Copertina
Autore David Ruelle
Titolo Caso e caos
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2003, , pag. 192, dim. 145x220x13 mm , Isbn 978-88-339-0683-6
OriginaleHasard et Chaos
EdizioneOdile Jacob, Paris, 1991
TraduttoreLibero Sosio
LettorePiergiorgio Siena, 2004
Classe matematica , fisica , filosofia
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Indice

    Prefazione                        7
 1  Il caso                          11
 2  Matematica e fisica              16
 3  Probabilità                      22
 4  Lotterie e oroscopi              28
 5  Il determinismo classico         35
 6  Giochi                           42
 7  Dipendenza sensibile dalle
    condizioni iniziali              48
 8  Hadamard, Duhem e Poincaré       53
 9  Turbolenza: modi                 59
10  Turbolenza: attrattori strani    66
11  Il caos: un nuovo paradigma      75
12  Il caos: conseguenze             84
13  Economia                         92
14  Evoluzioni storiche              98
15  I quanti: il quadro concettuale 103
16  I quanti: conteggio di stati    110
17  L'entropia                      116
18  Irreversibilità                 122
19  La meccanica statistica
    dell'equilibrio                 129
20  L'acqua bollente e le porte
    dell'inferno                    135
21  Informazione                    142
22  Complessità algoritmica         149
23  Complessità e teorema di Gödel  156
24  Il vero significato del sesso   163
25  L'intelligenza                  169
26  Epilogo: la scienza             175

    Indice analitico                181

 

 

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Pagina 15

Prima però di investigare il ruolo creatore del caso nel processo della vita, vorrei guidare il lettore in una passeggiata abbastanza lunga in mezzo ad altri problemi. Parleremo della meccanica statistica e della teoria dell'informazione, esamineremo i problemi della turbolenza, del caos e del ruolo del caso nella meccanica quantistica e nella teoria dei giochi. Faremo delle digressioni sul determinismo storico, sui buchi neri, sulla complessità algoritmica e su varie altre cose ancora.

La nostra lunga passeggiata ci condurrà al confine di due grandi territori intellettuali: da un lato l'austera matematica e dall'altro la fisica nel senso più ampio, tale da comprendere di fatto tutte le scienze della natura. E terremo un occhio attento anche al funzionamento della mente umana nei suoi sforzi, spesso mirabili, e spesso patetici, per capire la natura delle cose. Così, al di là del problema del caos, cercheremo di comprendere in qualche misura la sorprendente relazione triangolare fra la stranezza delle matematiche, la stranezza del mondo fisico e la stranezza della mente umana. Per cominciare, vorrei esaminare alcune regole del gioco delle matematiche e della fisica.

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Pagina 94

Un'ultima osservazione generale: la teoria abituale del caos tratta di evoluzioni temporali ricorrenti, nelle quali cioè il sistema torna incessantemente a stati vicini ad altri in cui si è già trovato in passato. Questo «eterno ritorno» non si verifica in generale se non per sistemi moderatamente complessi. L'evoluzione storica dei sistemi molto complessi è per contro tipicamente a senso unico: la storia non si ripete. Per questi sistemi molto complessi e non ricorrenti, si ha in generale una dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali, ma qui si pone il problema di sapere se questa sia limitata da meccanismi regolatori o se dia luogo a effetti importanti a lungo termine.

Volgiamoci ora con fiducia (o forse con temerità?) ai problemi dell'economia: si possono isolare evoluzioni temporali interessanti, moderatamente complesse e forse caotiche? Per chiarirci le idee, esaminiamo innanzitutto uno scenario di sviluppo economico secondo i concetti dei sistemi dinamici, dopo di che discuteremo questo scenario in modo critico. L'idea dello scenario è quella di mettere in parallelo, da un lato, l'economia di una comunità in diversi stadi di sviluppo tecnologico e, dall'altro, un sistema fisico dissipativo sottoposto a vari livelli di forze esterne. Il sistema dissipativo sarà, per esempio, uno strato di fluido viscoso scaldato da sotto, e il livello delle forze esterne sarà rappresentato dal livello del riscaldamento. Non si può sperare, beninteso, se non in una somiglianza qualitativa fra il sistema economico e il sistema fisico.

A bassi livelli di sviluppo tecnologico, si può pensare che l'economia sia in uno stato stazionario, corrispondente allo stato stazionario di uno strato di fluido sottoposto a un debole riscaldamento. (Uno stato stazionario è indipendente dal tempo, ed è dunque uno stato poco interessante dal punto di vista della dinamica.) A livelli più elevati di sviluppo tecnologico, o di riscaldamento, ci si può attendere di osservare oscillazioni periodiche. In effetti sono stati osservati «cicli economici» approssimativamente periodici. A livelli ancora più elevati di sviluppo tecnologico si potrebbe avere una sovrapposizione di due o tre periodicità diverse, fenomeno che è stato osservato dagli analisti dell'economia. Infine, a livelli di sviluppo sufficientemente alti dovrebbe esserci un'economia turbolenta, con variazioni irregolari e una dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali. Non è irragionevole affermare che oggi viviamo in un'economia del genere. Abbastanza convincente, vero? Qualitativamente sì. Ma, se si tenta di fare un'analisi più quantitativa, ci si imbatte immediatamente nel fatto che i cicli e altre fluttuazioni dell'economia hanno luogo su un fondo generale di crescita. C'è un'evoluzione storica a senso unico che non si può dimenticare. D'altronde i cicli economici hanno un loro carattere storico: ognuno di essi ha caratteristiche proprie, e non si assiste semplicemente alla ripetizione monotona dello stesso fenomeno dinamico. Se si cerca di dare un'interpretazione dinamica dei fenomeni economici, vengono alla mente le idee di John M. Keynes e dei suoi successori. Oggi la maggior parte degli economisti ritengono però che queste idee, peraltro molto interessanti, abbiano un valore limitato ai fini della previsione. In altri termini, l'economia (e più precisamente la macroeconomia) non può essere analizzata in modo convincente come sistema dinamico moderatamente complesso, anche se assomiglia per certi caratteri a un tale sistema.

Penso tuttavia che il nostro scenario non sia totalmente falso, e che il suo valore non sia semplicemente metaforico. Perché? Perché non ci siamo serviti di proprietà molto sottili dei sistemi dinamici ma, al contrario, di fatti di base piuttosto solidi: uno di questi fatti è che un sistema complesso, ossia un sistema composto da vari sottosistemi fortemente interagenti, ha più probabilità di avere un'evoluzione temporale complessa che non un sistema semplice. Ciò dovrebbe valere particolarmente per i sistemi economici, e lo sviluppo tecnologico è un modo di esprimere la complessità. Un altro fatto di base è che il tipo più semplice di evoluzione temporale è uno stato stazionario: non si ha dipendenza dal tempo e il sistema rimane costantemente simile a se stesso. Se consideriamo sistemi con «eterno ritorno», le evoluzioni temporali non stazionarie più semplici sono le oscillazioni periodiche; poi vengono le sovrapposizioni di due o più oscillazioni (o modi), e infine il caos. Se si riesce a sottrarre il fondo della crescita economica generale, si può sperare che queste osservazioni si applichino ai sistemi economici.

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Pagina 102

Il determinismo storico dev'essere dunque corretto (almeno) con l'osservazione che certi eventi o scelte imprevedibili hanno conseguenze importanti. Penso che in realtà si possa dire qualcosa di più. Penso che la storia generi sistematicamente eventi che non possono essere predetti e che hanno importanti conseguenze a lungo termine. Non dimentichiamo, in effetti, che spesso una decisione cruciale viene presa da un uomo solo, da un personaggio politico che, spesso, agisce in modo prevedibile sotto le pressioni del momento. Ma se questo personaggio politico è intelligente e agisce in modo razionale, la teoria dei giochi (come abbiamo visto nel capitolo 6) lo costringerà spesso a introdurre nella sua decisione un elemento casuale. Non dico, beninteso, che ogni sorta di comportamento mutevole in modo imprevedibile sia razionale; ma in una situazione di conflitto un comportamento razionale è spesso variabile in un modo ben determinato. Le decisioni che plasmano la storia, quando sono prese razionalmente, fanno dunque spesso intervenire un elemento aleatorio, imprevedibile.

Ciò non significa che il capo del governo possa spiegare al pubblico di aver preso una decisione importante giocando a testa o croce. Può darsi che si sia comportato proprio in quel modo, e che quello fosse il modo razionale di agire, ma egli dovrà certamente trovare qualcos'altro da raccontare ai giornalisti e dimostrare loro che in realtà non c'era alcuna alternativa ragionevole alla sua decisione. I capi politici e militari di un tempo lontano avevano meno inibizioni, e introducevano nelle loro decisioni un elemento aleatorio consultando oracoli. Č ovvio che una fede cieca negli oracoli è molto stupida e conduce abbastanza facilmente a conseguenze disastrose. Ma l'abile uso dell'imprevedibilità oracolare a opera di un capo intelligente poteva essere un buon modo per realizzare una strategia probabilistica ottimale.

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Pagina 157

Ma torniamo a Kurt Gödel. Quali che siano stati i suoi problemi, almeno non soffriva di entusiasmo contagioso (e non ne fece soffrire quanti lo circondavano).

Per capire la scoperta di Gödel, è forse utile pensare a tratti caratteriali - ordine, parsimonia, testardaggine - che sono comuni fra gli scienziati (e particolarmente fra i matematici) e che sono loro utili. Questi tratti del carattere sono stati associati da Freud alla predisposizione alla nevrosi ossessiva e alla fase sadico-anale dell'evoluzione libidica. In ogni caso, i tratti caratteriali in questione rendono naturale l'idea di presentare la matematica e le sue regole di deduzione in modo il più possibile preciso e ordinato. Il grande sogno, quindi, è quello di fondare la matematica su regole di inferenza logica perfettamente definite e su un numero finito di asserzioni fondamentali del tutto esplicite, dette assiomi. Questo sogno fu sviluppato da un gran numero di matematici, da Euclide, nel periodo ellenistico (attorno al 300 a.C.), fino al grande matematico tedesco David Hilbert (1862-1943), e ha condotto a una formalizzazione progressiva dell'insieme delle matematiche. L'aritmetica dei numeri interi fu formalizzata particolarmente presto, e al sommo del grande sogno dei matematici ci fu la speranza che, per ogni asserzione formulata in modo esatto concernente i numeri interi, si potesse decidere in modo sistematico se essa fosse vera o falsa. Fu questa la speranza annientata da Gödel.

Gödel mostrò che, se si fissano le regole d'inferenza e un numero finito qualsiasi di assiomi, ci sono asserzioni formulate in modo esatto per le quali non si può dimostrare né che sono vere né che sono false. Più precisamente, supponiamo che gli assiomi accettati per i numeri interi siano «non contraddittori», e quindi che non si possa mai, per applicazione ripetuta delle regole d'inferenza, dimostrare che un'asserzione sia contemporaneamente vera e falsa. Allora ci sono proprietà vere dei numeri interi che non possono essere dedotte dagli assiomi. E se si accetta una tale proprietà come un nuovo assioma, altre proprietà rimarranno indimostrabili.

Nella nostra comprensione dei fondamenti della matematica, il teorema di Gödel ha svolto un ruolo cardine. All'inizio il trauma fu forte, ma poi si ebbe un mutamento progressivo nei sistemi di credenze dei matematici. Al tempo stesso, la difficile dimostrazione del teorema fu semplificata. La semplificazione venne dall'introduzione di nuovi concetti, da parte sia di Gödel sia di altri (la macchina di Turing ne è un esempio). Così la scoperta del teorema d'incompletezza ha progressivamente modificato il paesaggio matematico, col risultato che questo teorema ci sembra oggi molto naturale, e addirittura un po' banale. Il grande sogno era stato quello che un insieme finito di asserzioni vere (gli assiomi) potesse formare una base da cui dedurre tutte le asserzioni vere concernenti i numeri interi. Oggi sappiamo che «l'insieme di tutte le proprietà dei numeri interi» (ossia l'insieme di tutte le asserzioni vere concernenti questi numeri) «non ha una base finita». Esiste d'altronde una spiegazione intuitiva dell'assenza di una base finita e questa spiegazione, come vedremo, fa intervenire di nuovo «l'informazione».

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Pagina 179

La scienza risponde alle domande (almeno ogni tanto), ma non prende decisioni. Sono gli uomini a prendere decisioni (almeno ogni tanto).

Č difficile giudicare quali siano le scelte davvero aperte all'umanità. L'apocalisse è per domani? O il genere umano potrà proseguire la sua esistenza a tempo indefinito? Il cervello che usiamo noi è lo stesso dei nostri progenitori dell'età della pietra, e ha dato prova di una flessibilità sorprendente. Anziché correre a piedi e andare a caccia con un giavellotto, l'uomo moderno guida un'automobile e procaccia clienti alle società di assicurazioni. E, a meno di un cataclisma prossimo, ci saranno altri mutamenti, nuovi progressi. Per numerosi compiti tecnici, il nostro cervello paleolitico obsolescente sarà sostituito da macchine più rapide, più potenti e più affidabili, e la scienza verrà in aiuto ai nostri antichi meccanismi di duplicazione genetica, permettendoci di evitare ogni sorta di terribili malattie. Noi non possiamo certo dire di no. Per ragioni sociologiche, non abbiamo scelta, non possiamo rifiutare tutti questi splendidi miglioramenti. Ma l'umanità potrà sopravvivere ai mutamenti che non possiamo evitare di introdurre nel nostro ambiente, fisico e culturale? Non lo sappiamo. Oggi come sempre, l'oscurità del nostro futuro rimane insondabile, e non sappiamo se l'umanità sia in cammino verso un futuro più nobile, o verso un'inevitabile autodistruzione.

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