Copertina
Autore Vanna Vannuccini
Titolo L'amore a settant'anni
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2012, Serire Bianca , pag. 128, cop.fle., dim. 14x22x1 cm , Isbn 978-88-07-17229-8
LettoreElisabetta Cavalli, 2012
Classe sociologia , salute , paesi: Italia: 2010
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Indice


  9  Prefazione

 11   1. Avere settant'anni non è peccato
 23   2. La magia del nuovo inizio
 31   3. L'amore della mia gioventù
 37   4. Miss Lombardia 1947
 43   5. Troppa felicità
 57   6. Chi cerca trova (e non perde tempo)
 69   7. Tutti vogliono Mrs Robinson
 75   8. Due filari di lino
 81   9. Ma di che cosa parliamo quando parliamo di sesso?
 93  10. Sarebbe stata una vita sprecata
 99  11. Desiderare il desiderio
103  12. L'amore più bello della mia vita
109  13. Uomini, donne e fantasie
115  14. Le luci della ribalta sono ancora accese
119  15. Quando comincia la vecchiaia?

125  Ringraziamenti


 

 

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Pagina 11

1.
Avere settant'anni non è peccato



                            Nessuna bellezza primaverile o estiva
                            ha la grazia che ho visto
                            su un volto autunnale.

                            John Donne, Elegia autunnale



Nessuno ti vede quando sei al settimo cielo, cantava John Lennon. La canzone è stata scelta dal regista Andreas Dresen per un film, Settimo cielo, che in Germania ha avuto un enorme successo. Una storia come tante: due si amano, vivono insieme da anni, ci sono i figli, i nipoti, la complicità di una vita, un appartamento pieno di ricordi. Finché irrompe un nuovo amore. Tradimento, gelosia, crisi, perfino un suicidio. Tutte cose che si conoscono, non solo dal cinema. Ma la novità nel film di Dresen è l'età dei tre. Lei è vicina ai settant'anni, l'amico ne ha qualcuno di più. La figlia è incredula, non può immaginare che si tratti di amore a quell'età. Scongiura la madre di non mentire al marito, di confessargli il nuovo amore. Le conseguenze saranno tragiche.


Che età deve avere chi ama? Al cinema, che è ancora lo strumento che più di ogni altro plasma i nostri miti sui rapporti affettivi, da sempre uomini maturi hanno fatto coppia con donne giovani o giovanissime. Nel nostro mondo pericoloso una giovane donna ha bisogno di un uomo, meglio se abbastanza vecchio, per proteggerla, questo è il messaggio. I top manager sposano le top model. Il panico del sipario che cala spinge scrittori famosi come Philip Roth o Martin Walser a trovare adoratrici sempre più giovani. I film dove si vedono donne sexy in età avanzata sono invece rari, per non parlare delle coppie in cui l'uomo è più giovane della donna. In questo caso l'avvertimento ai maschi è chiaro: state alla larga da avventure emotive con donne mature, rese ancora più insicure dal legame con un uomo che in qualsiasi momento potrebbe abbandonarle per una molto più giovane di loro. Perché mai un uomo dovrebbe infatti andare a letto con una donna che ha l'età di sua madre quando può tranquillamente sceglierne una che ha l'età della figlia? Gli anni per una donna sono uno stigma. Se chiedere l'età non è mai stato considerato un gesto di buona educazione, chiederla a una donna è tabù.


I protagonisti del film di Dresen mancano volutamente di glamour. Sono tre nonni normali, senza lifting e senza mestieri affascinanti. Inge è una donna impulsiva che fa la sarta per arrotondare la pensione, il marito Werner è un ex ferroviere. Le scene di nudo e di sesso non hanno nulla di imbarazzante, pur essendo esattamente come sono nella vita: con le macchie dell'età, le rughe, la paura di non riuscire a mantenere l'erezione, gli impacci. Ma anche con la risata che ti libera, l'allegria che riscatta. Il film smaschera una società che si pretende libera e illuminata ed è invece di un perbenismo che non riguarda solo i nostri corpi ma più ancora le nostre menti.

Film come Settimo cielo o Late bloomers con Isabella Rossellini, o Oggi è già domani con Dustin Hoffman sono segnali di come stia cambiando la nostra società. Cambia il processo di invecchiamento, cambiano i rapporti tra uomo e donna, cambia l'età. La vita si allunga e non è come una corda a cui si aggiunga un pezzo, è piuttosto come un elastico che tirandosi fa spostare tutti i punti di riferimento. Si dice che i sessanta siano i nuovi quarant'anni, i settanta i nuovi cinquanta. Le donne sembrano più giovani, sono più sane e più attive di quelle delle generazioni che le hanno precedute. Rispetto alle loro madri, le donne che arrivano oggi ai settant'anni sono per la maggior parte più indipendenti finanziariamente, più scolarizzate, più capaci di individuare i propri sentimenti e più sincere nell'esprimere le proprie emozioni. Soprattutto sono meno propense a continuare un rapporto quando questo ha perso di significato. Le ricerche ci dicono che sono anche sessualmente più attive, o comunque desiderose di esserlo quando si presenti l'occasione. Molte sostengono che il sesso e l'amore sono più soddisfacenti a quest'età di quanto non lo siano stati quando erano più giovani. Fanno tesoro della loro esperienza, e sono diventate capaci di non far dipendere la loro identità dal "riconoscimento" di un uomo.


Il raggio verde

Le donne che arrivano oggi a settant'anni sono state le prime a poter scegliere l'università e a entrare nelle professioni, in altre parole a costruire la propria identità in campi un tempo riservati ai maschi e a fondarvi la propria identità. Molte hanno potuto così decidere di tornare a vivere una vita da single quando il matrimonio non funzionava; hanno preferito star sole piuttosto che svolgere nella coppia, una volta appannatasi la giovinezza, un ruolo esclusivamente "materno" nei confronti del marito (che spesso all'apice della vita professionale le avrebbe lasciate per una donna più giovane).

Hanno superato la crisi dei quarant'anni, affrontato senza batter ciglio quella dei cinquanta senza farsi traumatizzare dalla menopausa e senza piangere sul "nido vuoto". Ora hanno davanti a sé dieci, vent'anni di una vita che potrebbe essere molto diversa da quella delle loro madri e delle loro nonne. Nuove attività, forse nuovi amori - non le aspetta più necessariamente una mezza vita ai margini della società com'era stato fino a poco tempo fa per le donne anziane.

Alla terza età molte di loro sono approdate serenamente, perché sono state capaci, contro tutti gli ostacoli, di costruirsi un'identità grazie a una professione alla quale si sono dedicate con impegno. Si sono via via lasciate alle spalle, poco più che un ricordo, i coinvolgimenti erotici ed emotivi della giovinezza. Senza troppi rimpianti. Consapevoli che una donna che invecchia non può esprimere desideri, avevano finito per prendere atto solo di quelli che potevano permettersi. Ecco però che all'improvviso, più per caso che per intendimento, un numero significativo di loro si trova a vivere un risveglio di eccitazione sessuale, un'infatuazione, un'attrazione fisica violenta come quella di un'adolescente. Talvolta per uomini più giovani.

Pensioni e passioni, nipoti e sogni, rughe e sesso. Molte vivono storie romantiche, parlano liberamente delle proprie scoperte erotiche, hanno con gli uomini rapporti diversi da prima, nei quali a volte il sesso può essere tutto. Stanno alla larga da nuovi matrimoni e perfino da semplici convivenze, hanno imparato che la monogamia non è un obbligo. Sono diventate più capaci di separare le possibilità reali dalle illusioni. E soprattutto, sembrano essersi liberate dallo sguardo dell'altro.

Sono loro le prime a essere sorprese. Certamente il cuore batte e ha sempre battuto a ogni età. Da tempo immemorabile, però, tabù, pregiudizi, inibizioni e la natura stessa della società hanno cospirato per soffocare ogni germoglio di storie d'amore e di sesso in tarda età. Bisogna risalire almeno al Sei-Settecento per trovare degli esempi. Una Ninon de Lanclos ebbe amanti più giovani finché visse. E così Madame de Warens, tra i cui amori spicca un giovanissimo Jean-Jacques Rousseau. Ma personaggi come loro diventarono sempre più rari nei secoli successivi - una conseguenza del perbenismo ottocentesco e dell'atteggiamento della chiesa che ha legato il sesso unicamente alla procreazione, rendendo la sessualità delle donne in vecchiaia qualcosa di vergognoso. Con il Concilio di Trento la chiesa aveva fissato l'età sinodale delle perpetue - le donne che potevano stare nella casa di un prete come domestiche - a quarant'anni, che allora era l'età della menopausa. Oltre quell'età non c'erano pericoli, ogni turbamento sessuale era impensabile.

Sessualità e piacere per le donne in età matura sono rimasti tabù, e ancora oggi la maggior parte dei giovani non immagina che i loro nonni possano avere una vita sessuale dopo i settant'anni.

È la seconda volta nella vita che questa generazione si trova di fronte a una terra incognita. La prima era stata quando la pillola e il femminismo spezzarono le barriere che fino a quel momento avevano impedito alle donne di vivere un'esistenza piena, raggiungere una maggiore uguaglianza, avere carriere lavorative. La pillola era stata una prospettiva da intimidire, ma anche una sfida che cambiò la vita delle donne e la società nel suo insieme. Oggi questa generazione è di nuovo davanti a un terreno inesplorato. Supererà quest'ultima barriera? I pregiudizi resistono, ma nuovi rapporti stanno nascendo. Brevi certamente perché breve è il tempo che resta, ma intensi. L'immagine che questi rapporti ci richiamano alla mente è quella del raggio verde - quell'ellisse, quel fascio di luce brillante che compare qualche volta sopra il sole al tramonto - visibile per pochi secondi mentre il sole scende sotto l'orizzonte e cade l'oscurità. Ma forse non è solo l'ultimo raggio del sole che tramonta, hanno detto alcune delle donne intervistate: potrebbe essere il primo di un nuovo sole, che illumini rapporti diversi tra uomo e donna.


Doppia visione

Uno degli aspetti più significativi degli innamoramenti in tarda età è quanto spesso l'amore fiorisca tra un uomo e una donna che si erano conosciuti - e forse anche amati - da giovani. Un famoso giornalista americano torna a Roma dov'era stato a lungo corrispondente. Incontra una collega, anche lei ormai pensionata, insieme alla quale aveva spesso lavorato, e la riporta negli Stati Uniti come novella sposa. Ad accendere la scintilla basta a volte un incontro casuale con un vecchio compagno di scuola, o con un vecchio innamorato dimenticato, o qualcuno conosciuto tanti anni prima e mai più rivisto.

In effetti sembra logico che persone che hanno condiviso esperienze precedenti abbiano di più in comune che non perfetti sconosciuti, e che perciò tra di loro si possa più facilmente creare un'intimità, tanto più in un'età in cui si è diventati più selettivi nelle scelte. Ma pare che ci siano anche altre ragioni. Riallacciare un rapporto di gioventù è più facile, scrive la sessuologa Judith Wallerstein, perché con coloro che abbiamo conosciuto da giovani resta quella che lei chiama la "doppia visione", che unisce l'immagine idealizzata della gioventù con la realtà dell'età attuale. Pur sapendo che sono venuti le rughe e gli acciacchi, che siamo vecchi abbastanza da scambiarci gli occhiali al ristorante per leggere il menu, ricordiamo ancora nitidamente come lei o lui fossero affascinanti la prima volta che li avevamo visti e c'eravamo innamorati, e questo ci permette di vederli ancora con gli occhi del primo incontro. In un'età in cui la bellezza fisica è in declino, una vecchia fiamma tende all'altro uno specchio diverso, anche se sappiamo che non si possono spostare indietro gli orologi. C'è una "memory box" delle cose condivise nel passato (Abigail Trafford, As time goes by) che unisce, un fondo comune cui si può attingere, ritrovare esperienze vissute e ripercorrere il cammino che ha portato ognuno a essere quello che è oggi. Gli anni "ruggenti" della giovinezza sono in quel cassetto di ricordi, noi siamo diventati diversi, e confrontandoci possiamo misurare meglio tutto quello che la vita ci ha insegnato.

Mai prima d'oggi nel corso della storia siamo vissuti così a lungo e ci siamo aspettati tanto da una relazione intima. L'amore maturo, quando funziona, dice lo psicologo David Schnarch, significa che due persone possono aprire gli occhi quando fanno l'amore e hanno piacere a guardarsi. Che siano vecchi coniugi o che si siano ritrovati da poco, o anche appena conosciuti, in ogni caso hanno raggiunto una fase in cui la scelta di un partner è frutto di un'emozione.


L'altra faccia della medaglia: e se diventasse un obbligo?

La riscoperta dell'attività sessuale in tarda età è certamente un aspetto della trasformazione in atto nel processo di invecchiamento. Non manca però chi guarda a questo fenomeno con scetticismo, e si chiede se non sia semplicemente un segno ulteriore del fatto che viviamo in una società permeata dall'utopia dell'eterna giovinezza, una società che crea illusioni, offre simulacri di felicità e contrabbanda la libertà di scelta quale unica vera libertà. Come se la vita di ciascuno fosse più piena e più felice solo perché le opzioni aumentano.

Non potrebbe questo fenomeno avere addirittura l'effetto opposto? Distruggere la tranquillità d'animo dei vecchi, aumentarne l'insoddisfazione, convincerli di essere privi di qualcosa di cui gli altri si deliziano?, riflette un amico dopo aver visto il film Settimo cielo. Ogni nuova conoscenza sul comportamento sessuale rischia di diventare una nuova norma. Perché dovrebbe essere un bene provare passioni che ci sono mancate durante la giovinezza? Finora si sono trattati gli anziani come se il sesso non facesse parte della loro vita, ma ora mandiamo loro il messaggio opposto, che tutti dovrebbero avere un sesso meraviglioso per sempre. Siamo sicuri che gli ottantenni vogliano comportarsi come se avessero quarant'anni, e che non preferiscano starsene tranquilli, passeggiare in riva al mare, leggere? "Presto non sarà più permesso comportarsi da vecchi. Quello che sembra un'espansione di libertà finirà per diventare un obbligo: invece di una liberazione sarà causa di nuovo stress."

A un certo punto, come dice Montaigne, il faut plier bagages, bisogna far fagotto, concorda un'amica. "Quando uno arriva a ottant'anni dovrebbe poter contare di non morire di malattie infantili o di pene d'amore. Per quanto mi riguarda, sottoscrivo le parole con cui la Sanseverina nella Certosa di Parma respinge Fabrizio ancora bruciante di passione: 'Non mi parlate di passione, vi prego'."


Raccontiamo la nostra storia

Sulle settantenni single che hanno nuove storie di amore e di sesso non ci sono ancora indagini sistematiche. In generale, le ricerche sulla sessualità hanno riguardato finora esclusivamente l'età matura fino a un massimo di settant'anni, e quasi sempre coppie sposate. Unica eccezione significativa è uno studio interdisciplinare iniziato a Berlino nel 1989 e mirato su uomini e donne a partire dai settanta fino ai cento anni.

Tuttavia, è stato sorprendentemente facile, attraverso un semplice passaparola, trovare donne di settant'anni e più che stavano facendo nuove esperienze di amore e di sesso: a Roma, Firenze, Arezzo, Milano, Londra, in Francia, in Germania, negli Stati Uniti. Tutte, senza eccezione, sono state immediatamente disponibili a raccontare la loro storia: desiderose di riflettere su cosa stava loro accadendo, e consapevoli di vivere qualcosa che prima di loro le donne della loro età non avevano conosciuto. "È così straordinario che qualcuno racconti la nostra vicenda, mi fa enormemente piacere che ci sia chi lo faccia," ha scritto Sally dagli Stati Uniti. Un'altra ha commentato: "Dire ai vecchi che non devono più pensare al sesso e all'amore è lo stesso che dir loro che dopo una certa età non devono più farsi occhiali nuovi, tanto hanno già visto abbastanza".

Dall'estrema facilità con cui le abbiamo trovate possiamo dedurre che il numero delle settantenni che hanno questo tipo di esperienza sia molto superiore a quanto si immagini. In molte di loro la sensazione improvvisa di riscoprire la sessualità è stata risvegliata da un incontro casuale con una vecchia conoscenza. Alcune hanno ritrovato dopo quaranta o cinquant'anni il primo amore della loro vita.

Si sta inoltre rapidamente diffondendo la tendenza, già estesa negli Stati Uniti e nel Nord Europa ma in aumento anche in Italia, a cercare nuove occasioni d'incontro su internet. Qualunque sia la causa, c'è un sommovimento che ricorda a una settantenne di essere ancora una donna.


Le ricerche ci dicono - e i nostri colloqui hanno confermato - che in età matura il sesso è diverso rispetto agli anni giovanili. Le persone interrogate lo definiscono "migliore", e secondo molti ricercatori questo è dovuto in parte al fatto che si ha più tempo, si è più rilassati e non si deve pensare a problemi di lavoro o ad accompagnare i figli a scuola.

Nemmeno le rughe suscitano più imbarazzo. Sembra un paradosso, ma è la novità che di questi colloqui ci è parsa più significativa: le settantenni di oggi sembrano essersi liberate dello sguardo dell'uomo. Per secoli le donne hanno spiato il proprio valore nello sguardo dell'altro. Oggi questa generazione, che non è rimasta esclusivamente confinata nel ruolo materno, sa di avere un valore che va oltre le rughe e la cellulite. "Perché dovrei vergognarmi?" ci ha detto Diana. "Alla nostra età, il narcisismo è finito. L'amore maturo significa poter aprire gli occhi mentre lo facciamo e aver piacere a guardarsi. Non siamo adolescenti che idealizzano il corpo perfetto. Sappiamo che un essere così non esiste. Se scegliamo qualcuno è perché gli riconosciamo anche uno sguardo interiore. Combattiamo le battaglie di sempre, ma siamo noi a scegliere su quali trincee."

Una delle difficoltà per le donne non più giovani è trovare un compagno dello stesso livello sociale o intellettuale. Nessuno si è mai stupito quando uomini colti e ricchi si accompagnavano a donne meno istruite o più povere. Certo, ci s'innamora di un "pacchetto", in cui contano aspetto, intelligenza, cultura e anche la situazione sociale. Ma quando è la donna ad avere più esperienza del mondo e uno status sociale più elevato, il rapporto appare spesso imbarazzante anche agli occhi della donna stessa.

Una cosa sembra sicura: chi è tanto fortunato da avere una vita sessuale regolare in età avanzata vivrà più sano e più a lungo. Se questa sia una causa o un effetto dell'attività sessuale non è chiaro. Ma Walter Bortz, il maggior esperto americano sull'età e l'invecchiamento, alle sue conferenze avverte il pubblico: "Molti rapporti scientifici confermano che se volete campare fino a cento anni, un ottimo modo per cominciare è avere una buona attività sessuale".

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Pagina 69

7.
Tutti vogliono Mrs Robinson



                                La vecchiaia non è affare da smidollati.

                                Bette Davis



Elfriede era disperata. Da quando, a settantanove anni, aveva chiuso la sua bella libreria nei dintorni di Vienna soffriva d'insonnia. Da un giorno all'altro questa donna affaccendata e indipendente era diventata una pensionata solitaria. "Mi pareva di impazzire," dice con il suo simpatico accento viennese. Per anni la libreria aveva assorbito tutte le sue energie e non aveva lasciato tempo per gli amici o altro. "Piombai nella depressione. Non avevo nulla da fare, nessuno, nulla. E non riuscivo a dormire."

Alla fine andò da un medico. Ne scelse uno che non conosceva in un paese un po' distante dal suo, perché doveva confessare una cosa che la imbarazzava. Voleva dei sonniferi, gli disse. Il solo rimedio che la liberava dall'insonnia, balbettò, era... insomma... se "mi toccavo".

Il dottore afferrò al volo la situazione. Non era certo la prima paziente con questo problema. Poteva darle delle pillole, ma una cura molto più efficace per l'insonnia è... il sesso, le disse. "Ma sono vecchia! Ho ottant'anni!" esclamò lei. "Certo non è più giovanissima. Ma ci sono uomini a cui piace il contatto sessuale con donne della sua età." "E mi scusi, come lo trovo un uomo come quelli che dice lei?"

Il dottore le prescrisse qualche innocuo rimedio alle erbe e glielo diede insistendo: "Pensi a quello che le ho detto. Metta un annuncio sul giornale".


Elfriede è una donna piacente di media altezza con i capelli bianchi e il corpo robusto e un po' tozzo che spesso viene con l'età, ma il viso è vivace e allegro, è una donna sicura di sé, spiritosa e che ama ridere. È stata sposata due volte e ha avuto tre figli. Nella sua vita però il sesso era sempre stato un disastro. Il primo marito era spesso via per lavoro, quando era a casa faceva l'amore di rado e molto male. Le veniva in mente quel commento attribuito all'imperatrice Maria Teresa, che aveva detto: "Peccato che nel frattempo non si possa almeno lavorare a maglia". Aveva avuto una storia con un loro amico, un ballerino sposato. Ed era stata l'unica in cui aveva provato piacere a fare l'amore; forse la sola volta nella vita in cui aveva avuto qualcosa di simile a un orgasmo. Ma il marito lo venne a sapere e divorziò. Si sposò di nuovo, ma il secondo marito si rivelò un alcolista che si mostrò più ubriaco, più sozzo e più rude, cosa che le impediva di fare sesso con lui. Divorziarono e negli ultimi quarant'anni Elfriede non aveva mai dormito con un uomo, nemmeno una volta.


I medicinali prescritti dal medico si rivelarono inefficaci. Non restava che l'inserzione. Elfriede aveva tutte le inibizioni di una donna nata nel 1929, una generazione per cui qualsiasi discorso, perfino qualsiasi pensiero sul sesso erano tabù. "Ero piena di freni. Dovetti farmi forza. Non fu facile."

Finalmente trovò il coraggio, mise un annuncio sul giornale riducendo la sua età di dieci anni, e aspettò. Nel giro di pochi giorni ricevette una caterva di lettere, e anche quando mise un annuncio con la sua età vera le lettere continuarono ad arrivare. A centinaia. Le vagliò attentamente, buttando quelle oscene, offensive e palesemente strane, e telefonò a quelli che le avevano scritto le lettere più interessanti. Nei primi quattro mesi una cinquantina di uomini si presentò nel suo piccolo appartamento di Laxenburg, un borgo fuori Vienna. Gli incontri cominciavano con un caffè e una chiacchierata. Chi per qualche ragione non le piaceva, trovava il modo di licenziarlo con cortesia. Con gli altri cominciò una vita sessuale diversa da quanto lei - o la maggior parte delle donne della sua età - avesse mai sperimentato.

Avevano dai ventisette ai sessant'anni. Alcuni deludenti, altri magnifici. La maggior parte giovani. Cominciò quasi subito a eliminare quelli sopra i cinquanta - hanno problemi di erezione, dice. Li vedeva in genere per non più di una volta, dopo i due matrimoni andati così male non aveva nessuna intenzione di iniziare un rapporto di coppia. Anche se le piaceva parlare con loro e dava volentieri consigli e consolazione a chi aveva problemi emotivi o maritali.

Una volta, contro ogni sua decisione, si accorse di essersi innamorata. Lui era un uomo sposato di quarant'anni che si chiamava Gerald, vivace, spontaneo, che le diede cose "a cui solo ora scopro che avrei sempre avuto diritto, e che i miei mariti mi avevano tenuto nascoste. Mi diede questo senso incredibile che tutto andava bene e andrà bene e che se qualcosa non andava in quel momento sarebbe andata bene dopo". Ma era decisa a non lasciarsi coinvolgere. "Dovevo proteggermi. Anche le pene d'amore sarebbero state una perdita di tempo. Oramai ero troppo vecchia per permettermele."

Così per combattere il coinvolgimento prese tre amanti fissi oltre a Gerald, uomini che le piacevano e che era contenta di vedere di tanto in tanto. Ognuno di loro, incluso Gerald, sapeva di non essere il solo. Intanto il flusso delle risposte ai suoi annunci si andava esaurendo e lei smise di vedere nuove persone.


Elfriede si era trasformata. Tutte le sue inibizioni erano svanite. "Quando la mattina mi lavavo i denti mi guardavo allo specchio. Sembra ridicolo dirlo, ma mi sentivo negli anni migliori. Ero vecchia e me lo vedevo in faccia. Mentre prima mi era successo di guardarmi per caso in una vetrina o in uno specchio e di non riconoscermi, ora mi trovavo attraente. Mi vedevo come una donna viva, curiosa. Avevo qualcosa che piaceva agli uomini."

Poi, lottando contro i dubbi e le inibizioni, ha scritto un libro sulla sua storia (Elfriede Vavrik, Nacktbadestrand, Edition a, Vienna 2010). Nel libro descrive in modo molto esplicito i dettagli dei suoi incontri con diversi uomini. Non solo: tra i capitoli include una serie di fantasie erotiche inventate, che non lasciano nulla all'immaginazione. La sua paura più grande era che i figli ne fossero scandalizzati. Ma con suo enorme sollievo ne sono stati entusiasti, quando dopo molte esitazioni prese il coraggio di parlargliene. "Mutti, sei fantastica," le disse uno di loro. L'altro le trovò un editore.

Il libro è diventato un bestseller nei paesi di lingua tedesca. Lei viene continuamente invitata ai talk show in tv, giornali e settimanali le chiedono interviste. Ha già venduto i diritti per un film. Da un giorno all'altro da sola ha frantumato un immenso tabù: scrivere liberamente ed entusiasticamente dell'erotismo nella vecchiaia.

Elfriede e il libro sono diventati un grande successo mediatico. Naturalmente hanno anche suscitato molte controversie. "Le donne giovani mi sono state grate," racconta. "La proprietaria della panetteria dove mi servo mi è saltata al collo. Dio sia lodato che c'è una donna che ha il coraggio di scrivere di queste cose, mi ha detto. Anche in farmacia le clienti più giovani mi hanno guardato con ammirazione. Ma le anziane mie vicine, per carità. Penso che non possano capire."

I critici si sono divisi. Per alcuni è un libro onesto e aperto, "un esempio di gioia di vita e di piacere, di apertura e di disinibizione", perfino "poetico e diretto"; per altri è "pornografia per vecchi, da quattro soldi", falsa, oscena, a volte perversa. Molti comunque, al di là di quello che pensavano del libro, hanno lodato il suo coraggio. E hanno riconosciuto a Elfriede il merito di aver aperto spazi nuovi.


Forse la scoperta più sorprendente era che il dottore aveva avuto ragione: molti uomini sono attratti dalle donne più vecchie. Almeno il 10 per cento, pensa Elfriede. Le ricerche potranno dirci se ha ragione. Lei ne è sicura, e nega che si tratti di perversione. "È un'inclinazione, non una perversione," insiste.

Il destino volle che Elfriede cadesse e si rompesse l'anca pochi giorni prima dell'uscita del libro. Negli studi televisivi arrivava su una sedia a rotelle, cosa che non contribuiva a farla apparire più giovane. Quando l'incontrammo camminava ancora col bastone. Con cautela, le chiedemmo se l'incidente avesse rallentato la sua nuova vita sessuale. Rispose con un sorriso malizioso. Per nulla, rise: "È solo un po' scomodo".

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Pagina 81

9.
Ma di che cosa parliamo quando parliamo di sesso?



                                    La grande questione alla quale
                                    non riesco a dare una risposta
                                    dopo trent'anni di studio dell'
                                    animo femminile è: che cosa
                                    vuole una donna?

                                    Sigmund Freud



Una volta, quando due si sposavano, si diceva che "coronavano il loro sogno d'amore". Ma spesso l'amore era solo un elemento nella decisione di una donna di sposarsi - e spesso nemmeno quello. Non sorprende, visto che da tempo immemorabile le donne sono state dipendenti dai mariti finanziariamente, socialmente, legalmente e in ogni altro modo. Chi non si sposava era relegato ai margini della società, a meno che non possedesse fortune considerevoli. Il termine stesso "zitella", in uso fin dal Trecento per designare una ragazza nubile, ha acquistato col tempo un significato spregiativo, diventando lo stereotipo del carattere di una donna vecchia e inacidita.

Il matrimonio era una svolta cruciale nella vita di una donna, che passava dall'autorità e dalla protezione paterna a quella del marito, bene o male che andasse. La scelta di un marito determinava come la donna avrebbe vissuto per il resto dei suoi giorni. La domanda di rito che un padre faceva al corteggiatore che chiedeva la mano della figlia era se sarebbe stato nelle condizioni di offrirle il tenore di vita al quale era stata abituata.

Soprattutto a partire dall'Ottocento, questa decisione così difficile venne profusamente avvolta in veli romantici. Le storie di come due giovani riescano a sposarsi nonostante ogni sorta di ostacoli hanno riempito le pagine di centinaia di romanzi, in buona e cattiva letteratura: dai classici di Jane Austen, dove la ricerca di un marito adeguato è un'elegante partita a scacchi in cui ogni ragazza della buona società cerca di fare la mossa giusta, fino alle tribolazioni delle fanciulle dei "romanzi rosa". Il messaggio era che sposarsi solo per denaro sarebbe stato disdicevole, ma sposarsi senza considerare il lato economico sarebbe stato una grave imprudenza, per non dire una follia. Chi lo avesse fatto avrebbe finito per pentirsene amaramente, mentre chi sceglieva con saggezza sarebbe vissuta per sempre felice e contenta.

Dopo il matrimonio le donne diventano meno interessanti per autori di romanzi e drammi popolari, a meno che non siano delle Madame Bovary in cerca di avventure sentimental-sessuali con cui sfuggire alla meschinità del marito e alla monotonia della vita.

Così, fino a quando le donne non sono state capaci di guadagnarsi da vivere e conquistarsi uno status sociale per proprio conto, era naturale che, consapevolmente o no, molte altre considerazioni oltre all'amore avessero una parte importante nella scelta del marito - e c'è da sospettare che ancora oggi sia spesso così. Le motivazioni non erano necessariamente solo mercenarie; era possibile, per una ragazza della borghesia, vedersi realizzata in un matrimonio con un uomo che le garantiva un certo status sociale rispettabile, un certo livello di cultura, magari una vita interessante, viaggi, una cerchia di amici e uno stile di vita confortevole e piacevole. A volte la scelta era fatta per compiacere i genitori che cercavano di aprire una carriera ai figli maschi, mentre facevano in modo di trovare un buon partito per le figlie. In ogni caso, sposarsi era semplicemente quello che "si faceva" in qualsiasi paese d'Europa. Per esempio, guardando in retrospettiva, un'amica inglese ora settantenne è sicura che la decisione di maritarsi all'età di trentadue anni sia stata almeno in parte influenzata dalla pressione sociale. La paura che dopo una certa età non ci si sarebbe più sposate, che si sarebbe rimaste "zitelle", era forte nell'Inghilterra del dopoguerra, dove c'erano migliaia di donne nubili il cui destino spaventava: donne i cui potenziali mariti erano morti in due guerre mondiali e che, per quanto coraggiosamente avessero cercato di vivere da sole, spesso lavorando come insegnanti, operatrici sociali o infermiere, erano tenute ai margini della società e guardate come zitelle rancorose e tristi.

Oltreoceano le cose non andavano diversamente. Le celebri commedie hollywoodiane degli anni trenta e quaranta davano l'impressione che fosse facilissimo divorziare. Ma dopo? Bisognava immediatamente rientrare nei ranghi trovando un marito migliore del primo perché convivere senza certificato matrimoniale sarebbe stato uno scandalo. La monogamia seriale veniva considerata l'unico luogo legittimo per l'amore e il sesso.


Il matrimonio, come si vede, non è mai stato la faccenda romantica che la cultura popolare ha voluto farci far credere. Anche sulla sessualità ci sono state raccontate molte bugie. Le ricerche rivelano che le donne erano spesso sessualmente semianalfabete e che milioni di loro non hanno mai provato il piacere sessuale nel matrimonio o avuto un'idea di che cosa fosse un orgasmo. Ancora nel primo Novecento, del resto, il corredo di una ragazza italiana di buona famiglia includeva il lenzuolo di nozze che mostrava la scritta ricamata: "Non lo fo' per piacer mio, ma per dar dei figli a Dio".

Molte delle settantenni di oggi sono così arrivate alla vecchiaia senza aver mai vissuto quell'amore tanto celebrato nelle poesie e nei romanzi che leggevano, nelle canzoni che cantavano e nei film che visualizzavano quel sogno.


La rivoluzione sessuale e le sue figlie

Quando si raggiungono i settant'anni, l'immagine che una ha di sé assomiglia a un ritratto di Picasso, ci ha detto una delle donne intervistate. Scomposta, smembrata e poi ricomposta apparentemente a caso, con i pezzi che non formano più un insieme armonico. Il modo in cui ci sentiamo non corrisponde al modo in cui si dovrebbe sentire una donna della nostra età. Il nostro aspetto, anche se allo specchio non appare sgradevole, ha smesso di attrarre gli altri. Quello che siamo diventate non è in sintonia con nessuno dei modelli che la tradizione ci fornisce. E anche se siamo emancipate, liberate, e abbiamo percorso tutto il cammino del movimento femminista, inconsapevolmente portiamo con noi come un peso morto il bagaglio che ci ha plasmate nell'infanzia e nell'adolescenza: pregiudizi, tabù, inibizioni.

La pillola ha compiuto cinquant'anni. Ne avevamo poco più di venti (in Italia un po' di più perché l'uso della pillola è stato a lungo osteggiato dalla chiesa cattolica) quando la rivoluzione sessuale promise una sessualità libera e cambiamenti radicali nella relazione uomo-donna. Cinquant'anni dopo, la nostra psiche oscilla ancora tra le nuove libertà conquistate e gli antichi doveri. C'è voluto molto tempo perché ci rendessimo conto delle inibizioni che facevano parte dell'educazione ricevuta nell'adolescenza. È difficile liberarsi dei modelli culturali.

Sul piano erotico e sessuale, l'autostima delle donne di questa generazione si era sempre fondata sulla capacità di suscitare desiderio e nutrita della competenza del partner. Era l'uomo a dover mostrare sicurezza, curiosità e attrazione sufficiente perché loro potessero sentirsi desiderate abbastanza da superare i propri impacci. Attivarsi per far sesso, proporsi esplicitamente, sarebbe stato impensabile: avrebbe significato abbassare radicalmente la stima di sé.


Tutte le ricerche sulla sessualità femminile concordano che lo stimolo più potente del desiderio nelle donne sia l'essere desiderate. Alcuni sessuologi sostengono che l'orgasmo femminile è determinato dalla capacità di suscitare desiderio, smentendo quelle tesi femministe radicali secondo cui il piacere della donna viene dall'interno e non dipende da qualcuno che lo solleciti all'esterno. Queste tesi non hanno retto né all'esperienza clinica né alle ricerche sul campo, afferma Julia R. Heiman, psicosessuologa dell'Istituto Kinsey dell'Università dell'Indiana: "Il desiderio femminile è dominato dal bisogno di essere oggetto di ammirazione erotica e di desiderio sessuale".

In un libro sulle donne a quarant'anni scritto negli anni ottanta (oggi come si è detto questi punti di riferimento dell'età si sono spostati in avanti di dieci, forse di vent'anni), l'autrice vedeva nella perdita del "riconoscimento" maschile una delle principali cause del disagio provocato dall'esperienza di diventare invisibili agli occhi dell'altro. Più esatto sarebbe stato parlare di perdita del "desiderio" maschile. Non per caso le sole donne che non percepivano la crisi dei quarant'anni erano quelle che definimmo "madri": donne che uguagliavano l'essere necessaria con l'essere amata, e ritenevano perciò che sarebbero rimaste oggetto di desiderio al di là dell'età e delle trasformazioni del loro corpo.

Adesso per la prima volta a settant'anni le donne stanno abbandonando le illusioni narcisistiche e non si aspettano più la salvezza dall'essere "riconosciute" e desiderate. Hanno imparato che il 90 per cento dello sguardo maschile è una costruzione sociale, e non annegano più nella sottovaluzione di sé se quel riconoscimento viene a mancare.

È questa la novità più interessante che questa ricerca ci ha rivelato.


Che cosa vuole una donna?

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