Copertina
Autore Robert Schneider
Titolo Le voci del mondo
EdizioneEinaudi, Torino, 1994, I coralli 8 , Isbn 978-88-06-13366-5
OriginaleSchlafes Bruder [1992]
TraduttoreFlavio Cuniberto
LettoreRenato di Stefano, 1994
Classe narrativa austriaca
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Pagina 3 [ inizio libro ]

Questa è la storia del musicista Johannes Elias Alder, che all'età di ventidue anni si tolse la vita, avendo deciso di non piú dormire.

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Pagina 26

Quanto piú si avvicinava alla roccia liscia, tanto piú Elias si sentiva irrequieto. Gli sembrava che il rumore dei passi, il respiro, lo scricchiolio della neve gelata, i tonfi lontani del bosco, il mormorio dell'acqua sotto il ghiaccio della Emmer, che tutto intorno a lui dovesse crescere e fondersi in un unico suono grandioso. Quando infine raggiunse la sua roccia sentí un rombo come di tuono erompergli dal petto. E in quel momento, come intuendo qualcosa del proprio futuro, si mise improvvisamente a cantare. Quindi accadde il prodigio: quel pomeriggio del suo quinto anno di vita Elias udí il suono dell'universo.

Sentendo freddo alla testa si portò le mani al berretto per calarselo ancora piú giú sulla fronte. Ma lo schianto che avvertí nelle orecchie fu tale da perdere l'equilibrio e da cadere supino nella neve. L'ultima cosa che vide fu un ciuffo di capelli biondi macchiati di sangue.

Mentre cadeva il suo udito si moltiplicò, e iniziò la metamorfosi. ...

All'orecchio di Elias si schiudeva un mondo di suoni, di voci e rumori che non aveva mai udito prima con tanta chiarezza. Non basta dire che li udiva: li vedeva. Vide l'aria condensarsi e poi di nuovo espandersi con ritmo incessante. Vide le valli dei suoni e le loro montagne gigantesche. Vide il ronzio del proprio sangue, il fruscio dei capelli tra le mani strette a pugno. E il respiro tagliava le narici con folate cosí violente che una tempesta di föhn sarebbe parsa al confronto un timido venticello. I succhi gastrici si mescolavano chioccolando e gorgogliando. Le viscere mandavano un suono lungo, gutturale, incredibilmente modulato. I gas endocorporei si dilatavano sibilando o esplodendo, il midollo osseo vibrava e perfino l'umor vitreo tremava ai battiti oscuri del cuore.

Poi il suo udito si ampliò ancora, rovesciandosi come un orecchio gigantesco sulla macchia di terra dov'era sdraiato. Scrutò con l'orecchio teso paesaggi sotterranei a mille miglia di distanza, e luoghi distanti mille miglia. Sullo scenario sonoro dei suoi rumori corporei si spalancarono a velocità crescente altri scenari di gran lunga piú vertiginosi, terrificanti e di una sontuosità inaudita. Tempeste di suoni, uragani di suoni, mari di suoni, deserti di suoni.

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Pagina 113

... Lí il mongoloide trovò il padre. Stramazzato al suolo, se ne stava appoggiato al ceppo per spaccare la legna. Dall'angolo destro della bocca gli usciva un filo di saliva, la spalla destra era insaccata e la mano destra cianotica e inerte. Ma negli occhi continuava a brillargli la luce mite della speranza. Philipp si mise a saltellare intorno al padre, strillando di gioia e ridendo come se volesse giocare con lui. Fritz, il primogenito, che stava per iniziare la battuta insieme a Lukas Alder, raccolse il corpo inanimato. A quarantotto anni di età lo aveva colpito un attacco di apoplessia, e Seff restò semiparalizzato per il resto dei suoi giorni. Fritz, di cui non ci è stata tramandata un'unica parola, anche in questo caso tacque. Ogni speranza è senza senso. Nessuno si illuda di predisporre la realizzazione dei propri sogni. Solo chi si è reso conto che la speranza è assurda ha il diritto di continuare a sperare. E a quel punto, se è ancora capace di sognare, la vita ha conservato un barlume di senso.

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Pagina 173 [ fine libro ]

- E là - concluse la Lukasin - dove c'era la grande pietra levigata dall'acqua, era il suo luogo preferito.

I bambini la guardarono con gli occhi sgranati dalla meraviglia. Poi Cosmas, il primogenito, le si avvicinò e le chiese, dandosi arie da adulto: - Che cosa vuol dire amore?

- Che cosa vuol dire? - rise la Lukasin, gli baciò il lucido nasino a patata e gli tirò il cappuccio sulla testa. Aveva ripreso a piovere.

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