Copertina
Autore José Saramago
Titolo La caverna
EdizioneEinaudi, Torino, 2000, Supercoralli , Isbn 978-88-06-15255-0
OriginaleA Caverna [2000]
TraduttoreRita Desti
LettoreRenato di Stefano, 2001
Classe narrativa portoghese
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Pagina 3 [ inizio libro ]

L'uomo che guida il camioncino si chiama Cipriano Algor, fa il vasaio di mestiere e ha sessantaquattro anni, anche se a vederlo sembra meno anziano. L'uomo che gli sta seduto accanto è il genero, si chiama Marçal Gacho, e ancora non è arrivato ai trenta. In ogni modo, con la faccia che ha, nessuno glieli darebbe. Come si sarà notato, sia l'uno che l'altro hanno appiccicati al nome proprio dei cognomi insoliti di cui s'ignorano l'origine, il significato e la ragione. La cosa più probabile è che si dispiacerebbero se mai giungessero a sapere che algor, algora, significa freddo intenso del corpo, preannuncio di febbre, e che il gacho è né più né meno che la parte del collo del bue su cui poggia il giogo. Il più giovane veste l'uniforme, ma non è armato. Il più vecchio indossa una giacca borghese e un paio di pantaloni più o meno decorosi, ha il colletto della camicia sobriamente abbottonato, senza cravatta. Le mani che manovrano il volante sono grandi e forti, da contadino, eppure, forse per effetto del quotidiano contatto con la morbidezza dell'argilla a cui le obbliga il mestiere, promettono una certa sensibilità. Nella mano destra di Marçal Gacho non c'è nulla di particolare, ma il dorso della mano sinistra presenta una cicatrice che ha l'aspetto di una bruciatura, un segno in diagonale che va dalla base del pollice alla base del mignolo. Il camioncino non merita un tale nome, è solo un furgone di medie dimensioni, un vecchio modello, ed è carico di stoviglie. Quando i due uomini sono usciti da casa, venti chilometri fa, il cielo stava appena cominciando a rischiarare, ma adesso il mattino ha ormai diffuso nel mondo abbastanza luce perché si possa osservare la cicatrice di Marçal Gacho e immaginare la sensibilità delle mani di Cipriano Algor. Stanno viaggiando a velocità ridotta per via della fragilità del carico, e anche per l'irregolarità del manto stradale. La consegna di merci non ritenute di prima o seconda necessità, come queste stoviglie rustiche, avviene, secondo gli orari fissati, a metà mattina, e se i due uomini hanno fatto una tale alzataccia è perché Marçal Gacho deve timbrare almeno mezz'ora prima che le porte del Centro siano aperte al pubblico. Nei giorni in cui non accompagna il genero, ma ha delle stoviglie da trasportare, Cipriano Algor non ha bisogno di alzarsi tanto presto. Tuttavia, ogni dieci giorni, è sempre lui che s'incarica di andare a prendere Marçal Gacho al lavoro per passare con la famiglia le quaranta ore di riposo a cui ha diritto, ed è lui che, dopo, con o senza stoviglie nel bagagliaio del furgone, puntualmente lo riconduce alle sue responsabilità e ai suoi doveri di guardiano interno. La figlia di Cipriano Algor, che si chiama Marta di nome, e di cognome Isasca per parte della defunta madre e Algor per parte di padre, gode della presenza di suo marito a casa e nel letto solo sei notti e tre giorni al mese. La notte precedente a questa è rimasta incinta, ma lei ancora non lo sa.

Il paesaggio è fosco, sporco, non merita che lo guardiamo due volte. Qualcuno ha dato a queste vaste distese d'aspetto tutt'altro che campestre il nome tecnico di Cintura Agricola, e anche, per analogia poetica, quello di Cintura Verde, ma l'unico paesaggio che gli occhi riescono a cogliere ai due lati della strada, che copre senza soluzione di continuità percettibile molte migliaia di ettari, sono grandi fabbricati dal tetto piatto, rettangolari, costruiti con plastiche di un colore neutro che il tempo e la polvere hanno fatto digradare, a poco a poco, verso il grigio e il bigio. Sotto di essi, fuori dalla vista di chi passa, cresce la vegetazione. Da vie secondarie che vengono a sboccare nella statale, escono qua e là camion e trattori con rimorchi carichi di vegetali, ma il grosso del trasporto è stato fatto durante la notte, questi, o hanno un'autorizzazione espressa ed eccezionale a fare la consegna più tardi, oppure sono rimasti a dormire. Marçal Gacho ha scostato discretamente la manica sinistra della giacca per guardare l'orologio, è preoccupato perché il traffico si sta intensificando a poco a poco e perché sa che da qui in poi, quando entreranno nella Cintura Industriale, le difficoltà aumenteranno. Il suocero si è accorto del gesto, ma se n'è rimasto zitto, questo suo genero è un giovane simpatico, senza dubbio, ma nervoso, che appartiene alla razza degli esagitati per natura, sempre inquieto per il trascorrere del tempo, anche se ce ne ha d'avanzo, nel qual caso non sembra mai sapere cosa metterci dentro, dentro al tempo, intendiamoci, Come sarà quando arriverà alla mia età, ha pensato. Si sono lasciati la Cintura Agricola alle spalle, la statale, adesso più sporca, attraversa la Cintura Industriale passando proprio in mezzo a stabilimenti di tutte le dimensioni, attività e aspetto, con depositi sferici e cilindrici di combustibile, centrali elettriche, reti di canalizzazione, condotte d'aria, ponti sospesi, tubi di tutte le grandezze, alcuni rossi, altri neri, comignoli che lanciano nell'atmosfera spirali di fumi tossici, gru dalle lunghe braccia, laboratori chimici, raffinerie di petrolio, odori fetidi, amari o dolciastri, rumori stridenti di trapani, ronzii di seghe meccaniche, colpi bruschi di martelli pneumatici, di tanto in tanto una zona di silenzio, nessuno sa cosa mai vi si produca. È allora che Cipriano Algor ha detto, Non ti preoccupare, arriveremo in tempo, Non sono preoccupato, ha risposto il genero, mascherando l'inquietudine, Lo so, era tanto per dire, disse Cipriano Algor. Ha svoltato con il furgone imboccando una strada parallela riservata al traffico locale, Da qui prenderemo una scorciatoia, ha detto, se la polizia ci domanda perché abbiamo lasciato la statale, ricordati cosa si è combinato, abbiamo un affare da trattare in una di queste fabbriche prima di arrivare in città. Marçal Gacho ha fatto un respiro profondo, quando il traffico sulla statale si complicava, il suocero, prima o poi, finiva per prendere una deviazione. Quello che lo infastidiva era la possibilità che si distraesse e prendesse la decisione troppo tardi. Per fortuna, malgrado i timori e gli avvertimenti, la polizia non li aveva mai fermati, Una volta dovrà pur convincersi che non sono più un ragazzino, ha pensato Marçal, e che non deve star li a ricordarmi tutte le volte questa storia degli affari da trattare in qualche fabbrica. Non immaginavano, né l'uno né l'altro, che fosse proprio l'uniforme di guardiano del Centro che indossava Marçal Gacho il motivo della persistente tolleranza o della benevola indifferenza della polizia stradale, che non era il semplice risultato di molteplici casualità o di una ostinata fortuna, come probabilmente avrebbe risposto se li avessero interrogati sulla ragione per cui ritenevano di essersi risparmiati qualche multa. Se Marçal Gacho l'avesse saputa, forse avrebbe fatto valere con il suocero il peso dell'autorità che la divisa gli conferiva, se l'avesse saputa Cipriano Algor, forse avrebbe cominciato a rivolgersi al genero con meno ironica condiscendenza. È proprio vero che la gioventù non conosce ciò che può, e la vecchiaia non può ciò che conosce.

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Pagina 36

[...] Cipriano Algor andrà a passare alcuni minuti accanto alla tomba della moglie, non per recitare qualche preghiera che ormai ha dimenticato, né per chiederle che dall'alto, dall'empirea dimora, se così in alto l'hanno portata le sue doti, interceda a suo favore presso colui che alcuni dicono che possa tutto, protesterà solo che non è giusto, Justa, ciò che mi hanno fatto, si sono beffati del mio lavoro e del lavoro di nostra figlia, dicono che le stoviglie di terracotta non interessano più, che non le vuole nessuno, e quindi anche noi non siamo più necessari, siamo una scodella crepata a cui non vale la pena di perder tempo a mettere ganci, tu sei stata più fortunata finché hai vissuto. Nei vialetti di ghiaia del cimitero ci sono piccole pozze d'acqua, l'erba cresce dappertutto, non ci vorranno cent'anni perché non si sappia più chi è stato messo sotto questi monticelli di fango, e se comunque lo sapranno ancora c'è da chiedérsi se il saperlo gli interesserà veramente, i morti, qualcuno lo ha già detto, sono come piatti crepati su cui non vale la pena agganciare quelle graffe di ferro, anch'esse desuete, che univano ciò che si era rotto e separato, o, nel caso in questione, spiegando il simile con altre parole, i ganci della memoria e della nostalgia. Cipriano Algor si è avvicinato alla tomba della moglie, sono ormai tre gli anni che lei si trova là sotto, tre anni senza farsi vedere da nessuna parte, né in casa, né alla fornace, né a letto, né all'ombra del gelso nero, né sotto il sole cocente della cava d'argilla, non si è più seduta a tavola né al tornio, non toglie più le ceneri cadute dalla griglia né rivolta i pezzi che stanno essiccando, non sbuccia le patate, non impasta la creta, non dice, Cosi vanno le cose, Cipriano, la vita non ha che due giorni da dare, e c'è tanta gente che ha vissuto solo un giorno e mezzo, e altra neanche tanto, vedi dunque che noi non possiamo lamentarci. Cipriano Algor non rimase più di tre minuti, era abbastanza intelligente da non aver bisogno che gli dicessero che l'importante non era starsene lì fermo, con o senza preghiere, a guardare una tomba, l'importante era l'essere venuto, l'importante è il cammino che si è fatto, il viaggio che si è percorso, se sei consapevole che stai prolungando la tua contemplazione è perché osservi te stesso o, peggio ancora, perché ti aspetti che ti osservino. A paragone con la velocità istantanea del pensiero, che prosegue in linea retta fino a quando sembra avere smarrito il nord, lo crediamo noi perché non capiamo che il pensiero, correndo in una direzione, sta avanzando verso tutte le direzioni, a paragone, dicevamo, la povera parola ha sempre bisogno di chiedere permesso a un piede per far avanzare l'altro, eppure inciampa continuamente, esita, s'intrattiene a girare intorno a un aggettivo, a un tempo verbale che gli si è presentato senza farsi annunciare dal soggetto, dev'esser questa la ragione per cui Cipriano Algor non ha avuto tempo di dire alla moglie tutto quello che aveva pensato, che non è giusto, Justa, ciò che mi hanno fatto, ma può anche darsi che i mormorii che stiamo udendo ora, mentre cammina verso l'uscita del cimitero, siano proprio ciò che era rimasto da dire.

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Pagina 62

Autoritarie, paralizzanti, circolari, a volte ellittiche, le frasi a effetto, dette anche scherzosamente briciole d'oro, sono una piaga maligna, tra le peggiori che hanno infestato il mondo. Diciamo ai confusi, Conosci te stesso, come se conoscere se stessi non fosse la quinta e più difficile operazione delle aritmetiche umane, diciamo agli abulici, Volere è potere, come se le realtà bestiali del mondo non si divertissero a invertire tutti i giorni la posizione relativa dei verbi, diciamo agli indecisi, Comincia dal principio, come se quel principio fosse il capo sempre visibile di un filo male arrotolato che bastasse tirare e continuare a tirare per giungere all'altro capo, quello della fine, e poi, fra il primo e il secondo, avessimo fra le mani una linea retta e continua dove non c'era stato bisogno di sciogliere nodi né districare strozzature, cosa impossibile che accada nella vita dei gomitoli e, se ci è consentita un'altra frase a effetto, nei gomitoli della vita. Marta ha detto al padre, Cominciamo dal principio, e sembrava mancasse solo che si sedessero entrambi davanti al bancone a modellare statuine fra dita repentinamente agili e precise, con l'antica abilità recuperata dopo una lunga letargia. Puro inganno di innocenti e sprovveduti, il principio non è mai stato il capo nitido e preciso di una linea, il principio è un processo lentissimo, tardivo, che richiede tempo e pazienza perché si capisca la direzione in cui vuole andare, che tasta il cammino come un cieco, il principio è solo il principio, ciò che ha fatto vale tanto quanto niente. Ecco perché sarebbe stato molto meno categorico ciò che Marta rammentò subito dopo, Abbiamo solo tre giorni per preparare la presentazione del progetto, è cosi che si dice in linguaggio d'affari ed esecutivi, credo, Spiegati, non ho testa per seguirti, disse il padre, Oggi è lunedi, andrete a prendere Marçal giovedi pomeriggio, quindi quel giorno dovrete portare al capo dell'ufficio acquisti la nostra proposta di fabbricazione di statuine, con disegni, modelli, prezzi, insomma, tutto quanto possa convincerli a comprare e li metta in grado di prendere una decisione che non vada alle calende greche. Senza notare che stava ripetendo le parole già dette, Cipriano Algor domandò, Da dove cominciamo, ma la risposta di Marta non fu la stessa. Dovremo concentrarci su una mezza dozzina di tipi, o forse meno, per non complicarci troppo il lavoro, calcolare quante statuine potremo fare al giorno, e questo dipende da come le concepiamo, se modellare la creta come chi scolpisce direttamente nell'impasto o se fare delle figure uguali di uomo e donna e poi vestirle secondo le professioni, mi riferisco, è chiaro, alle statuine in piedi, secondo me de- vono essere tutte così, sono più facili da lavorare, Che cosa intendi per vestire, Vestire significa vestire, incollare al corpo della figura nuda gli abiti e gli accessori che le caratterizzano e conferiscono individualità, credo che due persone cne lavorino procedendo così potranno sbrigarsela più rapidamente, poi c'è solo da fare attenzione con la verniciatura, non possono esserci sbavature, Mi rendo conto che ci hai pensato a lungo, disse Cipriano Algor, Neanche per sogno, ci ho pensato alla svelta, E bene, Non fatemi arrossire, E molto, anche se dici di no, Guardate come sono già arrossita, Fortunatamente per me, sei capace di pensare in fretta, di pensare molto e di pensare bene, tutto allo stesso tempo, Occhi di padre, amore di padre, errori di padre, E quali figure credi che dovremmo fare, Non troppo antiche, molte professioni sono scomparse, oggi nessuno sa più a cosa servissero quelle persone, che utilità avessero, e credo che non debbano essere neanche figure attuali, per questo ci sono i pupazzetti di plastica, con i loro eroi, i loro rambo, i loro astronauti, i loro mutanti, i loro mostri, i loro superpoliziotti e superbanditi, e le loro armi, soprattutto le loro armi, Sto pensando, il fatto è che, di tanto in tanto, anch'io riesco a spremere qualche idea, anche se non altrettanto buona delle tue, Lasciate stare le false modestie, non vi donano, Stavo pensando di dare un'occhiata ai libri illustrati che abbiamo, a quella vecchia enciclopedia, per esempio, comprata da tuo nonno, se ci troviamo dei modelli che servano direttamente per le statuine avremo risolto nello stesso tempo anche il problema dei disegni che dovrò portare, il capoufficio non si accorgerà se abbiamo copiato, e quand'anche se ne accorgesse non vi darebbe importanza, Ma certo, ecco un'idea che meriterebbe un bel dieci nelle votazioni scolastiche di un tempo, Mi ritengo soddisfatto con un sei, che dà meno nell'occhio, Mettiamoci al lavoro.

Come sarà facile immaginare, la biblioteca della famiglia Algor non è estesa in quantità né eccelsa in qualità. Da gente del popolo, e in un posto come questo, lontano dalla civiltà, non ci sarebbe da aspettarsi eccessi di sapienza, ma, comunque, si possono contare in due o tre centinaia i libri sistemati ordinatamente negli scaffali, alcuni vecchi, altri di mezza età, e questi sono la maggior parte, tutti i restanti più o meno recenti, anche se solo alcuni recentissimi. Non c'è in paese un locale che possa fregiarsi del nobile e vetusto titolo di libreria, esiste solo un piccolo negozio di cartoleria che s'incarica di ordinare agli editori della città i libri di studio necessari, e molto raramente qualche opera letteraria di cui si sia parlato con insistenza alla radio o in televisione e il cui contenuto, stile e intenzioni corrispondano soddisfacentemente agli interessi medi degli abitanti. Marçal Gacho non è tipo da letture frequenti e raffinate, in ogni caso, quando si presenta a casa con un libro in regalo per Marta, bisogna riconoscere che ha saputo cogliere la differenza fra ciò che è buono e ciò che non è altro che mediocre, ancorché sia sicuro che su questi scivolosi concetti di buono e di mediocre i motivi su cui discutere e divergere non ci mancheranno mai. L'enciclopedia che padre e figlia hanno appena aperto sul tavolo della cucina era considerata la migliore all'epoca della sua pubblicazione, mentre oggi potrà servire solo per ricercare in campi del sapere fuori d'uso o che, all'epoca, stavano ancora articolando le loro prime ed esitanti sillabe. Messe in fila, una dopo l'altra, le enciclopedie di oggi, di ieri e dell'altroieri rappresentano immagini successive di mondi paralizzati, gesti interrotti nel loro movimento, parole alla ricerca del proprio ultimo o penultimo significato. Le enciclopedie sono come immutabili cinerama, prodigiosi proiettori i cui carrelli si sono bloccati ed esibiscono con una specie di maniaca fissità un paesaggio che, così condannato a essere solo, per sempre, ciò che era stato, diventerà al tempo stesso più vecchio, più caduco e meno necessario. L'enciclopedia comprata dal padre di Cipriano Algor è altrettanto magnifica e inutile di un verso di cui non riusciamo a ricordarci. Cerchiamo, tuttavia, di non essere superbi e ingrati, rammentiamo la sensata raccomandazione dei nostri antenati, quando ci consigliavano di conservare quanto non era necessario perché, prima o poi, vi avremmo ritrovato quello di cui, allora senza saperlo, avremmo sentito la mancanza. Chini sulle vecchie pagine ingiallite, respirando l'odore umido racchiuso per anni, senza il tocco dell'aria né il fiato della luce, nel morbido spessore della carta, oggi padre e figlia mettono a frutto la lezione, cercano ciò di cui hanno bisogno in quello che pensavano non servisse più. Hanno già trovato strada facendo un accademico con il bicorno piumato, spadino e camicia con le ruches, hanno trovato un pagliaccio e un equilibrista, hanno trovato uno scheletro con la falce e sono passati oltre, hanno trovato un'amazzone a cavallo e un ammiraglio senza nave, hanno trovato un torero e un uomo in casacca, hanno trovato un pugile e il suo avversario, hanno trovato un carabiniere e un cardinale, hanno trovato un cacciatore e il suo cane, hanno trovato un marinaio in licenza e un magistrato, un buffone e un romano in toga, hanno trovato un derviscio e un alabardiere, hanno trovato un finanziere e uno scriba seduto, hanno trovato un postino e un fachiro, hanno trovato anche un gladiatore e un oplita, un'infermiera e un giocoliere, un lord e un menestrello, hanno trovato uno schermidore e un apicultore, un minatore e un pescatore, un pompiere e un flautista, hanno trovato due fantocci, hanno trovato un barcaiolo, hanno trovato uno zappatore, hanno trovato un santo e una santa, hanno trovato un demonio, hanno trovato la santissima trinità, hanno trovato soldati e militari di tutti i gradi, hanno trovato un sommozzatore e un pattinatore, hanno visto una sentinella e un taglialegna, hanno visto un calzolaio con gli occhiali, hanno trovato uno che suonava il tamburo e un altro che suonava la tromba, hanno trovato una vecchia con cappa e fazzoletto, hanno trovato un vecchio con la pipa, hanno trovato una venere e un apollo, hanno trovato un cavaliere in tuba, hanno trovato un vescovo con la sua mitria, hanno trovato una cariatide e un atlante, hanno trovato un lanciere a cavallo e un altro a piedi, hanno trovato un arabo in turbante, hanno trovato un mandarino cinese, hanno trovato un aviatore, hanno trovato un condottiero e un panettiere, hanno trovato un moschettiere, hanno trovato una cameriera in grembiule e un eschimese, hanno trovato un assiro con la barba, hanno trovato uno scambista delle ferrovie, hanno trovato un giardiniere, hanno trovato un uomo nudo con i muscoli in mostra e la mappa dei sistemi nervoso e circolatorio, hanno trovato anche una donna nuda, ma si copriva il pube con la mano destra e i seni con la sinistra. Ne hanno trovati tanti altri, ma non erano adatti ai fini che avevano in vista, o perché l'elaborazione delle figure sarebbe stata troppo complicata nella creta, o perché uno sconsiderato utilizzo delle celebrità antiche e moderne con i cui ritratti, veritieri, plausibili o immaginari; era illustrata l'enciclopedia avrebbe potuto essere interpretato malevolmente come una mancanza di rispetto, e addirittura dare adito, nel caso di famosi viventi, o di morti famosi con eredi interessati e vigili, a rovinosi processi giudiziari per offese, danni morali e abuso d'immagine. Chi scegliamo fra tutta questa gente, domandò Cipriano Algor, ricordati che a più di tre o quattro non potremo dare spazio, senza contare che, da ora fino al momento in cui il Centro deciderà se compra o non compra, dovremo esercitarci molto se vogliamo presentarci con un lavoro ben fatto, In ogni caso, babbo, credo che la cosa migliore sarebbe se ne proponessimo sei, disse Marta, cosi, o sono d'accordo e noi divideremo la produzione in due fasi, bisognerà solo combinare le scadenze per la consegna, oppure, e questa sarà la cosa più probabile all'inizio, saranno loro a scegliere due o tre statuine per sondare la curiosità e valutare la possibile risposta dei clienti, Potrebbero anche fermarsi li, È vero, ma credo che se porteremo sei disegni avremo più possibilità di convincerli, il numero conta, il numero influisce, è una questione psicologica, La psicologia non è mai stato il mio forte, Neanche il mio, ma persino l'ignoranza è capace di avere intuizioni profetiche, Non trasmettere queste intuizioni profetiche al futuro di tuo padre, che ha sempre preferito conoscere ogni giorno ciò che ogni giorno, nel bene e nel male, ha deciso di portargli, Una cosa è quello che porta il giorno, e cosa ben diversa è quello che noi, da soli, portiamo al iorno, La vigilia, Non capisco cosa volete dire, È la vigilia che noi portiamo a ogni giorno che viviamo, la vita è un caricare e trasportare vigilie come chi trasporta carichi di pietre, quando non ce la facciamo più con il carico il trasporto è finito, l'ultimo giorno è l'unico che non si può chiamare vigilia, Volete rattristarmi, No, figlia mia, ma forse la colpevole sei tu, Colpevole di cosa, Con te finisco sempre per parlare di cose serie, Allora parliamo di qualcosa di molto più serio, scegliamo le nostre statuine. Cipriano Algor non è tipo da risate, e persino i sorrisi franchi sono rari sulla sua bocca, al massimo gli si notano fugacemente negli occhi come una sorta di bagliore che improvvisamente avesse cambiato posto, alcune volte gli si sono appena intravisti in un certo aggrottamento delle labbra, come se dovessero sorridere per impedirsi di sorridere. Cipriano Algor non è tipo da risate, ma si è appena visto che nella giornata odierna c'era in serbo un sorriso che non era ancora riuscito a spuntare. Allora procediamo, ha detto, io ne scelgo una, tu ne scegli un'altra, fino a quando ne avremo sei, ma attenzione, sempre tenendo conto della facilità del lavoro e del gusto noto o presunto delle persone, D'accordo, cominciate voi, Il buffone, disse il padre, Il pagliaccio, disse la figlia, L'infermiera, disse il padre, L'eschimese, disse la figlia, Il mandarino, disse il padre, L'uomo nudo, disse la figlia, L'uomo nudo, no, non può essere, dovrai sceglierne un altro, l'uomo nudo al Centro non lo vogliono, Perché, Proprio per questo, perché è nudo, Allora scegliamo la donna nuda, Peggio ancora, Ma è coperta, Coprirsi in questa maniera è più che mostrarsi tutta, Sono sorpresa delle vostre conoscenze in queste materie, Ho vissuto, guardato, letto, sentito, Cosa c'entra leggere, Leggendo, si viene a sapere quasi tutto, Anch'io leggo, Qualcosa, dunque, dovrai pur saperla, Ora non ne sono più tanto sicura, Allora dovrai leggere in altra maniera, Come, Non serve per tutti la stessa, ciascuno inventa la propria, quella che gli sia più consona, c'è chi passa tutta la vita a leggere senza mai riuscire ad andare al di là della lettura, restano appiccicati alla pagina, non percepiscono che le parole sono soltanto delle pietre messe di traverso nella corrente di un fiume, sono lì solo per farci arrivare all'altra sponda, quella che conta è l'altra sponda, A meno che, A meno che, cosa, A meno che quei fiumi non abbiano due sole sponde, ma tante, che ogni persona che legge sia, essa stessa, la propria sponda, e che sia sua, e soltanto sua, la sponda a cui dovrà arrivare, [...]

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Pagina 116

[...] Cipriano Algor non si accorse subito che Marçal e il cane stavano fraternizzando e giocando come vecchi amici che non si vedessero da tempo, Era la divisa, diceva il genero, e Marta ripeteva, Era la divisa. Il vasaio guardò con stupore, come se tutte le cose del mondo avessero cambiato all'improvviso di significato, forse perché aveva pensato alla vicina Isaura più per il suo nome che per la donna che era, veramente non è normale, anche in caso di pensieri distratti, scambiare una cosa per l'altra, a meno che non si tratti di una delle conseguenze di aver vissuto a lungo, magari ci sono cose che cominciamo a capire solo quando arriviamo là, Arriviamo là, dove, All'età. Cipriano Algor si allontanò avviandosi verso il forno e mormorando, come una cantilena priva di significato, Marta, Marçal, Isaura, Trovato, poi in ordine diverso, Marçal, Isaura, Trovato, Marta, e poi ancora, Isaura, Marta, Trovato, Marçal, e un altro ancora, Trovato, Marçal, Marta, Isaura, finalmente vi aggiunse il proprio nome, Cipriano, Cipriano, Cipriano, lo ripete fino a perdere il conto, fino a sentire che una vertigine lo lanciava fuori di se stesso, fino a non comprendere più il senso di ciò che stava dicendo, allora pronunciò la parola forno, la parola tettoia, la parola creta, la parola gelso, la parola aia, la parola lampione, la parola terra, la parola legna, la parola porta, la parola letto, la parola cimitero, la parola manico, la parola brocca, la parola furgone, la parola acqua, la parola fornace, la parola erba, la parola casa, la parola fuoco, la parola cane, la parola donna, la parola uomo, la parola, la parola, e tutte le cose di questo mondo, quelle nominate e quelle non nominate, quelle note e quelle segrete, quelle visibili e quelle invisibili, come uno stormo d'uccelli che fosse stanco di volare e scendesse giù dalle nuvole, andarono a posarsi a poco a poco ai loro posti, colmando le assenze e riordinando i significati. Cipriano Algor andò a sedersi su una vecchia panchina di pietra che il nonno aveva fatto mettere accanto al forno, appoggiò i gomiti sulle ginocchia, il mento fra le mani giunte e aperte, non guardava la casa né la fornace, né i campi che si stendevano al di là della strada, né i tetti del paese alla sua destra, guardava soltanto il suolo disseminato di piccoli frammenti di terracotta, la terra biancastra e granulosa che spuntava sotto di essi, una formica smarrita che ergeva fra le mandibole potenti una resta due volte più grande di lei, il taglio di una pietra da cui spuntò la testa sottile di una lucertola, per scomparire subito dopo. [...]

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Pagina 145

[...] Cipriano Algor modellava l'infermiera, Marta era occupata con il pagliaccio, ma né l'uno né l'altra si sentivano soddisfatti dei tentativi, uno dopo l'altro, forse perché copiare, in fin dei conti, è più difficile che creare liberamente, o almeno cosi avrebbe potuto dire Cipriano Algor, che con tanta veemenza e scioltezza aveva concepito le due figure di uomo e di donna che sono là, avvolte in panni bagnati perché non gli si essicchi e crepi lo spirito che le mantiene in piedi, statiche eppure vive. Per Marta e Cipriano Algor non finirà tanto presto questo sforzo, parte della creta con cui stanno modellando una statuina proviene da altre che hanno dovuto spregiare e impastare, così è con tutte le cose di questo mondo, persino le parole, che non sono cose, che si limitano a designarle al meglio che possono, e nel designarle le modellano, anche se hanno servito in maniera esemplare, supponendo che ciò possa avvenire, milioni di volte sono usate e altrettante buttate fuori, e poi noi, umili, con la coda fra le gambe come il cane Trovato quando si rannicchia per la vergogna, dobbiamo andare a cercarle di nuovo, creta pestata che sono anch'esse, impastata e masticata, deglutita e restituita, l'eterno ritorno esiste davvero, sissignore, ma non è quello, è questo. Il pagliaccio modellato da Marta forse può andare, anche il buffone si avvicina abbastanza alla realtà dei buffoni, ma l'infermiera, che sembrava tanto semplice, tanto scarna, tanto regolare, resiste a far apparire il volume dei seni sotto la creta, come se fosse avvolta anche lei in un panno bagnato di cui tenesse saldamente le punte.

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Pagina 175

[...] È ben possibile che il bisnonno di Marta, da uomo d'altri tempi qual era, avesse magari usato, ai primordi della sua professione di vasaio, il procedimento di cottura in fossa già antiquato a quell'epoca, ma l'installazione del primo forno doveva in seguito aver dispensato e in qualche modo fatto cadere nell'oblio la rustica pratica, che non si era tramandata al padre di Cipriano Algor. Fortunatamente ci sono i libri. Possiamo dimenticarli su uno scaffale o in un baule, lasciarli in preda alla polvere e ai tarli, abbandonarli nel buio delle cantine, possiamo non posarvi lo sguardo sopra né toccarli per anni e anni, ma a loro non importa, aspettano tranquillamente, chiusi su se stessi perché nulla di ciò che contengono si perda, il momento che arriva sempre, quel giorno in cui ci domandiamo, Dove sarà quel libro che insegnava a cuocere la creta, e il libro, finalmente convocato, compare, è qui fra le mani di Marta mentre il padre scava a lato del forno una piccola fossa di mezzo metro di profondità e altrettanto di larghezza, per la dimensione delle statuine non è necessario di più, poi dispone sul fondo della buca uno strato di ramoscelli e vi appicca il fuoco, le fiamme salgono, accarezzano le pareti, ne riducono l'umidità superficiale, ben presto il falò si smorzerà, rimarranno solo le ceneri calde e un po' di scarse braci, ed è su queste che Marta, dopo aver passato al padre il libro aperto alla pagina, fa scendere, posandole con estrema cautela, una dopo l'altra, le sei statuine di prova, il mandarino, l'eschimese, l'assiro con la barba, il pagliaccio, il buffone, l'infermiera, dentro la fossa l'aria calda è ancora tremolante, [...]

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