Copertina
Autore Lee Smolin
Titolo L'universo senza stringhe
SottotitoloFortuna di una teoria e turbamenti della scienza
EdizioneEinaudi, Torino, 2007, Saggi 888 , pag. 370, ill., cop.fle., dim. 15,4x21,5x2,3 cm , Isbn 978-88-06-17017-2
OriginaleThe Trouble with Physics. The Rise of String Theory, the Fall of a Science, and What Comes Next [2006]
TraduttoreSimonetta Frediani
LettoreRenato di Stefano, 2008
Classe fisica , storia della scienza , cosmologia
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Indice


   IX   Introduzione
XXVII   Ringraziamenti


    L'universo senza stringhe

    Parte prima. La rivoluzione incompiuta

  5 I.    I cinque grandi problemi della fisica teorica
 19 II.   Il mito della bellezza
 39 III.  Il mondo come geometria
 55 IV.   L'unificazione diventa una scienza
 67 V.    Dall'unificazione alla superunificazione
 81 VI.   Gravità quantistica: la strada si biforca

    Parte seconda. Una breve storia della teoria delle stringhe

101 VII.  Preparatevi per una rivoluzione
115 VIII. La prima rivoluzione delle superstringhe
131 IX.   La rivoluzione numero due
151 X.    Una teoria di qualsiasi cosa
163 XI.   La soluzione antropica
179 XII.  Che cosa spiega la teoria delle stringhe

    Parte terza. Al di là della teoria delle stringhe

203 XIII. Sorprese dal mondo reale
223 XIV.  Sviluppare la teoria di Einstein
237 XV.   La fisica dopo la teoria delle stringhe

    Parte quarta. Imparare dall'esperienza

261 XVI.  Come combattere i fenomeni sociali?
289 XVII. Che cos'è la scienza?
307 XVIII.Veggenti e artigiani
331 XIX.  Come funziona realmente la scienza
347 XX.   Che cosa possiamo fare per la scienza

355 Indice analitico


 

 

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Pagina IX

Introduzione


Che esista o meno un Dio (o addirittura degli dei), la nostra ricerca del divino ha qualcosa di nobilitante. E anche qualcosa che rende piú umani, che si esprime in ognuna delle strade scoperte per raggiungere un livello piú profondo della verità. Alcuni cercano la trascendenza nella meditazione e nella preghiera; altri nel mettersi al servizio del prossimo; altri ancora, quelli cosí fortunati da averne il talento, nella pratica di un'arte.

Un altro modo di dedicarsi alle questioni piú profonde della vita è la scienza. Non che tutti gli scienziati siano cercatori; i piú non lo sono. In ogni disciplina scientifica, tuttavia, una passione spinge alcuni a cercare di conoscere le verità piú essenziali della loro materia. Se sono matematici, vogliono sapere che cosa sono i numeri, o quale genere di verità descrive la matematica; se sono biologi, vogliono sapere che cos'è la vita e come ha avuto inizio; se sono fisici, vogliono comprendere che cosa sono lo spazio e il tempo e cosa ha fatto nascere il mondo. Questi interrogativi fondamentali sono i piú difficili a cui rispondere ed è raro che il progresso sia diretto. Sono pochi gli scienziati che hanno la pazienza necessaria per questo lavoro. Questo genere di lavoro è il piú rischioso, ma è anche il piú premiante: quando qualcuno risolve un problema che riguarda i fondamenti di una materia, può trasformare tutto ciò che sappiamo.

Gli scienziati, svolgendo un lavoro che consiste nell'ampliare l'insieme sempre crescente delle nostre conoscenze, passano le giornate ad affrontare questioni che non capiscono - e gli scienziati che si occupano dei fondamenti di un certo settore sono ben consapevoli che gli elementi primari che li compongono non sono mai solidi come i colleghi tendono a credere.

Questa è la storia di una ricerca per arrivare a comprendere la natura al livello piú profondo. I suoi protagonisti sono gli scienziati che lavorano per ampliare la nostra conoscenza delle leggi fondamentali della fisica. Il periodo che prenderò in considerazione (all'incirca dal 1975 a oggi) è l'arco di tempo che corrisponde alla mia carriera professionale come fisico teorico. Può darsi che sia anche il periodo piú strano e piú frustrante della storia della fisica degli ultimi quattrocento anni, da quando Keplero e Galileo iniziarono la pratica della nostra professione.

La storia che narrerò si potrebbe interpretare come una tragedia. Per parlar chiaro - rivelando il finale -, abbiamo fallito: abbiamo ereditato una scienza, la fisica, che aveva continuato a progredire a tale velocità cosí a lungo che spesso veniva presa a modello per altri generi di scienza. La nostra comprensione delle leggi della natura ha continuato a crescere rapidamente per oltre due secoli, ma oggi, nonostante tutti i nostri sforzi, di queste leggi non sappiamo con certezza piú di quanto ne sapessimo nei lontani anni Settanta.

È usuale che passino tre decenni senza progressi importanti nella fisica fondamentale? Anche tornando indietro nel tempo di piú di duecento anni, a un'epoca in cui a occuparsi di scienza erano per lo piú facoltosi dilettanti, è un evento senza precedenti. Quanto meno dalla fine del Settecento, ogni quarto di secolo sono sempre stati realizzati progressi importanti in merito a questioni cruciali.

Nel 1780, quando gli esperimenti di chimica quantitativa condotti da Antoine Lavoisier dimostrarono che la materia si conserva, erano almeno cent'anni che Newton aveva enunciato le leggi del moto e della gravità. Tuttavia, anche se Newton aveva introdotto una struttura di riferimento utile per la comprensione di ogni aspetto della natura, la frontiera era quanto mai aperta. Stavamo appena iniziando a renderci conto dei fatti essenziali in relazione ad argomenti quali la materia, la luce e il calore e a chiarire fenomeni misteriosi come l'elettricità e il magnetismo.

Nei venticinque anni successivi, si realizzarono scoperte importanti in ognuno di questi settori. Iniziammo a comprendere che la luce è un'onda; scoprimmo la legge che governa la forza tra particelle dotate di carica elettrica; grazie alla teoria atomica di John Dalton la nostra comprensione della materia fece enormi passi avanti; si introdusse il concetto di energia; si spiegarono l'interferenza e la diffrazione in funzione della teoria ondulatoria della luce; si esplorarono la resistenza elettrica e la relazione tra elettricità e magnetismo.

Nel quarto di secolo che segui, dal 1830 al 1855, emersero molti concetti fondamentali che stanno alla base della fisica moderna. Michael Faraday introdusse l'idea che le forze sono trasmesse da campi, idea di cui si serví per approfondire notevolmente la nostra comprensione dell'elettricità e del magnetismo. In quello stesso periodo venne proposto il principio di conservazione dell'energia, cosí come la seconda legge della termodinamica.

Nei venticinque anni seguenti, James Clerk Maxwell sviluppò le idee pionieristiche di Faraday sui campi e formulò la teoria moderna dell'elettromagnetismo. Maxwell non solo unificò l'elettricità e il magnetismo, ma spiegò anche la luce come onda elettromagnetica e, nel 1867, il comportamento dei gas in funzione della teoria atomica. Nello stesso periodo, Rudolf Clausius introdusse il concetto di entropia. Gli anni dal 1880 al 1905 videro la scoperta degli elettroni e dei raggi X. Lo studio della radiazione termica si sviluppò in diverse fasi, fino alla scoperta di Max Planck, nel 1900, della formula giusta per descrivere le proprietà termiche della radiazione - la formula che avrebbe scatenato la rivoluzione quantistica.

Nel 1905, Albert Einstein aveva ventisei anni. Non era riuscito a ottenere un incarico accademico, anche se in seguito già il suo primo lavoro sulla fisica della radiazione termica venne considerato un contributo importante alla scienza. Ma era solo un esercizio di riscaldamento. Di lí a poco Einstein iniziò a concentrarsi sui problemi fondamentali della fisica: in primo luogo, come conciliare la relatività del movimento con le leggi di Maxwell dell'elettricità e del magnetismo? Einstein lo chiarí nella teoria della relatività speciale. Gli elementi chimici vanno considerati come atomi newtoniani? Einstein dimostrò che dobbiamo considerarli tali. Come conciliare le teorie della luce con l'esistenza degli atomi? Einstein spiegò come fare, mostrando al contempo che la luce è tanto un'onda quanto una particella. Tutto ciò nell'anno 1905, nel tempo rubato al suo lavoro all'Ufficio Brevetti di Berna.

Per elaborare le sue intuizioni furono necessari i venticinque anni successivi. Arrivati al 1930, avevamo la teoria della relatività generale, che sostiene la tesi rivoluzionaria che la geometria dello spazio non è fissa, ma si evolve nel tempo. La dualità onde-particelle svelata da Einstein nel 1905 era diventata una teoria quantistica completa, che ci portò alla comprensione dettagliata di atomi, chimica, materia e radiazione. Nel 1930 sapevamo anche che l'universo contiene un numero enorme di galassie come la nostra e che esse si stanno allontanando l'una dall'altra. Le implicazioni non erano ancora chiare, ma sapevamo di vivere in un universo in espansione.

Con il riconoscimento della teoria quantistica e della relatività generale come elementi della nostra comprensione del mondo, si chiuse la prima fase della rivoluzione della fisica del XX secolo. Molti professori di fisica, a disagio di fronte a rivoluzioni nel proprio settore di conoscenza, si sentirono sollevati all'idea di poter tornare a fare scienza nel modo normale, senza dover mettere in discussione a ogni piè sospinto gli assunti di base. Ma era una sensazione di sollievo prematura.

Einstein morí alla fine del quarto di secolo successivo, nel 1955. A quel punto, avevamo imparato come combinare in modo coerente la teoria quantistica con quella della relatività speciale; questa fu la grande impresa compiuta dalla generazione di Freeman Dyson e Richard Feynman. Avevamo scoperto il neutrone e il neutrino e centinaia di altre particelle apparentemente elementari; avevamo anche capito che le miriadi di fenomeni naturali sono governate solo da quattro forze: l'elettromagnetismo, la gravità, la forza nucleare forte (che tiene insieme i nuclei atomici) e la forza nucleare debole (responsabile del decadimento radioattivo).

Un altro quarto di secolo ci porta al 1980. A quel punto avevamo elaborato una teoria che spiegava i risultati di tutti i nostri esperimenti sulle forze e sulle particelle elementari note all'epoca - una teoria chiamata modello standard della fisica delle particelle elementari. Il modello standard, per esempio, ha chiarito con precisione come i protoni e i neutroni sono costituiti da quark, che sono tenuti insieme da gluoni, responsabili della forza nucleare forte. Per la prima volta nella storia della fisica fondamentale, la teoria aveva raggiunto gli esperimenti. Tutti gli esperimenti condotti da allora si sono dimostrati coerenti con questo modello o con la teoria della relatività generale.

Procedendo dal molto piccolo al molto grande, la nostra conoscenza della fisica a quel punto si estese alla nuova scienza della cosmologia, in cui la teoria del Big Bang raccoglieva il consenso generale. Ci rendemmo conto che l'universo non contiene solo stelle e galassie, ma anche oggetti strani come le stelle di neutroni, i quasar, le supernove e i buchi neri. Nel 1980 Stephen Hawking aveva già formulato la straordinaria previsione che i buchi neri emettono radiazioni. Gli astronomi avevano ottenuto anche prove del fatto che l'universo contiene una grande quantità di materia oscura - in altre parole, di materia in una forma che non emette luce né la riflette.

Il cosmologo Alan Guth propose, nel 1981, uno scenario per la fase iniziale della storia dell'universo che prese il nome di «inflazione». In termini molto approssimativi, la sua teoria afferma che l'universo subí un enorme scatto di crescita nelle primissime fasi di esistenza e spiega perché l'universo ha piú o meno lo stesso aspetto in ogni direzione. Le previsioni della teoria dell'inflazione sembrarono dubbie all'epoca, ma una decina di anni fa i dati hanno iniziato a volgersi a loro favore. Nel momento in cui scrivo, alcuni enigmi sono ancora irrisolti, ma il grosso delle prove conferma le previsioni dell'inflazione.

Si può dire quindi che nel 1981 la fisica aveva alle spalle duecento anni di crescita esplosiva. Una serie di scoperte aveva approfondito la nostra comprensione della natura, perché in tutti i casi la teoria e gli esperimenti avevano camminato mano nella mano. Le idee nuove venivano verificate e confermate e le scoperte sperimentali venivano spiegate in funzione della teoria. Poi, all'inizio degli anni Ottanta, tutto si fermò di colpo.

Appartengo alla prima generazione di fisici che si sono formati dopo l'enunciazione del modello standard della fisica delle particelle. Quando incontro vecchi amici degli anni del college e del dottorato, a volte ci domandiamo di quali scoperte possa andar fiera la nostra generazione. Se si parla di nuove scoperte fondamentali, dimostrate sperimentalmente e spiegate dalla teoria - scoperte all'altezza di quelle appena citate - la risposta, dobbiamo ammettere, è «Nessuna!» Mark Wise è un insigne teorico che si occupa di fisica delle particelle al di là del modello standard. Durante un seminario che ha tenuto di recente al Perimeter Institute of Theoretical Physics di Waterloo, nell'Ontario, dove lavoro, Wise ha parlato di un annoso problema: da dove arrivano le masse delle particelle elementari? «I nostri tentativi di risolvere il problema sono stati del tutto infruttuosi, - ha dichiarato. - Se oggi dovessi tenere un discorso sul problema della massa del fermione, probabilmente finirei per parlare di cose di cui avrei potuto parlare negli anni Ottanta». Wise ha poi raccontato di quando lui e John Preskill, un altro illustre teorico, arrivarono al Caltech nel 1983, come docenti: «Eravamo seduti nell'ufficio di John, a parlare... Sapete, gli dei della fisica insegnavano al Caltech e ora c'eravamo anche noi! John disse: "Non ho intenzione di dimenticare quali sono gli argomenti importanti da approfondire". Scrisse quel che si sapeva della massa del quark e del leptone su un foglietto giallo e lo attaccò sulla bacheca [...] per non dimenticare di occuparsi di quelle questioni. Quindici anni dopo, entro nel suo ufficio [...] e mentre discutiamo di qualcosa, alzo lo sguardo e vedo che il foglietto giallo è ancora lí, ma che il sole ha cancellato tutto ciò che John aveva scritto. I problemi erano scomparsi!»

Per essere onesti, negli ultimi decenni abbiamo ottenuto due risultati sperimentali: abbiamo scoperto che i neutrini sono dotati di massa e che l'universo è dominato da una misteriosa energia oscura che sembra accelerare la sua espansione. Ma non abbiamo la piú pallida idea del perché i neutrini (o qualche altra particella) abbiano una massa né di cosa spieghi il valore della loro massa. Quanto all'energia oscura, non abbiamo nessuna teoria che la spieghi. La sua scoperta suggerisce l'esistenza di qualche fatto importante che ci sfugge e quindi non si può contare come un successo. E, a parte l'energia oscura, non abbiamo scoperto nuove particelle, non abbiamo trovato nuove forze, non abbiamo incontrato nuovi fenomeni che non fossero già noti e compresi venticinque anni fa.

Non vorrei essere frainteso. Negli ultimi venticinque anni ci siamo dati senza dubbio un gran daffare e abbiamo fatto enormi progressi nell'applicazione di teorie consolidate a vari soggetti - le proprietà dei materiali, la fisica molecolare che sta alla base della biologia, la dinamica di vasti ammassi di stelle - ma, quanto a un ampliamento delle conoscenze delle leggi di natura, non abbiamo fatto progressi reali. Abbiamo esplorato molte idee meravigliose, abbiamo realizzato straordinari esperimenti con acceleratori di particelle e osservazioni cosmologiche, ma per lo piú tutto ciò è servito a confermare le teorie conosciute. I balzi in avanti sono stati pochi e nessuno è definitivo o importante quanto quelli dei duecento anni precedenti. Quando accade qualcosa di simile nello sport o negli affari, si dice che ci si sta «scontrando contro un muro», che si è arrivati a un punto critico. Perché la fisica si è trovata improvvisamente nei guai? Che cosa possiamo fare? Queste sono le domande principali del mio libro.


Sono ottimista di natura e per lungo tempo mi sono rifiutato di concludere che questo periodo della fisica - quello della mia carriera - è stato insolitamente vuoto. Come molti miei amici, sono entrato nella scienza con la speranza di offrire contributi importanti a quello che allora era un settore in rapida crescita, ma ora tutti noi dobbiamo accettare un dato di fatto sconvolgente: a differenza di tutte le generazioni precedenti, noi non abbiamo raggiunto alcunché che ragionevolmente ci sopravvivrà. Questa situazione ha dato origine a molte crisi personali ma, cosa piú importante, ha prodotto una crisi nella fisica.

La sfida principale affrontata dalla fisica teorica delle particelle negli ultimi trent'anni è stata riuscire a spiegare il modello standard in maniera piú profonda. È stato un settore molto attivo: si sono formulate ed esplorate nuove teorie, alcune molto dettagliatamente, ma nessuna ha ricevuto una verifica sperimentale. E qui sta il nodo della questione: nella scienza per credere a una teoria è necessario che essa formuli una nuova previsione - diversa da tutte quelle scaturite dalle teorie precedenti - per un esperimento non ancora realizzato. Affinché l'esperimento sia significativo, dev'essere possibile ottenere una risposta che non sia in accordo con tale previsione. Quando è cosí, diciamo che una teoria è falsificabile - teoricamente confutabile. La teoria inoltre deve essere confermabile: dev'essere possibile verificare una nuova previsione che solo questa teoria formula. Una teoria è promossa al rango di vera teoria solo dopo che è stata messa alla prova e i risultati sono in accordo con essa.

La crisi attuale nella fisica delle particelle nasce dal fatto che le teorie che negli ultimi trent'anni sono andate al di là del modello standard appartengono a due categorie: alcune erano falsificabili, e sono state falsificate; le altre non sono state verificate - o perché non formulano previsioni chiare o perché le loro previsioni non sono verificabili con la tecnologia attuale.

Negli ultimi trent'anni, i teorici hanno proposto almeno una dozzina di nuovi approcci, tutti motivati da ipotesi convincenti, ma finora nessuno ha avuto successo. Nel regno delle particelle questi approcci comprendono la teoria del Technicolor, i modelli basati sui preoni e la supersimmetria; nel dominio dello spaziotempo, la teoria dei twistor, gli insiemi causali, la supergravità, le triangolazioni dinamiche e la gravità quantistica a loop. Alcune idee sono proprio bizzarre come sembrano.

Una teoria ha suscitato piú attenzione di tutte le altre messe insieme: la teoria delle stringhe. Le ragioni della sua popolarità non sono difficili da capire: pretende di spiegare il grande e il piccolo - la gravità e le particelle elementari - e a tal fine formula l'ipotesi più audace di tutte le teorie, postulando che il mondo contenga dimensioni finora inosservate e molte piú particelle di quante se ne conoscano oggi. Allo stesso tempo, avanza la proposta che tutte le particelle elementari abbiano origine dalle vibrazioni di un'unica entità - una stringa - che obbedisce a leggi semplici e meravigliose. Sostiene di essere la sola teoria che unifica tutte le particelle e tutte le forze in natura e, come tale, promette di formulare previsioni chiare e inequivocabili per qualsiasi esperimento si sia mai fatto o che mai si potrà fare. Sono vent'anni che i fisici dedicano molti sforzi alla teoria delle stringhe, ma ancora non sappiamo se è vera. Anche dopo tutto questo lavoro, la teoria non offre nuove previsioni che si possano verificare con gli esperimenti attualmente possibili - e neanche con quelli oggi concepibili. Le uniche previsioni chiare che formula sono già state proposte da altre teorie ben accettate.

Uno dei motivi per cui la teoria delle stringhe non formula nuove previsioni è che, a quanto pare, ha un numero infinito di versioni. Anche restringendo il campo alle teorie in accordo con alcuni fatti fondamentali osservati nel nostro universo, come le sue enormi dimensioni e l'esistenza dell'energia oscura, le diverse teorie delle stringhe che rimangono sono ben 10^500 - che è un 1 seguito da 500 zeri, piú degli atomi di tutto l'universo conosciuto. Con un numero cosí enorme di teorie abbiamo poche speranze di riuscire a identificare il risultato di un esperimento che non potrebbe essere inglobato da una di queste. Quindi, indipendentemente da ciò che risulta dagli esperimenti, la teoria delle stringhe non si può confutare. Tuttavia è vero anche l'opposto: nessun esperimento potrà mai dimostrare che è vera.

Allo stesso tempo, della maggior parte di queste teorie delle stringhe capiamo molto poco. E ognuna delle poche che capiamo a un certo livello di dettaglio non concorda con i dati sperimentali di cui disponiamo, di solito in due o piú modi diversi.

Siamo quindi di fronte a un paradosso: delle teorie delle stringhe che sappiamo come studiare sappiamo anche che non sono corrette; d'altro canto, quelle che non possiamo studiare sembrano talmente numerose che nessun esperimento concepibile potrebbe produrre risultati in contrasto con tutte queste teorie.

Ma questi non sono gli unici problemi. La teoria delle stringhe poggia su molte congetture fondamentali e di queste abbiamo solo qualche indizio a favore, ma nessuna dimostrazione. Ancora peggio, dopo tutto il lavoro scientifico speso in questo studio, continuiamo a non sapere se esista una teoria completa e coerente che si possa chiamare «teoria delle stringhe». Quel che abbiamo, in realtà, non è affatto una teoria, bensí una grande raccolta di calcoli approssimativi, insieme a una rete di congetture che, se vere, indicano l'esistenza di una teoria. Di cui però non esiste una formulazione scritta. Non sappiamo quali siano i suoi principi fondamentali; non sappiamo in quale linguaggio matematico dovremmo esprimerla — forse dovremo inventarne uno nuovo per descriverla. In mancanza dei principi fondamentali e di una formulazione matematica, non possiamo neanche dire di sapere che cosa afferma la teoria delle stringhe.

Ecco come esprime l'idea il teorico delle stringhe Brian Greene nel suo ultimo libro, La trama del cosmo: «Anche oggi, a piú di trent'anni dalla sua prima comparsa, molti dei ricercatori che ci lavorano pensano di non avere ancora ben capito cosa sia in realtà. [...] Ma per molti la nostra attuale formulazione della teoria manca di un ingrediente fondamentale, di quel principio-guida che troviamo alla base di tutti i grandi paradigmi teorici [...]».

Gerard 't Hooft, che ha vinto un Nobel per le sue ricerche nel settore della fisica delle particelle, ha descritto cosí la condizione della teoria delle stringhe:

In realtà, non sarei neanche disposto a dire che la teoria delle stringhe è una "teoria"; piuttosto è un "modello", o nemmeno questo: è giusto un sospetto, un'impressione. Dopo tutto, una teoria dovrebbe essere accompagnata da istruzioni che spiegano come utilizzarla per individuare ciò che si desidera descrivere, nel nostro caso le particelle elementari, e dovrebbe essere possibile, quanto meno in linea di principio, formulare le regole per calcolare le proprietà di queste particelle e per fare nuove previsioni. Immaginate che vi dia una poltrona, spiegandovi che per ora le gambe non ci sono e che il sedile, lo schienale e i braccioli forse arriveranno tra poco. Qualsiasi cosa sia l'oggetto che vi ho dato, posso ancora dire che è una poltrona?.

David Gross, dopo aver vinto un Nobel per le sue ricerche sul modello standard, è diventato uno dei piú formidabili e aggressivi paladini della teoria delle stringhe. Di recente, tuttavia, ha concluso un convegno organizzato per celebrare i progressi della teoria affermando: «Non sappiamo di che cosa stiamo parlando [...]. La fisica si trova oggi nello stesso stato in cui era quando la radioattività ci sconcertava [...]. Agli scienziati di allora sfuggiva qualcosa di assolutamente fondamentale. Forse a noi sfugge qualcosa di altrettanto profondo».

L'incompletezza della teoria delle stringhe è tale che la sua stessa esistenza è una congettura non dimostrata, ma questo non impedisce a molti che se ne occupano di credere che sia l'unica via che possa portare al progresso della fisica teorica. Non molti anni fa Joseph Polchinski, un eminente teorico delle stringhe del Kavli Institute for Theoretical Physics all'Università della California a Santa Barbara, fu invitato a presentare una relazione sulle «Alternative alla teoria delle stringhe». Sulle prime pensò «che si trattasse di una sciocchezza, non esiste nessuna alternativa [...]. Tutte le idee buone fanno parte della teoria delle stringhe». Lubos Motl, professore assistente dell'Università di Harvard, ha affermato di recente sul suo blog che «il motivo piú verosimile per cui nessuno [...] ha convinto gli altri che esiste un'alternativa alla teoria delle stringhe è che probabilmente non esiste nessuna alternativa alla teoria delle stringhe».

Ma che cosa sta succedendo? Di solito nella scienza il termine teoria ha un significato ben preciso. Lisa Randall, autorevole teorica delle particelle e collega di Motl a Harvard, definisce una teoria come «un ben determinato quadro di riferimento concreto incorporato in un insieme di assunti fondamentali sul mondo - associato a un quadro di riferimento efficace e sintetico che comprende una gran varietà di fenomeni. Una teoria produce un insieme specifico di equazioni e di previsioni - che vengono confermate da un buon accordo con i risultati sperimentali».

La teoria delle stringhe non corrisponde a questa descrizione - non ancora, per lo meno. Come mai, allora, alcuni esperti sono certi che non esista un'alternativa alla teoria delle stringhe, se non sanno con precisione che cosa sia? Che cos'è esattamente quel che a loro avviso non ha certamente alternative? Queste sono alcune delle domande che mi hanno portato a scrivere questo libro.

La fisica teorica è ardua. Molto ardua. Non per le difficoltà matematiche, ma perché comporta grandi rischi. Come si vedrà piú e piú volte esaminando la storia della fisica contemporanea, è una scienza che non si può fare senza correre rischi. Se dopo molti anni di lavoro da parte di un numero enorme di persone non abbiamo ancora risposto a una certa domanda, forse significa che la risposta non è facile né ovvia. O forse è una domanda che non ha risposta.

La teoria delle stringhe, nella misura in cui è compresa, suppone che il mondo sia fondamentalmente diverso dal mondo che conosciamo. Se la teoria delle stringhe è corretta, il mondo ha piú dimensioni e molte piú particelle e forze di quante se ne siano osservate finora. Molti teorici delle stringhe parlano e scrivono come se l'esistenza di queste dimensioni e particelle extra fosse un fatto certo, di cui un bravo scienziato non può certo dubitare. Mi è capitato piú di una volta che uno stringhista mi dicesse qualcosa come «Ma vuoi dire che secondo te è possibile che non esistano dimensioni extra?» In realtà, né la teoria né gli esperimenti offrono una qualsiasi prova dell'esistenza di dimensioni extra. Uno degli obiettivi di questo libro è demistificare le tesi della teoria delle stringhe. Le idee sono meravigliose e ben motivate ma, per capire perché non hanno portato a maggiori progressi, dobbiamo sapere con certezza che cosa esattamente è confermato da prove e che cosa ne è ancora privo.

Poiché la teoria delle stringhe è un'impresa ad alto rischio - non sostenuta dai dati sperimentali, seppur ampiamente appoggiata dalla comunità accademica e scientifica - la storia può finire solo in due modi. Se la teoria si rivelerà corretta, gli stringhisti si dimostreranno i maggiori eroi della storia della scienza, per aver scoperto partendo da una manciata di indizi - nessuno dei quali ha un'interpretazione univoca - che la realtà è molto piú estesa di quanto si immaginasse. Colombo scoprí un nuovo continente sconosciuto al re e alla regina di Spagna (cosí come i reali di Spagna era sconosciuti agli abitanti del nuovo Mondo); Galileo scoprí nuove stelle e lune e in seguito altri astronomi scoprirono nuovi pianeti. Questi successi sembrerebbero inezie al confronto della scoperta di nuove dimensioni. Inoltre, molti stringhisti sono convinti che la miriade di mondi descritti dalle innumerevoli teorie delle stringhe esista realmente - come altri universi per noi impossibili da osservare direttamente. Se hanno ragione, la fetta di realtà che vediamo è molto piú piccola della porzione di pianeta che aveva modo di osservare un gruppo di cavernicoli. Nella storia dell'umanità nessuno ha mai formulato ipotesi corrette ampliando di tanto il mondo conosciuto.

D'altro canto, se gli stringhisti si sbagliano, non si possono sbagliare di poco. Se le nuove dimensioni e simmetrie non esistono, gli stringhisti entreranno nel novero degli scienziati che piú hanno fallito, come chi continuò a lavorare sugli epicicli tolemaici mentre Keplero e Galileo procedevano a passo spedito. La loro storia insegnerà come non fare scienza, come non lasciare che una congettura teorica oltrepassi limiti di ciò che è possibile sostenere in base ad argomenti razionali tanto da perdersi in fantasie.

Uno dei risultati dell'ascesa della teoria delle stringhe è che la comunità di chi lavora nel campo della fisica fondamentale è spaccata in due. Molti scienziati continuano a lavorare alla teoria delle stringhe e i dottorati conferiti ogni anno per ricerche in questo settore probabilmente sono almeno una cinquantina. Alcuni fisici, però, sono profondamente scettici - vuoi perché non hanno mai compreso il senso della teoria, vuoi perché hanno smesso di aspettare che la teoria dia segno di avere una formulazione coerente o di offrire una vera previsione sperimentale. Non sempre i rapporti fra i due gruppi sono cordiali: entrambe le parti esprimono dubbi sulla competenza professionale e sui criteri etici dell'altra parte ed è una bella fatica mantenere l'amicizia con i colleghi dello schieramento opposto.

Stando alla descrizione della scienza che tutti abbiamo imparato a scuola, non si dovrebbero creare situazioni di questo tipo. Il senso della scienza moderna sta tutto - cosí ci hanno insegnato - nel fatto che esiste un metodo che porta a migliorare la nostra conoscenza della natura. I disaccordi e le controversie, com'è ovvio, sono necessari per il progresso della scienza, ma si dovrebbe sempre riuscire a risolvere una disputa con dimostrazioni sperimentali o matematiche. Nel caso della teoria delle stringhe tuttavia, a quanto pare questo meccanismo si è inceppato. Molti sostenitori e critici della teoria delle stringhe sono cosí saldi nelle loro convinzioni che difficilmente le conversazioni su questo argomento sono cordiali. «Come fai a non vedere la bellezza della teoria? Com'è possibile che una teoria faccia tutto questo e non sia corretta?», dicono gli stringhisti. Tali domande provocano una reazione altrettanto vivace da parte degli scettici: «Sei impazzito? Come puoi credere cosí fermamente in una teoria quale che sia, nella piú totale mancanza di verifiche sperimentali? Hai dimenticato come dovrebbe funzionare la scienza? Come fai a essere cosí certo di avere ragione se non sai neanche che teoria è?»

Ho scritto questo libro sperando che possa contribuire a una discussione franca e utile tra gli esperti e tra i profani. Nonostante quel che ho visto negli ultimi anni, credo nella scienza; credo nella capacità della comunità scientifica di superare l'acrimonia e di risolvere le controversie grazie ad argomenti razionali basati sulle prove disponibili. So bene che il solo fatto di sollevare tali questioni irriterà alcuni miei amici colleghi che lavorano alla teoria delle stringhe. Posso soltanto ribadire che non scrivo questo libro per attaccare la teoria delle stringhe o quanti vi credono, ma per ammirazione nei loro confronti e, soprattutto, come espressione di fede nella comunità scientifica della fisica.

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Capitolo primo

I cinque grandi problemi della fisica teorica


Sin dagli albori della fisica, alcuni hanno immaginato che la loro generazione sarebbe stata l'ultima ad affrontare l'ignoto. Ai fisici la loro disciplina è sempre parsa quasi completa. Questo autocompiacimento va in pezzi solo durante le rivoluzioni, quando le persone oneste sono obbligate ad ammettere di non conoscere gli elementi essenziali. Ma persino i rivoluzionari continuano a immaginare che la grande idea — quella che metterà tutto in relazione e porrà termine alla ricerca della conoscenza — stia appena dietro l'angolo.

Viviamo in una di quelle fasi di rivoluzione, da un secolo. L'ultimo periodo simile coincide con la rivoluzione copernicana, iniziata al principio del Cinquecento, che segnò il crollo della cosmologia e delle teorie aristoteliche dello spazio, del tempo e del moto. Il culmine di quella rivoluzione fu la proposta di Isaac Newton di una nuova teoria della fisica, pubblicata nei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687). La rivoluzione oggi in atto ebbe inizio nel 1900, quando Max Planck, con una formula che descrive la distribuzione dell'energia nello spettro della radiazione termica, dimostrò che l'energia non è continua, ma quantizzata. Questa rivoluzione non è ancora terminata. I problemi che i fisici devono risolvere oggi sono, per lo piú, interrogativi che restano senza risposta a causa dell'incompletezza della rivoluzione scientifica del XX secolo.

Il motivo essenziale della nostra incapacità di completare l'attuale rivoluzione scientifica è costituito da cinque problemi di straordinaria intrattabilità. Questi problemi erano già noti quando iniziai a studiare fisica negli anni Settanta e, anche se in questi trent'anni abbiamo imparato molto sul loro conto, continuano a essere irrisolti. In un modo o nell'altro, qualsiasi proposta di una teoria di fisica fondamentale deve risolvere questi cinque problemi, quindi vale la pena esaminarli piú a fondo.

Albert Einstein è stato senza dubbio il fisico piú importante del Novecento. Il suo lavoro piú rilevante è forse la scoperta della relatività generale, che è al momento la migliore teoria dello spazio, del tempo, del moto e della gravitazione. L'intuizione profonda di Einstein fu che la gravità e il moto sono intimamente collegati tra loro e con la geometria dello spazio e del tempo. Questa idea segnò la rottura con centinaia di anni di riflessioni sulla natura dello spazio e del tempo, che fino ad allora erano stati considerati fissi e assoluti. Essendo eterni e immutabili, offrivano un riferimento, che abbiamo usato per definire concetti come posizione ed energia.

Nella teoria della relatività generale di Einstein, lo spazio e il tempo non offrono piú un riferimento fisso e assoluto. Lo spazio è dinamico come la materia; si muove e si trasforma. Di conseguenza, l'intero universo può espandersi o contrarsi e il tempo può addirittura iniziare (in un Big Bang) e terminare (in un buco nero).

Einstein realizzò anche qualcos'altro. Fu la prima persona a capire la necessità di una nuova teoria della materia e della radiazione. In realtà, il bisogno di una rottura, di un cambiamento, era implicito nella formula di Planck, ma Planck non ne aveva colto fino in fondo le implicazioni; pensava che fosse conciliabile con la fisica newtoniana. Einstein giudicò altrimenti e presentò il primo argomento conclusivo per una teoria siffatta nel 1905. Furono necessari altri vent'anni per inventare quella teoria, nota come meccanica quantistica.

Le due scoperte, la relatività e il quanto, imposero entrambe una rottura definitiva con la fisica newtoniana. Tutt'e due, però, nonostante i grandi progressi realizzati nel corso del secolo, continuano a essere incomplete. Entrambe presentano difetti che suggeriscono l'esistenza di una teoria piú profonda. Ma la ragione principale per cui ciascuna delle due è incompleta è l'esistenza dell'altra.

La mente reclama una terza teoria che unifichi tutta la fisica, e per una ragione molto semplice. In un senso ovvio, la natura è «unificata»; l'universo in cui ci troviamo è interconnesso, in quanto ogni cosa interagisce con ogni altra cosa. Non è assolutamente possibile avere due teorie della natura che coprano fenomeni diversi come se una non avesse nulla a che fare con l'altra. Una teoria che pretenda di essere definitiva deve essere una teoria completa della natura, deve abbracciare tutto ciò che sappiamo.

La fisica è sopravvissuta a lungo senza una tale teoria unitaria. Il motivo è che, relativamente agli esperimenti, siamo stati in grado di dividere il mondo in due regni. Nel regno atomico, governato dalla fisica quantistica, di solito possiamo ignorare la gravità e possiamo trattare lo spazio e il tempo pressappoco come faceva Newton - come un riferimento che non varia. Nell'altro regno, quello della gravitazione e della cosmologia, in generale possiamo ignorare i fenomeni quantistici.

Tuttavia questa soluzione non può essere altro che temporanea, provvisoria. Superarla è il primo grande problema irrisolto della fisica teorica.


Problema I: Combinare la relatività generale e la teoria quantistica in un'unica teoria che possa pretendere di essere la teoria completa della natura.


Questo si chiama problema della gravità quantistica.

Oltre agli argomenti basati sull'unità della natura, esistono problemi specifici di ognuna delle due teorie che richiedono l'unificazione con l'altra. Ciascuna teoria ha un problema di infiniti. In natura, dobbiamo ancora incontrare qualcosa di misurabile che abbia un valore infinito. Sia nella teoria quantistica sia nella relatività generale, tuttavia, incontriamo previsioni di quantità fisicamente percepibili che diventano infinite. Probabilmente è il modo in cui la natura punisce gli sfrontati teorici che osano spezzare la sua unità.

La relatività generale ha un problema con gli infiniti perché all'interno di un buco nero la densità della materia e la forza del campo gravitazionale diventano rapidamente infinite. Sembra che ciò si sia verificato anche nei primissimi tempi della storia dell'universo — quanto meno se ci fidiamo di come la relatività generale ne descrive i primordi. Nel punto in cui la densità diventa infinita, le equazioni della relatività generale non valgono piú. Alcuni lo interpretano come un arresto del tempo; secondo una concezione piú ragionevole, però, la teoria è semplicemente inadeguata, come ipotizzano da molto tempo le persone giudiziose perché sono stati trascurati gli effetti della fisica quantistica.

Anche la teoria quantistica ha i suoi guai con gli infiniti. Il problema si presenta ogni volta che si cerca di usare la meccanica quantistica per descrivere campi quali il campo elettromagnetico. Il problema è che i campi elettrici e magnetici hanno un valore in ogni punto dello spazio, il che significa che vi è un numero infinito di variabili (anche in un volume finito vi è un numero infinito di punti, quindi un numero infinito di variabili). Nella teoria quantistica si hanno fluttuazioni incontrollabili nei valori di ogni variabile quantistica. Un numero infinito di variabili, che fluttuano in maniera incontrollabile, può portare a equazioni che sfuggono al controllo e prevedono numeri infiniti quando formuliamo una domanda sulla probabilità che accada un certo evento, o sull'intensità di qualche forza.

Anche in questo caso è inevitabile l'impressione che sia stata trascurata una parte essenziale della fisica. Da molto tempo si spera che, tenendo conto della gravità, si riusciranno a domare le fluttuazioni e nulla risulterà infinito. Se gli infiniti indicano la mancanza di unificazione, una teoria unificata ne sarà priva. Sarà una teoria finita, una teoria che risponde a ogni domanda fornendo numeri ragionevoli, numeri finiti.

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I filosofi chiamano realismo questa concezione. La si può riassumere dicendo che il mondo reale là fuori deve esistere indipendentemente da noi. Ne segue che i termini in cui la scienza descrive la realtà non possono coinvolgere in modo essenziale quel che abbiamo deciso di misurare o di non misurare.

La meccanica quantistica, quanto meno nella forma in cui venne proposta inizialmente, non si conciliava facilmente con il realismo, perché presupponeva una divisione della natura in due parti: da una parte, il sistema da osservare, dall'altra noi, gli osservatori. Insieme a noi vi sono gli strumenti che usiamo per preparare gli esperimenti e prendere le misure e gli orologi che utilizziamo per registrare gli eventi. La teoria quantistica si può descrivere come un nuovo genere di linguaggio da usare per un dialogo tra noi e i sistemi che studiamo con i nostri strumenti. Questo linguaggio quantistico contiene verbi che si riferiscono alle nostre preparazioni e alle nostre misure e nomi che si riferiscono a quel che in seguito si osserva. Non dice alcunché su come sarebbe il mondo in nostra assenza.

Dalla prima enunciazione della teoria quantistica si è scatenato un dibattito tra chi accetta questo modo di fare scienza e chi lo respinge. Molti fondatori della meccanica quantistica, compresi Einstein, Erwin Schrödinger e Louis de Broglie, giudicavano ripugnante questo approccio alla fisica. Erano realisti: ai loro occhi la teoria quantistica, indipendentemente dai suoi successi, non era completa, perché non offre un quadro della realtà in mancanza di una nostra interazione. Dall'altra parte stavano Niels Bohr, Werner Heisenberg e molti altri che, per nulla inorriditi, adottarono questo nuovo modo di fare scienza.

Da allora, i realisti hanno riportato molti successi indicando le contraddizioni presenti nell'attuale formulazione della teoria quantistica. Alcune di queste apparenti contraddizioni emergono perché, se è universale, la teoria quantistica dovrebbe descrivere anche noi. I problemi, allora, provengono dalla divisione del mondo richiesta per comprendere la teoria quantistica. Una delle difficoltà è stabilire dove si traccia la linea di divisione, che dipende da chi effettua l'osservazione. Quando misurate un atomo, voi e i vostri strumenti stanno da una parte e l'atomo dall'altra. Ma supponiamo che io vi osservi lavorare grazie a una videocamera che ho allestito nel vostro laboratorio: posso considerare il tutto - compresi voi e i vostri strumenti, come anche gli atomi con cui giocherellate - come un unico sistema che io sto osservando. Dall'altra parte, ci sarei soltanto io.

Voi ed io descriviamo pertanto due diversi «sistemi»: il vostro comprende solo l'atomo, il mio comprende voi, l'atomo e tutto ciò che usate per studiarlo. Quel che voi vedete come una misurazione per me rappresenta due sistemi fisici che interagiscono. Perciò, anche se convenite che va bene che le azioni dell'osservatore facciano parte della teoria, la teoria cosí com'è non è sufficiente. La meccanica quantistica deve essere ampliata, in modo che tenga conto di molte descrizioni diverse, a seconda di chi è l'osservatore.

Tutta la questione è nota con il nome di problemi fondazionali della meccanica quantistica. È il secondo grande problema della fisica contemporanea.


Problema II: Risolvere i problemi che riguardano i fondamenti della meccanica quantistica o comprendendo il senso della teoria nella sua formulazione attuale o inventando una nuova teoria che abbia senso.


Il problema si potrebbe risolvere per vie diverse.

1) Si potrebbe fornire un linguaggio ragionevole per la teoria, che risolva tutti gli enigmi come quelli appena citati e incorpori la suddivisione del mondo in sistema e osservatore come caratteristica essenziale della teoria.

2) Si potrebbe trovare una nuova interpretazione della teoria - una nuova maniera di interpretare le equazioni - che sia realistica, di modo che le misure e le osservazioni non abbiano alcun ruolo nella descrizione della realtà fondamentale.

3) Si potrebbe inventare una nuova teoria, che offra una comprensione piú profonda della natura di quanto faccia la meccanica quantistica.

Sono tutte alternative oggi considerate promettenti e studiate da un piccolo gruppo di persone intelligenti. Purtroppo i fisici che lavorano a questo problema non sono molti, il che a volte viene interpretato come un'indicazione del fatto che è stato risolto, oppure è irrilevante. È falso: probabilmente si tratta del quesito piú grave che la scienza moderna si trovi ad affrontare. È cosí difficile che i progressi sono molto lenti. Ammiro profondamente i fisici che se ne occupano, sia per la purezza delle intenzioni sia per il coraggio di ignorare la moda e attaccare il problema piú difficile e fondamentale.

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Ma è pur sempre possibile domandarsi se tutte le forze che osserviamo in natura possano essere manifestazioni di un'unica forza fondamentale. Nessun argomento logico, per quanto io ne sappia, indica che dovrebbe essere vero; tuttavia è qualcosa che potrebbe essere vero.

Il desiderio di unificare le varie forze ha portato a diversi progressi significativi nella storia della fisica. James Clerk Maxwell, nel 1867, unificò l'elettricità e il magnetismo in una sola teoria e cent'anni piú tardi i fisici si resero conto della possibilità di unificare il campo elettromagnetico e il campo che propaga l'interazione nucleare debole (la forza responsabile del decadimento radioattivo). Venne cosí elaborata la teoria elettrodebole, le cui previsioni sono state confermate piú e piú volte dagli esperimenti negli ultimi trent'anni.

In natura vi sono due forze fondamentali (di cui siamo a conoscenza) che rimangono al di fuori dell'unificazione del campo elettromagnetico e del campo debole: la gravità e l'interazione forte, la forza che tiene insieme le particelle, dette quark, che formano i protoni e i neutroni che compongono il nucleo dell'atomo. Queste quattro forze fondamentali si possono unificare?

Questo è il nostro terzo grande problema.


Problema III: Determinare se le varie particelle e forze si possono o meno unificare in una teoria che le spieghi tutte come manifestazioni di un'unica entità fondamentale.


Chiamiamo questo problema l'unificazione delle particelle e delle forze, per distinguerlo dall'unificazione delle leggi, quella discussa in precedenza.

All'inizio il problema pare semplice. La prima proposta su come unificare la gravità con l'elettricità e il magnetismo fu avanzata nel 1914 e da allora ne sono state presentate molte altre. Funzionano tutte, a patto di dimenticare qualcosa, e cioè che la natura è quantistica. Se si lascia la fisica quantistica fuori dalla scena, è facile inventare teorie unificate. Se si include la teoria quantistica, tuttavia, il problema diventa piú difficile, molto piú difficile. Poiché la gravità è una delle quattro forze fondamentali della natura, dobbiamo risolvere il problema della gravità quantistica (cioè il primo problema: come conciliare la relatività generale e la teoria quantistica) insieme al problema dell'unificazione.

La nostra descrizione fisica del mondo si è semplificata notevolmente nel corso dell'ultimo secolo. Per quanto riguarda le particelle, pare ne esistano solo due tipi, i quark e i leptoni; i primi sono i costituenti dei protoni e dei neutroni e di molte particelle simili che abbiamo scoperto, mentre la classe dei secondi abbraccia tutte le particelle che non sono composte da quark, compresi gli elettroni e i neutrini. Nell'insieme, il mondo conosciuto si spiega con sei tipi di quark e sei tipi di leptoni, che interagiscono tra loro mediante le quattro forze, o interazioni: la gravità, l'elettromagnetismo, l'interazione nucleare debole e quella nucleare forte.

Dodici particelle e quattro forze sono tutto ciò di cui abbiamo bisogno per spiegare ogni cosa del mondo conosciuto. Inoltre, comprendiamo molto bene le caratteristiche fisiche essenziali di queste particelle e forze. Tale comprensione si esprime in una teoria che rende conto di tutte queste particelle e di tutte queste forze tranne la gravità: il modello standard detta fisica dette particelle elementari o, in breve, il modello standard. In questa teoria, che non presenta il problema degli infiniti di cui si è già parlato, possiamo calcolare qualsiasi cosa ottenendo come risultato un numero finito. Da quando è stata formulata, piú di trent'anni fa, molte sue previsioni sono state verificate sperimentalmente. Ogni singolo esperimento ha confermato la teoria.

Il modello standard fu formulato nei primi anni Settanta. Da allora, tranne che per la scoperta che i neutrini sono dotati di massa, non ha richiesto modifiche. Allora, perché la fisica non è finita nel 1975? Che cosa rimaneva da fare?

Malgrado tutta la sua utilità, il modello standard ha un grosso problema: vanta un lungo elenco di parametri regolabili. Quando enunciamo le leggi della teoria, dobbiamo specificare il valore di questi parametri. Per quanto ne sappiamo, va bene qualsiasi valore, poiché dal punto di vista matematico la teoria è coerente quale che sia la scelta dei valori. Questi parametri specificano le proprietà delle particelle: alcuni indicano le masse dei quark e dei leptoni, altri l'intensità delle forze. Non abbiamo idea dei motivi per cui questi numeri hanno il valore che hanno; noi li determiniamo con gli esperimenti e poi inseriamo i numeri. Se si pensa al modello standard come a una vecchia calcolatrice da tavolo, o a uno strumento di misura, i parametri sono le manopole che si possono regolare come si vuole ogni volta che si procede a una misurazione.

I parametri liberamente specificabili sono circa venti e il fatto che una teoria che si presume fondamentale ne abbia cosí tanti è motivo di enorme imbarazzo. Ognuno rappresenta qualche fatto basilare che ignoriamo, ovvero la ragione o il meccanismo fisico per cui il parametro ha il valore osservato.

Questo è il nostro quarto grande problema.


Problema IV: Spiegare come sono scelti in natura i valori dei parametri liberi del modello standard della fisica delle particelle.


Si spera ardentemente che una vera teoria unificata delle particelle e delle forze fornirà una risposta precisa a questa domanda.

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Negli ultimi dieci anni le misure cosmologiche sono diventate molto piú precise. In parte è un effetto collaterale della legge di Moore, che afferma che all'incirca ogni diciotto mesi la velocità di elaborazione dei chip raddoppia; tutti i nuovi esperimenti si servono di microchip (presenti nei satelliti e nei telescopi terrestri) perciò, essendo migliorati questi, sono migliorate anche le osservazioni. Oggi conosciamo molti aspetti delle caratteristiche fondamentali dell'universo, come la densità complessiva della materia e la velocità di espansione. Cosí come esiste un modello standard della fisica delle particelle elementari, ora esiste anche un modello standard della cosmologia, che, come il primo, ha un elenco di parametri liberamente specificabili - in questo caso, circa quindici. Questi parametri indicano, tra l'altro, la densità di diversi tipi di materia e di energia e la velocità di espansione. Nessuno ha la piú pallida idea del motivo per cui questi parametri hanno il valore che hanno. Come nella fisica delle particelle, i valori dei parametri vengono desunti dalle osservazioni, ma per ora non esiste una teoria che li spieghi.

Questi misteri cosmologici costituiscono il quinto grande problema.


Problema V: Spiegare la materia oscura e l'energia oscura. Oppure, se non esistono, determinare come e perché la gravità si modifica a grandi scale. Piú in generale, spiegare perché i parametri del modello standard della cosmologia, compresa l'energia oscura, hanno i valori che hanno.


Questi cinque problemi rappresentano le frontiere dell'attuale conoscenza. Sono i problemi che tengono svegli i fisici di notte e che, collettivamente guidano la maggior narte delle ricerche attuali alle frontiere della fisica teorica.

Qualsiasi teoria che pretenda di essere una teoria fondamentale della natura deve fornire la risposta a ognuno di essi. Uno degli scopi di questo libro è valutare quanto abbiano contribuito le teorie fisiche recenti, come quella delle stringhe, a realizzare tale obiettivo. Prima della valutazione, però, è necessario esaminare qualche tentativo precedente di unificazione. Abbiamo molto da imparare dai successi - e anche dai fallimenti.

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Iniziamo ricapitolando in maniera precisa quel che sappiamo della teoria delle stringhe. Innanzitutto, una sua formulazione completa non esiste. Non c'è una proposta approvata che specifichi quali sono i suoi principi di base e quali dovrebbero essere le sue equazioni principali. Del resto, neanche l'esistenza di una tale formulazione completa è stata dimostrata. Quel che sappiamo della teoria delle stringhe è composto per lo piú da risultati approssimativi e da congetture che riguardano le seguenti quattro classi di teorie:

1) Le teorie che comprendiamo meglio presentano stringhe che si muovono su background semplici, come uno spaziotempo piatto a dieci dimensioni, in cui la geometria del background è costante nel tempo e la costante cosmologica è uguale a zero. In molti casi alcune delle nove dimensioni spaziali sono arrotolate, mentre le altre restano piatte. Sono le teorie che capiamo meglio perché in relazione a stringhe e brane che si muovono e interagiscono in questi background possiamo effettuare calcoli dettagliati.

In tale gruppo di teorie, descriviamo il movimento e l'interazione delle stringhe negli spazi di background in termini di una procedura di approssimazione detta teoria delle perturbazioni. Quel che si è dimostrato è che queste teorie sono ben definite e generano previsioni finite e coerenti fino al secondo ordine di tale schema di approssimazione. Altri risultati avvalorano, ma finora non dimostrano, la coerenza di tali teorie. Inoltre, una grande quantità di risultati e congetture descrive una rete di relazioni di dualità fra queste teorie.

Ognuna di queste teorie, però, è incompatibile con fatti comprovati del nostro mondo: in quasi tutte la supersimmetria non si rompe, a differenza di quel che si osserva nel mondo reale; le poche teorie in cui si rompe prevedono che i fermioni e i bosoni abbiano super-partner di uguale massa, un altro fatto non osservato, e che oltre la gravità e l'elettromagnetismo esistano altre forze che agiscono a distanze infinite, anche queste mai osservate.

2) Nel caso di un mondo con una costante cosmologica negativa, l'esistenza di una certa classe di teorie delle stringhe è avvalorata da un argomento che si basa sulla congettura di Maldacena, che mette in relazione la teoria delle stringhe su certi spazi con una costante cosmologica negativa e certe teorie di gauge supersimmetriche. Per il momento, queste teorie delle stringhe non si possono sviluppare completamente e studiare se non in alcuni casi estremi molto simmetrici, del tutto particolari. Le versioni piú deboli della congettura di Maldacena sono confortate da molte prove, ma non si sa con precisione quale sia la versione vera. Se fosse vera quella piú forte, la teoria delle stringhe sarebbe equivalente alla teoria di gauge e questa relazione fornirebbe una descrizione esatta delle teorie delle stringhe con una costante cosmologica negativa. Ma neppure tali teorie possono descrivere il nostro universo, poiché sappiamo che la costante cosmologica è positiva.

3) Si è ipotizzata l'esistenza di un numero infinito di altre teorie che corrispondono a stringhe che si muovono su background piú complicati, in cui la costante cosmologica non è uguale a zero, la geometria del background spaziotemporale si evolve nel tempo, o il background impone l'esistenza di brane e di altri campi. Sono compresi molti casi in cui la costante cosmologica è positiva, in accordo con le osservazioni. Finora è stato impossibile definire in modo preciso queste teorie delle stringhe o effettuare calcoli espliciti per ricavarne previsioni. La prova della loro esistenza si basa sulla soddisfazione di certe condizioni necessarie, ma lungi dall'essere sufficienti.

4) In ventisei dimensioni spaziotemporali, esiste una teoria, senza fermioni né supersimmetria, detta stringa bosonica, la quale dà origine a tachioni, che portano a espressioni infinite e quindi la rendono incoerente.


È stata avanzata la proposta di unificare tutte le teorie ipotizzate e costruite in una piú profonda, detta teoria M. L'idea di base è che tutte le teorie che comprendiamo corrisponderanno a soluzioni di questa teoria fondamentale. Le molte relazioni di dualità che si sono ipotizzate o dimostrate tra le varie teorie delle stringhe forniscono prove a favore della sua esistenza, ma finora nessuno è riuscito a formularne i principi essenziali, o a scriverne le leggi fondamentali.

Da questo riassunto possiamo capire perché qualsiasi valutazione della teoria delle stringhe sarà necessariamente controversa. Se ci limitiamo a considerare le teorie della cui esistenza siamo certi - quelle che consentono di eseguire calcoli reali e formulare previsioni - dobbiamo concludere che la teoria delle stringhe non ha nulla a che fare con la natura, poiché sono tutte in disaccordo con i dati sperimentali. Quindi la speranza che la teoria delle stringhe possa descrivere il nostro mondo poggia esclusivamente su certe teorie delle stringhe la cui esistenza è stata soltanto ipotizzata.

Ciò nondimeno, molti stringhisti attivi sono convinti che le teorie ipotizzate esistano. A quanto pare, questa convinzione si basa su un ragionamento indiretto di questo genere:

1) Questi studiosi ipotizzano che una formulazione generale della teoria delle stringhe esista e sia definita da principi ed equazioni sconosciuti e poi ipotizzano che questa teoria sconosciuta abbia molte soluzioni, ciascuna delle quali fornisce una teoria delle stringhe coerente che si propaga su uno spaziotempo con un certo background.

2) Scrivono le equazioni che in base alla loro ipotesi approssimano le vere equazioni della teoria sconosciuta, poi ipotizzano che tali equazioni approssimate forniscano condizioni necessarie ma non sufficienti affinché un background sia associato a teorie delle stringhe coerenti. Queste equazioni sono versioni della teoria di Kaluza-Klein, in quanto la relatività generale è estesa a piú dimensioni.

3) Per ciascuna soluzione delle equazioni approssimate, ipotizzano l'esistenza di una teoria delle stringhe, anche se non possono formularla esplicitamente.


Il problema di questo ragionamento è che il primo passo è un'ipotesi: non sappiamo se la teoria o le equazioni che la definirebbero esistano realmente. Ciò fa sí che anche il secondo passo sia un'ipotesi: non sappiamo neanche se le equazioni approssimate basate sulla prima ipotesi non forniscano invece condizioni sufficienti, ma non necessarie, per l'esistenza di una teoria delle stringhe.

Questo tipo di ragionamento, che presuppone ciò che dev'essere dimostrato, è pericoloso. Se si crede negli assunti dell'argomento, allora le teorie di cui essi implicano l'esistenza si possono studiare come esempi di teorie delle stringhe. Va ricordato, tuttavia, che non sono teorie delle stringhe né teorie di qualsiasi altro genere, ma piuttosto soluzioni delle equazioni classiche. Il loro significato dipende completamente dall'esistenza di teorie che nessuno è riuscito a formulare e da ipotesi che nessuno è riuscito a dimostrare. A quanto pare, quindi, non esistono motivi convincenti per credere nell'esistenza di una qualsiasi teoria delle stringhe che non sia stata formulata esplicitamente.

Quali conclusioni possiamo trarne? Innanzitutto, dato lo stato incompleto della conoscenza della teoria delle stringhe, la gamma dei futuri possibili è molto ampia. Stando a ciò che sappiamo oggi, può darsi che emerga una teoria in grado di soddisfare le aspettative originarie. Può anche darsi che una vera teoria non esista e che tutto ciò che mai esisterà sia un grande insieme di risultati approssimativi di casi speciali che valgono soltanto perché sono vincolati da simmetrie particolari.

Pare inevitabile concluderne che la stessa teoria delle stringhe - vale a dire, la teoria di stringhe che si muovono su background spaziotemporali - non diventerà una teoria fondamentale. Se la teoria delle stringhe è in rapporto con la fisica, è perché fornisce le prove dell'esistenza di una teoria piú fondamentale. Quasi tutti lo riconoscono e la teoria fondamentale ha un nome - teoria M - anche se non è ancora stata inventata.

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Per capire la situazione possiamo valutare come risponde la teoria delle stringhe ai cinque problemi fondamentali delineati nel primo capitolo.

Iniziamo dalle buone notizie. In origine, la teoria delle stringhe è stata motivata dal terzo problema, quello dell'unificazione delle particelle e delle forze. Come ha retto nel ruolo di teoria unitaria? Piuttosto bene. Sui background dove sono definite teorie delle stringhe coerenti, le vibrazioni di una stringa comprendono stati che corrispondono a tutti i tipi conosciuti di materia e di forze. Il gravitone, la particella che trasmette la forza gravitazionale, ha origine dalle vibrazioni dei loop (stringhe chiuse). Anche il fotone, responsabile della forza elettromagnetica, emerge dalle vibrazioni di una stringa. Anche i campi di gauge piú complicati, in termini della nostra comprensione dell'interazione nucleare debole e di quella forte, emergono automaticamente; in altre parole, la teoria delle stringhe prevede in generale l'esistenza di campi di gauge simili a questi, pur non prevedendo la particolare mescolanza di forze che vediamo in natura.

Quindi - quanto meno al livello dei bosoni, di particelle che trasmettono forze, in uno spaziotempo di background - la teoria delle stringhe unifica la gravità con le altre forze. Le quattro forze fondamentali emergono tutte come vibrazioni di un solo tipo fondamentale di oggetto, una stringa.

Che cosa si può dire dell'unificazione dei bosoni con le particelle che costituiscono la materia, come i quark, gli elettroni e i neutrini? Anche questi emergono come stati di vibrazione delle stringhe, quando si aggiunge la supersimmetria. Quindi le teorie supersimmetriche delle stringhe unificano tutti i diversi tipi di particelle.

Per di piú, la teoria delle stringhe realizza tutto ciò con una legge semplice: le stringhe si propagano nello spaziotempo in modo da occupare la superficie di area minima. Inoltre non è necessario avere leggi distinte che descrivono le interazioni delle particelle: queste seguono direttamente dalla semplice legge che descrive come si propagano. Poiché le varie forze e particelle sono solo vibrazioni di stringhe, ne seguono anche le leggi che le descrivono. Di fatto, l'intero insieme di equazioni che descrivono la propagazione e le interazioni delle forze e delle particelle è stato derivato dalla semplice condizione che una stringa si propaghi in modo da occupare l'area minima nello spaziotempo. Questa meravigliosa semplicità è ciò che ci ha entusiasmati al principio e che ha continuato a entusiasmare molti: un solo tipo di entità, che soddisfa una sola legge semplice.

Veniamo ora al primo problema delineato nel primo capitolo, quello della gravità quantistica. In questo caso, la situazione non è omogenea. La buona notizia è che le particelle che trasmettono la forza gravitazionale emergono dalle vibrazioni di stringhe, cosí come il fatto che la forza gravitazionale esercitata da una particella è proporzionale alla sua massa. Ciò porta a un'unificazione coerente della gravità e della teoria quantistica? Come ho sottolineato nel primo e nel sesto capitolo, la teoria generale della relatività di Einstein è una teoria indipendente dal background; significa che tutta la geometria dello spazio e del tempo è dinamica, nulla è fisso. Anche una teoria quantistica della gravità dovrebbe essere indipendente dal background. Lo spazio e il tempo dovrebbero emergere dalla teoria e non fungere da fondale per le azioni delle stringhe.

Oggi la teoria delle stringhe non è formulata come una teoria indipendente dal background e questa è la sua debolezza principale come candidata al ruolo di teoria quantistica della gravità. La teoria delle stringhe è formulata in funzione di stringhe e di altri oggetti che si muovono in geometrie classiche di background dello spazio, che non si evolvono nel tempo. Quindi la scoperta di Einstein che la geometria dello spazio e del tempo è dinamica non è stata incorporata nella teoria delle stringhe.

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Da ultimo, consideriamo il secondo punto dell'elenco: i problemi fondazionali della meccanica quantistica. La teoria delle stringhe offre qualche soluzione? No. Del resto, finora non ha mai fatto affermazioni dirette sui problemi dei fondamenti della teoria quantistica.

In conclusione, dei cinque problemi cruciali, la teoria delle stringhe ne risolve potenzialmente uno in modo completo, quello dell'unificazione delle particelle e delle forze. È il problema che ha motivato l'invenzione della teoria delle stringhe ed è ancora il suo successo piú eclatante.

Quanto al problema della gravità quantistica, abbiamo qualche prova a sostegno del fatto che la teoria delle stringhe indica una soluzione, ma nella migliore delle ipotesi, piú che essere essa stessa la soluzione, indica l'esistenza di una teoria piú profonda che risolve il problema della gravità quantistica.

Al momento attuale, la teoria delle stringhe non risolve nessuno degli altri tre problemi: sembra incapace di spiegare i parametri dei modelli standard della fisica e della cosmologia, fornisce un elenco di possibili candidati per la materia oscura e l'energia oscura, ma non formula previsioni specifiche né spiega alcunché a questo proposito, e per ora la teoria delle stringhe non ha nulla da dire sul mistero piú grande, vale a dire il significato della teoria quantistica.

Al di là di questo, esiste qualche successo di cui parlare? I successi di una teoria di solito si vanno a cercare tra le sue previsioni per nuovi esperimenti o nuove osservazioni. Come si è detto, la teoria delle stringhe non formula previsioni di questo genere. La sua forza è che unifica tutti i tipi di particelle e di forze a noi note. Se non conoscessimo la gravità, per esempio, la teoria delle stringhe ci consentirebbe di prevederne l'esistenza. Non è poco, ma non è una previsione per un nuovo esperimento. Per di piú, non vi è alcuna possibilità di confutare la teoria — di dimostrare che è sbagliata — scoprendo che un esperimento o un'osservazione non sono in accordo con le sue previsioni.

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