Copertina
Autore Ernesto Tatafiore
Titolo I maestri di Terrae Motus
EdizioneColonnese, Napoli, 2009 , pag. 192, bilingue, ill., cop.ril., dim. 25x32,7x2,3 cm , Isbn 978-88-87501-89-6
CuratoreMario Franco
LettoreFlo Bertelli, 2010
Classe arte
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


  9 Presentazioni
    Antonio Bassolino
    Paola Raffaella David
    Ferdinando Creta

 19 La rosa è senza perché
    The rose is without why
    Mario Franco

 24 Chiarore dell'arte e chiarezza reale
    The tight of art and crystal clarity
    Achille Bonito Oliva

 29 Il silenzio della pittura e il rumore della scultura
    The silence of painting and the noise of sculpture
    Michele Bonuomo

 32 Ernesto, il (o la) tata e il fiore
    Ernesto, the "tata" and the flower
    Fabrizia Ramondino

 37 Lavori

 93 Studi

133 Sculture


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 19

La rosa è senza perché

Mario Franco


Due sono le frasi che ci guidano in questo nuovo ciclo di lavori di Ernesto Tatafiore. La prima, c'est ici que l'on prend le bateau, che dà anche titolo alla mostra, è un verso di Ungaretti dedicato ad Apollinaire ed alla sua morte, che coincise con la fine della guerra, 1918.

La seconda si deve al poeta mistico tedesco del Seicento, Angelus Silesius (Johannes Scheffler): «La rosa è senza perché: fiorisce perché fiorisce / non bada a se stessa, né si cura d'esser vista». Il distico divenne famoso da quando fu riutilizzato da Martin Heidegger nel suo corso del 1955-56 su Il principio di ragione. Heidegger si interrogava sull'essenza del fondamento a partire da Leibniz, per il quale «niente è senza perché». Ma l'essere, come la rosa, è senza perché. È un puro sbocciare, gratuito e infondato.

Le due frasi citate da Tatafiore si completano vicendevolmente. Se il luogo dell'attracco è privo di ragione, di causa o di scopo, questo significa che abbiamo perso l'arroganza di un sapere incontrovertibile. Sappiamo che il piano dell'incertezza, della provvisorietà, della relatività può anche esser considerato una conquista. L'arte può vivere liberata dall'idea che si possa intrappolare l'enigma del mondo in una forma univoca. Dipingere diventa evocazione, ricordo: al fine, la pittura torna al racconto di storie umane.

Un altro quadro di Tatafiore chiarisce ulteriormente le ragioni profonde di questa mostra. Si tratta di Radio Mozart: il ritratto a mezzo busto del musicista salisburghese, un'icona abituale nel repertorio dell'artista, si complica con l'introduzione di una vecchia radio, di quelle in legno o in bachelite, che porta la divisione in "onde medie" e in "onde corte". Le "stazioni" di questa radio portano nomi di personaggi e luoghi. Nelle "onde medie" troviamo Amburgo e Budapest, Venezia e Oslo, Antibes e Madrid, Robespierre, Ulisse, Masaniello, Basilea, Lenin, Capri, Mao... Nelle "onde corte" Berlino e Rio, Circe e Niteroi, Marat e New York, Bacoli e Picasso, Brancusi e Stoccolma, Salerno e Lione... Abbiamo citato solo alcune "stazioni". Sono di più, e ognuna segna il percorso artistico-esistenziale di Tatafiore, che ad ogni nuovo incontro, ad ogni nuova "sosta", tesaurizza e arricchisce il suo vocabolario artistico in una densità di trame e d'implicazioni, di fisionomie e di figure allegoriche, che contrastano con l'apparente semplicità delle sue opere.

Le sue tele ci guardano in una fissità incantata, dipinte con grazia e malinconia. La malinconia deve esser letta in senso benjaminiano: una chiave per interpretare alcune fondamentali aporie dell'arte (e della coscienza) moderna. Benjamin, infatti, ne parla come della tensione a raggiungere, nell'esperienza artistica, l'unificazione effettiva di linguaggio e significato. Per questo scacco del simbolico la malinconia diviene, nell'indagine di Benjamin, il sentimento fondamentale del soggetto moderno.

Boccioni come Mozart, Nuvolari come Robespierre, il mistico Silesius come il rivoluzionario Lenin. L'ormai collaudata consuetudine di ricorrere a prestiti e citazioni di varia origine e natura è rivelatrice del percorso di Tatafiore. Nei suoi quadri l'artista ama moltiplicare collages, allusioni e illusioni attraverso l'inserimento di frasi, nomi, foto... Ma la citazione è sempre ambigua, perde la specificità del contesto e acquista la complessità delle corrispondenze: crea un universo mitologico personale. La citazione, in sé, è un po' la spia di chi la pratica, uno scorcio sui suoi interessi, sulle sue letture, sul suo intimo. Nello stesso modo, i suoi eroi, liberati dal racconto logico-conseguenziale del romanzo storico, ricordano le modalità associative del sogno o il flusso continuo e non organizzabile della vita. L'unità perduta sul piano narrativo si recupera a livello strutturale.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 24

Chiarore dell'arte e chiarezza reale

Achille Bonito Oliva


Essenzialmente incomprensibile oppure difficile da capire, inaccessibile o impenetrabile l'arte lo è spesso, non soltanto perché razionalmente irricostruibile e irriducibile a concetti discorsivi, bensì anche perche l'unica via percorribile verso la sua ricezione, il viverla e l'acquisirla, è un atto, irrazionalmente creatore, di rifacimento, cioè un acutizzarsi dei conflitti e delle crisi interne, che nell'opera d'arte sono state appianate e devono di nuovo venir composte. E' una descrizione semplicemente immaginifica, impropria e inesatta della creazione artistica il dirla amica della realtà e rispecchiamento fedele della realtà. Ogni arte significativa, per quanto realistica, è contemporaneamente un affronto fatto alle cose, un attacco alla realtà, un contraddire la validità del suo concetto corrente e pertanto sconcerta e impaurisce.

Nell'ambito della transavanguardia italiana Ernesto Tatafiore rappresenta l'innesto di un sentimento illuminista dell'arte, una linea che trova il suo retroterra culturale nell'ambito della cultura napoletana. L'immagine dell'artista napoletano è il portato di un corto circuito tra spaesamento, procedimento tipico dell'arte contemporanea, e chiarezza concettuale, derivazione propria dell'illuminismo partenopeo. Tatafiore costruisce l'immagine come una costellazione aperta e nello stesso tempo interrotta da molti flussi fantastici.

La chiarezza concettuale è evidenziata dall'impiego costante di una pittura disegnata, da forme piatte e conchiuse che restituiscono a tutto tondo i riferimenti alla realtà esterna: la figura mitica di Masaniello, quella del Vesuvio, d'innumerevoli tracce di un territorio antropologico che è quello della cultura mediterranea e in particolare napoletana con affondi verso altre referenze che vagano da Voltaire a Mozart, un universo di limpidezza e di luminosa creatività. Tale chiarezza naturalmente fa corto circuito con altri fattori derivanti dalla turbolenza culturale della pittura moderna che mette in contatto fra loro elementi estranei, flussi improvvisi della fantasia e oggetti estranei. In tal modo Tatafiore inverte il senso lineare delle cose, le relazioni tradizionali tra loro, provocando un attacco al senso comune.

In tal modo la superficie del quadro o del foglio diventa il luogo di una collisione preparata concettualmente e successivamente verificata attraverso una sensibile manualità che ne stabilizza le interne tensioni. L'uso del disegno rinvia a una tradizione della pittura che corre da quella rinascimentale fiorentina a quella francese, con l'adozione ulteriore di una turbolenza tipicamente tedesca. L'eclettismo stilistico e il nomadismo culturale, caratteri tipici della transavanguardia, trovano conferma attraverso un'opera che non s'abbandona né a un facile edonismo e nemmeno a una severa concettualità.

L'opera di Tatafiore è tipicamente concettosa, proprio nell'accezione manierista che attraverso il garbo dell'immagine mette in scena l'universo melanconico dell'artista venato sempre dal senso accrescitivo del dubbio mentale e da un'attenzione esistenziale. Pittura da camera quella di Tatafiore, sul filo di un'intenzionale leggerezza che vuole attraversare il sentimento e stabilizzare la precarietà di un senso mobile nella coscienza dello spettatore.

Se tradizionalmente con l'alterazione del senso corrente l'arte sconcerta e impaurisce, quella di Tatafiore cerca di esorcizzare facili e apocalittici fantasmi, che producono soltanto un salto emotivo, per produrre un varco nella conoscenza.

| << |  <  |