Copertina
Autore Tirso de Molina
CoautoreMolière, Da Ponte, Horváth
Titolo Don Giovanni
SottotitoloVariazioni sul mito
EdizioneMarsilio, Venezia, 2005, Grandi classici tascabili , pag. 340, cop.fle., dim. 125x190x21 mm , Isbn 978-88-317-8444-3
OriginaleEl burlador de Sevilla [1630], Dom Juan [1665], Don Giovanni [1787], Don Juan kommt aus dem Krieg [1936]
CuratoreUmberto Curi
TraduttoreG. Marone, D. Gambelli, D. Fo, T. Scamardi
LettoreGiovanna Bacci, 2005
Classe classici spagnoli
PrimaPagina


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Indice


  7 Introduzione
    di Umberto Curi

 51 Tirso de Molina
    IL SEDUTTORE DI SIVIGLIA E CONVITATO DI PIETRA

127 Molière
    DON GIOVANNI O IL CONVITATO DI PIETRA

193 Lorenzo Da Ponte
    IL DISSOLUTO PUNITO OSSIA IL DON GIOVANNI

271 Ödön von Horváth
    DON GIOVANNI RITORNA DALLA GUERRA

329 Gli autori e i testi



 

 

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Pagina 7

INTRODUZIONE



1. Non vi è dubbio che la vicenda della quale è protagonista la figura di Don Giovanni rappresenti il più importante, influente, ricorrente mito di tutta la modernità. Ne è prova, anzitutto, il numero davvero sbalorditivo di testi comparsi fra il 1630, quando viene pubblicato l'archetipo di questo ricchissimo filone di scritti, vale a dire El burlador de Sevilla (L'ingannatore di Siviglia) di Tirso de Molina, e gli anni novanta del secolo scorso, durante i quali la vicenda è ancora frequentemente riproposta, non soltanto attraverso un considerevole numero di scritti, ma anche mediante alcune significative opere cinematografiche.

Ma, per quanto straordinaria, la «quantità» dei lavori comparsi ininterrottamente nell'arco di oltre tre secoli è perfino meno significativa della grande varietà di forme attraverso le quali quel mito è stato raccontato o analizzato. Agli inizi, a metà del Seicento, una miriade di tragedie e commedie, spettacoli fieristici, teatro delle marionette, scenari della Commedia dell'arte; poi, ben presto, già sul finire del secolo, col passaggio dal «parlato» al «cantato», melodrammi e opere buffe, drammi giocosi e commedie per musica. Successivamente, dai primi decenni dell'Ottocento, dopo la «svolta» del racconto-saggio di E.T.A. Hoffmann, la proliferazione dei «generi» si accentua, arricchendosi con opere in prosa, poemi, romanzi, balletti, poemi sinfonici. Infine, già agli albori del Novecento, la «scoperta» del cinema, con più di una ventina di opere nelle quali il Tenorio compare come protagonista o comprimario. Nel complesso, non è azzardato affermare che non vi è genere letterario o forma espressiva – incluse le arti figurative – ai quali resti estranea la figura di Don Giovanni.

A tutto ciò si aggiunga, inoltre, che la fama davvero straordinaria di questo personaggio, fin dai suoi esordi, aveva abbattuto ogni barriera sociale e ogni confine linguistico. Basti pensare che, quando viene eseguita la prima rappresentazione del melodramma di Mozart-Da Ponte, del sulfureo «ingannatore» originariamente messo in scena da Tirso de Molina si parlava da più di un secolo e mezzo, e se ne parlava dappertutto: «nelle sale reali, nei palazzi patrizi, nelle gelide aule degli istituti religiosi, nei chiassosi teatri popolari, nelle piazze, nelle fiere. E in lingue diverse: italiano, spagnolo, francese, inglese e, inoltre, anche nei più vivaci dialetti della penisola, dal veneziano al napoletano». Insomma, se può risultare difficile individuare, nel ricco repertorio mitologico greco-latino, un eroe che si stagli nettamente, rispetto a una folla di altri personaggi maschili e femminili, Don Giovanni resta il protagonista incontrastato sulla scena dell'età moderna.

D'altra parte, in una così ricca e variegata tradizione letteraria e artistica, non sono pochi gli aspetti che appaiono quasi inspiegabili, o che se non altro suscitano interrogativi ai quali non è facile fornire risposte definitive. Il primo e più importante riguarda l'individuazione dei motivi reali che sono alla base di un successo così strepitoso, e di una fama tuttora lontana dal potersi dichiarare consumata. Difatti, è difficile comprendere come mai il mito di Don Giovanni abbia potuto riscuotere un consenso così unanime e universalmente diffuso, e come esso abbia potuto affermarsi nel cuore di un'età moderna tutta percorsa da fermenti razionalistici e apparentemente refrattaria a dar credito a «storie» scarsamente verosimili. Né sembra agevole capire come questo mito riesca ancora a coinvolgere emotivamente e intellettualmente in un'epoca, quale è quella attuale, pienamente laicizzata dal punto di vista culturale, e certamente non incline ad accogliere quello che potrebbe sembrare un personaggio lontano dalla sensibilità e dallo «stile» dominanti nel nostro tempo.

[...]

Come emerge in maniera perfino sorprendente dalla lettura dei testi riportati in questo libro, l'interpretazione convenzionale di Don Giovanni nei termini del grande tombeur de femmes appare non solo complessivamente inattendibile, ma risulta essere perfino fuorviante. Basti pensare, fra le molte, a una fra le più macroscopiche incongruenze implicite nelle letture tradizionali. Vale a dire l'impossibilità di spiegare come mai a colui che si è reso responsabile della colpa di aver sedotto alcune donne, sia inflitta una pena così atroce quale è quella di essere inghiottito vivo all'inferno. Come si spieghi, dunque, che nel contesto di una vicenda tutta improntata alla legge del contrappasso («chi fa questo, paghi questo», si legge nel Burlador), di una rigida corrispondenza fra colpa e pena, il responsabile di «burle» (come le definisce, ad esempio, lo stesso Tirso) ai danni di fanciulle possa essere «proporzionalmente» stigmatizzato addirittura con la pena capitale, inflitta nel modo fra tutti più orribile.

Sulla base di questo, e di numerosi altri indizi, seguendo l'evoluzione (tutt'altro che lineare, e comunque non descrivibile in termini cumulativo-progressivi) della vicenda ispirata alla figura del Tenorio, è possibile scoprire che la grandezza, la fama, il successo del mito non derivano affatto dalla presentazione di una banale e fatua storiellina, avente quale protagonista un maniaco del sesso. Al contrario, si potrà verificare come in quella vicenda si rifrangono alcune fra le questioni filosofiche e teologiche più controverse dell'età moderna: il rapporto fra tempo ed eternità; il problema della Grazia e dell'insufficienza della sola fede, priva delle «opere», per la salvezza dell'anima; la concezione dell'amore come impresa intensivamente bellica, e dunque come attività di conquista, adeguatamente descrivibile mediante un lessico militare; lo sfuggente e reversibile confine fra identità e alterità, adombrato sia nel complesso rapporto fra Don Giovanni e il suo servo, sia nel sistematico ricorso all'inganno e ai travestimenti; l'atteggiamento di fronte alla morte – e al morto, inteso come «morto che ritorna», per imporre la giustizia divina; la relazione fra i legami di cui dice la religio, e la laica affermazione della ragione.

[...]

4. Sostenendo che l'amore altro non è che «la continuazione della guerra con altri mezzi», e che il fondamento reale, non metafisico, della pulsione amorosa è la volontà dell'asservimento, la sete di conquista, il gusto del combattimento, l'ambizione della vittoria, il Dom Juan segna una svolta radicale nello sviluppo della riflessione filosofica successiva al Simposio di Platone, ribaltando i presupposti stessi sui quali era stata tradizionalmente impostata l'indagine. Da un lato, infatti, l'amore perde la connotazione platonica di tensione alla ricomposizione della pienezza originaria dell'essere; dall'altro, esso non compare più come tramite per ricondurre l'uomo a quel Dio, che dell'amore è al tempo stesso fonte originaria e telos conclusivo. Non l' eros, né tanto meno l' agape, ma il polemos è la sostanza ultima che spinge l'uomo a stabilire un rapporto, il cui scopo essenziale non è il godimento ma la vittoria, non il piacere del possesso ma il compiacimento della sopraffazione.

Anziché limitarsi a ribadire il proprio ateismo, o ripetere senza originalità i luoghi comuni «materialistici» degli «spiriti forti» dell'epoca, nella polemica contro ogni forma di superstizione, e nella denuncia dell'intolleranza insita nella religione, Don Giovanni conduce alle sue conseguenze più estreme, e più rigorose, il processo di immanentizzazione soggiacente al programma libertino, affrancando l'amore da ogni funzione ontologica e da qualsivoglia implicazione teologica, e mostrando come esso scaturisca da quel medesimo sostrato materiale di istinti e bisogni, di desideri e impulsi, che sono alla base di una modalità di rapporto fra gli uomini altrettanto primitiva – e altrettanto insopprimibile – dell'amore, quale è appunto la guerra.

[...]

Questa sorta di Erotica more geometrico demonstrata, che consente di parlare dell'amore con la stessa fredda precisione con la quale Galilei descrive la caduta dei gravi, Newton le orbite dei pianeti, Hobbes la genesi contrattualistica dello Stato, Machiavelli l'«arte della guerra», Quesnay e Smith le relazioni fra gli agenti della produzione, segnala le modalità peculiari con le quali Molière partecipa al movimento del libertinage érudit, mediante una «rivoluzione copernicana» che sottrae l' homo amans alla subalternità rispetto a qualsiasi trascendenza, e ne fa invece il protagonista attivo di un'«impresa» concepita e realizzata sul piano della più rigorosa immanenza. L'economia politica è figlia di questa temperie culturale, di questo approccio filosofico, in quanto condivide l'assunto dell'intrinseca «bontà» degli appetiti umani, del carattere comunque positivo degli impulsi soggiacenti all'«individualismo proprietario».

Perché questo accada, affinché l'amore possa essere integralmente laicizzato, e più ancora ricondotto al livello di fenomeni analizzabili iuxta propria principia, e la figura del dissoluto punito, o del sacrilego beffatore, possa più appropriatamente essere identificata con quella di Alessandro Magno, è necessario smascherare l'ingannevole verità del sapere tradizionale, sbarazzarsi di ogni superstiziosa credenza, relativa ad entità soprannaturali, recidere ogni residuo legame religioso. Riconoscendo, appunto, che l'unica certezza è che «due più due fa quattro, e quattro più quattro fa otto».

[...]

Umberto Curi

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Pagina 51

Tirso de Molina
IL SEDUTTORE DI SIVIGLIA
E CONVITATO DI PIETRA
Commedia in tre giornate



PRIMA GIORNATA



Scena I
Escono DON JUAN TENORIO e la DUCHESSA ISABELLA


ISABELLA Duca Ottavio, di qua potrai uscire più sicuro.

DON JUAN Duchessa, vi giuro di nuovo di mantenere la parola.

ISABELLA Saranno vere le mie glorie, promesse ed offerte, i diletti e le cortesie, le benevolenze e gli affetti?

DON JUAN Sì, mio bene.

ISABELLA Vado a prendere un lume.

DON JUAN Ma perché?

ISABELLA Perché l'anima si accerti del bene che sono giunta a godere.

DON JUAN Io ti spegnerò il lume.

ISABELLA Ahi, cielo! Chi sei, allora?

DON JUAN Chi sono? Un uomo senza nome.

ISABELLA Non sei, dunque, il Duca?

DON JUAN No.

ISABELLA O voi, gente del palazzo!

DON JUAN Taci: Duchessa, dammi la mano.

ISABELLA Non mi toccare, villano. Soldati del re, gente!

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Pagina 65

Scena XII
TISBEA solleva in grembo DON JUAN


TISBEA Eccelso giovane, leggiadro, nobile ed elegante. Riprendete i sensi, signore.

DON JUAN Dove sono?

TISBEA Potete vedere: nelle braccia d'una donna.

DON JUAN Rivivo in voi, se nel mare ero morto. Ho perso tutto il timore di potermi annegare ora che dall'inferno del mare sono emerso nel nostro chiaro cielo.

Un uragano spaventoso ha travolto la mia nave per gettarmi ai vostri piedi che mi sono porto e riparo. Rinasco nella vostra divina aurora e non bisogna stupirsene, perché, come vedi, tra mare e amare c'è una sola lettera di più.

TISBEA Grande respiro avete se poco anzi eravate senza fiato, e dopo tanto tormento ora manifestate tanta contentezza. Ma se il mare vi ha tormentato cavalcando le sue onde crudeli, penso che ora vi induca a parlare la forza delle sue briglie. Non c'è dubbio che avete assorbito dal mare le parole che mi avete detto, ché per venire dall'acqua salata hanno tanto sapore.

Anche tacendo, molto parlate e all'apparenza sentite molto anche quando sembrate morto. Voglia Dio che non mentiate! Sembrate cavallo greco che ai miei piedi il mare abbandona, giacché sembrate pieno d'acqua, mentre siete gonfio di fuoco. E se inzuppato bruciate, che farete quando sarete asciutto? Promettete molto fuoco, voglia il cielo non mentiate!

DON JUAN Fosse piaciuto a Dio, o fanciulla, annegarmi nelle acque per morire almeno in senno e non già impazzire con te: perché il mare avrebbe potuto annegarmi nelle sue onde di argento che i suoi confini dilatano, ma giammai bruciarmi. Poiché il sole ve lo permette, il meglio del sole mostrate, e, sembrando tutta di neve, bruciate col solo apparire.

TISBEA Per quanto siate gelato avete in voi tanto fuoco che nel mio vi bruciate. Voglia Dio che non mentiate.

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Pagina 71

Scena XV
Appaiono DON JUAN TENORIO e CATALINÓN


DON JUAN Prenota codeste due cavalle, giacché sono convenienti.

CATALINÓN Sono uomo dabbene, anche se sono Catalinone. E non si è mai detto di me: «Catalinone è quell'uomo», perché sai come questo nome mi si addica al rovescio.

DON JUAN Mentre i pescatori sono in festa, tu prepara le cavalle, perché io affido la riuscita dell'inganno solo ai loro zoccoli che volano.

CATALINÓN Vuoi dunque goderti Tisbea?

DON JUAN Se il mio antico costume è quello d'ingannare, perché domandi?

CATALINÓN So che sei il flagello delle donne.

DON JUAN Muoio dalla voglia di Tisbea che è una stupenda ragazza.

CATALINÓN Ripaghi bene la sua ospitalità.

DON JUAN Sciocco, non fece lo stesso Enea con la Regina di Cartagine?

CATALINÓN Voi che ingannate e tradite di tal guisa le donne, lo pagherete con la morte.

DON JUAN Mi concedi un termine lungo! A buon diritto ti chiamano Catalinón.

CATALINÓN Segui pure il tuo istinto, perché voglio essere Catalinone nell'ingannare le donne. Ecco la sventurata che viene.

DON JUAN Vattene, e prepara le cavalle.

CATALINÓN Infelice donna! Troppo bene ti paghiamo l'accoglienza.


Scena XVI
Se ne va CATALINÓN e appare TISBEA


TISBEA Mi sento fuori di me quando non sono con te.

DON JUAN Sai fingere tanto bene che non credo alle tue parole.

TISBEA Perché?

DON JUAN Perché se mi amassi, verresti incontro ai miei desideri.

TISBEA Sono tua.

DON JUAN E allora che aspetti e perché ti freni?

TISBEA Penso che è stato castigo d'amore essermi imbattuta in te.

DON JUAN Mio bene, se vivo per te, assumo qualunque impegno. Anche se dovessi perdere la vita per servirti, la riterrei perduta degnamente, e ti prometto di essere tuo sposo.

TISBEA Sono inferiore a te.

DON JUAN L'amore è un re che agguaglia nella sua legge la seta e la rozza lana...

TISBEA Vorrei quasi crederti, ma voi uomini siete tutti traditori.

DON JUAN È possibile che tu non capisca, o mio bene, questi miei modi amorosi? Oggi coi tuoi capelli tu leghi l'anima mia.

TISBEA Mi abbandono a te in pegno della tua parola e della tua mano di sposo.

DON JUAN Vi giuro, occhi belli, che col solo sguardo mi uccidete, di essere vostro sposo.

TISBEA Ricorda, mio bene, che c'è Dio e c'è la morte.

DON JUAN Quanto tempo mi concedete! Mentre Dio mi darà vita io sarò il vostro schiavo. Questa è la mia mano e la mia fede.

TISBEA Non sarò schiva nel corrisponderti.

DON JUAN Non riesco più a contenermi.

TISBEA Vieni, e la mia capanna sarà il talamo del nostro ardore. Nasconditi fra queste canne fino al momento opportuno.

DON JUAN Per dove debbo entrare.

TISBEA Vieni e te lo dirò.

DON JUAN Amor mio, tu mi porti in gloria l'anima.

TISBEA Questo stesso tuo amore ti impegni, se no Dio ti castighi.

DON JUAN Quanto tempo mi concedete!

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Pagina 127

Molière
DON GIOVANNI
O IL CONVITATO DI PIETRA
Commedia



ATTO I



Scena prima
Sganarello, Gusmano


SGANARELLO (con una tabacchiera in mano) Checché dica Aristotele e tutta la Filosofia, non c'è niente come il tabacco: è la passione di tutta la gente per bene, e chi vive senza tabacco non è degno di vivere. Non soltanto diletta e depura il cervello umano, ma fa di più: educa gli animi alla virtù, e con lui si imparano il buon gusto e le buone maniere. Non vedete come chi ne fa uso diventa subito gentile con tutti, appena ne prende un po', e come ne offre con entusiasmo a destra e a sinistra, dovunque si trovi? Precorre il desiderio altrui, senza nemmeno aspettare che glielo chiedano: prova che il tabacco ispira pensieri d'onore e di virtù a chiunque lo prenda. Ma basta con quest'argomento. Riprendiamo un po' il nostro discorso. Così, dunque, caro Gusmano, Donna Elvira, la tua padrona, sorpresa per la nostra partenza, si è messa in viaggio per seguirci e il suo cuore, che il mio padrone ha saputo far palpitare fin troppo, non avrebbe retto, dici, se non fosse venuta a cercarlo fin qui. Vuoi che ti dica, tra noi, quel che ne penso? Temo che il suo amore sia mal ripagato, che il viaggio in questa città produca scarsi frutti, e che per quel che ci guadagnerete, tanto valeva non muovervi di là.

GUSMANO Ma per quale motivo? Dimmi, ti prego, Sganarello, chi può ispirarti una previsione di così cattivo augurio? È stato forse il tuo padrone ad aprirti il suo cuore, a confidarti una qualche freddezza nei nostri confronti che l'avrebbe spinto a partire?

SGANARELLO Questo no; ma a occhio e croce riconosco l'andazzo; e senza che m'abbia detto niente, sarei pronto a scommettere che la faccenda sta prendendo la piega che penso. Certo, potrei sbagliarmi, ma in fin dei conti ne ho viste tante, di storie del genere, e qualcosa mi avrà pur insegnato l'esperienza.

GUSMANO Cosa? Quella partenza così poco prevista sarebbe un'infedeltà di Don Giovanni? E sarebbe capace di recare una tale ingiuria al casto ardore di Donna Elvira?

SGANARELLO No, il fatto è che è ancora giovane e che non ha il coraggio...

GUSMANO Un uomo del suo rango farebbe un'azione tanto vile?

SGANARELLO Eh, sì, il suo rango! Bella ragione! Sai quanto conta per lui e quanto serve a mettergli un freno!

GUSMANO Ma si è impegnato con il sacro vincolo del matrimonio.

SGANARELLO Eh, mio povero Gusmano, credimi, amico mio, tu non sai ancora, che uomo sia Don Giovanni.

GUSMANO Non so davvero che uomo possa essere, vista la sua perfidia nei nostri riguardi; e non capisco affatto come dopo tanto amore, dopo aver manifestato tanta impazienza, dopo tanti omaggi insistenti, dopo tanto bramare, sospirare e piangere, dopo tante lettere appassionate e dichiarazioni ardenti, dopo tanti giuramenti reiterati e tanti slanci, e insomma, dopo essersi mostrato completamente travolto dalla passione, fino a forzare l'ostacolo consacrato di un convento, per poter avere Donna Elvira nelle sue mani, non capisco, ripeto, come dopo tutto ciò potrebbe avere il coraggio di venir meno alla sua parola.

SGANARELLO Io invece non mi devo sforzare per capirlo, e se tu sapessi che razza di santarellino è, non ti meraviglieresti più di niente. Non sto dicendo che í suoi sentimenti per Donna Elvira siano cambiati, non ne ho ancora la certezza. Sai che per ordine suo sono partito prima di lui e finora da quando è arrivato non mi ha fatto nessuna confidenza. Ma, tanto per precauzione ti informo, inter nos, che tu vedi in Don Giovanni, il mio padrone, il più grande scellerato che la terra abbia mai generato, un forsennato, un cane, un diavolo, un Turco, un eretico, uno che non crede né al Cielo, né all'Inferno, né al lupo mannaro, uno che passa tutta la vita come una bestia selvatica, un porco d'Epicuro, un vero Sardanapalo, che è sordo a tutte le prediche da qualsiasi parte provengano, e che considera frottole e quisquilie tutto quello in cui crediamo noi. Mi hai detto che ha sposato la tua padrona; credi pure che avrebbe fatto anche di più per soddisfare la sua passione, e che insieme a lei avrebbe sposato anche te, il suo cane e il suo gatto. Per quel che gli costa sposarsi! Anzi, è proprio questa la trappola che usa per acchiappare le donne, e un matrimonio non lo rifiuta mai a nessuna. Signore, signorine, cittadine o contadine, per lui niente è troppo caldo o troppo freddo; e se ti dicessi il nome di tutte quelle con cui si è maritato nei vari luoghi, sarebbe una lista lunga fino a stasera. Sei rimasto sorpreso e cambi colore nell'udire le mie parole; eppure ho fatto solo un abbozzo del nostro personaggio, e per completarne il ritratto, troppe pennellate dovrei aggiungere! Dico solo questo: che di sicuro un giorno o l'altro l'ira del Cielo si abbatterà su di lui; che meglio sarebbe per me stare al servizio del diavolo piuttosto che al suo, e che mi fa vedere tanti di quegli orrori, che vorrei che fosse già non so dove. Ma un gran signore quand'è malvagio è una cosa terribile; devo rimanergli fedele, per quanto non mi vada: in me la paura ha preso il posto dello zelo, controlla le mie emozioni e le mie idee e quante volte mi riduce ad applaudire cose che in cuor mio detesto! Eccolo laggiù che passeggia: sta entrando in questo palazzo, separiamoci. Apri bene le orecchie: ti ho fatto delle confidenze in tutta franchezza, e le ho lasciate uscire dalla bocca un po' troppo in fretta. Ma se mai dovesse arrivare qualcosa alle sue orecchie, direi forte e chiaro, senza esitare, che sono menzogne.

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Pagina 271

Ödön von Horváth
DON GIOVANNI
RITORNA DALLA GUERRA
Dramma in tre atti



ATTO PRIMO:
LA GUERRA È FINITA


Tardo autunno 1918. Teatro al fronte in una baracca. Un camerino molto primitivo. Due soubrettes già piuttosto avanti negli anni preparano le valigie. In lontananza si ode un rullo di tamburi ed uno squillo di tromba. Piove.

PRIMA SOUBRETTE La guerra è finita e noi l'abbiamo persa.

SECONDA SOUBRETTE Non trovo la mia parrucca rossa.

PRIMA SOUBRETTE Il direttore è presso il comando. C'è stato un ammutinamento da parte dei rinforzi, e hanno deposto il colonnello, quello grasso. Non ci sono più ufficiali. Un caporale fa da generale.

SECONDA SOUBRETTE Vorrei non aver mai firmato questo contratto da cani. Soubrette in un teatro al fronte! Io che ho recitato nel ruolo di Margherita! Credi che andremo in scena stasera?

PIUMA SOUBRETTE Lo sa Dio! L'importante è che ci sia presto la pace.

SECONDA SOUBRETTE Sono curiosa di vedere come si metteranno ora le cose col teatro... Eccola la parrucca rossa! (Se la mette in testa a mo' di cappello; la sveglia si mette a suonare) A cuccia! (Blocca la suoneria.)

PRIMA SOUBRETTE (guarda la sveglia) Oggi è una data storica. Alle dodici comincia l'armistizio.

SECONDA SOUBRETTE (davanti lo specchio) Allora fra venti minuti. (Si ode in lontananza uno scoppio di granata.)

PRIMA SOUBRETTE Quanti ne cadranno ancora...

SECONDA SOUBRETTE Mi spiace solo per le donne che resteranno senza uomini.

PRIMA SOUBRETTE Ma che dici? Forse che gli uomini non sono anche loro degli esseri umani?

SECONDA SOUBRETTE No.

Entra Don Giovanni con addosso un'uniforme sporca, senza stellette, senza armi.

PRIMA SOUBRETTE (perplessa) Desidera?

DON GIOVANNI (alla seconda soubrette) La sto cercando. Ci conosciamo.

SECONDA SOUBRETTE Noi? E dove ci saremmo incontrati?

DON GIOVANNI L'ho vista in due operette.

SECONDA SOUBRETTE (improvvisamente interessata) Quali?

DON GIOVANNI (la guarda fisso) L'ho dimenticato. So solo che lei stava ad aspettare accanto alla buca del suggeritore. Sapeva che lui sarebbe venuto. Le tendine erano bianche, ricorda? Questo era il suo primo ruolo. Un'altra volta lei stava scrivendo una lettera, di notte, e sapeva che lui avrebbe risposto. Il suo modo di sorridere mi ricordava una donna di prima della guerra. Certe volte mi sembra che siano passati cent'anni... Hm. Le posso fare un regalo, un regalino, in segno di riconoscenza per avermi ricordato... (Sorride e le porge un pacchetto di sigarette) Sigarette, l'unica mia conquista bellica. Sigarette vere, egiziane... (Abbassa il capo in segno di saluto ed esce.)

Silenzio.

SECONDA SOUBRETTE Che te ne pare?

PIUMA SOUBRETTE È impazzito.


In patria. Una fila di donne davanti ad un negozio di generi alimentari vuoto.

PRIMA DONNA Niente pane, niente sale, niente grasso... È questa la pace?!

SECONDA DONNA Si calmi, signora portinaia! L'importante è che gli uomini siano ritornati a casa dalle ecatombi del fronte.

PRIMA DONNA Al mio benamato consorte un po' di mitraglia non gli avrebbe fatto mica male. Ma ha i piedi piatti e per tutta la guerra se n'è stato sempre rintanato in casa, dietro la stufa, e, se solo mi azzardo a protestare, sono sberle. Guerra o pace, per me non cambia nulla!

TERZA DONNA Ma non dica eresie! Il mio povero Joseph è rimasto in Siberia, e chissà quando tornerà. Se ne accorgerà quanto le mancheranno le botte, quando non ci sarà più nessuno che gliele possa dare.

PRIMA DONNA Io, dei signori dell'universo, me ne sbatto.

DON GIOVANNI (entra e si rivolge alle donne) Cerco la signora portinaia.

PRIMA DONNA (interrompendolo, risoluta) Sono io.

DON GIOVANNI Suo marito mi ha detto che lei era qui. Vengo da casa sua...

PRIMA DONNA (interrompendolo ancora una volta) Cosa vuole?

DON GIOVANNI Solo un'informazione... (Si guarda intorno come se qualcuno lo stesse inseguendo; lentamente) Prima della guerra abitava qui da lei, al terzo piano, a sinistra, una signorina... La sto cercando. Suo marito, poco fa, mi diceva che è andata via, ma non ha saputo dirmi dove.

PRIMA DONNA (lo fissa) Una signorina... (Si interrompe di scatto e lo riconosce inorridita) Gesummaria! Ora la riconosco! Che Dio ci scampi e liberi, credevo che fosse morto!

DON GIOVANNI (sorride) Ero solo disperso.

PRIMA DONNA Si vede che ancora succedono i miracoli. Dunque, la signorina se n'è andata. Ora abita da sua nonna.

DON GIOVANNI (ascolta sorpreso) Dove?

PRIMA DONNA Come si chiama quel paesino? (Guarda nella sua agendina) Ah, eccolo. Si chiama... (Gli mostra l'indirizzo.)

DON GIOVANNI (lo legge) Così lontano?

PRIMA DONNA Si.

Silenzio.

DON GIOVANNI (lentamente) Quando è andata via?

PRIMA DONNA Nel 1915. Me lo ricordo perché quel giorno c'era stata la grande vittoria di Gorlice e una bufera aveva fatto a pezzi la nostra bandiera.

DON GIOVANNI A Gorlice c'ero anch'io.

PRIMA DONNA Beh, il passato è passato!

Silenzio.

DON GIOVANNI È per questo che non mi ha risposto. Le ho scritto sei settimane fa.

PRIMA DONNA Abbiamo rispedito tutto al nuovo indirizzo, ma in guerra si perde tanta posta!

DON GIOVANNI Si. (Guarda in alto) Chi ci abita ora al terzo piano a sinistra?

PRIMA DONNA Una dentista. Con la guerra è cambiato tutto. I dentisti maschi sono morti in guerra e così hanno studiato le donne. Io, però, come paziente non mi fiderei di una donna.

DON GIOVANNI (sorride di nuovo leggermente) Perché no? (Si guarda di nuovo intorno come se qualcuno lo stesse inseguendo) Allora vado dalla nonna. (Esce.)

PRIMA DONNA Buon viaggio, signore! Buon viaggio! (Rivolta alle donne) Sapete chi era? Un tempo, in città, era molto noto per le sue avventure erotiche! Ha piantato la fidanzata prima delle nozze, poco prima della guerra, e se l'è spassata con migliaia di sgualdrinelle da quattro soldi, mentre lei, la sua fidanzata, era un'anima pura, un angelo. Adesso pare sia preso dai rimorsi... Beh, se questo Don Giovanni fosse stato il mio fidanzato, io l'avrei strangolato!

TERZA DONNA (con cattiveria) Però non ci avresti mica sputato sopra!

PRIMA DONNA (sogghigna) Questo è un altro paio di maniche.

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