Copertina
Autore Arturo Sangalli
Titolo L'importanza di essere fuzzy
SottotitoloMatematica e computer
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2000, Saggi Scienze , pag. 198, dim. 142x220x13 mm , Isbn 978-88-339-1261-5
OriginaleThe importance of Being Fuzzy and Other Insights from the Border between Math and Computers
EdizionePrinceton University Press, Princeton (N.J.), 1998
TraduttoreLaura Servidei
LettoreRenato di Stefano, 2001
Classe matematica , informatica: fondamenti , scienze tecniche
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Indice


  7    Prefazione
       Problemi, 7
       Ricette che funzionano, 9
       Soluzioni soft, 11
       Questo libro, 13

       L'importanza di essere fuzzy


       Parte prima   Visioni confuse

 19 1. Classi dai contorni incerti
       La matematica delle quantità nebulose,19
       Insiemi, logica e algebre booleane, 20
       Insiemi fuzzy, 23
       Operazioni con gli insiemi fuzzy, 28
       Logica a valori multipli, 30
       Precisione, 31
       Cos'è la logica fuzzy?, 33

 36 2. Fuzzy è la risposta
       Un semplice problema di controllo, 36
       Origini del controllo fuzzy, 38
       Calcolare con le parole, 41
       Un atto equilibrato di controllo, 42
       La magia dell'inferenza fuzzy, 47
       La logica fuzzy va al mercato, 50
       Dati fuzzy, 54
       LIFE e l'ingegneria fuzzy, 56
       Speculazioni fuzzy, 58
       L'elicottero fuzzy, 59
       Dopo il LIFE, 61
       Prospettiva personale, 62

       Parte seconda Limiti

 67 3. I limiti del calcolo classico
       Un vecchio sogno diviene realtà, 67
       Non tutto è calcolabile, 69
       Turing e le sue macchine, 71
       Funzioni calcolabili, 74
       Funzioni non calcolabili, 76
       Un problema insolubile, 78
       La formica, il bulldozer e i limiti
            della calcolabilità, 79
       Gettiamo luce sulle funzioni non
            calcolabili, 80
       Complessità, 82
       Problemi di ottimizzazione, 83
       La dimensione del problema, 85
       Tempo polinomiale, 86
       I problemi di tipo NP, 90
       I problemi difficili facciano un passo
            avanti, per favore, 92
       NP-completezza, 93
       Soluzione dell'indovinello, 95

 96 4. I limiti del ragionamento formale
       In principio furono gli assiomi, 96
       Sondiamo le fondamenta, 97
       Linguaaggi formali, 99
       Matematica meccanica, 101
       Logica meccanica, 102
       I limiti del ragionamento formale, 103
       Da un problema insolubile a un altro
            (e ritorno), 105
       Le macchine non possono giocare a
            qualunque gioco, 106
       Un problema di colorazione, 107
       La vendetta del calcolatore, 110

       Parte terza Soluzioni naturali

115 5. Reti
       Che cos'è una rete neurale?, 115
       Dal neurone biologico a quello
            artificiale, 118
       Reti come algoritmi aperti, 121
       Riconoscimento di configurazioni, 122
       Uomini e virus, 124
       I cacciatori di virus, 126
       Neuroni artificiali e virus artificiali,
            127
       Alla ricerca del peso ideale, 129
       L'importanza di essere numerosi, 133
       Dinamica di rete, 134
       Il gusto del lampone, 138
       E il commesso viaggia, 141
       La via neurale all'ottimizzazione, 143

148 6. Soluzioni evolute
       Genetica, 148
       Popolazioni e selezione naturale, 150
       Un modello evolutivo, 152
       Lezioni e domande, 156
       Il contesto matematico, 158
       Ricerca spaziale, 159
       Schemi, 160
       Il dilemma del prigioniero, 162
       Giochiamo, 164
       L'evoluzione delle strategie, 166
       Insegniamo alle macchine a imparare, 167
       Quoziente d'intelligenza e adattamento,
            169
       Se non puoi risolverli, approssimali,
            171
       Trappole locali, 173
       Algoritmi genetici e il commesso
            viaggiatore, 175
       Il gioco dell'accoppiamento, 175
       Il ritorno di un'idea, 177
       Una soluzione genetica per il problema
            del commesso viaggiatore, 178

181    Postfazione

       Appendici

185 1. Inferenze fuzzy
       Inferenze fuzzy come applicazioni, 185
       Disgressione: deduzioni fuzzy e modus
            ponens, 186
       L'output fuzzy, 186
       Defuzzificazione, 187

189 2. Le funzioni sui numeri naturali non si
            possono numerare
       Ci sono più funzioni di numeri naturali
            di quante se ne possano scrivere in
            una lista infinita, 189

191 3. Il problema dell'arresto non si può
            risolvere
       Dimostriamo come derivare una
            contraddizione logica dall'ipotesi
            che il problema dell'arresto sia
            risolubile da una macchina di
            Turing, 191

193 4. Apprendimento con l'algoritmo di
            retropropagazione dell'errore


 

 

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Pagina 7

Prefazione

Problemi

Gli umani, e tutti gli altri esseri viventi, hanno dovuto affrontare problemi fino dagli albori della vita, cominciando con il più pressante di tutti: rimanere vivi. Nel corso del tempo i problemi sono diventati più vari e sofisticati, abbracciando tutte le attività umane, passando dai problemi semplici di tutti i giorni ad altri più complessi, più generali, che potenzialmente minacciano il benessere o perfino la sopravvivenza di milioni di persone. Ma se i problemi si trovano ovunque, altrettanto si può dire delle soluzioni, che troppo spesso si prendono per scontate. Gli stessi oganismi viventi, nella loro ricca diversità, sono soluzioni multiple al difficile problema di sopravvivere in un ambiente spesso ostile, che cambia in continuazione.

La qualità della vita nelle società avanzate è direttamente correlata all'ingegno e alle capacità dell'élite designata a risolvere i problemi: scienziati, ingegneri, dirigenti e altri esperti. Trovare le soluzioni, che non di rado sfuggono, spesso richiede l'uso della matematica e dei calcolatori, a volte in misura significativa. Questo non è vero solo nelle scienze e nell'ingegneria, ma talvolta anche in ambiti diversi, come l'amministrazione, l'economia, la medicina o le scienze sociali. Consideriamo per esempio le conseguenze del surriscaldamento globale, un problema che preoccupa molti oggigiorno, e che probabilmente non troverà una soluzione in breve tempo. Gli esperti hanno evidenziato un aumento di circa 0,5 gradi centigradi nella temperatura media del pianeta negli ultimi cento anni, e prevedono un ulteriore aumento fino a 3,5 gradi nell'anno 2100, se non si farà nulla per ridurre l'emissione dei gas responsabili dell'effetto serra, che trattengono il calore nell'atmosfera. Queste previsioni sono state ottenute mediante simulazioni al calcolatore basate su modelli matematici del nostro ecosistema. La matematica e i calcolatori in questo caso particolare non sono stati usati per risolvere un problema, ma semplicemente per avvertirci che esiste.

Viviamo nell'era dell'informazione, che sta rapidamente diventando l'era dell'eccesso di informazione. I problemi che sorgono dalla necessità di gestire grandi quantità di dati sarebbero insolubili senza l'aiuto della matematica e dell'informatica. L'informazione si può immagazzinare, elaborare e successivamente recuperare solo se è codificata in qualche modo. Prima che il calcolatore possa mostrare una pagina di testo come quella che state leggendo, per esempio, le lettere dell'alfabeto, i segni di punteggiatura, e così via, devono venire codificati come stringhe di cifre binarie. Nel campo della Tv ad alta risoluzione l'enorme ammontare di informazione richiede che la codifica sia il più compatta possibile. Le tecniche relative, cioè quella di compressione dei dati, sono all'inizio concetti matematici, poi diventano segnali elettromagnetici e alla fine un'immagine sullo schermo televisivo. Lo studio e la progettazione dei codici è un ramo della matematica il cui scopo generale è trovare soluzioni a un problema posto da Claude Shannon, il padre della teoria dell'informazione: «Il problema fondamentale della comunicazione è quello di riprodurre in un certo punto, esattamente o approssimativamente, un messaggio selezionato in un altro punto».

I calcolatori e la matematica aiutano anche ad assicurare che l'informazione trasmessa sulle linee telefoniche, sulle reti informatiche, o altri canali di comunicazione, non venga intercettata. Un modo di proteggere un messaggio da occhi e orecchie indiscreti è quello di codificarlo in modo che (si spera) solo il destinatario riesca a decifrarlo. Il problema di progettare procedure sicure di codifica e decodifica dei messaggi, così come il problema di scoprire le procedure degli altri, appartiene al campo della crittografia, in cui si fa largo uso di idee e tecniche matematiche. Come per molti altri problemi, anche questo ha diverse possibili soluzioni, alcune migliori di altre (dove «migliori» può significare più facili da usare, o più difficili da scoprire). Le operazioni di codifica e decodifica spesso richiedono enormi calcoli molto complessi, la cui esecuzione in modo efficiente e veloce rende essenziale l'uso dei calcolatori. Una volta che il messaggio è stato codificato, la sua segretezza è spesso legata all'impossibilità pratica di risolvere un indovinello matematico: trovare i fattori primi di numeri molto grandi (numeri con più di 200 cifre, per intenderci).

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Pagina 23

Insiemi fuzzy

Ciò che caratterizza un insieme come tale è il fatto che ogni dato oggetto necessariamente ha la proprietà di essere o non essere nell'insieme. Questa dicotomia à la Amleto funziona benissimo per gli oggetti matematici come i numeri, ma quando cerchiamo di applicarla al mondo reale ci rendiamo conto che ci sono dei problemi. Certamente, alcuni oggetti si possono classificare senza esitazione: un cane è un animale, e una banana no. Il pianista Arthur Rubinstein era sicuramente anziano quando morì nel 1982 (a novantacinque anni), e il bambino prodigio Mozart certamente non lo era quando compose la sua prima sonata (a sette anni). Ma il pittoresco Picasso era anziano o no quando dipinse il ritratto di Dora Maar a cinauantasei anni? Le spugne sono animali o no?

La classe degli animali acquatici e la classe delle persone anziane non sono insiemi nel senso usuale del termine, perché né «animale acquatico» né «persona anziana» sono concetti ben definiti. L'idea di Zadeh per trattare queste classi mal definite fu di permettere al grado di appartenenza di prendere qualunque valore tra 0 e 1, e chiamò queste classi «insiemi fuzzy». Zadeh si aspettava che questo nuovo concetto, che generalizzava quello di insieme ordinario, avesse applicazioni nei campi del riconoscimento delle immagini e della comunicazione; il futuro gli avrebbe dato ragione, oltre ogni sua più rosea aspettativa. Egli aveva ampiamente sottovalutato il potenziale della sua creazione.

La frontiera di un insieme fuzzy, al contrario di quella di un insieme ordinario, è... beh... fuzzy. E gli insiemi fuzzy, che permettono un'appartenenza parziale (cioè è possibile che un oggetto non sia né completamente nell'insieme né completamente fuori), si adattano meglio di quelli ordinari all'ambiguità del linguaggio umano. Prendiamo per esempio la classe delle persone anziane. A cinque anni, una persona è sicuramente non anziana (e il suo grado di appartenenza all'insieme sarà 0), mentre a novantacinque si può dire certamente anziana (e avrà grado di appartenenza 1). Ma tra cinque e novantacinque anni c'è una zona grigia, rappresentata numericamente da gradi di appartenenza maggiori di 0 e minori di l. Per esempio, una persona di quarant'anni potrà avere grado di appartenenza 0,30 nell'insieme fuzzy delle persone anziane (intuitivamente: dire che questa persona è anziana è un'affermazione giusta nella misura del 30 per cento). A cinquantotto anni il grado di appartenenza sarà magari arrivato a 0,70 o 0,75, e sarà arrivato a 1 quando la persona avrà ottantacinque anni.

Il punto chiave qui è che non c'è una frontiera ben definita, non c'è un'età magica g raggiunta la quale si diventa anziani, mentre l'anno prima non lo si era. Questa situazione non è dovuta alla nostra incompetenza o alla nostra inabilità di calcolare g; è dovuta al fatto che il concetto di «anziano» non si può esprimere con una definizione precisa come nel caso di «numero primo» o «vincitore di un premio Nobel». Naturalmente potremmo sempre asserire che «anziano» significa «di età maggiore o uguale a sessantacinque anni»; una tale definizione può avere qualche applicazione pratica, ma l'insieme che definisce è strutturalmente diverso dall'insieme delle persone anziane: il primo essendo un insieme ordinario, il secondo no.

Un altro esempio di insieme fuzzy è la classe P delle persone povere. Vediamo perché considerare P come un insieme ordinario conduce a un assurdo. Se una persona con reddito annuo X (per esempio duemila dollari) è un elemento di P, allora anche una persona con reddito X + 1 sarà elemento di P (un dollaro all'anno non può certo fare differenza). Per la stessa ragione anche quelli con reddito X + 2, X + 3, e così via saranno in P, cioè saranno «poveri». Ma allora, ripetendo il ragionamento un numero sufficiente di volte, alla fine arriveremo alla conclusione che un individuo che guadagna centomila dollari l'anno è povero! Questo paradosso si può risolvere facendo l'ipotesi che esista una «soglia di povertà», così cara agli esperti di statistica del governo, infatti in questo caso il singolo dollaro che ci fa superare la soglia fa tutta la differenza (il che conferma ciò che il buon senso suggerisce: la nozione ufficiale di «povero» è molto diversa da quela naturale).

Č importante rendersi conto che il concetto di insieme fuzzy non è di natura statistica, e c'è differenza tra il fuzzy e la casualità. L'essere fuzzy, nella definizione di Zadeh, rappresenta la vaghezza dovuta all'intuizione umana, non la probabilità. La probabilità ha a che fare con il verificarsi di eventi, e quando abbiamo tutti i dati un certo evento o si è verificato o no. La somma dei due dadi che abbiamo tirato fa sette oppure no; quando la roulette si ferma la pallina è in una casella nera oppure no. Ma domande come: il discorso è stato lungo? l'oratore era basso? la sala era grande? non hanno sempre una risposta che è o sì o no, anche quando si hanno a disposizione tutti i dati (la lunghezza del discorso, l'altezza dell'oratore e le dimensioni della stanza).

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Pagina 33

Cos'è la logica fuzzy?

I consumatori in genere danno la colpa a se stessi quando non riescono a usare le macchine, dai videoregistratori ai forni elettrici ai calcolatori. Ma è veramente colpa loro se non riescono a pensare come una macchina (un'abílità che molti progettisti di macchinari danno per scontata)? Uno degli obiettivi generali della logica fuzzy è cercare di costruire macchine che ragionano più come noi, così che non dobbiamo essere noi a pensare come macchine.

L'espressione «logica fuzzy» sembra una contraddizione in termini, infatti dire a qualcuno che la sua logica è «fuzzy» suona più come un insulto che come un complimento. Nel suo significato originale, e tecnico, la logica fuzzy è un metodo matematico basato sulla teoria degli insiemi fuzzy che aiuta le macchine a «ragionare» in modo più simile a quello umano. La logica fuzzy solitamente si realizza attraverso un algoritmo, o programma, su un calcolatore digitale convenzionale, e, come tale, è esatta. Ma il metodo ha anche una componente soggettiva (quindi essenzialmente empirica e inesatta) perché presuppone la traduzione in forma numerica della vaghezza del linguaggio e della conoscenza umana.

Questa dualità esatto/inesatto della logica fuzzy, che è secondo me uno dei suoi punti di forza, è anche fonte di fraintendimento. Molti critici della logica fuzzy, in buona fede oppure no, si concentrano su solo uno di questi due aspetti. «Si sostiene che la logica fuzzy usi concetti vaghi e dati imprecisi, e questo è falso» scriveva uno scontento lettore di uno dei miei articoli divulgativi. E continuava: «La logica fuzzy prende come input dati precisi, analogici, li elabora in modo sofisticato e poi produce un output che è anch'esso preciso e analogico. Questo a casa mia si chiama "elaborazione di segnali analogici"». Il lettore ha fondamentalmente ragione, ma non riconosce il ruolo della logica fuzzy nell'elaborazione sofisticata di cui parla.

All'altro estremo ci sono quelli che criticano la parte imprecisa della logica fuzzy. Ecco un estratto da un'altra lettera: «Naturalmente, pensare in modo semplicistico può essere una procedura adeguata a certe situazioni, e può darsi che la logica fuzzy vada benissimo per organizzare il lavoro di ascensori o lavatrici, ma per questo abbiamo già la probabilità. Il pericolo reale di un ragionamento inconsistente e bizzarro potrebbe venire da una sua eventuale applicazione a una faccenda importante, come la sicurezza aerea o il controllo di un reattore nucleare. Pensare in modo impreciso su una questione del genere sarebbe pericoloso, oltre che deplorevole».

Una simile reazione è tipica di chi considera la logica fuzzy non semplicemente come un metodo specifico (un algoritmo), ma come un atteggiamento generale, una filosofia. Questa «filosofia fuzzy» ha i suoi detrattori e sostenitori. L'atteggiamento fuzzy, applicato alla soluzione di problemi pratici, per i suoi detrattori è nel migliore dei casi ridondante, e nel peggiore irresponsabile e pericoloso. «Č fuzzy, non può essere serio» potrebbe essere il loro motto.

Per i credenti, d'altra parte, il pensiero fuzzy è un metodo potente per capire il modo di ragionare umano, e per gestire la complessità del mondo reale. Il Paese in cui questo punto di vista ha esercitato il maggior fascino è il Giappone. «Il pensiero fuzzy è inerente alla cultura giapponese», dice Toshiro Terano, direttore del LIFE (Laboratory for Fuzzy Engineering Research) a Yokohama. E quindi potrebbe non essere un caso che gli scienziati giapponesi occupino un ruolo chiave nello sviluppo delle applicazioni pratiche che hanno reso popolare la logica fuzzy. Terano vede la logica fuzzy sia come uno strumento sia come un nuovo paradigma per risolvere problemi per i quali è molto difficile, se non impossibile, sviluppare modelli matematici esatti; egli osserva: «Come strumento la logica fuzzy può catturare il significato incerto delle parole, e gestire la soggettività e l'intuizione del pensiero umano».

La parola finale spetta a Lotfi Zadeh, il creatore di questo concetto. Nella primavera del 1994 Zadeh scriveva: «Il termine "logica fuzzy" viene in realtà usato in due significati diversi. In senso stretto è un sistema logico, estensione della logica a valori multipli, che dovrebbe servire come logica del ragionamento approssimato. Ma in senso più ampio "logica fuzzy" è più o meno sinonimo di "teoria degli insiemi fuzzy", cioè una teoria di classi con contorni indistinti. Ciò che è importante riconoscere è che oggi il termine "logica fuzzy" viene usato principalmente in questo significato più vasto».

Tuttavia, Zadeh stesso ha recentemente ammesso che il termine «logica fuzzy» può condurre a fraintendimento. Nel 1996, in un Congresso internazionale alla University of California, a Berkeley, parlando a degli esperti disse: «Nelle cose che facciamo oggi [nella logica fuzzy] non abbiamo veramente a che fare con la logica. Usiamo la matematica, manipoliamo delle funzioni e le calcoliamo; a rigor di termini non c'è logica, solo calcolo». Questo chiarimento può aiutare il lettore a rispondere a una domanda che prima o poi si affaccerà alla mente: «Che sia fuzzy siamo d'accordo, ma è logica?»

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Pagina 96

Capitolo 4

I limiti del ragionamento formale


In principio furono gli assiomi

Il problema di decidere se l'esecuzione di un programma per calcolatore terminerà il suo calcolo non si può risolvere su una macchina di Turing, come abbiamo visto nel capitolo precedente. Questo risultato, sebbene a prima vista sembri riguardare solo la teoria della calcolabilità, ha implicazioni inaspettate che si estendono fino al cuore della matematica stessa. Questioni fondamentali come «si possono risolvere tutti i problemi matematici?» oppure «esiste una verifica "meccanica" per stabilire la verità matematica?» sono intimamente legate con il problema dell'arresto.

La ricerca della saggezza matematica inizia con certe ipotesi iniziali, o «assiomi», che si prendono per buoni. Poi, armati solo della pura logica e guidati dall'intuizione, i matematici procedono a dedurre altre verità: i teoremi. Il grande edificio della matematica si innalza così, teorema per teorema. Se la logica è infallibile, la solidità dell'intero edificio è conseguenza necessaria della solidità delle sue fondamenta: se gli assiomi sono veri, lo sono anche i teoremi. Il matematico greco Euclide 2300 anni fa fu il primo a usare il metodo assiomatico per sviluppare la geometria in modo sistematico. Fino a non molto tempo fa gli studenti delle scuole superiori avevano un assaggio di questo metodo potente, rivelatore della natura deduttiva della matematica, attraverso lo studio della geometria su libri di testo basati sul capolavoro di Euclide: gli Elementi. Ma la geometria à la Euclide (e anche il resto della geometria) non è sopravvissuta ai cambiamenti radicali nell'insegnamento della matematica avvenuti negli anni settanta. Ironicamente, proprio gli studiosi che hanno ideato i nuovi programmi avevano imparato la matematica alla vecchia maniera, presumibilmente con successo.

Lo studio dei numeri naturali, o aritmetica, è forse la quintessenza della teoria matematica. Diversi sistemi di assiomi furono proposti all'inizio del 1900, quando questioni riguardanti i fondamenti erano molto di moda tra i matematici e i logici. Tipicamente gli assiomi enunciano certe verità ovvie sui numeri naturali come: ogni numero n ammette un numero successivo (n + 1), se due numeri sono diversi anche i loro successivi sono diversi, e così via. Altri sistemi magari includono tra gli assiomi anche le leggi di base che regolano le operazioni familiari di addizione e moltiplicazione, come la proprietà commutativa: n + m = m + n e mn = nm per tutti i numeri naturali m e n, la proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all'addizione: n(m + k) = nm + nk, e così via.

Ogni proprietà dei numeri naturail che si può dedurre logicamente dagli assiomi è un teorema, e la totalità di tutti i teoremi (dimotrati) costituisce la summa delle nostre conoscenze aritmetiche.

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Pagina 103

I limiti del ragionamento formale

Ora siamo pronti a rispondere a una delle domande di David Hilbert: l'aritmetica è un sistema completo? O, più esplicitamente: esiste un insieme di assiomi da cui si possono dedurre tutte le verità sui numeri naturali? In breve, la risposta è «no». Fu un giovane logico austriaco a dare al mondo la cattiva notizia nel 1930, appena tre anni dopo che Hilbert aveva posto la domanda a Bologna, sicuro di una risposta positiva. In un articolo presentato all'Accademia delle scienze di Vienna, Kurt Gödel rese pubblico il suo risultato, ora noto come «primo teorema di incompletezza di Gödel»: se si richiede che la nozione di dimostrazione sia formale (cioè verificabile «meccanicamente», da un calcolatore, per esempio), allora nessun sistema formale di assiomi è così potente che da esso si possano derivare tutte le proposizioni matematiche vere. (Esiste anche un secondo teorema di incompletezza, che riguarda la questione della coerenza.)

A partire dalla sua pubblicazione, avvenuta nel 1931, il risultato di Gödel è stato l'argomento di infinite discussioni, di saggi, articoli e libri scritti dai più eminenti matematici e filosofi. Perché ne parliamo ancora? Perché, come scrisse Ivar Ekeland nell'introduzione di un libro superbo, «credo che ci sia ancora qualcosa da dire, e la vecchia storia possa venire raccontata in un altro modo».

Lasciamo che sia il giovane Gödel (aveva solo venticinque anni) a presentarci la sua scoperta: «Lo sviluppo della matematica verso una maggiore precisione ha portato, come sappiamo, alla formalizzazione di gran parte di essa, così che si può dimostrare qualsiasi teorema usando poche regole meccaniche. I sistemi formali più estesi costruiti finora sono quello dei Principia Mathematica [dovuto a Alfred Whitehead e Bertrand Russell nel 1925] da una parte, e il sistema assiomatico di Zermelo-Fraenkel della teoria degli insiemi [sviluppato ulteriormente da John von Neumann] dall'altra. Questi due sistemi sono così onnicomprensivi che vedono formalizzati tutti i metodi di dimostrazione usati oggi in matematica, ove "formalizzati" significa ridotti a pochi assiomi e regole di inferenza. Si può dunque congetturare che questi assiomi e regole di inferenza siano sufficienti per decidere qualsiasi problema matematico che si possa esprimere formalmente in questi sistemi. Dimostreremo più avanti che le cose non stanno così, che al contrario ci sono nei due sistemi menzionati sopra problemi relativamente semplici riguardanti la teoria dei numeri interi che non si possono risolvere sulla base degli assiomi».

L'ultima frase significa che ci sono proposizioni P indecidibili, di cui non si può dimostrare né la verità né la falsità, cioè tali che né P né la sua negazione possono essere dedotte dagli assiomi (sebbene necessariamente almeno una delle due sia sicuramente vera). Č in questo senso che i sistemi assiomatici di cui parla Gödel sono «incompleti»: perché non tutte le verità aritmetiche si possono dedurre logicamente da essi.

Ecco lo schema del ragionamento di Gödel. Usando un ingegnoso metodo di codifica a ogni espressione formale si può associare un numero naturale. Allora, un'espressione formale che apparentemente dice qualcosa sui numeri naturali si può anche interpretare come un'espressione che dice qualcosa su altre espressioni formali. In particolare, Gödel dimostra con un ragionamento geniale l'esistenza di un'espressione G che dice qualcosa su se stessa, una cosa più o meno equivalente a «io non sono formalmente dimostrabile». Ora, se G è falsa, allora una proposizione falsa (G stessa) si può dedurre dagli assiomi, eventualità da scartare se vogliamo che la nostra formalizzazione sia coerente. Allora G deve essere vera, e quindi rappresenta una verità aritmetica che non può essere logicamente dedotta dagli assiomi.

Così, al contrario di quanto tutti credevano, la verità e la deducibilità dagli assiomi sono cose diverse; una conclusione, questa, ricca di implicazioni per coloro interessati alla filosofia della matematica. Dal punto di vista di un formalista, tuttavia, le proposizioni matematiche sono solo stringhe di simboli senza significato, e quindi non sono né vere né false. L'affermazione che la verità non è la stessa cosa della deducibilità dagli assiomi diventa quindi priva di senso; infatti non esiste la verità, solo la deducibilità.

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Pagina 148

Capitolo 6

Soluzioni evolute


Genetica

Quando gli organismi viventi si riproducono, i discendenti ereditano le caratterische distintive dei loro genitori. Gli esseri umani hanno bambini, le mosche depositano uova che maturano e diventano altre mosche, un seme di mela cresce e diventa un melo. I tratti distintivi che i gruppi di organismi hanno in comune determina la «specie», termine con un significato preciso per i biologi, che ne hanno descritte milioni, dando a ognuna un nome. Ma detto in soldoni, una specie è un gruppo di individui (piante, animali, insetti ecc.) che condividono una struttura e un comportamento molto simili, in grado di riprodursi accoppiandosi tra loro.

Una volta si pensava che le specie fossero immutabili, cioè che ogni specie di pianta o di animale fosse sempre stata nel passato nella stessa forma in cui la vediamo oggi. Ma circa centocinquanta anni fa il naturalista inglese Charles Darwin nel suo famosissimo libro L'origine delle specie sostenne che tutti gli organismi viventi sono i discendenti di poche forme di vita che apparvero sulla Terra in un passato molto remoto. (La teoria di Darwin, pubblicata nel 1859, portava un sottotitolo più adatto a un saggio politicamente scorretto che a un trattato di scienze naturali: Conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza.) Seguendo la teoria rivoluzionaria di Darwin, una specie è una popolazione di individui in dinamico cambiamento, alcuni dei quali alla fine si evolveranno in una nuova specie. I meccanismi principali che governano questa evoluzione sono la mutazione e la selezione naturale, entrambe intimamente collegate con il processo per cui le caratteristiche dei genitori passano ai discendenti.

Lo studio scientifico di come i tratti ereditari vengano trasmessi dai genitori ai figli si chiama «genetica». Il padre indiscusso di questo ramo della biologia è il monaco austriaco Gregor Mendel, che scoprì le sue leggi di base osservando le piante di piselli riprodursi nell'orto. Nel più puro spirito scientifico, ideò una serie di astuti esperimenti per verificare le proprie ipotesi, e fu anche uno dei primi a usare concetti matematici nell'indagine biologica. Le idee di Mendel erano decisamente troppo moderne per il suo tempo. L'importanza del suo contributo non fu riconosciuta fino al 1900, sedici anni dopo la sua morte e più di trent'anni dopo la pubblicazione delle sue scoperte in una rivista scientifica. Ma se Mendel non riuscì a convincere i suoi contemporanei, rimase comunque persuaso della correttezza delle proprie congetture. «Verrà il mio tempo» disse poco prima di morire.

E venne davvero. Ora sappiamo che l'idea originale di Mendel era corretta: i tratti ereditari come il colore degli occhi negli animali o la forma delle foglie in una pianta vengono passati alla generazione successiva per mezzo di «unità» discrete, i geni. I geni sono sistemati in un ordine preciso su certe parti del nucleo della cellula chiamate cromosomi, le entità che fisicamente portano l'informazione ereditaria. Il numero totale di geni nella cellula varia da cinque a dieci in un virus a centomila nell'uomo. Ognuna delle unità ereditarie contiene informazione biologica codificata, per esempio come produrre una specifica proteina. La posizione di un gene nel cromosoma in generale è legata a una particolare funzione o caratteristica dell'organismo, come per esempio il colore degli occhi. Una pressione del sangue inusualmente alta in certi individui è stata collegata a certi geni che i ricercatori stanno cercando di isolare.

Le forme alternative di uno stesso gene si chiamano «alleli». Per esempio, «bianco» e «rosso» sono i nomi dei due alleli del gene che determina il colore degli occhi nei moscerini della frutta. Forme di vita vegetale e animale molto complesse si basano su un «diploide», cioè una struttura genetica a due componenti, in cui i cromosomi appaiono a coppie. Ognuno dei due cromosomi omologhi nella coppia contiene informazioni per la stessa finzione; in una cellula umana ci sono ventitré coppie di cromosomi.

Anticipando l'applicazione delle idee della genetica al calcolo, conviene pensare un «cromosoma» astratto come una stringa finita di n simboli che rappresentano i «geni». Ogni gene può apparire in forme diverse: i suoi alleli. Per esempio, se gli alleli sono bit (0 o 1) allora un cromosoma sarà una parola binaria come la seguente:

1101100010110100.

Qui n = 16, il primo gene è 1 e il quindicesimo è 0.


Popolazioni e selezione naturale

Una popolazione è un gruppo di individui della stessa specie, che vivono e si riproducono tra loro in relativo isolamento dagli altri gruppi, tipo una colonia di conigli selvatici su una certa isola. A causa della riproduzione e delle morti la composizione del gruppo è in continuo cambiamento. Ogni membro della popolazione possiede sia un genotipo che un fenotipo: il primo è il particolare insieme di geni dell'individuo, il secondo è l'effettivo risultato di questi geni, cioè l'apparenza fisica e le caratteristiche visibili dell'individuo. La relazione tra le due cose è molto complessa, visto che il fenotipo di un individuo è determinato sì dal suo genotipo, ma anche in parte dall'ambiente. Sembra ovvio che i geni esistano al solo scopo di rendere possibile la riproduzione dei fenotipi, ma alcuni biologi sostengono che il progetto della natura sia quello opposto: uccelli, mucche ed esseri umani sono i meccanismi che i loro geni hanno inventato per perpetuare se stessi. Cioè noi esistiamo per i nostri geni e non viceversa.

La popolazione interagisce con l'ambiente circostante, ed è da esso influenzata mediante le condizioni climatiche, la disponibilità di cibo, i predatori, altre popolazioni, e così via. Dato che gli organismi variano nelle caratteristiche fisiche (fenotipi), alcuni individui (e i loro geni) hanno una maggiore probabilità di sopravvivere di altri in un dato ambiente. Quindi, l'ambiente implicitamente seleziona chi deve vivere o morire. Per aumentare le probabilità di sopravvivenza, la popolazione ha il suo proprio piano: l'adattamento. Il prezzo da pagare se l'adattamento fallisce è l'estinzione.

L'adattamento non procede in maniera arbitraria, provando fenotipi a caso finché per combinazione non trova il migliore. Č piuttosto un processo graduale, dove individui buoni vengono progressivamente modificati per produrre individui migliori. Darwin definì la selezione naturale come la conservazione delle variazioni favorevoli e il rifiuto di quelle dannose. Quindi organismi ben adattati sopravvivono e si riproducono, passando utili informazioni genetiche ai loro discendenti, mentre individui meno riusciti vengono spazzati via. Da cui la sopravvivenza del più adatto, un'idea chiave nel ragionamento evoluzionista di Darwin. (Dato che l'«adattamento» di un individuo si misura nella sua capacità di sopravvivere, qui si cela nell'ombra una tautologia. Chi sopravvive? Il più adatto a... sopravvivere.) Nel corso di molte generazioni la proporzione relativa di fenotipi diversi nella popolazione cambierà in favore di quelli meglio adattati.

Dato che sono i cromosomi a portare fisicamente le eredità, è a quel livello che l'evoluzione lavora per modificare le caratteristiche degli individui. Certe combinazioni di alleli per geni diversi possono considerevolmente aumentare la riuscita del fenotipo. L'adattamento quindi si può riguardare come la ricerca di associazioni «buone» di alleli per mezzo di cambiamenti nel corredo genetico. Questi cambiamenti genetici sono il risultato di processi in cui il caso gioca un ruolo fondamentale. Questo è il principio guida per l'applicazione delle idee evoluzionistiche al calcolo.

La totalità dei cromosomi dei membri della popolazione costituisce la riserva di cromosomi (o di geni), e di solito è una frazione infinitesima della totalità dei possibili cromosomi. Nel caso degli esseri umani, per scrivere il numero di tutte le possibili varietà di cromosomi in notazione decimale ci vorrebbero più di due miliardi di cifre. Conviene immaginare che l'adattamento avvenga in intervalli di tempo discreti, o «generazioni». Così, se C(t) è la riserva di cromosomi al tempo t, allora C(t + 1) è la totalità dei cromosomi della popolazione una generazione più tardi. In generale, C(t + 1) conterrà nuovi cromosomi assieme a quelli che già erano in C(t), mentre alcuni dei cromosomi in C(t) andranno perduti. Nuovi cromosomi si possono creare dai vecchi in vari modi: elementi genetici possono venire scartati, o risistemati, scambiati o aggiunti.

In un modello dell'evoluzione, i due processi di variazione cromosomica più rilevanti sono la ricombinazione meiotica e la mutazione. Durante la ricombinazione meiotica segmenti di due diversi cromosomi si scambiano di posto, separando alcuni tratti e ricongiungendone altri in nuove associazioni, possibilmente favorevoli (cfr. fig. 6.1). Un tale scambio di materiale genetico avviene quando lo spermatozoo e l'ovulo si fondono. Le mutazioni sono cambiamenti nella costituzione genetica di un cromosoma che occorrono spontaneamente durante la riproduzione delle cellule, oppure sono causati da radiazioni, sostanze chimiche o altri agenti esterni. Le mutazioni aggiungono un tocco di casualità alle variazioni nella riserva genetica, e senza di esse l'evoluzione sarebbe limitata. Le controparti astratte della ricombinazione meiotica e della mutazione giocano un ruolo fondamentale nell'efficienza degli algoritmi «genetici» che andiamo a descrivere.

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Postfazione


L'importanza di una nuova teoria o idea è raramente facile da valutare, e le sue conseguenze a lungo termine sempre rischiose da prevedere. Ciò è vero in ogni campo, e la matematica o l'informatica non fanno eccezione. Nel presentare i principi del calcolo soft mi sono quindi concentrato su concetti generalmente accettati e tecniche collaudate, tenendomi lontano dalle mode del momento e da affermazioni («questo salverà il mondo!») tutte da verificare.

A volte mi sono sentito schiacciato dalla mole di articoli, libri e conferenze in giro per il mondo su questo argomento: stavo dimenticando qualcosa di cruciale? Ma proprio questa abbondanza è servita a rassicurarmi. Forse la ragione per cui ci sono così tanti modi di affrontare la cosa, così tante tecniche speciali, soluzioni parziali, nuove idee ecc. è che la teoria precisa (ammesso che esista) non è ancora stata trovata.

Confrontando il calcolo soft e quello classico, può risultare utile la tabella seguente (sebbene sia parziale):


Calcolo classico       Calcolo soft

ha bisogno di un       può imparare
    programma               i programmi da sé
    dall'inizio
si basa sulla logica   usa una logica
    a due valori            a valori multipli
deterministico         incorpora elementi
                            casuali
gestisce dati esatti   può gestire dati ambigui
calcola in serie       calcola in parallelo
dà risposte precise    dà risposte approssimate

Una caratteristica comune alla logica fuzzy, alle reti neurali e agli algoritmi genetici è la loro dipendenza da calcoli enormi e molto veloci. La teoria matematica che li sorregge, nonostante tutta la sua importanza, sarebbe ben poco utile senza calcolatori ad alta velocità per metterla in pratica. Inoltre, non si può enfatizzare troppo il ruolo di meraviglie tecnologiche diverse dai computer, come sensori, spettroscopi ecc., nella realizzazione di queste teorie.

I tre modi non classici di affrontare il calcolo che ho discusso qui non sono affatto gli unici usati o studiati. Gli algoritmi genetici si possono considerare come un caso speciale di un campo più vasto, ancora mal definito, noto come «calcolo evolutivo ». Due altre possibilità sono il «calcolo biochimico», che usa le proteine come porte logiche e per immagazzinare informazioni, e lo «sfruttamento del caos», una teoria molto di moda solo dieci anni fa, generata artificialmente.

Non vorrei aver dato l'impressione che la matematica tradizionale sia da buttare via! Un nuovo campo in cui la matematica (esatta, cristallina) viene usata con grande successo in informatica è la costruzione dei programmi, dove c'è un grande interesse in metodi formali e con forti basi matematiche nella progettazione di algoritmi e lo sviluppo e la verifica del software.

Attualmente (1997) c'è una tendenza verso i cosiddetti «sistemi ibridi», che combinano i vantaggi di due o più metodi o tecniche. Ed è una buona notizia. Ho incontrato troppi ricercatori convinti che un solo punto di vista (il loro, ovviamente) fosse la chiave per capire i misteri dell'universo. Gli scienziati farebbero meglio a prendere ancora una volta esempio dalla natura e sfruttare le opportunità offerte dalla diversità, dalla cooperazione e la combinazione, allo scopo di risolvere il maggior numero di problemi per il benessere del maggior numero di persone possibile.

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