Autore Ilija Trojanow
Titolo Dopo la fuga
EdizioneEDT, Torino, 2018, La Piccola Biblioteca di Ulisse , pag. 140, ill., cop.fle., dim. 12,3x18x1,3 cm , Isbn 978-88-5924-671-8
OriginaleNach der Flucht
EdizioneFischer, Frankfurt am Main, 2017
TraduttoreUmberto Gandini
LettoreElisabetta Cavalli, 2018
Classe narrativa bulgara , narrativa tedesca , aforismi , storia sociale









 

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Indice


PREMESSA                                      1


Parte prima    (Dei turbamenti)               5

Parte seconda  (Dei salvataggi)              55

Poscritto                                    91


INDICE DELLE CITAZIONI                       93


JACOB LAWRENCE
The Migration Series (1940-1941)            105


 

 

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Pagina 1

PREMESSA


Il più delle volte il profugo è un oggetto.

Un problema che deve essere risolto. Un numero. Una questione di costi. Un punto. Mai una virgola. Poiché non lo si può più ignorare, deve restare un oggetto.

Esiste una vita dopo la fuga. Ma la fuga continua a incidere, per tutta la vita. A prescindere dalle varie connotazioni individuali, da colpa, consapevolezza, intenzione, desiderio.

Il profugo è una categoria a sé di essere umano.

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Pagina 5

I

La fuga giustifica se stessa, la vita che viene dopo pone sempre nuove domande.


II

Non vi è nulla di fuggevole nella fuga. Avviluppa la vita e non la lascia mai più libera.


III

Il profugo è sempre presentato come uno che un giorno è venuto da altrove. Che è entrato sul tardi d'una notte d'inverno nella locanda. Che non era stato invitato. Un poveraccio cui è stato offerto un piatto di minestra perché così si conviene. Non importa quanti anni sono passati dalla sua fuga, la gente del posto lo addita come uno che non condivide con loro qualcosa d'essenziale. Perfino la più breve delle biografie ha posto per la sua identità col trattino unificatore. Che dipenda da ciò, si domanda, il fatto che egli continua tuttora a contare nella sua lingua materna?


IV

In un locale del centro di prima accoglienza ottanta minorenni ottengono semi di parole. È gettata loro una «A». Siatene grati, perché questo è il più nobile, il più primitivo di tutti i suoni, che scaturisce forte e pieno dal petto e dalla gola, che il bambino impara a pronunciare per primo e con maggiore facilità.


V

L'inserimento a scuola. Lui conosce qualche parola smozzicata, sua madre conosce qualche parola smozzicata. Il primo giorno di scuola sono insieme davanti alla porta della direttrice. Sono in ritardo. Classe Ib, dice la direttrice, secondo piano. Indica in alto. Un'ampia scalinata. Quando svoltano nel corridoio, viene chiusa di colpo una porta. La madre bussa alla porta. Avanti! Un locale pieno di bambini della sua età. Comincia a vergognarsi. Il discorso di sua madre è un'accozzaglia di parole. Lui non sa far di meglio. No, no, no, la maestra li respinge con ambe le mani, ho già quattro turchi nella mia classe. E scaccia madre e figlio. La scalinata, in discesa, ha più gradini. Lui sa cosa accadrà. Dovranno tornare dalla direttrice. Si vergogna ancora di più. La direttrice si alza. Marcia lungo il corridoio, sale le scale, percorre il corridoio di sopra fino alla porta della classe. Spalanca l'uscio e dice poche parole. Lui va a sedersi nell'ultima fila. Poiché capisce poco, si guarda furtivamente attorno. Quali saranno i quattro bambini turchi?


VI

Quando pronuncia una parola in un modo che suona spassoso, gli altri scolari sogghignano. Le parole, nelle loro bocche, sono borbottii, pensa. A posteriori ha l'impressione di aver deciso quel giorno d'imparare la lingua estranea in modo da non doversi mai più vergognare. Non immagina ancora ciò che i suoi genitori sanno fin dall'inizio: la lingua è potere. Chi è padrone dell'alfabeto è in grado di difendersi da solo.

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Pagina 12

XVI

Ah, lei è rumeno (etiope, persiano, albanese, vietnamita, ungherese, pakistano, malese, afgano, marocchino). Ci sono stato una volta. In vacanza. È già passato qualche annetto da allora. Sul Mar Nero (sul Mar Rosso, nel deserto). È bello lì da voi, mi è piaciuto tanto, veramente tanto, e l'uva (fichi, pomodori, arance) poi, così saporita! Che uva! Da noi non la si trova più, così succosa... E anche l'acquavite, lasci che glielo dica, un 'acquavite così non l'ho mai più... Si ha la sensazione che sia quasi maleducato interrompere queste persone per dire loro: io da quel paese sono fuggito.

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Pagina 13

XIX

DRAMOLETTO

Un funzionario, esperto.

Un profugo, esperto anche lui.

FUNZIONARIO: Sei ebreo?

PROFUGO: No.

FUNZIONARIO: Sei musulmano?

PROFUGO: No.

FUNZIONARIO: Sei armeno?

PROFUGO: No.

FUNZIONARIO: Sei libanese?

PROFUGO: No.

FUNZIONARIO: Che cosa sei, allora?

PROFUGO: Complicato.

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Pagina 14

XXIII

Talora il rifugiato s'imbatte in persone che hanno paura di lui. Vorrebbe tanto toccarle, prenderle per un braccio oppure poggiare una mano sulle loro spalle e sussurrare loro: badate che quello che ha paura sono io. Io sono fuggito da una paura che non ti lascia più andare. Io sono quello che ha perduto tutto. Sono io a essere esposto, indifeso, a tutto. Il vostro patrimonio non è mai stato in pericolo quanto la mia vita.


XXIV

Mettere radici non è sempre un mezzo efficace contro la solitudine.


XXV

Ogni fuga è progettata cospirativamente. A casa nascondere tutto alle persone con cui si ha confidenza, confidare tutto strada facendo agli occasionali compagni. Costituire gruppi durante la fuga, stringere alleanze, scambiare informazioni e alimenti essenziali. Accompagnato da rondini. In seguito subentra la solitudine. Durante la fuga un collettivo, dopo la fuga un individuo. Ognuno basato solo su se stesso in un'altra maniera.

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Pagina 20

XXXVIII

Per anni un discorso sensato al telefono è quasi impossibile perché qualcuno – lui qui e loro lì, oppure loro qui e lui lì – comincia immancabilmente a piangere. Quando il profugo pensa a sua nonna, ne sente la voce che si spezza, si sbriciola, che diviene del tutto incomprensibile a parte che nel dolore. Perché i singhiozzi affrancano entrambi dalla necessità di dire ciò di cui manca loro la forza di parlare.


XXXIX

Fin dall'inizio il paese nuovo non corrisponde all'immaginazione. Tende baracche centri di accoglienza. Ma come, nella terra promessa? Trafile burocratiche code d'attesa giri a vuoto. Ovunque e nel bel mezzo della terra promessa. Attendere attendere attendere. Tornare d'un tratto a far fagotto. Ritrovarsi in una coda che si protende sempre di più nel futuro quanto più il profugo deve persistere in essa. Egli impara ad aspettare senza pazienza. La fede nella terra promessa è un annuncio stracciato nella bacheca.

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Pagina 23

XLII

DRAMOLETTO

Groucho Marx, noto attore satirico

Intervistatore, ignoto giornalista

INTERVISTATORE: Ha mai desiderato di diventare un giorno socio di un raffinato club?

GROUCHO: Si.

INTERVISTATORE: E che cosa è successo?

GROUCHO: Sono stato respinto.

INTERVISTATORE: Come mai?

GROUCHO: Mi hanno comunicato di non voler come socio uno come me.

INTERVISTATORE: E poi?

GROUCHO: È passato molto tempo.

INTERVISTATORE: E poi?

GROUCHO: Il mondo è cambiato.

INTERVISTATORE: E poi?

GROUCHO: Sono diventato famoso.

INTERVISTATORE: E poi?

GROUCHO: Mi hanno scritto una lettera.

INTERVISTATORE: Che diceva?

GROUCHO: Mi offrivano di diventare socio del loro club.

INTERVISTATORE: Come ha reagito?

GROUCHO: Ho rifiutato.

INTERVISTATORE: Come mai?

GROUCHO: Non ho voluto diventare socio di un club che accoglie come soci quelli come me.

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Pagina 27

XLIX

L'artista famoso, che sta sul ponte che si è proposto di fasciare – uno dei più antichi della città –, ha fatto di tutto per diventare un altro: ha cambiato nome e aspetto, al punto che quelli che gli si rivolgono perché desumono solidarietà dalla comune origine devono inevitabilmente rinunciare perché loro si esprimono in una lingua e lui risponde in un'altra, perché sostiene di non capire più quella che è stata in passato la sua lingua: ma le sue obiezioni dimostrano il contrario, il che è di secondaria importanza dal momento che si oppone categoricamente all'idea di assumere alle sue dipendenze anche un solo profugo perché annodi le funi della sua opera d'arte.

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Pagina 28

LII

Il profugo pensa con tristezza al paese in cui è nato, alla sua infanzia, all'amico che è sparito nelle carceri di stato senza lasciare tracce, come si usa erroneamente dire, benché abbia lasciato tracce nella coscienza di coloro che non possono dimenticarlo. Una tristezza incompleta che affonda sempre di più nell'autocompiacimento, nell'inconciliabile, nel non riuscire ad affrancarsi, maledizione! Lasciatemi morire oppure crepate voi.


LIII

Prima della fuga sapeva perché era infelice.

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Pagina 31

LVII

Tornatene da dove sei venuto! Se il profugo prendesse sul serio questa frase, dovrebbe intraprendere un viaggio nel passato. Il paese della sua origine è divenuto nel frattempo una terra incognita. È popolato da fantasmi, governato da dicerie. Deve scongiurarlo? Deve maledirlo? Il profugo intuisce che sulla strada verso il paese perduto, lui potrebbe smarrirsi oltre l'orizzonte.

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Pagina 42

LXXX

Percepire l'altro solo come «altro» è il principio della violenza.


LXXXI

Una caricatura del profugo è infissa come uno spaventapasseri in più d'una zolla. I sentimentali fra i locali si entusiasmano della migrazione degli uccelli in cielo ma hanno ribrezzo della migrazione di esseri umani in terra. Posati pure tranquillamente là dove si canta, i malvagi non hanno canzoni. Niente affatto! Un canto sdolcinato, tenendosi sottobraccio, una canzonetta dolce, non una ciaccona. Il sentimentalismo, riferiscono i rinchiusi nei lager d'occidente e d'oriente, alimenta la crudeltà.

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Pagina 47

XCI

Il rifugiato digiuna secondo i precetti dello struggimento. Diventa seguace di un culto di nome nostalgia. Cerca la compagnia di sognatori, monaci, profeti. Tutto ciò di cui sente la mancanza ha una sua causa originaria: il paradiso precluso. La vera patria è la sua teoria del tutto. Deve imparare ancora una lingua, una lingua segreta. In quanto membro d'una cerchia eletta, illustre, è superiore alla gente del posto: noiosa, brutta, chiusa, scostante.

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Pagina 56

95

La vista di fuggiaschi inquieta gli stanziali. Persone in fuga che trascinano tutto ciò che hanno in una valigia, in uno zaino, in una borsa di plastica, su carriole. Tutti i loro beni, come usa dire la vox populi stanziale. Ma non sono tutti i loro beni: piuttosto una farsesca stranezza, ovvero ciò che conta compresso in un'unità che si può reggere sulle spalle. Tutto ciò di cui lo stanziale si circonda, per cui sgobba un'intera vita, è svanito e perduto per sempre. L'immagine di un convoglio di fuggiaschi svela la superfluità del superfluo.

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Pagina 65

73

Altri invece sostengono che per lui è facile parlare, per i suoi genitori è facile parlare, per tutti i fuggiaschi è facile parlare perché non hanno dovuto affrontare le costrizioni ricorrenti, il bisogno continuo di fingere, l'assoluta necessità dei compromessi quotidiani. Voi ve la siete svignata, voi non c'eravate, voi avete tagliato la corda, voi non avete idea. Sospettano che ogni manifestazione di stupore del reduce nel paese ignoto celi una condanna. Non consentono a chi è stato per lungo tempo assente neppure un momento di incomprensione.


72

Poiché ha mandato al diavolo la sua origine, passa per un adoratore del demonio.

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Pagina 66

68

Disorientamento declinato: migrante, immigrante, emigrante. Scientificamente variato: multiculturale, interculturale, transculturale. Le classificazioni correnti non se ne possono impadronire. Non s'impiglia in reti concettuali gettate da altri. Con ogni ulteriore attribuzione la sua irritazione cede a un crescente orgoglio.

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Pagina 73

53

DRAMOLETTO

Uomo politico, posato

Scrittore, stanco

Ascoltatrice, intraprendente

UOMO POLITICO: Io sono uno svevo anatolico.

ASCOLTATRICE: Dica, dica: come si sente? Più turco o più tedesco?

UOMO POLITICO: Né l'uno né l'altro.

SCRITTORE: Io vengo dalla Foresta nera andalusa.

ASCOLTATRICE: Dica, dica: come si sente? Più spagnolo o più tedesco?

SCRITTORE: Entrambe le cose insieme.

ASCOLTATRICE: Non potrebbe formularlo in un modo più preciso?

SCRITTORE: Ma certo: l'eterodossia è superamento dell'eteronomia.

ASCOLTATRICE (strilla): Ma insomma! Non può dirci chiaro e tondo che cos'è?

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Pagina 76

43

Glottologia per progrediti:

il contrario di intronarsi è estraniarsi;

il contrario di molteplicità è pochezza.

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Pagina 78

37

La varietà delle lingue è di per sé già poesia. Così come la varietà delle fedi è di per sé già divina (anzi, forse questa varietà è l'unica possibile dimostrazione dell'esistenza di dio). Quando i propri avi sono ammutoliti, la scelta degli antenati spirituali è lasciata a se stessi. Nella santeria del culto di Palo Monte spiccano maestri come Buddha e profeti come Maometto accanto a vergini nere e a geni tutelari africani. Chiunque sia eletto può essere invocato. Libera scelta degli dei.

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Pagina 80

31

DRAMOLETTO

Uno scrittore australiano, famoso

Un curioso, sconosciuto

SCRITTORE: Sono preoccupato per la lingua inglese.

CURIOSO: Come mai?

SCRITTORE: Ormai mezzo mondo scrive in inglese. Tutta gente la cui seconda o terza lingua è l'inglese.

CURIOSO: E allora?

SCRITTORE: Tutti scrivono in inglese, ma nessuno lo conosce bene. E intanto spariscono le lingue eloquenti.

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Pagina 85

19

Passaggio di frontiera: poiché è consapevole del confine, lo può superare più facilmente.


18

Chi è in movimento può affrontare meglio i paradossi.


17

Proposta per un bonario accordo fra un nazionalista e un cosmopolita: la patria è il proprio odore.

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Pagina 86

15

Home is where the heart is, dicono gli inglesi. Ma che cosa intendono dire con questo? Che il profugo è già dopo poco tempo emotivamente fedele al suo nuovo ambiente? O che certi amanti dell'Italia avvertono l'eccitazione del ritorno in patria quando si avvicinano alla loro casa delle vacanze in Piemonte? Più si analizza bene quest'affermazione, più confuso diviene il suo significato. Vuoi forse far capire che si può cambiare patria a volontà finché batte il cuore? Il quale cuore, notoriamente, batte ora in una e ora nell'altra direzione.


14

I nazionalisti disprezzano l'intima sostanza della patria. Impongono al personale rapporto con il mondo il berretto a sonagli di un'uniformità fittizia. Suggeriscono al singolo un'identità astratta che non gli consente di affrontare la vita di ogni giorno, ma lo fa andare in guerra. Un'identità che ha però il vantaggio di essere facilmente fungibile. Prima Prussia, poi Reich germanico, l'altro ieri Repubblica democratica tedesca e Repubblica federale tedesca, ieri la Germania, oggi l'Europa, domani di nuovo la Germania. E poi?

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Pagina 87

12

L'umanità può sopravvivere solo cosmopoliticamente. Più il pianeta è sfruttato, più le forze della delimitazione e dell'esclusione aizzeranno la lotta sterminatrice per le risorse superstiti. Tutti i problemi fondamentali possono essere risolti solo in una dimensione di comunità globale. Nel XXI secolo il nazionalista è un apocalittico.

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Pagina 89

8

Il patrimonio degli universali culturali aumenta senza che questo ci faccia diventare necessariamente tutti uguali. La cultura tutto-mondo funziona meglio del sistema mondiale dell'economia liberale. Il protezionismo ha sempre portato a una distruzione della cultura. Chi cerca di conservare il proprio specifico in una nicchia, lo rimpicciolisce, lo banalizza. Il conservatorismo culturale è fuori dal mondo, non comprende la dinamica della fusione e del mescolamento che hanno da sempre portato all'innovazione culturale. Le tradizioni devono essere scelte liberamente oppure reinventate.

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Pagina 105

JACOB LAWRENCE

The Migration Series (1940-1941)

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