asse del mondo e che porta le ore del giorno, e un'altra disegnata su un cerchio solidale alla sfera e che porta incisi i mesi e i giorni dell'anno.

Se si vuol vedere come appare il cielo, per esempio, il 10 febbraio alle 21h, basta ruotare il globo in modo che sui due cerchi detti poc'anzi il 10 febbraio vada in corrispondenza dell'ora 21h. Ciò che appare al di sopra dell'orizzonte è ciò che si vede sulla volta celeste.


2. A quale latitudine una data stella sfiora l'orizzonte

Facendo ruotare il globo sia in latitudine che attorno all'asse polare, fare in modo che la stella scelta sfiori l'orizzonte nord. Si legge quindi sul cerchio della latitudine il valore cercato.


3. Trovare dove è posto il Sole tra le stelle in un giorno scelto

Se l'eclittica è divisa in giorni è immediato trovare la costellazione nella quale viene a trovarsi il Sole nel giorno scelto.

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