Copertina
Autore Aleksej Slapovskij
Titolo Il giorno dei soldi
SottotitoloRomanzo picaresco
EdizioneVoland, Roma, 2003, sírin , pag. 184, dim. 145x206x13 mm , Isbn 978-88-88700-03-8
OriginaleDen' deneg. Plutovskoj roman
TraduttoreFrancesca Guerra
LettoreAngela Razzini, 2003
Classe narrativa russa
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Pagina 7

Capitolo primo,
che è l'inizio


È successo nella città di Saratov, dal momento che, lo capite anche voi, non poteva succedere da nessun'altra parte, neppure a volerlo.


Capitolo secondo,


in cui facciamo conoscenza con un uomo di nome Drago, così soprannominato nell'infanzia o meglio, il nome completo suona Cingacuk il Grande Drago, e si ispira a un libro di Fenimore Cooper ai film della Germania Orientale dove i pellerossa hanno il naso adunco (eccetto il bellissimo e muscoloso Gojko Mitica), sono scuri e con lo sguardo da falco; il piccolo Serëza Uglov non aveva lo sguardo da falco, ma possedeva rara prestanza, naso ricurvo ed era scuro; né la madre Lidija Ivanovna, una bionda con il viso rotondo, né il padre Viktor Alekseevic, un uomo secco, pallido, naso sottile e viso nervoso (e infatti morì presto di nervi), seppero trovare una spiegazione, soprattutto quando lo paragonavano al fratello più grande, Gleb, viso pallido, lineamenti sfuggenti; liti o malintesi tra loro non ne nascevano per via della fiducia e dell'amore reciproci, tuttavia Drago aveva parecchi problemi, soprattutto negli ultimi tempi, perché la polizia, dando sfogo ai segreti umori sciovinisti del popolo, lo torchiava in continuazione credendolo un caucasico, il che gli ha complicato e gli complica parecchio la vita, a parte la faccia da caucasico infatti, è quasi sempre ubriaco, semiubriaco, brillo, andato, cotto, spalmato, alticcio, fradicio, sbronzo e così via, ai poliziotti basta un'occhiata e un'annusata per sgamarlo, tutto il suo aspetto lo conferma; la questione della nazionalità caucasica viene subito rimpiazzata da un'altra, tipicamente russa, e non è nemmeno un'accusa, semplicemente i poliziotti afferrano il giovanotto per le sue candide mani (si fa per dire), lo trascinano al Centro raccolta ubriachi e lo lasciano andare, infine, senza troppi tormenti, perché con Drago non si becca un soldo: sono sette anni che è disoccupato

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Pagina 19

Non che quel giorno avesse avuto un motivo particolare per bere. Era stato seduto a scrivere il suo testo letterario fino a tardi - ed era felice. Aveva ultimato il capitolo suggellandolo con una parola sagace, aveva messo il manoscritto da parte, si era stiracchiato e aveva capito che gli ci voleva un goccio. Va detto che Scrittore non si metteva mai a bere quando aveva un guaio o in un momento di sconforto o in caso di insuccesso: affrontava le difficoltà della vita a mente lucida. Ma i momenti di felicità e di pieno benessere dell'anima, i momenti di gioia e di tranquillità, gli erano intollerabili. Poteva ad esempio camminare in un parco in autunno, osservare le foglie gialle cadere silenziose nell'acqua quieta e scura di uno stagno, e dopo un'occhiata al pallido azzurro del cielo cinerino essere colto da una sensazione di felicità insopportabile, talmente insopportabile che aveva davvero paura d'impazzire. Per non impazzire davanti all'esuberanza della vita, beveva.

E così era stato ieri: era certo di essere felice, questo lo aveva spaventato, addirittura sentiva qualcosa muoversi nella scatola cranica: come se le meningi, al pari di un groviglio di vermi messisi in moto, ora si confondessero e si annodassero in un grumo così denso, un grumo tale che nessun medico sarebbe riuscito a sciogliere.

Aveva cominciato a frugare nelle tasche, nel portafoglio, nei cassetti della scrivania, aveva rovistato nel suo giaccone e nell'impermeabile di sua moglie, e aveva racimolato una somma sufficiente per una bottiglia di vodka e una di vino. Le aveva comprate al negozio aperto giorno e notte, e si era messo in fretta a bere. La vodka era finita, regalandogli una prima ebbrezza paciosa e meditabonda, ma il vino aveva agito incredibilmente peggio, lui aveva cominciato ad ammosciarsi e tutto moscio, strizzando un occhio perché le immagini non si sdoppiassero, pencolava davanti alla bottiglia mezza vuota, indeciso se farla secca o conservarla per il mattino dopo. Il cervello ubriaco raccomandava di tenerla, ma l'anima ubriaca se ne fregava del cervello, e allora Scrittore se l'era scolata a garganella; poi, caduto a terra, aveva raggiunto il divano gattoni...

Se la lasciavo, pensò amareggiato, ora sarei salvo.

Accesa con disgusto una sigaretta, Scrittore si avvicinò alla finestra.

E vide Parfen che camminava frettoloso, un po' curvo, le mani ficcate in tasca, e svoltava nel cortile di Drago.

Intuendo al volo la faccenda, Scrittore uscì di casa senza dire una parola a Iola.


Capitolo quinto,
in cui i nostri eroi decidono cosa fare


Eccoli tutti e tre, seduti e zitti. A dire il vero, solo Parfen era seduto sull'unica sedia, Scrittore era seduto ai piedi di Drago, e Drago era sdraiato.

L'aspetto più straziante del problema consisteva nel fatto che Parfen si era trovato in tasca tre rubli. Con quei soldi, sarebbe stato possibile comprare 75 grammi di vodka al reparto alcolici del negozio all'angolo tra la Capaev e la Ul'janovskaja. Ma sarebbe bastata per uno soltanto, e ora si sentivano responsabili l'uno dell'altro.

- Da morire dal ridere, - disse Drago. - La birra più economica costa quattro rubli. Con questi soldi non arriviamo nemmeno a una bottiglia! Un sorso a testa ed era fatta!

Parfen e Scrittore annuirono in silenzio. Certo, sapevano che un sorso li avrebbe risollevati per non più di mezz'ora, ma mezz'ora era sufficiente a intraprendere le azioni successive. Perché per i postumi, come per qualsiasi bevuta in compagnia, l'importante è cominciare. Poi le cose si aggiustano da sole, come dimostra l'esperienza: non si sa bene da dove, ma compare gente con soldi, vino, vodka, birra, come se queste briciole fossero il lubrificante per una porta che si spalanca su un altro mondo, dove non ci sono problemi né sofferenze, dove ti aspettano sorprese piacevoli a ogni passo!

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Pagina 56

Capitolo quindicesimo,
in cui Drago e Scrittore accusano Parfen di crudeltà,
Drago spiega perché la rivoluzione d'ottobre del 1917
è avvenuta in Russia e non da un'altra parte, e
Scrittore racconta una storia sulla Moglie Ideale


- Be', tu Parfen sei proprio una carogna! - disse amichevolmente Drago. - Perché l'hai scombussolato così? Perché l'hai costretto a parlare?

- Questa è bella! - rispose sdegnato Parfen. - E voi, non l'avete costretto?

- Noi abbiamo solo domandato, - disse Scrittore. - Tu invece lo hai minacciato. Stare a contatto con il potere ti ha corrotto, Parfen. E soprattutto, cosa hai ottenuto? Anziché aumentare la sua fiducia nelle persone, noi probabilmente gliel'abbiamo completamente distrutta!

- Tutta colpa dei soldi, - disse filosoficamente Drago. - Dove saltano fuori i soldi è subito disgrazia. La vera vita russa è incompatibile con i soldi. Dove non ci sono soldi, c'è la vera vita russa. Dove ci sono i soldi, non c'è la vera vita russa. E da qui la rivoluzione.

Parfen e Scrittore si fermarono simultaneamente e guardarono meravigliati Drago.

- Spiegati! - impose Parfen.

- Con piacere!

Drago prese al chiosco vicino tre bottiglie di birra, gli amici sedettero su una panchina (nel giardino pubblico tra il mercato coperto e il circo), e spiegò.

- La Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre... - cominciò, e a quel punto si confuse. - Tra l'altro non capisco perché si sono messi a dire: colpo di stato, putch bolscevico, e cose del genere. Ogni avvenimento deve avere il suo nome. La rivoluzione, che lo vogliamo o no, aveva obiettivi socialisti. Quindi, Socialista. È avvenuta in ottobre. Quindi, d'Ottobre. Ha avuto grandi conseguenze, peraltro sanguinose. Quindi, Grande. Be', questo è pacifico. Nessuno finora ha spiegato chiaramente perché questa rivoluzione proletaria sia avvenuta in una monarchia agraria e non proletaria. È avvenuta nel paese economicamente meno pronto alla rivoluzione tra tutti i paesi più o meno sviluppati. Perché? Di nuovo, a questo punto, cominciano a scaricare tutto sui bolscevichi, e così via. Ma no! Ci sono ragioni più profonde! Cos'è il comunismo, aspetti secondari a parte? Il comunismo è una società senza soldi! Ed è proprio questa società che l'uomo russo ha sempre intimamente voluto! È da qui che vengono i sogni e i racconti su Belovod' e gli altri paesi della cuccagna, dove nei fiumi scorre il latte e le rive sono di miele, dove non si pagano le tasse, tutti sono uguali, e i conti non si saldano in denaro ma con la simpatia e l'aiuto reciproci.

- E come fai a saperlo? - si stupì Parfen.

- Io so molte cose, ma sto zitto, - rispose Drago con modestia, senza peraltro avere alcuna intenzione di stare zitto. - Cosa vediamo nella storia russa? Vediamo solo servitù della gleba con una parentesi di mezzo secolo, in quanto dopo la rivoluzione di fatto fu ripristinata, e il contadino, come sapete, fino agli anni Sessanta non aveva nemmeno il passaporto e lo stipendio lo riceveva in legna, grano, letame e fieno, di soldi in tasca praticamente non ne aveva. E questo è male! Il popolo si lamentava e voleva cambiare la sua condizione! Ma è stato notato da un pezzo che chiunque voglia cambiare la propria condizione fa in modo che questa rimanga in sostanza la stessa, ma in meglio.

- Non ho capito, - Scrittore corrugò la fronte.

- Mi spiego. - disse Drago senza boria. - Il popolo cercava scampo da un lavoro servile senza soldi, per un lavoro libero ma anch'esso senza soldi! L'uomo russo si sente umiliato da questa specie di corrispettivo cartaceo o metallico del suo lavoro, della sua vita, della sua, come si dice, esistenza! (Scrittore e Parfen si scambiarono un'occhiata). Da sempre ha intimamente sognato il comunismo, quando non ci saranno né padroni né soldi. Ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni: è uno slogan splendido!

- Scusa, fratello! - Parfen non si trattenne. - L'esperienza reale ha dimostrato come l'egoismo connaturato nell'uomo sia impossibile da fare rientrare nei concetti del comunismo.

- Questo è il punto! - si rallegrò Drago. - Se la faccenda del comunismo fosse apparsa all'anima russa come possibile, l'anima russa non l'avrebbe mai neanche considerata. L'ha considerata proprio perché era impossibile. Proprio nel desiderio di realizzare l'impossibile sta tutto il senso della rivoluzione!

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Pagina 86

Gli amici si avvicinarono, diedero un'occhiata.

Il vecchio esaminava l'oggetto rettangolare, che si rivelò una scacchiera, e borbottava soddisfatto. Prese il cartoccio.

- Buongiorno! - disse Scrittore, facendo un passo sotto la tettoia. E improvvisamente, in tono completamente diverso: - Buongiorno Igor' Stanislavovic!

- Non ho l'onore di conoscerla! - rispose seccamente il vecchio.

- Ma come! Io sono... - Scrittore disse il suo nome. - Seguivo il suo seminario di semiotica!

- Si sbaglia. Gli somiglio, ma io... d'altra parte... nascondersi è sciocco perché da un pezzo ormai non m'importa più. Sono in pensione da tanto, e non è nemmeno questo il punto. Disprezzo l'opinione della gente.

- Scusi la domanda, come è finito qui?

- Semplice. È stata la passione del collezionista, dell'antiquario.

E Igor' Stanislavovic, ex professore universitario, raccontò la sua semplice storia. Si, lui si occupava di ricerca e d'insegnamento. Era la sua passione. Ma era solo, e aveva bisogno di un hobby. Lo aveva trovato: raccoglieva vecchi ma modesti (secondo le sue possibilità) oggettini d'antiquariato. La sua collezione, in sostanza, non aveva alcun valore, ma i veri antiquari amavano andare da lui, che era pur sempre un professore. Allo stesso modo mise insieme una biblioteca sull'antiquariato e, pur non possedendo oggetti di valore, era in grado, non peggio di un esperto professionista, di determinare il prezzo reale di questo o di quell'oggetto e la sua età. Una volta gli portarono una magnifica statuetta di ceramica della fine del XVIII secolo. "E dove l'ha preso un pezzo del genere?" si stupi il professore. Chi l'aveva portato, avendo fiducia in lui, gli confidò il segreto: alla discarica (il segreto non l'avrebbe svelato se non fosse stato malato terminale e consapevole della propria malattia; mori poco dopo, con le ultime forze devastò l'appartamento e distrusse tutto quello che aveva qualche valore). Il professore si recò alla discarica e se ne innamorò. Cosi, dalla primavera all'autunno viveva li, rispettato da tutti, non offeso da nessuno poiché agli occhi dei più raccoglieva cose assolutamente inutili, inoltre, dietro un piccolo compenso, prestava servizio di consulenza (per questo motivo gli affibbiarono il soprannome di Professore, sebbene nessuno sapesse che lui professore lo era davvero). Uno straccione fruga nel mucchio del pattume, trova, ad esempio, un anellino e corre da Professore: per caso è d'argento? o magari d'oro? La maggior parte delle volte si rivela bigiotteria da poco, ma capitano anche anelli realmente d'oro finiti chissà come nella spazzatura (magari i bambini ci giocavano in casa, e giocando era finito nel secchio, e la mamma vuota il secchio nel bidone). Ma ancora più incomprensibile per un russo è come possano finire nell'immondezzaio, in mezzo a schifezze di ogni genere, bottiglie ancora intatte di vodka, vino e cognac, tra l'altro chissà perché il cognac più di ogni altra! E Professore, a dimostrazione delle sue parole, tirò fuori due bottiglie di cognac. E da una borsina, dei bicchierini di plastica.

Tutti bevvero con piacere, e fecero il bis: il cognac era buono.

Certo, pezzi unici d'antiquariato sul genere di quella bambola se ne trovavano raramente, continuò Professore. Ma non erano quelle le cose che lo interessavano. Qui nella discarica aveva scoperto quanto il mondo fosse pieno di oggetti bizzarri. A volte era addirittura difficile indovinarne l'impiego, ma erano sempre oggetti eleganti, armoniosi, fatti con amore. E si trattava evidentemente di pezzi unici nel loro genere, non importa quanto antichi, se duecento anni oppure venti. E che fasci di lettere s'incontravano! Che fotografie, che diari, quali commoventi quaderni di scuola con i messaggini degli innamorati! Quante vite, quanti flash scorrono davanti all'immaginazione, che delizia studiare tutto questo senza carpire alcun segreto, poiché quelle persone rimangono sconosciute!

Gli amici, volenti o nolenti, erano rapiti dal racconto.

- Vac... put... - disse con tono amaro Parfen, e Drago questa volta lasciò perdere. - Tu cerchi nella vita qualcosa... Un senso... Una specie di pietra filosofale... E questa ti si rivela... in una discarica! All'immondezzaio!

- Proprio così - annuì Professore, e versò dalla seconda bottiglia.

Bevvero.

- Mandare tutto al diavolo e rimanere qui! - esclamò Parfen.

A Drago interessava qualcos'altro.

- Senta, io ho visto, - si rivolse a Professore - come trafficano gli altri, come stanno ancora a scandagliare. Invece lei si è avvicinato, ha preso, e se n'è andato via.

- Io ho i miei principi e le mie regole, - disse Professore. - Primo: non buttarsi subito sul mucchio, ma avvicinarsi e osservare. Perché le cose di valore stanno sempre in superficie. È evidente che quando la macchina scarica la spazzatura, il fondo si ritrova in cima, e la cima in fondo! Secondo: non guardare in nessun caso quello che prendono gli altri. Ti distrae. E quello che prendono gli altri, a te non serve! Terzo: niente cervello, segui l'istinto. Se lo sguardo si sofferma su un oggetto per più di un secondo, prendilo senza stare a pensarci. Quarto: non prendere mai più di tre cose alla volta. Più hai scelta, meno sei libero, limita la scelta per numero o misura e ci guadagnerai in libertà! Quinto: lascia perdere le regole se la voce interiore ti dice che devi cercare non in superficie ma nel mucchio, che non bisogna osservare ma afferrare, acchiappare quello che ha preso un altro, eccetera. Se ne sei capace, sei un vero Pescatore!

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