Copertina
Autore Alexander Stille
Titolo Citizen Berlusconi
SottotitoloVita e imprese
EdizioneGarzanti, Milano, 2006, Saggi , pag. 450, cop.fle., dim. 140x210x33 mm , Isbn 978-88-11-74041-4
OriginaleCitizen Berlusconi [2006]
TraduttoreFabio Paracchini
LettoreLuca Vita, 2006
Classe storia contemporanea d'Italia , politica , biografie
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Indice

Introduzione                                          7

1. L'uomo dei miracoli                               21

Gennaio 1996: «So come farmi amare»                  21
Elogio della follia                                  27
Mitopoiesi                                           30
I primi miracoli                                     33
Villa San Martino ad Arcore                          42

2. Tredici a tavola                                  47

Aggiungiamo qualche parola?                          47
1980                                                 50
1994                                                 52
Calcio e teste mozzate a Palermo                     53
Il biennio sabbatico di Dell'Utri                    59

3. Televisione (e soldi)                             67

Cibo per animali                                     67
Storia: la vecchia Rai                               69
Aggirare la legge                                    78
Agganci politici                                     80
La loggia massonica P2                               84

4. «Professione amicizia»                            93

«L'importante è piacersi, piacersi, piacersi»        93
«[Craxi] è quello che ci deve fare la legge
    sulla televisione.»                              99
Le ragazze del Drive In                             106
L'intercettazione del 1988                          119

5. La pax televisiva e l'espansione della Fininvest 121

Au revoir, Paris                                    126
Telecinco - Tre topini ciechi                       130

6. L'operazione Mani pulite                         145

«Mi capita persino di mettermi a piangere»          145
Un paese normale?                                   146
«Č Mangano»                                         156

7. Berlusconi scende in campo                       181

La videocassetta                                    181
Il diavolo e l'acqua santa                          187
L'azienda come macchina da guerra elettorale        195
Un piccolo inconveniente: l'indagine per corruzione 202
Il ritorno del rimosso: il problema della mafia     209

8. Berlusconi al potere                             215

Perché Berlusconi ha vinto le elezioni              215
Il nuovo che avanza                                 220
Blind trust                                         222
Conflitto di giustizia                              227
Il presidente del consiglio sul banco degli imputati237

9. Contrattacco                                     243

Ottimista nella sconfitta                           243
Ancora con le spalle al muro                        245
Drôle de guerre: la guerra di Mancuso               247
Il piano per distruggere Antonio Di Pietro          250
Il piano per distruggere Di Pietro, parte II        257
L'avvocato libico                                   260
Toghe sporche                                       263

10. Berlusconi è morto, viva Berlusconi!            269

Sconfitta                                           269
Gli errori del centrosinistra                       272
L'inciucio, parte II                                277
Il piano per distruggere Di Pietro, parte III       282
«Tutti i candidati amici miei, tutti eletti!»       286
Un patto con il diavolo?                            290
Il governo Prodi                                    292

11. Trionfo                                         297

Una storia italiana                                 297
«Adatto a governare l'Italia?»                      301
Perché la gente vota per Berlusconi?                310

12. Un governo personale                            319

Le volpi nel pollaio                                319
Leggi su misura                                     326
Laissez faire all'italiana                          331
Ciò che è bene per Mediaset..                       338
Berlusconi Show                                     340

13. La conquista della stampa                       347

Come addomesticare la stampa                        347
Come addomesticare la Rai                           352
Vittima del regime                                  362
Il caso «Corriere»                                  369

14. Basta con Berlusconi                            381

Quando è troppo è troppo?                           381
Il deragliamento di Mani pulite                     387
Come abbassare lo standard morale                   394
Il parlamento come guscio vuoto                     398
Siamo tutti Berlusconi                              401

Note                                                423
Bibliografia                                        435
Indice dei nomi                                     439

 

 

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INTRODUZIONE



Nell'estate del 1993 Silvio Berlusconi, l'uomo più ricco d'Italia nonché il proprietario del più grande impero televisivo ed editoriale del paese, condusse una serie di sondaggi per valutare la possibilità di fondare un suo partito politico e candidarsi alla carica di presidente del consiglio. Secondo uno di questi sondaggi il nome di Berlusconi era noto al 97 per cento dei potenziali elettori, mentre quello del presidente del consiglio dell'epoca, Carlo Azeglio Ciampi, era conosciuto solo dal 51 per cento del campione.

Il magnate dei media che aveva portato in Italia Dallas, La ruota della fortuna e Baywatch, il presidente che aveva fatto vincere diversi scudetti al Milan, il miliardario i cui yacht, le cui ville e la cui bella moglie comparivano spesso sui rotocalchi, era molto più interessante di qualsiasi politico tradizionale presente sul mercato. Un altro sondaggio condotto tra i giovani rivelava che Berlusconi era il «più amato» di un lungo elenco di nomi: Arnold Schwarzenegger era al secondo posto e Gesù Cristo al terzo.

La fine della guerra fredda aveva spazzato via i partiti politici tradizionali che avevano dominato l'Italia nei cinquant'anni precedenti. Le vecchie ideologie del XX secolo stavano svanendo e l'istituzione più influente ancora salda tra le macerie del Muro di Berlino era un'azienda televisiva.

Berlusconi, ben consapevole di avere un'opportunità di colmare il vuoto così creatosi, si lanciò in quella che sarebbe stata una delle campagne elettorali più straordinariamente innovative della nostra era, forse il primo esempio in assoluto di campagna elettorale postmoderna. Nel giro di pochissimo tempo tutte le divisioni del grande impero berlusconiano - dai canali televisivi ai giornali fino ai grandi magazzini e alle società assicurative e finanziarie - furono convertite in ingranaggi di un'immensa macchina politica. I dirigenti pubblicitari contattarono le società che acquistavano spazi sui canali di Berlusconi. I mediatori finanziari e gli agenti assicurativi che lavoravano per le società di Berlusconi vennero arruolati nella campagna elettorale e furono messi al lavoro per trasformare le centinaia di migliaia (forse addirittura milioni) di clienti in elettori e sostenitori del partito. L'ufficio del personale dell'azienda pubblicitaria televisiva selezionò più di cento tra i suoi migliori venditori per candidarli alle elezioni parlamentari. I prescelti vennero sottoposti a provini negli studi televisivi, ricevettero lezioni di politica e si verificò come si sarebbero comportati sotto il fuoco di fila di una campagna elettorale. Vennero tutti obbligati ad acquistare un kit che comprendeva un libretto di 35 pagine, undici videocassette che spiegavano il programma del partito e alcune lezioni su come parlare in pubblico e in televisione. Alcuni consulenti dell'azienda, esperti nella valutazione di programmi televisivi, condussero dei focus groups per calibrare il messaggio di Berlusconi in modo che facesse presa sull'audience più vasta possibile. Il partito-azienda creò dei numeri telefonici a pagamento (circa 50 centesimi al minuto) grazie ai quali i cittadini potevano ascoltare gli ultimi interventi di Berlusconi e il movimento era in grado di raccogliere ulteriori fondi.

All'inizio questo lavoro venne svolto relativamente in segreto. Berlusconi negò con energia di avere intenzione di presentarsi alle elezioni. Secondo la versione ufficiale stava contribuendo alla fondazione di un movimento politico che avrebbe promosso i valori di libertà e democrazia attraverso una serie di club. Il movimento venne chiamato «Forza Italia», l'urlo dei tifosi durante le partite della nazionale. Buona parte della fama e della popolarità di Berlusconi derivava proprio dal fatto di possedere una squadra di calcio, il Milan. Il patriottismo in Italia aveva toccato un minimo storico e il calcio era tra le pochissime cose in grado di suscitare sentimenti di intenso orgoglio nazionale. Per sfruttare questi sentimenti, Berlusconi ne assorbì gli slogan e i simboli. I componenti della sua «squadra» si sarebbero chiamati «azzurri», come i giocatori della nazionale.

L'obiettivo di Berlusconi e dei suoi dirigenti era creare 8000 club Forza Italia, quasi uno per ogni città italiana di discreta grandezza. Neppure il numero era stato scelto a caso: in Italia ci sono 8000 parrocchie. Alla fine della seconda guerra mondiale, dopo il crollo del regime fascista, con le sue parrocchie la chiesa cattolica aveva costituito la spina dorsale della neonata Democrazia cristiana. Ma il potere della chiesa, come quello dei partiti, era in declino. «L'azienda della fede», come Berlusconi chiamava la chiesa, «non è in buone condizioni», disse a un pubblico aziendale nei tardi anni Ottanta, annunciando che intendeva acquistare una serie di monasteri e conventi abbandonati per farne dei luoghi di ritiro per le sue forze vendita, come in una sorta di trasferimento di potere simbolico dalla vecchia alla nuova chiesa. Con un club Forza Italia per ogni parrocchia, avrebbe completato il trasferimento.

Il terreno venne preparato alla perfezione, come per il lancio di un nuovo prodotto, con voci sempre più pressanti sul progetto di Berlusconi e una serie di smentite che non facevano altro che dare una visibilità sempre maggiore alla sua figura.

Poi, il 26 gennaio 1994, Berlusconi comparve sulle sue tre reti televisive private per annunciare che stava fondando un nuovo partito politico e si sarebbe candidato alla presidenza del consiglio.

L'annuncio si presentava in tutto e per tutto come quelli che i presidenti americani trasmettono dalla sala ovale della Casa Bianca. Berlusconi era inquadrato nello studio della sua sontuosa villa settecentesca, seduto dietro a un'imponente scrivania. Sullo sfondo alcune fotografie di famiglia. Si rivolse alla nazione in tono solenne e autorevole. Pur essendo solo un privato cittadino e un neofita della politica, aveva già l'aspetto di un presidente. «Berlusconi [...] era il presidente "virtuale"», dice Giuliano Ferrara, uno dei suoi principali consiglieri politici e ghostwriter del discorso. «In quel momento ho capito che aveva cambiato la politica italiana.»

Nel giro di soli due mesi Berlusconi sarebbe diventato presidente del consiglio anche nella «realtà».

[...]

La storia di Berlusconi è una delle grandi avventure politiche del tardo Novecento, un esempio stupefacente di ciò che accade quando i mezzi di comunicazione, il denaro e la politica uniscono le proprie forze in una società pressoché priva di regole.

L'elezione dell'uomo più ricco del paese e del più grande proprietario di mezzi di comunicazione (peraltro imputato in numerosi processi penali) alla più importante carica pubblica ha creato una situazione strana e anomala e ha condotto a un nuovo modello di potere nel cuore dell'Europa.

Sarebbe semplicistico liquidare Berlusconi come il prodotto bizzarro di una sottocultura italiana. L'Italia ha dei precedenti di tutto rispetto nel XX secolo come fucina di pessime idee che si sono poi diffuse in altre parti del mondo. Il fascismo è stato inventato in Italia, così come la mafia; e nella penisola il terrorismo di sinistra si è sviluppato più che in qualsiasi altra nazione europea. Con questo non si vuol dire che Berlusconi sia un fascista, un mafioso o un terrorista, ma che tutti questi fenomeni sono prodotti secondari di una democrazia debole con pochi controlli ed equilibri istituzionali. L'Italia, un paese giunto tardi all'unificazione e all'industrializzazione, è un luogo dove pur essendo presenti tutte le tensioni e i problemi della modernità, vi sono poche delle salvaguardie che esistono in nazioni più antiche e stabili; le idee vengono portate alle loro estreme conseguenze, e possono essere così osservate con particolare chiarezza. I rapporti sempre più stretti tra denaro, politica e televisione, ovunque estremamente importanti, in Italia, dove una grande azienda di comunicazione ha preso direttamente il potere, hanno raggiunto una sorta di apoteosi.

Se Forza Italia contiene in sé le vestigia del passato del paese, Berlusconi è anche uno spiazzante personaggio d'avanguardia, una sorta di Citizen Kane al nandrolone. Non è un caso che anche il presidente della Thailandia sia l'uomo più ricco del paese, vi detenga il controllo della maggior parte dei mezzi di comunicazione e sia interessato all'acquisto di una squadra di calcio. O che Vladimir Putin, spesso ospite della villa di Berlusconi in Sardegna, abbia vinto agevolmente elezioni in apparenza democratiche, dopo avere assunto in pratica il controllo di tutti i canali televisivi russi. Vi sono di fatto anche dei forti parallelismi tra il fenomeno Berlusconi e il paese che ama definirsi la più antica democrazia senza soluzione di continuità del mondo, gli Stati Uniti.

La personalizzazione della politica attraverso la televisione e il declino dei partiti politici tradizionali, l'ascesa di politici miliardari (Ross Perot, Steve Forbes, Jon Corzine e Mike Bloomberg, per citarne solo alcuni) che eludono le organizzazioni partitiche acquistando grandi quantità di spazio televisivo, sono tutte realtà ben presenti in America. Inoltre la deregulation e la politicizzazione dell'emittenza statunitense - a partire dall'eliminazione sotto Reagan della fairness doctrine e dei requisiti di interesse pubblico, e dalle recenti decisioni sotto Bush di allentare ulteriormente le restrizioni sulla concentrazione dei mezzi di comunicazione - seguono (con una certa ironia) il modello italiano. L'informazione è sempre più concentrata nelle mani di sei o sette conglomerati mediatici internazionali, uno dei quali è quello di Berlusconi, improntati perlopiù a interessi estremamente conservatori che spesso cooperano tra loro. Berlusconi ha lavorato gomito a gomito con il tedesco Leo Kirch e con Rupert Murdoch, usando proprietà intrecciate di aziende di comunicazione per dribblare le leggi antitrust dei diversi paesi. Lo stile più aggressivo e partigiano dei murdochiani Fox News e Rush Limbaugh Show ricorda in modo inquietante i tendenziosissimi canali di Berlusconi.

Le affinità tra l'Italia di Berlusconi e l'America contemporanea non sono certo una coincidenza. Nell'arco di buona parte della sua carriera, il successo di Berlusconi, dal settore immobiliare alla televisione alla politica, è dovuto all'importazione in Europa di modelli americani. «Io sono a favore di tutto ciò che è americano ancora prima di sapere cos'è», ha dichiarato Berlusconi al «New York Times» nel 2001. «Al punto che mi chiamavano "amerikano"». Ha portato in Italia i quartieri residenziali suburbani, Dallas e Dynasty, Chi vuoi essere milionario? e L'isola dei famosi, i focus group, gli spot politici da 30 secondi e un «Contratto con gli italiani» basato sul «Contratto con l'America» di Newt Gingrich. Ma soprattutto, come altri politici-businessmen (Ross Perot) e candidati-celebrità (Arnold Schwarzenegger e il campione di wrestling Jesse «the Body» Ventura), ha attinto alla sfiducia e all'avversione profonda nei confronti della politica tradizionale, caratteristiche della democrazia moderna in un'epoca di declino della partecipazione politica. Ha contribuito a creare un modello continentale di anti-politica, l'idea resa popolare da Ronald Reagan che «il governo non è la soluzione, ma il problema».

Se a prima vista può apparire un fenomeno bizzarro, incomprensibile e squisitamente italiano, osservandolo più da vicino Berlusconi sembra una figura d'avanguardia, che esprime molte delle tendenze principali della politica dei nostri giorni.

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