Copertina
Autore Sandro Veronesi
Titolo Per dove parte questo treno allegro
EdizioneTheoria, Roma, 1988, Letterature 6
LettoreRenato di Stefano, 1996
Classe narrativa italiana
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Pagina 9 [ inizio libro ]

Il babbo splendeva in un abito grigio, i capelli grigi e fini sollevati dal vento, le braccia dondolanti lungo il corpo in quel modo che faceva sembrare il suo passo sempre frettoloso. Non lo vedevo da quasi un anno, e trovai che somigliasse piú del solito a Robert Mitchum, ma forse era la consapevolezza di vederlo sconfitto a ingigantire la somiglianza. Del resto quelle palpebre pesanti e quella fossetta sul mento lo avevano sempre fatto somigliare a Robert Mitchum, fin dalle foto della sua giovinezza sparse nei cassetti, e se adesso lui pareva molto invecchiato anche Mitchum lo era, e le loro due facce continuavano a confondersi nella medesima bellezza, solo piú anziana.

Una volta, addirittura, la cameriera di un Mottagrill gli aveva chiesto un autografo. Io ero piccolo e la mamma mi stava sgridando in inglese, forse fu per quello che la cameriera si confuse. Ricordo con quanta ammirazione ci guardava, tutti e tre, mentre il babbo si cavava d'impiccio scrivendo su un sottobicchiere le sue iniziali, R. M., cosí da non deluderla ma nemmeno mentirle. E mi è capitato molte volte di pensare alla cura con cui dev'essere stato conservato quel sottobicchiere, alla quantità di persone cui le cifre di mio padre, negli anni, saranno state mostrate.

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Pagina 186 [ fine libro ]

Sentivo rollare la strada sotto di me, e nelle orecchie avevo il rombo inconfondibile, volgare, di tutte le Alfa Romeo. Siate felici. Cercai di proiettarmi fuori dall'abitacolo, per assistere a tutta la scena nelle mie vesti preferite, di spettatore. Una Giulietta presa a nolo che sfrecciava verso la Svizzera, inghiottita dal grande esodo di ferragosto. Un padre che guidava, dopo aver gettato via un dente e mezzo miliardo. Un figlio disteso accanto a lui, con addosso sia il dente sia il mezzo miliardo. La scena riuscivo a immaginarla, ma da un punto di vista lontano, altissimo, perduto nel cielo. Come essere aggrappati a quel dirigibile che andava a morire. Ed ecco che, di nuovo, per dare piú forza a una scena vera finivo per trasformarla in una finta e pensavo a un film. Di quelli tristi. In bianco e nero. Con una musica lirica di sottofondo, un'opera cantata da una donna sconosciuta e bellissima.

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