Copertina
Autore Ian Stewart
Titolo Che forma ha un fiocco di neve?
SottotitoloNumeri magici in natura
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2003, Saggi Scienze , pag. 224, dim. 195x235x20 mm , Isbn 978-88-339-1456-5
OriginaleWhat Shape is a Snowflake?
EdizioneWeidenfeld & Nicolson, London, 2001
TraduttoreSimonetta Frediani
LettoreRenato di Stefano, 2003
Classe matematica , scienze naturali , geometria
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Indice

Prefazione                                    6

Parte prima: Principi e configurazioni        8

    1 L'enigma                                9

    2 Le configurazioni naturali             14

    3 Che cos'è una configurazione?          28

Parte seconda: Il mondo matematico           38

    4 Una sola dimensione                    39

    5 Simmetria speculare                    48

    6 Simmetria rotazionale                  60

    7 Forme di tassellazione                 72

    8 Macchie e strisce                      86

    9 Tre dimensioni                        102

    10 Scale e spirali                      118

    11 Tempo                                130

Parte terza: Semplicità e complessità       146

    12 Complessità e catastrofi             147

    13 Geometria frattale                   158

    14 Ordine nel caos                      172

    15 Leggi di natura?                     192

    16 La risposta                          208


    Glossario                               216
    Letture consigliate                     218
    Indice analitico                        220
    Fonti delle illustrazioni               224
 

 

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Pagina 6

Prefazione


Che forma ha un fiocco di neve? è la testimonianza di un viaggio privato, un viaggio iniziato il giorno della mia nascita e che prosegue tuttora. Più che un resoconto cronologico, tuttavia, è una raccolta strutturata di idee scientifiche. Il lettore non vi troverà soltanto fiocchi di neve, poiché i concetti scientifici e matematici che spiegano i fiocchi di neve derivano da interrogativi più generali - ai quali sono inestricabilmente collegati - sulla creazione delle forme naturali. Però prometto che quando avremo raggiunto la fine del viaggio avrò spiegato l'enigma del fiocco di neve.

Per quanto io possa ricordare, mi sono sempre interessato alle configurazioni naturali. La prima occasione che ricordo mi capitò a sei anni, quando un amico mi mostrò le curiose stelline a cinque punte che aveva trovato sulla spiaggia. Erano parti del gambo di un giglio di mare fossilizzato. Passai settimane a cercarne altre, ma non ne trovai. Trovai invece alcune spirali fossili: delle ammoniti. Anch'esse avevano forme affascinanti.

Scoprii soltanto dopo qualche anno che tali configurazioni hanno una base matematica. Me ne resi conto per la prima volta quando mio zio mi regalò un libro che spiegava il legame tra esagoni e nidi d'ape. Mi ci volle ancora di più per capire che la natura presenta regolarità matematiche perché le leggi fisiche che le producono sono leggi matematiche. Ed ero ormai di mezz'età quando mi venne in mente che questa è soltanto una spiegazione parziale, poiché le leggi sono matematiche al livello degli atomi e delle galassie, mentre le forme che vediamo tutt'intorno a noi hanno una scala umana. Qual è il nesso e come funziona? Sono questioni sottili.

I fiocchi di neve hanno una sconcertante combinazione di caratteristiche. Da una parte, rivelano una simmetria uguale a quella dell'esagono della matematica, ma molto più elaborata. Le ramificazioni hanno una struttura simile a un albero e - così si dice comunemente - non esistono due fiocchi di neve uguali. Come funziona questo strano miscuglio di regolarità e di infinita varietà? Se la regolarità è la conseguenza di leggi matematiche, da dove viene la varietà? Se la varietà deriva dalla complessità delle nubi temporalesche, o del resto dell'universo, da dove viene la regolarità?

In termini più filosofici, quale tipo di universo può riuscire a combinare flessibilità e adattabilità enormi con una rigida adesione a leggi matematiche? Perché le leggi non fanno collassare tutto in qualcosa di veramente semplice, come un cubo, eterno e invariabile? Qui si affaccia un aspetto più profondo del problema dei fiocchi di neve. Il nostro mondo, anche se confinato al livello umano sulla superficie di questo pianeta piuttosto piccolo e ordinario, è incredibilmente ricco di configurazioni. Ve ne sono dappertutto: arcobaleni, spruzzi, piume, conchiglie di chiocciole, granelli di sabbia. E, dappertutto, vi sono anche cose irregolari e non prevedibili, che non sono configurazioni: il tempo atmosferico, le cascate, le mosche, le montagne, i gatti.

Che cosa significa questa stupefacente mescolanza di cose tanto diverse?

Quando si passa ad altre scale, il problema diventa, se mai, ancora più grande. Il microscopio mostra che in una goccia dell'acqua di uno stagno e in una foresta vi è altrettanta varietà. Il telescopio consente di vedere configurazioni cosmiche alla scala più grandiosa - la maestosa spirale di una galassia, persino la forma dell'universo stesso.

Non pretendo di fornire una risposta completa allo strano paradosso dell'onnipresente mescolanza di forme e non-forme, di uniformità e varietà. La scienza e la matematica di oggi, tuttavia, iniziano a mettere in luce alcuni dei meccanismi coinvolti. Il concetto fondamentale è il concetto di simmetria. La simmetria definisce le configurazioni, non in base a come o perché emergono, ma in base al loro tipo. Da sola, la simmetria è troppo rigida per spiegare tutte le regolarità della natura, però in combinazione con altri concetti, quali il caos e la complessità, fornisce una cornice di riferimento unificata per una gamma sorprendente di regolarità naturali. E anche per quelle che paiono essere irregolarità - e questo è un punto cruciale. A volte, qualcosa che pare casuale ha un ordine nascosto e la matematica è lo strumento mentale che usiamo per scoprire quale potrebbe essere tale ordine.

Per i matematici, la loro materia ha una grande bellezza e un importante contenuto intellettuale. Per molte persone, non è altro che un mondo sterile di «calcoli» inutili e di simboli che confondono. Il mio intento qui è mostrarne al lettore la bellezza, evitando del tutto i calcoli. Questi sono presenti, dietro le quinte, ma soltanto gli scienziati e i matematici hanno bisogno di conoscerne i raccapriccianti dettagli, quindi posso lasciarli dietro le quinte, al loro posto. Anch'essi hanno una loro bellezza, ma soltanto per il gusto educato degli specialisti. La bellezza delle forme matematiche, invece, può essere apprezzata da chiunque. Non è un inganno se lo dimostro al lettore servendomi delle forme della natura, perché, se il punto è questo, è da lì che abbiamo ottenuto la matematica.

Ian Stewart, Coventry, aprile 2001

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1 L'enigma


Che forma ha un fiocco di neve? Eccone qui uno, sulla manica del mio cappotto, che scintilla sotto la luce del lampione. La neve scende lenta, in piccoli fiocchi gelati, e fa freddo. Tanto di guadagnato, così la mia preda non si scioglierà prima che io riesca a esaminarla, però mi si stanno intirizzendo le orecchie.

Anche a occhio nudo posso vedere che il mio fiocco di neve non è un ammasso casuale. Ha una forma precisa. Se lo osservo con la piccola lente che ho portato con me, vedo un'immagine mozzafiato: è simile a una felce, una felce di puro cristallo. Per essere più precisi, somiglia a sei felci, identiche e unite alle radici. Il mio fiocco di neve è uno sconcertante miscuglio di regolarità e casualità, di ordine e disordine, di configurazioni precise e di baraonda sconclusionata. Ha una simmetria esagonale quasi perfetta, sei copie della stessa figura - ma è una figura che non si è mai vista nella geometria euclidea. Non è esattamente casuale, ma nessun dizionario ne riporta il nome.

Quel che si può trovare in un dizionario è la parola «dendrite», che è il termine usato dagli scienziati per descrivere questo genere di figura, però si riferisce a una categoria di figure, non a una figura in particolare. Deriva dal greco e significa «albero». Che forma ha un albero? Una forma ad albero. Un fiocco di neve non è un albero, né una felce, né una piuma.

È un fiocco di neve ed è a forma di fiocco di neve.

A fianco del primo, atterra un altro fiocco di neve. Anch'esso ha una simmetria esagonale.

Ed è diverso dal primo. Pare che l'espressione «a forma di fiocco di neve» dia per scontata quella che è invece una questione cruciale.

Si dice comunemente che non esistono due fiocchi di neve uguali, ma il matematico dentro di me è in grado di capire che tale affermazione è banale oppure è una grossolana esagerazione. Qualsiasi oggetto nell'universo è diverso da qualsiasi altro oggetto, se li si osserva abbastanza da vicino - forse non è vero se si tratta di due elettroni, ma, anche in questo caso, chissà. Però, se si accettano soltanto le differenze visibili con una lente, e si considera quanti fiocchi di neve sono caduti nei quattro miliardi di storia della Terra, è necessariamente vero che da qualche parte, in un qualche momento, è apparso il doppione di un certo fiocco di neve? Anche se si eseguono i calcoli, forse no. Se il mio occhio può distinguere un centinaio di minuscole caratteristiche, e se ciascuna può essere presente o meno, si ottiene un nonilione - un milione di trilioni di trilioni (10^30) - di forme di fiocco di neve differenti. In ogni caso, la diversità dei motivi impiegati nella formazione di fiocchi di neve è sufficiente a far sì che stasera io non possa trovare due gemelli identici.

Come la maggior parte delle persone, so della forma dei fiocchi di neve da quando ero abbastanza grande da leggere un'enciclopedia. Ma finora avevo guardato soltanto le illustrazioni dei libri e qualche volta avevo lanciato una rapida occhiata a un fiocco di neve vero. Oggi è la prima volta che esco con una lente e li guardo davvero e, incredibilmente, sono proprio come dice l'enciclopedia - una specie di fronda con un visibile accenno all'esagono, la forma archetipa a sei lati del matematico. Alcuni fiocchi di neve sono proprio esagoni, con sei lati diritti, quindi hanno tutti la stessa forma. Immagino che il detto tradizionale sulla diversità dei fiocchi di neve non li comprenda, altrimenti si tratta di una licenza poetica. Tutti gli altri, comunque, sono una sorta di cugini alla lontana dell'esagono e sono quelli che mi interessano.

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Pagina 28

3 Che cos'è una configurazione?


Le tre leggi del moto dei pianeti di Keplero (p.27), estratte da una massa di dati privi di significato e adeguatamente distillate, portarono Isaac Newton a un'intuizione di grande rilievo: una sola legge unificata di gravitazione. Le leggi di Keplero sono logicamente equivalenti a una regola matematica per la forza gravitazionale tra due corpi qualsiasi, in qualsiasi punto dell'universo. Tale regola, inoltre, è una regola semplice. A una distanza doppia, la forza gravitazionale è un quarto, a una distanza tripla è un nono e così via. Una massa doppia produce una forza doppia e una massa tripla produce una forza tripla.

La legge di gravitazione di Newton fa parte di un gruppo scelto di grandi scoperte che convinsero i dotti del XVIII secolo della meccanicità del nostro universo: una volta messo in moto, tutto il futuro dell'universo segue inevitabilmente da regole matematiche immutabili. Questa filosofia, nota come determinismo, sostiene che in linea di principio tutti gli eventi sono predeterminati, anche se in pratica non sappiamo quale sarà l'esito predeterminato.

L'esperienza umana giù a terra non sembra avere lo stesso genere di regolarità - nascosta o meno - che vi è su nel cielo. Le faccende umane seguono raramente schemi regolari; ognuno fa come gli pare, con conseguenze imprevedibili. In effetti, uno degli obiettivi fondamentali di ciò che chiamiamo «la legge» è proprio regolare le faccende umane. Noi agiamo come se vivessimo in un mondo privo di leggi, dove creiamo regolarità imponendo il principio di legalità. Tutto all'opposto della filosofia newtoniana.

Ci illudiamo, allora, quando sosteniamo di intravedere la matematica all'opera dietro le quinte del nostro universo? Oppure il livello umano ha qualche cosa di speciale, qualcosa che sovverte o nasconde l'implicito rispetto delle leggi da parte degli eventi? La natura è tutta basata su regole matematiche, oppure semplicemente noi selezioniamo quegli aspetti del mondo naturale che per caso somigliano alla matematica degli esseri umani e poi presupponiamo che siano fondamentali quando di fatto non sono rappresentativi?

A questo proposito, tutto ciò che sappiamo dell'universo viene trasmesso alla nostra mente per mezzo dei sensi. Il cervello riceve segnali dagli occhi e li elabora in «Tigre!» o «Vespa!», stimolando l'azione di fuga opportuna; questo indica che i nostri sensi si sono evoluti anche allo scopo di individuare configurazioni precise, schemi. Sono così bravi a svolgere questo compito che siamo convinti di vedere schemi anche dove non ve sono, come nel caso dell'Orsa Maggiore e del Cigno nel cielo notturno, che in realtà sono schieramenti casuali di stelle che fisicamente non sono affatto associate. Forse la presunta base matematica della natura è frutto dell'immaginazione umana.

Penso che vi sia un certo grado di verità in quest'ultima affermazione, ma che non sia tutta la verità. Sono convinto che le specifiche strutture matematiche che sosteniamo di osservare in natura devono molto alle nostre peculiarità e alle nostre limitazioni. Probabilmente, una specie aliena intelligente abitante nella fotosfera di una stella non avrebbe un concetto di numero o di triangolo, però scommetto che avrebbe concetti molto più sofisticati dei nostri in materia di dinamica dei fluidi. Una storia così semplice da essere compresa dal cervello sottosviluppato di una scimmia non ha molte probabilità di essere la storia completa. Ciò nonostante, le storie della scienza sono piuttosto buone - buone quanto basta per far costruire alle scimmie macchine più leggere dell'aria che volano sugli oceani e le foreste, buone quanto basta per far atterrare le scimmie sulla Luna e buone quanto basta per capire i contenuti del libro di istruzioni genetiche delle scimmie.

A mio awiso, la possibilità che la realtà sia un parto dell'immaginazione umana perde d'importanza di fronte al fatto che la mente umana è un frutto della realtà. La mente è un sistema di processi interagenti che si svolgono all'interno del cervello, eseguiti da materia ordinaria, che obbedisce alle medesime leggi seguite da tutto il resto della materia. Non è un problema se le regole in base alle quali si svolgono tali processi sono molto più semplici dei processi stessi - la complessità della mente emerge dall'organizzazione complessa di queste interazioni. Quindi mi pare che le inclinazioni matematiche della mente umana siano risposte evolutive a configurazioni realmente presenti nell'universo che ci circonda. I matematici non sono disposti a lavorare in un universo che non ha nulla a che fare con la matematica.

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Pagina 158

13 Geometria frattale


A volte, quindi, la matematica può insegnarci qualcosa sulla natura. Questo è il suo modo di ripagare un enorme debito storico. Per lo più, è stata la matematica a imparare dalla natura. Negli anni settanta del XX secolo, Benoit Mandelbrot, allora ricercatore dell'IBM, si rese conto che un filo comune attraversava tutto il suo lavoro.

Mandelbrot aveva studiato problemi di tutti i generi, apparentemente non collegati - il mercato azionario, la quantità di acqua nei fiumi, l'interferenza nei circuiti elettronici. Il filo comune, come si rese conto d'un tratto, era che ogni problema aveva una struttura intricata a qualsiasi scala di ingrandimento. Se si disegna il grafico dell'andamento delle quotazioni del mercato azionario nei mesi, si ottiene una curva alquanto irregolare con molti alti e bassi. Se si considera l'andamento settimanale, o giornaliero, od orario, o addirittura minuto per minuto, si continua a ottenere una curva piuttosto irregolare con molti alti e bassi. Questo è vero anche se si considera l'acqua che scorre in un fiume, oppure i cambiamenti di corrente in un circuito elettronico in presenza di rumore. Mandelbrot decise che questo tipo di struttura aveva bisogno di un nome e ne inventò uno: frattale. Un frattale è una forma geometrica che ha una struttura minuta indipendentemente dall'ingrandimento scelto.

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Pagina 167

Ordine con disordine

I frattali sono forme complesse generate da regole semplici e tradiscono le proprie origini combinando un «disordine» intricato con una trama ordinata. Anche i fiocchi di neve sono forme complesse e ci aspettiamo che siano generati da regole semplici - le regole della fisica. Anche i fiocchi di neve hanno quella caratteristica combinazione di ordine e disordine: l'ordine è la simmetria esagonale e il disordine sono le complicate configurazioni ramificate a forma di felce. Il fiocco di neve è un frattale? E, se lo è, che cosa ne possiamo dedurre?

Un frattale è un'astrazione matematica. Un fiocco di neve è un oggetto reale. Queste due cose sono necessariamente diverse, quindi un fiocco di neve non è un frattale. Fine della storia? No, anche se, incredibilmente, continuo a incontrare persone intelligenti che la pensano così. La geometria frattale è controversa - perché è una novità, presumo - e spesso per rifiutarla si tira in ballo l'argomento della differenza tra matematica e realtà. Ma, per la stessa ragione, dato che i pianeti non sono sfere né masse puntiformi, la legge di gravitazione di Newton non ci insegna nulla sui pianeti. Inoltre, un cristallo non è un reticolo perfettamente regolare, quindi le simmetrie cristallografiche non ci insegnano nulla sui cristalli. Un nautilo non è una spirale, il DNA non è una doppia elica e uno specchio non riflette...

Facciamo funzionare il cervello. I concetti matematici sono sempre idealizzazioni del mondo reale, non sono essi stessi reali. Bene. Questo è il punto e non serve altro. È così che usiamo la matematica per capire il mondo. È per questo che la matematica funziona. Noi sostituiamo alla confusione del mondo reale un'idealizzazione scelta con la massima cura, abbastanza semplice da capire - a quel punto, abbiamo qualche possibilità di arrivare da qualche parte. Pertanto la nostra domanda diventa: un'idealizzazione frattale può offrire qualche intuizione preziosa riguardo ai fiocchi di neve? La risposta è un sonoro sì.

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Pagina 172

14 Ordine nel caos


La mente umana va infaticabilmente alla ricerca di forme. Per poter sopravvivere in un mondo ostile, abbiamo sviluppato una sensibilità alle configurazioni, che usiamo per prevedere che cosa ci accadrà. Anche quando il mondo pare privo di forma, cerchiamo qualche principio che ne dia una spiegazione. A volte, scopriamo che la mancanza di forme è un'illusione - ciò che appare complicato e confuso in realtà segue regole semplici. A volte, tuttavia, sono le nostre beneamate forme a rivelarsi un'illusione.

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Pagina 174

Casualità e regole

Il problema di una parola come «caos» è che viene facilmente fraintesa. Specie quando si lascia cadere l'aggettivo «deterministico». E così, spesso si pensa che il «caos» sia un nuovo e stravagante sinonimo di «casualità».

Non è così.

Il caos è casualità apparente con una causa puramente deterministica. È un comportamento sregolato governato per intero da regole. Il caos abita nella zona di penombra tra regolarità e casualità. Proprio perché il caos è contrario a molte delle nostre intuizioni più care, non è un'idea tanto facile da capire. Per esempio, una comoda via d'uscita sembra essere offerta dalla parola «apparente». Si, certo, il caos sembra qualcosa di casuale, ma in realtà non lo è. Come può esserlo se viene generato da regole?

Purtroppo, la questione è più delicata. Per certi versi, nel caos vi è un'autentica casualità. In termini approssimativi, si può dire che le regole di un sistema caotico si attaccano alla microscopica casualità delle condizioni iniziali e la amplificano rendendola evidente nel comportamento su larga scala.

La discussione viene resa più difficile da un problema filosofico: la vera casualità esiste davvero? Una metafora usuale per la casualità, per esempio, è un dado che rotola. Ma i dadi sono cubi e il loro rotolio è governato da regole deterministiche. Da dove proviene la casualità dei dadi, allora? È che noi non conosciamo le condizioni iniziali dei dadi quando li gettiamo - è per questo che prima li agitiamo nelle mani o in una scatola - e comunque, anche se le conoscessimo, i minimi errori nella misura delle condizioni verrebbero amplificati nel momento in cui i dadi cascano sul tavolo. Forse i dadi possono atterrare in un solo modo predeterminato, ma né noi né i dadi né l'universo «sappiamo» quale sia quel numero predeterminato fino a quando non gettiamo i dadi e lo scopriamo.

È possibile un'obiezione a questo riguardo. I fisici sostengono che la meccanica quantistica si basa su un'autentica casualità e, quindi, che alle scale più piccole l'universo funziona esclusivamente in base al caso. Potrebbe essere vero. Qualche anticonformista, tuttavia, pensa che la natura probabilistica del mondo quantistico sia essa stessa illusoria e che anch'essa funzioni in base a regole deterministiche segrete. A mio giudizio, i concetti di «casuale» e «ordinato» hanno senso soltanto in riferimento a un modello matematico elaborato dagli esseri umani - non sono certo che sia possibile attribuire l'uno o l'altro all'universo reale come se si trattasse di una distinzione assoluta.

Seguendo la pratica matematica corrente e rappresentando la dinamica in termini geometrici, si mette bene a fuoco la sconcertante natura duale del caos. Associato a ogni sistema dinamico, vi è un suo proprio spazio geometrico, lo spazio delle fasi, le cui coordinate sono le variabili del sistema. Una condizione iniziale è uno specifico insieme di valori delle coordinate, ovvero un certo punto nello spazio delle fasi. Con il passare del tempo, le coordinate cambiano, obbedendo alla regola dinamica - il punto iniziale si sposta nello spazio delle fasi lungo una certa curva, o linea di flusso. Ogni punto iniziale genera una sua propria linea di flusso e il sistema di tutte queste curve corrisponde al flusso del sistema dinamico.

Nei sistemi non caotici, le linee di flusso si dirigono verso qualcosa di semplice - un unico punto per uno stato stazionario, una curva chiusa per una soluzione periodica. Nei sistemi caotici, si dirigono verso forme più complesse, dette attrattori. Il loro nome non indica che esercitano un qualche tipo di forza gravitazionale, ma che, da qualsiasi punto si parta, molto presto ci si avvicinerà a un attrattore. Quindi l'attrattore - ma possono anche esservene diversi - definisce il comportamento a lungo termine del sistema.

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Pagina 208

16 La risposta


È sorprendente dove possa portare una semplice domanda su un evento quotidiano. Siamo partiti interrogandoci sulla forma di un fiocco di neve e, passo dopo passo, ci siamo imbattuti in profonde questioni filosofiche relative ai fondamenti della legge fisica, alla natura di spazio, tempo e materia e alla forma e alla storia dell'universo. Abbiamo incontrato tipi completamente nuovi di geometrie e abbiamo allargato i nostri orizzonti intellettuali fino ad abbracciare non soltanto un minuscolo granello di ghiaccio a simmetria esagonale, ma anche tutte le meravigliose configurazioni del mondo fisico - e anche le configurazioni biologiche, poiché molte fra le più incantevoli e interessanti regolarità naturali si trovano nelle creature viventi.

Di fatto, le creature viventi devono la vita alle configurazioni che le costituiscono. Ma la vita, a differenza dell'ordinaria materia non vivente, ha sviluppato la capacità di controllare tali configurazioni - di assicurarsi che si combinino in modi specifici, così che gli strani processi autoreferenziali che noi associamo alla vita possano funzionare in maniera regolare. Così che la vita possa fare miracoli - che possa riprodursi. La vita sa complicarsi. La vita sa organizzarsi. Non sono processi che ci aspettiamo di trovare nella materia ordinaria, inorganica. Anzi, se li trovassimo, ne dedurremmo immediatamente che si tratta di materia organica. Se si riproduce come un'anatra e si autorganizza come un'anatra, allora è viva come un'anatra e starnazzerà come un'anatra.

Ma, in fondo, è una distinzione ridicola. La materia organica non esiste. Un'anatra viva è fatta dagli stessi tipi di atomi di cui è composta un'anatra morta e tutti obbediscono alle stesse leggi che governano gli atomi presenti in una roccia, in un oceano o nell'undicesima luna di Saturno. La materia organica è semplicemente materia organizzata in un certo modo - è il sistema, e non i componenti, a possedere le notevoli proprietà di autorganizzazione. La flessibilità e l'adattabilità della vita, paradossalmente, sono emerse dall'inflessibilità e rigidità della legge naturale.

[...]

I fiocchi di neve sono prodotti con un qualche stampo meteorologico? No.

Si sviluppano secondo una qualche ricetta cosmica sconosciuta? Non esattamente.

La loro forma emerge dalle leggi della fisica grazie a un processo troppo complesso da comprendere in tutti i dettagli? Certamente.

Possiamo descrivere tale processo in modo schematico, abbastanza bene da ricavarne qualche utile spunto di comprensione? Senza dubbio.

Il processo è una transizione di fase? Sì.

È una biforcazione? Sì.

Rompe la simmetria? Sì.

È caos? Sì.

È un frattale? Sì.

È un sistema complesso? Sì.

Arriveremo mai alla completa comprensione di un fiocco di neve? No. Ma vediamo fin dove possiamo arrivare.

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