Copertina
Autore Katsuhiko Takeba
Titolo Teoria letteraria in Giappone e in occidente
EdizioneSpirali, Milano, 1987, l'alingua 56 , pag. 176, cop.fle., dim. 14x21x1,4 cm , Isbn 978-88-7770-229-6
OriginaleNihon Bungaku Towazugatari [1984]
TraduttoreLydia Origlia
LettoreGiovanna Bacci, 2009
Classe storia letteraria , paesi: Giappone
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Indice


Prologo                                                  9

Finzione e realtà nella letteratura.
Discorso sul vero e sul falso di Genji Monogatari       17

Lirismo e poesia epica.
Il lirismo del Kokin Wakashu                            31

Genealogia della saggistica.
Gli "essais" quale mezzo espressivo                     47

L'estetica della rinuncia.
Heike Monogatari e Shobo Genzo                          61

Teoria di un cambiamento immutabile.
Gli haiku di Basho                                      89

La letteratura borghese e cittadina.
L'incanto della letteratura di Edo                     103

Realismo.
Rappresentazione della realtà
Formazione della "letteratura dell'era Meiji"          117

L'apparizione dell'io.
Il naturalismo e il romanzo autobiografico             127

I romanzi storici e l'io" interiore.
Realtà storica e immaginazione                         137

Sesso e inconscio.
Dai classici alla letteratura moderna                  145

Sfida al tempo.
Un nuovo metodo che riflette l'animo dell'uomo moderno 151

Epilogo                                                159

Glossario                                              165


 

 

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Pagina 17

Capitolo I



Finzione e realtà nella letteratura


Discorso sul vero e sul falso del Genji Monogatari



Il Genji Monogatari, che dà lustro alla letteratura dell'epoca Heian, non solo è apprezzato da noi come un classico, ma gode di una notorietà internazionale dovuta alle traduzioni in inglese, in tedesco e in svedese. Pare siano prossime anche versioni complete in lingua russa e francese, ed esiste persino una versione parziale in olandese.

La maggior parte dei giapponesi è stata costretta a leggere durante gli anni del liceo una breve parte del Genji Monogatari in lingua originale. E sovente soltanto quale materiale didattico in funzione di una migliore comprensione dei classici centrata sulla grammatica. È forse questo il motivo per cui pochi studenti hanno letto tutto il Genji Monogatari, nonostante esistano versioni in lingua moderna di Yosano, di Tanizaki e, recentemente anche di Enchi. Nelle mie inchieste durante i corsi di letteratura giapponese non ho mai trovato uno studente giapponese che abbia letto per intero quel capolavoro, neppure tradotto in lingua moderna. Nell'ultimo decennio ho insegnato letteratura moderna giapponese agli studenti americani: quando domando loro quali opere letterarie giapponesi conoscano, ne trovo sempre due o tre che rispondono di aver letto in inglese il Genji Monogatari dal principio alla fine. Vi sembrerà strano, ma è una realtà.

Immagino che, nel caso degli studenti giapponesi, influisca la tendenza a leggere i classici in lingua originale, ma che sopra tutto non comprendano l'interesse che suscita il Genji Monogatari perché ne è stata loro imposta con troppa severità la lettura ai tempi del liceo. Vi è probabilmente una inconscia resistenza dei giapponesi a gustare i classici in lingua moderna. Invece gli studenti americani, leggendoli tradotti in inglese moderno, e quindi nella così detta "lingua parlata", possono agevolmente apprezzarli. Non è forse un fenomeno interessante? Quali ne siano i motivi, gli studenti giapponesi non leggono il Genji Monogatari per intero mentre gli americani ne sono capaci!

Ma tra gli studiosi giapponesi vi è chi afferma che leggere il Genji Monogatari in inglese non abbia senso. E vi è chi sostiene che non si può presumere di averlo letto se non si sono comprese le delicate sfumature del testo originale. Tuttavia bisogna riconoscere agli americani la tenacia nel leggere dal principio alla fine. Inoltre è molto più facile apprezzare un'opera conoscendo gradualmente tutti i personaggi e l'intero dipanarsi della trama.

Perché mai gli studenti americani, pur imbattendosi in fastidiosi nomi propri e in imbarazzanti, astrusi costumi, hanno la costanza di leggere l'intera opera dal capitolo Kiritsubo a Il ponte fluttuante dei sogni? Vari sono i motivi. Uno dei principali è che nel Genji Monogatari s'intuisce un tema molto interessante, cha ha attratto la massima attenzione fin dall'inizio della formazione della letteratura, dibattuto nei "discorsi sul falso e sul vero". In un certo senso Murasaki Shikibu risponde magistralmente all'ardua questione trattata da Platone e da Aristotele.

Desidero fare una riflessione, basandomi su Murasaki's art of fiction di A. Cranston, docente all'università di Harvard, che è un'autorità nell'ambito della letteratura dell'epoca Heian. Egli attrae la nostra attenzione sulla discussione tra Hikaru Genji e Tamakatsura, nel capitolo Le lucciole e ci mostra come in essa si sviluppi un discorso sui meriti e sui difetti dei romanzi giapponesi dell'XI secolo e dei libri di storia. Sullo sfondo di tali discorsi sul vero e sul falso si scopre anche la differenza basilare tra la letteratura giapponese e quella occidentale: quel passo è dunque uno dei più interessanti del Genji Monogatari.

In Le lucciole sono celebrate la bellezza esteriore e la limpidezza interiore di Tamakatsura, la fanciulla nata da Yugao e da To no Chujo. La prima parte, in cui si descrive la giovane figura di Tamakatsura illuminata dal chiarore delle lucciole, è costruita come un affascinante dipinto. Hotaru Hyobukyo no Miya, un fratellastro di Hikaru Genji, invaghitosi della fanciulla, si reca a farle visita. È una notte tenebrosa del quinto mese, il cielo è coperto di nuvole, e Genji libera nella stanza numerose lucciole perché il principe possa vedere Tamakatsura. Grazie a ciò il principe può convincersi della leggiadria della giovane, e se ne innamora ardentemente.

Paragonata con la gaiezza della prima parte, la seconda, in cui Genji parla dell'intelligenza di Tamakatsura e discute di teorie letterarie, appare piuttosto sobria. In ciò risalta ancor più la visione che Murasaki Shikibu ha di un romanzo. È questo il motivo del particolare interesse suscitato nel professor Cranston. Il giorno seguente la notte delle lucciole liberate al di là delle cortine, una piovosa giornata, Tamakatsura, che ha sparso per la camera quaderni di racconti illustrati, è intenta a leggere, quando sopraggiunge Hikaru Genji, che critica i romanzi e dileggia le donne che li ricopiano e li leggono appassionatamente. Egli definisce i romanzi "per lo più scevri di verità". Afferma che essi sono "insulsità prive di valore". E continua accusandone la finzione con termini quali "menzogneri", "inutili", "fantasiosi".

Tamakatsura, uno dei più moderni e ingegnosi personaggi femminili del Genji Monogatari, non può tollerare in silenzio tanto disprezzo per i romanzi. Spinge di lato la pietra su cui si accingeva a sfregare il bastoncino dell'inchiostro e assume un atteggiamento imbronciato, ma le sue parole colpiscono il punto vulnerabile dell'uomo: "È naturale che chi è abituato a mentire abbia la sua particolare opinione sui romanzi. A me invece sembrano assolutamente veri".

Gli uomini sono bugiardi di natura, mentono abitualmente alle donne e anche quando trattano la politica o l'economia. Perciò Tamakatsura risponde con una frecciata asserendo che è a causa della natura maschile che Genji considera falsi i romanzi. Inoltre replica sarcasticamente che lei, essendo donna, crede ciecamente alla verità di quelle storie.

Murasaki Shikibu solleva nella sua opera il tema della falsità o della verità nel romanzo, ma con l'intenzione di lasciare intuire che nel suo animo ella riconosce al romanzo un significato e un'efficacia, superiore persino agli scritti di storia, nel descrivere fatti reali. Non sarà stato forse tale orgoglio la forza motrice che la indusse a comporre il Genji Monogatari? Più che discorsi sul falso e sul reale sarebbe più pertinente chiamarli, con esattezza, discorsi sul falso e sul vero. La realtà si rivela nella precisazione completa del momento e del luogo d'origine di un fenomeno e di ciò che a esso si collega, dati nei quali è celata la verità. Una verità di tal genere non può essere annotata negli scritti di storia. Perciò Hikaru Genji risponde nel seguente modo all'asserzione, favorevole ai romanzi, di Tamakatsura:

"Ho dunque giudicato male i romanzi? Essi annotano episodi che sarebbero accaduti nel passato, dal tempo degli Dei ai giorni nostri. Le cronache giapponesi invece descrivono soltanto una sezione ristretta del mondo. Essi solo quindi sono istruttivi ed esaurienti".

Con le suddette "cronache giapponesi" si allude alla legittima storia della dinastia imperiale e del Giappone, e non al "Nihon Shoki". Genji afferma che tali descrizioni storiche rappresentano solo una piccola parte superficiale della società. Invece nei romanzi si legge la descrizione accurata dei motivi che inducono un essere umano a compiere una determinata azione.

Anche nelle teorie letterarie occidentali si nota l'opinione che le opere letterarie siano frutto dell'invenzione, molto distanti dalla verità. Il principale sostenitore di questa teoria fu Platone. Nella Repubblica sentenzia che sia nel teatro, sia nella pittura, l'arte crea immagini illusorie. Platone separa nettamente il mondo della realtà da quello delle idee, e pensa che la verità appartenga soltanto al secondo. Di conseguenza sostiene che l'artista, che riproduce il mondo reale, sia un mentitore lontano tre scalini dalla verità.

Aristotele controbatte tale tesi. A suo parere l'artista non si basa soltanto sul mondo reale, riesce persino a intravedere il mondo ideale e a descriverlo. Perciò si può affermare che un'opera artistica contenga più verità della realtà stessa. Aristotele riconosce che il principio creativo dell'arte trae origine da un'imitazione scaturita dal linguaggio, ma pensa che questo non sia una semplice copia della realtà. In questo senso Murasaki Shikibu è più vicina a Aristotele. In entrambi vi è l'opinione che riproducendo la realtà sia possibile intravedere la verità. Tale posizione è splendidamente illustrata da Genji, il protagonista. Trattandosi di un passo piuttosto lungo, riporto la versione in lingua moderna di Fumiko Enchi, perché sia più comprensibile.

"In genere nel romanzo non si racconta tutta la verità su una determinata persona: esso inizia dal desiderio di lasciar scritto e annotato per i posteri ciò che non si riesce a serbare nel proprio animo, realtà di persone di questo mondo, fatti che non ci si stanca né di vedere né di udire. Per esaltare la bontà dei personaggi si scelgono soltanto le loro azioni meritevoli, e per attrarre la curiosità dei lettori s'ingigantiscono anche le disgrazie, si raccolgono e si descrivono episodi poco verosimili, che, a ogni modo, non sono affatto improbabili in questo mondo".

Da questo passo si comprende per quale motivo Cranston abbia scoperto nel Genji Monogatari una disputa sul vero e sul falso e le abbia dedicato un appassionato saggio. Nel Genji Monogatari sono infatti chiaramente enunciati alcuni problemi che suscitarono contese persino nel mondo letterario dell'antica Grecia. Nelle opere inglesi, francesi e tedesche dell'XI secolo non sono individuabili dispute teoretiche così nette. Ormai l'opinione radicale di James Murdoch, che giudicava il Genji Monogatari l'opera oziosa di una persona frivola e gaudente, è assolutamente antiquata. Il lettore che desiderasse scoprire un Genji tediato dovrebbe leggere il saggio critico sul Genji Monogatari del primo volume della Storia del Giappone di Murdoch. Sarà interessante confrontarlo con la feroce critica di Taira no Yasuyori che in Hobutsushu (La raccolta dei tesori) scrisse: "Murasaki Shikibu, per la colpa di avere creato il Genji Monogatari basandosi sulla menzogna, è precipitata nell'inferno".

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Capitolo VII



La letteratura borghese e cittadina


L'incanto della letteratura di Edo



Il termine stesso "letteratura borghese" denuncia la formazione di una società divisa in classi. Dai tempi antichi fino al Medioevo la letteratura fu un impegno cui si dedicavano oziosi letterati, protetti da nobili, abati e signori feudali, ma con il cambiamento della struttura sociale sorsero le città, e aumentò la popolazione impiegata nelle attività terziarie. La forza militare perse l'importanza avuta in passato, mentre si formò una letteratura che affascinava i cittadini comunicando loro un senso di identità. Alla base della vita di città v'era l'economia, fondata semplicemente sul danaro. Non vi è nulla di più fatale del danaro. A differenza della posizione di samurai e di nobile, ricevuta dai superiori, il danaro è qualcosa di molto banale, che si acquista commerciando. Tuttavia anche un uomo molto ricco può altrettanto rapidamente dilapidare le sue finanze e ridursi in povertà. La caratteristica della letteratura di quell'epoca è questo senso della vita quotidiana, penetrato profondamente negli animi. Anche in racconti terrificanti come La strana storia di Yotsuya (Yotsuya Kaidan) e La villa dei piatti di Bancho (Bancho Sarayashyky) non vi è soltanto il senso del terrore, bensì vi sono celati anche insegnamenti sulle ricompense e sulle punizioni del Karma. Un'altra grande caratteristica della letteratura dell'epoca è che la maggior parte delle opere letterarie è incentrata sul tema dell'amore e del sesso nella vita quotidiana e che tali opere riescono a essere apprezzate. È interessante confrontare le opere di Saikaku e di Chikamatsu con quelle inglesi della Restaurazione.

Risalta come la città e lo sviluppo della vita economica abbiano reso possibili l'amore libero e il sesso. Diversamente dalle passioni dei nobili dell'epoca Och0, gli amori sono descritti in modo invitante, come se l'autore suggerisse al lettore: "Perché non provi anche tu ad amare?", affascinandone l'animo. Iniziamo a cercare la sorgente di simili correnti d'idee letterarie. Secondo una divisione delle epoche basata sulla politica, il passaggio dal dominio dei Toyotomi a quello dei Tokugawa avvenne nel secondo mese del 1603, quando Tokugawa Ieyasu fu nominato "grande shogun vincitore dei barbari". Egli trasferì il governo a Edo, istituì il sistema dei turni di presenza per i signori feudali, iniziò la costruzione dei quartieri popolari di Edo e diede il via ripetutamente a nuove azioni politiche. I contadini, che all'epoca rappresentavano l'ottanta per cento della popolazione, erano soddisfatti della fine delle lunghe guerre. Nel quarto mese di quell'anno, le cronache riportano che Okuni, sacerdotessa di Izumo, si recò a Kyoto e iniziò a danzare il kabuki. Gli sconvolgimenti e le lotte che si erano continuamente avvicendati si erano gradualmente placati; con il sopraggiungere di un'era pacifica sorse la tendenza al divertimento. Nelle Note del monaco di Samukawa (1613) si leggono parole in lode del piacere: "In quest'epoca è tornata la pace: è dunque bene riporre la spada nella guaina, l'arco nella custodia, e seguire ognuno i propri gusti trascorrendo giorno e notte nei divertimenti".

Tale tendenza s'infiltrò in tutte le classi sociali dimoranti nelle nuove città, dai guerrieri ai contadini, dagli artigiani ai commercianti. Naturalmente era proprio nelle antiche città, Kyoto e Osaka, che si accumulavano ingenti patrimoni dovuti al commercio e aumentavano le occasioni d'intraprendere un'attività terziaria; ciò facilitò il successo degli antesignani della letteratura borghese.

Se si esaminano i luoghi in cui furono stampate le opere in prosa, che dai quaderni in kana (Kanazoshi) si erano trasformati nei quaderni del mondo fluttuante, si nota che i primi erano prevalentemente stampati a Kyoto, mentre i secondi a Osaka. A Edo era invece limitato il numero delle librerie e delle stamperie. Vi si pubblicavano libri già stampati in altre città. Hata Soha, Isoda Doji e gli altri autori dei quaderni in kana dimostrano che nessuno degli scrittori del tempo era originario di Edo. Erano tutti nati in regioni a Ovest come Mikawa, Ise e Tanba, e tutti avevano trascorso lunghi periodi a Kyoto. L'unica eccezione era Asai Ryoi, autore del Romanzo del mondo fluttuante (Ukiyo Monogatari), che era originario di Edo. Ma verso il 1667 s'era fatto monaco trasferendosi a Kyoto, e pr dieci anni aveva ricoperto la carica di anate del tempio di Nijohonjoji, appartenente al ramp Otani della setta Shinshu. Inutile dire che Kyoto era il teatro dei suoi romanzi. Così annota la fondazione del famoso quartiere dei piaceri di Shimabara:

"Un tempo i quartieri delle donne fatali erano Misujimachi a Rokujo; Nishi no Toin e Chudoji, in seguito, furono tutti radunati a Shimabara, a nord di Shichijo, all'incrocio tra la Suzaku e la strada che conduce al Tanba. È chiamata Shimabara perché ha solo un'entrata, in ricordo del castello di Shimabara in cui si era rifugiato Amakusa di Bizen con i suoi ribelli".

All'epoca dei romanzi dei quaderni del mondo fluttuante, emergono celebri autori come Ihara Saikaku e Ejima Kiseki. Non si conosce con certezza il luogo d'origine di Saikaku, ma è indubbio che fosse entro i confini della città di Osaka. Era a Osaka che egli dava alle stampe i suoi libri. Iseki era invece figlio del proprietario di un famoso negozio di dolci di farina di riso di Kyoto. In principio i suoi libri furono pubblicati dalla stamperia Hachimonji-ya di Kyoto. In seguito egli regalò al figlio una libreria chiamata Ejimaya. S'intuisce dunque quale fosse l'importanza di Kyoto e di Osaka nella vita letteraria all'inizio dell'epoca di Edo. Una delle caratteristiche comuni a tutte queste opere è, in una parola, il divertimento: per usare un'espressione moderna equivaleva al piacere di fruire di una sorta di centro di cultura. Erano opere divertenti, che inducevano a proseguire la lettura e non imponevano la ricerca sul vocabolario dei termini più ardui. A un più attento esame si nota che oltre il diletto di superficie, tali opere erano congegnate in modo da condurre il lettore alle verità della vita umana; ma il popolo si limitava a leggerle con piacevole interesse. È questa la caratteristica della letteratura cittadina, nonché l'esigenza principale di una pubblicazione a fini di lucro indirizzata a un pubblico indeterminato. È anche il genere di letteratura che nasce frequentemente in tempo di pace. Si noti che fenomeni simili avvenivano anche in Inghilterra. Nel 1603, l'anno in cui Tokugawa Ieyasu stabilì il suo governo, Giacomo I, il sovrano della dinastia Stuart succeduto a Elisabetta I, affrontava un periodo colmo di difficoltà. Carlo I, salito al trono nel 1625, peggiorò la situazione del paese e, dopo essere fuggito avventurosamente in Scozia, fu giustiziato nel 1649. Fu allora Oliver Cromwell a porre le basi della floridezza finanziaria dell'Inghilterra mediante il commercio con l'estero. Dopo la sua morte, nel 1660, salì al trono Carlo II, restaurando la monarchia. I quarant'anni di governo di quello spensierato sovrano furono un'epoca prospera per la letteratura borghese. Una delle opere più significative è Così va il mondo (1700) di William Congreve, in cui la bella e saggia protagonista, sebbene perseguitata e minacciata dalla ricca zia, riesce dopo vari stratagemmi a conquistare l'uomo fatuo ed elegante di cui è innamorata. La vicenda è complicata dal groviglio della vita amorosa di quell'uomo, ex amante della zia. Il fascino della commedia è la sagacia con cui la protagonista riesce a superare ogni ostacolo e ad accaparrarsi i sentimenti dell'amato.

È sufficiente tradurre i titoli delle opere di questa epoca per comprendere quanto successo avessero i soggetti amorosi. In Amore per amore (1695) e in Una sposa in lutto (1627), entrambe di Congreve, le vicende si sviluppano grazie alle passioni e ai contrasti che accompagnano ineluttabilmente gli amori, una struttura simile a quella delle opere di Saikaku. Genpei, il protagonista del quinto racconto delle Cinque donne amorose (1687) di Saikaku, assomiglia al Valentino di Amore per amore, che sebbene non sia omosessuale, è un giovane dedito ai piaceri. Coincidono anche gli epiloghi in cui i protagonisti riescono a trovare il denaro necessario a iniziare una vita matrimoniale. L'avere riprodotto le condizioni di vita della piccola borghesia, avida di sesso e di ricchezze, piacque ai lettori dell'epoca.

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Capitolo XI



Sesso e inconscio


Dai classici alla letteratura moderna



Il confronto tra l'uomo e la Divinità segna il primo passo della letteratura. Da quell'epoca l'essere umano mostra un grande interesse per il mistero della nascita e le previsioni sul mondo dell'oltretomba. Lo sviluppo della scienza ha concluso quel periodo, riconoscendo che esistono sfere insondabili dalla mente umana. E tuttavia gli scrittori hanno continuato a ricercare la natura segreta celata nel mistero del sesso, in una dimensione che valica i termini medici di fecondazione, gravidanza o ovulazione.

La realtà dell'unione sessuale tra l'uomo e la donna è stata variamente descritta fin dall'inizio della storia letteraria. Sopra tutto sono state diffusamente esplorate le pieghe del tessuto psicologico maschile e femminile. Dal XIX secolo in poi si è iniziato a descrivere realisticamente le parti sessuali e gli amplessi, o, al contrario, a rappresentarli simbolicamente. Freud e Jung hanno esplorato capillarmente gli effetti profondi esercitati dalla psiche e dalla fisiologia sulla sorgente dell'impulso sessuale. Ma questo eterno tema non è ancora esaurito e, celato profondamente nell'animo degli scrittori, li stimola a creare.

L'intimo atteggiamento verso il sesso di uno scrittore proietta una sottile ombra sulla sua opera letteraria. La propensione a indulgere in descrizioni chiare e precise delle parti sessuali non è che un iceberg in un vasto mare ignoto, cui molti critici hanno dedicato poliedrici esami. Ciò che vorrei farvi notare sono i latenti impulsi sessuali di cui gli autori non hanno coscienza. Molti scrittori moderni preferiscono esprimere tali impulsi in simboli destinati a rari, eletti lettori. Sebbene non inconsapevolmente, si manifesta in questo la curiosità dello scrittore per il mistero del sesso. Proviamo a riflettere su questo effetto.

Consideriamo anzi tutto l'Antico Testamento, e particolarmente l'inizio dell'ultimo capitolo dell'Ecclesiaste. In esso è allegoricamente descritta la decadenza fisica e sessuale della vecchiaia, la perdita dei denti, l'indebolimento della vista, la costipazione cronica, l'insonnia, l'affievolimento della voce, l'ottusità dell'udito, la canizie, l'appesantimento e la mancanza d'appetiti della "locusta", simbolo dell'organo sessuale. Si comprende da ciò quanto l'autore sia influenzato dalla disperazione per la perduta efficienza sessuale. Recentemente si va affermando la letteratura senile, di cui non rare sono le opere che colgono le note più profonde della tristezza. L'essere umano sperimenta nei vari gradini della vita numerose delusioni, ma soltanto giunti alla tarda età si comprende il profondo senso di vuoto suscitato dall'affievolirsi di ogni genere di appetito.

L'Ecclesiaste ci riporta a Yasunari Kawabata che, nel racconto intitolato Il braccio, cita un'espressione tolta dall'Antico Testamenlo: "Si rompono i fili d'argento, si frantumano i piatti d'oro". In questo strano racconto in cui non appare alcun nome proprio, il protagonista, uno scapolo trentenne, prende in prestito il braccio di una bella vergine, e torna con esso al suo appartamento. Naturalmente il braccio simbolizza la vergine. Mentre egli trascorre la prima notte ricorda una fanciulla che un giorno gli aveva concesso il suo corpo. Kawabata descrive con straordinaria vividezza il puro e incantevole aspetto della fanciulla. È un passaggio famoso, in cui l'autore coglie esattamente la bellezza di quelle linee curve destinate a una breve esistenza, e le rappresenta in modo pittorico. Kawabata segue il contorno di queste linee sul seno, poi, per associazione d'idee, la sua attenzione si sposta alle gambe, al modo d'incedere; il lettore alla cui mente è affiorata l'immagine delle linee di quelle affascinanti gambe, riesce persino a percepire la sensazione del bacio evocato nella scena seguente. Quella pura bellezza dilegua durante l'amplesso. Nell'espressione biblica cui ricorre Kawabata si addensa forse la sua terribile perspicacia senile? Al lirismo descrittivo con il quale è rappresentato l'abbandono della fanciulla all'amante, succede immediatamente un'atmosfera sinistra che preannuncia lo squallore della vecchiaia cui anche la giovane è destinata. Anche nelle opere giovanili di Yasunari vi era una terribile consapevolezza della vacuità dell'amore.

Gli studi sull'inconscia presenza del sesso nella mente degli scrittori non sono affatto progrediti. È facile che i giapponesi leggano i classici occidentali e gli occidentali quelli giapponesi senza alcuna attenzione all'animo dell'autore, impressionati soltanto dalla severità delle opere. Quando una studentessa mi confida che la sua lettura preferita è l' Amleto, mi domando se si stia prendendo gioco di me o se invece sia abituata a leggerlo superficialmente, senza soffermarsi a riflettere. Shakespeare infatti abbonda di allusioni al sesso. A esempio, nella seconda scena del terzo atto Amleto, nel suo dialogo con Ofelia, accenna piuttosto chiaramente all'unione sessuale. Più si risale nel tempo e più le allusioni al sesso divengono esplicite. Si pensi all'origine della parola "onanismo", risalente a un episodio della Bibbia.

Nel Kojiki, così Izanagi no Mikoto propone un amplesso a Izanami no Mikoto:

"Nel mio corpo v'è qualcosa che eccede. Intendo inserire questa mia eccedenza nel luogo in cui il tuo corpo mostra una mancanza e generare insieme a te".

Espressioni simili sarebbero impensabili in un autore moderno, che istintivamente tenderebbe a mitigare le rappresentazioni crudemente sessuali. Ma così facendo imprimerebbe ancor più profondamente il concetto del sesso nel suo inconscio. Molti scrittori conoscono l'arte di sfumare le allusioni al sesso, sopra tutto se vivono in periodi di severa censura o di rigore religioso.

Vi è un racconto di Mishima intitolato L'amore del monaco del tempio di Shiga. Un anziano e virtuoso abate intravede sulla riva di un lago la concubina imperiale Kyogoku. Egli, che era solito considerare con pena gli uomini dediti alla passione amorosa, s'infiamma subitamente d'amore per l'affascinante dama. Egli che non ha mai rinunciato al voto di castità, prega fervidamente davanti all'immagine di Buddha tentando di estirpare quegli ingannevoli sentimenti. Ma ogni sua fatica è vana. Infine l'anziano abate si arrende, si reca alla capitale e la sua pietosa figura sosta silenziosa in un angolo del giardino della concubina imperiale. Ella viene a conoscenza dell'amore del vecchio ed è commossa dal coraggio di rinunciare alla felicità nella vita futura pur di appagare quella passione. Inoltre ella sogna che concedendosi all'abate potrà un giorno dominare il mondo.

"Neppure una dama d'alto lignaggio può aspirare al potere se non è amata. Mentre gli uomini si dedicano alla lotta politica ella sogna di conquistare il mondo con metodi squisitamente femminili. E deride chi si rasa la testa e si fa monaca. Come può una donna pensare di rinunciare al mondo? Non si rinuncia a quanto non si possiede. Solo l'uomo ha ciò a cui rinunciare".

Nelle opere di Mishima sovente le relazioni tra uomo e donna si concludono con la rovina dell'uomo. E in ciò s'intuiscono i sentimenti inconsci di Mishima verso il sesso. Per lui l'amore fra una donna e un uomo non riesce a mantenere un equilibrio stabile. L'armonia amorosa descritta nelle opere di D. H. Lawrence è impensabile. Nell'animo di Mishima è radicato il convincimento che l'amore sia un semplice camuffamento. La verità dell'amore è inevitabilmente la conquista dell'uomo da parte della donna o viceversa.

Nelle opere di Fumiko Enchi, sia in Ake wo ubau mono, in Ali ferite e in L'arcobaleno e gli Shura, le donne oggetto del sadismo maschile riescono segretamente a prevalere sull'uomo. La morale del Giappone feudale, basata sul confucianesimo, considerava la donna un essere di second'ordine. Il governo dell'era Meiji, così moderno e razionale nell'economia e nella politica commerciale, era ancor più antiquato dell'epoca Tokugawa per ciò che concerneva la politica, l'educazione e le riforme sociali. È un errore degli intellettuali considerare quell'epoca come il trionfo della cultura. Non fu affatto un periodo luminoso per la storia del pensiero. E Fumiko Enchi, ricca di una spiccata personalità, lo provò sulla propria pelle.

Le donne dell'era Meiji e dell'era Taisho non ebbero mai l'occasione di assaporare come gli uomini la gioia spirituale del sesso. Forse ne provarono i godimenti fisici, ma nessun fremito dell'animo, e la collera di essere state a lungo l'oggetto del sadismo maschile allignerà cupamente nei loro animi, trasformandosi inconsciamente in autoderisione o in una sorda resistenza nelle menti delle più intellettuali.

Nella letteratura occidentale non si riscontrano romanzi pervasi da una tale inconscia cupezza. Il successo presso i critici di Onnazaka, il romanzo di Fumiko Enchi pubblicato anche in lingua inglese, non è dovuto — credo — soltanto all'esotismo dell'istituzione del concubinaggio nella vecchia società giapponese.

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