Copertina
Autore Paolo Villani
Titolo Kojiki
SottotitoloUn racconto di antichi eventi
EdizioneMarsilio, Venezia, 2006, Letteratura universale , pag. 176, cop.fle., dim. 12x18,2x1,1 cm , Isbn 978-88-317-8982-0
OriginaleKojiki
CuratorePaolo Villani
TraduttorePaolo Villani
LettoreGiovanna Bacci, 2006
Classe classici giapponesi
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Indice


 11 Introduzione
    di Paolo Villani

 31 KOJIKI. UN RACCONTO DI ANTICHI EVENTI

167 Note



 

 

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Pagina 11

INTRODUZIONE



Il Kojiki, verosimilmente completato nell'anno 712, è la più antica opera della letteratura giapponese. Le storie che narra iniziano con l'emergere delle isole del Giappone dal caos primordiale, e si chiudono con le righe dedicate a Toyomikekashikiya, regina dal 592 al 628, e meglio nota poi come Suiko. Yasumaro, il nobile di corte probabile compilatore del Kojiki, nel memoriale concepito per presentare l'opera al trono e inserito in apertura del primo capitolo, ci fornisce le poche, e purtroppo non esaurienti, notizie che possediamo a proposito del processo di compilazione. Egli descrive dapprima un periodo della storia del Giappone di cui potrebbe avere esperienza diretta. È il 672. La guerra civile innescata nell'estate di quell'anno da una lotta per la successione al trono è vinta da Tenmu. Yasumaro descrive le gesta della campagna militare, che potrebbe avergli procurato, direttamente o attraverso il padre, il titolo nobiliare al valore con cui si firma alla fine del memoriale. Poi parla della premura di Tenmu per una revisione di testi fondamentali da tramandare, mondati da errori, ai posteri, e del conseguente incarico dato ad Are, cortigiano di grandi capacità intellettuali e mnemoniche, di studiare quei testi. Il lavoro di Are tornerà utile quando Yasumaro, su ordine impartitogli dal trono, redige il Kojiki. Siamo ormai nel quarto anno Wadó (711), Yasumaro esegue dunque il volere della regina Genmei, nipote di Tenmu, e lo porta a compimento l'anno seguente.

Il memoriale al trono di Yasumaro permette più di una ipotesi sull'accaduto. Forse Are legge i testi, ovvero ne studia il fluire di caratteri cinesi in modo da poterli rendere nella esatta pronuncia giapponese, o addirittura recitare a memoria. A Yasumaro spetterebbe stilare una edizione graficamente aggiornata della puntuale lezione di Are. Ma bisognerebbe credere ché le correzioni, che tanto a cuore stanno a Tenmu, riguardino solo l'ortografia. Mancando riferimenti più precisi, si tende a pensare che la risistemazione testuale avvenga nel corso di una generale revisione storiografica messa in cantiere da Tenmu, il quale – sappiamo da altri documenti – incarica nel 681 una dozzina di nobili di stabilire un testo da annali dinastici e racconti della remota antichità, fonti in effetti nominalmente molto simili a quelle citate da Yasumaro. Attenendosi alle informazioni contenute nel memoriale si può però anche intendere che sia Tenmu in persona a correggere i manoscritti a disposizione adoperando Are come una specie di repertorio parlante, una memoria orale da consultare. È in effetti inverosimile che al tempo qualcuno oltre il monarca possa decidere cosa cambiare in documenti di quella rilevanza per la dinastia. Are ovvierebbe alla difficoltà di lettura di testi stilisticamente eterogenei e privi di criteri ortografici stabili. Tenmu, per individuare i punti su cui intervenire, sfrutterebbe le doti intellettuali del cortigiano facendogli recitare a comando il contenuto delle fonti, e facendogli memorizzare la versione modificata.

Comunque il lavoro, interrotto – non sappiamo in che fase – dalla morte del sovrano nel 686, riprenderebbe, per volere di Genmei, dopo un intervallo di venticinque anni che Yasumaro non sente il bisogno di motivare. Fra le circostanze che potrebbero spingere Genmei a realizzare il progetto di Tenmu è da annoverare la sua decisione nel 708 di inaugurare un nuovo periodo annuo, chiamato «rame fino» (wadó) poiché deve immortalare la scoperta di un prezioso giacimento da cui si estrae il metallo già puro. E poi lo spostamento della capitale a Heijó (Nara) nel 710. L'importanza di entrambi gli eventi rende plausibile che Genmei voglia suggellare il suo regno con un terzo evento memorabile. Altre ipotesi giungono a conclusioni analoghe aggiungendo una dose di nostalgia alle motivazioni di Genmei. La regina è poco entusiasta della nuova epoca, dello spostamento della capitale, forse anche del programma di riforme statali perseguito in quegli anni da élite politiche determinate a sottrarre funzioni di governo alla dinastia regnante. Considera un periodo invidiabile per il potere assoluto del sovrano il buon tempo andato di Tenmu e, grazie al completamento del suo progetto, lenisce la propria ansia per il futuro.

Trattandosi della prima opera della letteratura giapponese, le numerose incertezze riguardanti il processo di redazione del Kojiki non meravigliano. Anche la data del 712 secondo gli studiosi più scettici è dubbia, soprattutto a causa del relativo ritardo della tradizione manoscritta oggi conosciuta. Il dibattito sulla autenticità del Kojiki, ormai plurisecolare, gode di maggiore vivacità negli anni '70 del 1900, prima della scoperta cioè, nel 1979, della iscrizione funeraria di Yasumaro contenente dati sul personaggio coerenti con quelli presenti in altri documenti, fra cui il memoriale di suo pugno premesso al Kojiki. Neanche questa prova archeologica ha convinto del tutto chi afferma che l'opera, o almeno il memoriale, sarebbe un apocrifo del nono secolo. Mai è stato tuttavia filologicamente dimostrato che il Kojiki sia stato redatto sensibilmente dopo la data tradizionale. Al contrario, l'accuratezza del testo nel registrare otto fonemi vocalici, ossia (oltre a e u) la doppia serie di e, i e o del giapponese arcaico poi scomparsa, rende inverosimile l'ipotesi di falso.

Il Kojiki si chiude con le brevi notizie su Suiko, e il sipario cala prima che possa entrare in scena Jomei, il sovrano successivo, padre di Tenmu, al quale si fa solo un soffuso accenno («Il sovrano che resse il regno sedendo nella reggia di Wokamoto», p. 164). Ciò probabilmente in ragione di una coscienza cronologica. Gli avvenimenti accaduti durante il regno del genitore sono avvertiti da Tenmu, quando egli dà il via al lavoro che porterà al Kojiki, come parte di un «presente» inadatto a un racconto di antichi eventi. Possiamo in effetti individuare l'oggi al quale di tanto in tanto si accenna nel Kojiki nel periodo compreso fra gli anni 628 e 686 circa. Da questo «presente» l'opera guarda indietro seguendo una tripartizione basata sulla concezione allora in auge del tempo: un primo capitolo dedicato a vicende sovrumane di un tempo sacro, un secondo dedicato a vicende di un tempo lontano, scandito dal succedersi di sovrani parzialmente sovrumani, un terzo dedicato a vicende di un tempo vicino, scandito dal succedersi di sovrani tendenzialmente umani.

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Pagina 46

Il maestoso e svelto Susanowo si fece dare da Amaterasu grande sovrana e sacra il prezioso e fitto grappolo di vistose gemme tornite che le adornavano la crocchia sinistra del capo, le sciacquò ticchettanti agitandole nella celestiale polla, e le triturò bene masticandole. Nei nebbiosi vapori che sputò fuori spuntò l'essere che chiamiamo sua altezza il celestiale Oshihomimi rapido sole della giusta vittoria. Si fece dare le gemme che le adornavano la crocchia destra e le triturò bene masticandole. Nei nebbiosi vapori che sputò fuori spuntò l'essere che chiamiamo sua altezza Amenohohi. Si fece dare le gemme che le adornavano la ghirlanda e le triturò bene masticandole. Nei nebbiosi vapori che sputò fuori spuntò l'essere che chiamiamo sua altezza il principe Amatsu. Si fece dare le gemme che le adornavano il braccio sinistro e le triturò bene masticandole. Nei nebbiosi vapori che sputò fuori spuntò l'essere che chiamiamo sua altezza il principe Ikutsu. Si fece dare le gemme che le adornavano il braccio destro e le triturò bene masticandole. Nei nebbiosi vapori che sputò fuori spuntò l'essere che chiamiamo sua altezza Kumanokusubi.

Amaterasu grande sovrana e sacra disse al maestoso e svelto Susanowo:

«I cinque maschi sono nati da cose mie, dunque sono miei figli, le tre femmine invece – volle precisare – sono nate da cose tue, dunque sono tue figlie».

Sua altezza la principessa Takiri sta nel santuario più interno a Munakata, sua altezza la principessa isola Ichiki sta nel santuario centrale a Munakata, sua altezza la principessa Takitsu sta nel santuario più esterno a Munakata. Sono insomma le tre patrone della famiglia Munakata. Sua altezza Amenohohi ebbe un figlio, sua altezza Hiratori il rude avo dei luogotenenti di Izumo, di Muzashí, di Unakami superiore, di Unakami inferiore, di Ijimu, dei notabili di Tsushima, e dei luogotenenti di Afumi ulteriore. Sua altezza il principe Amatsu è avo dei luogotenenti di Ohoshikafuchi, dei capitani Nukatabeyuwe, dei luogotenenti di Ubaraki, dei notabili Tanaka di Yamato, dei luogotenenti di Yamashiro, di Umakuta, di Michinoshirinokihe, di Suha, di Yamatonoamuchi, dei signori delle terre di Takechi, degli esattori di Kamafu, e dei luogotenenti Sakikusabe.

«Vedi? Ero sincero», disse dal canto suo il maestoso e svelto Susanowo ad Amaterasu grande sovrana e sacra. «La prova è che ho avuto figlie femmine, dalle gracili braccia. Ho vinto!» gridò, ed esultando per la vittoria ruppe gli argini dei campi che Amaterasu grande sovrana e sacra curava e ne ostruì i canali. Poi defecò nella sala ove ella osservava i riti della somma libagione. Amaterasu grande sovrana e sacra non gli rimproverò queste malefatte, si sforzò anzi di giustificarlo:

«Sembra merda, ma in realtà il mio caro fratello si è ubriacato e ha vomitato dappertutto. E nei campi ha rotto gli argini e ostruito i canali convinto che fosse terra tolta alle colture».

Egli tuttavia, a dispetto delle accomodanti parole di lei, invece di farla finita con le cattive azioni, le accentuò e, mentre Amaterasu con fare da grande sacerdotessa presiedeva, nella sala dei vestimenti cerimoniali, alla tessitura dei regali abiti sacri, perforò il tetto dell'edificio e, scuoiato in malo modo un celestiale cavallo maculato, lo scaraventò all'interno. Sconvolta dallo spettacolo la giovane donna che tesseva la magnifica veste si trafisse con la spola il sesso e morì. Amaterasu grande sovrana e sacra, terrorizzata dalla scena, dischiuse la porta della rocciosa stanza del cielo, vi si infilò dentro e vi restò nascosta. Le pianure del sommo cielo si oscurarono e sulle terre immerse nelle pianure di giunco calò il buio. Era sempre notte, brusii di esseri malefici imperversavano come mosche, ed effluvi impazziti spandevano malanni ovunque. Le otto centinaia di miriadi di esseri allora si radunarono in sacra assise sulle sponde del quieto fiume del cielo, e ordinarono al figlio del sacro Takamimusuhi, il sacro Omohikane, di escogitare qualcosa. Si chiamarono a raccolta gli uccelli il cui verso annuncia che la vita continua, e li si fece cantare. Si prese dura roccia dal corso superiore del quieto fiume del cielo e ferro da celestiali miniere montane. Si mandò a cercare il fabbro Amatsumara e gli si fece forgiare uno specchio con l'aiuto della maestosa Ishikoridome. Al maestoso Tamanooya si ordinò di fabbricare fitti grappoli di vistose gemme tornite. I maestosi Amenokoyane e Futodama li si mandò presso il profumato monte del cielo a procurarsi la scapola di un grosso cervo e dell'ottima legna. Celebrarono un sortilegio e ne ebbero il verdetto. Un magnifico arbusto sempreverde sradicato dal profumato monte del cielo servì per sospendere, ai rami in alto, fitti grappoli di vistose gemme tornite, ai rami centrali lo spazioso specchio, e ai rami in basso nastrini di tessuti biancastri e verdognoli. Mentre il maestoso Futodama sosteneva il variegato allestimento, bello grosso e ricco, il maestoso Amenokoyane recitava una magniloquente benedizione e il sacro Amenotajikarawo si andava a nascondere proprio a fianco alla porta. La maestosa Amenouzume appese fresche fronde del profumato monte del cielo alla corda che le rimboccava le maniche, si acconciò la capigliatura con una bella ghirlanda, e adornò le braccia con erbe e foglioline dei bambusa del profumato monte. Sistemò poi presso la porta della rocciosa stanza del cielo un recipiente capovolto, vi batté sopra i piedi con un baccano così assordante da restarne spiritata, fece penzolare fuori le mammelle e abbassò la cintola del vestito fino a mostrare il sesso. Le pianure del sommo cielo sobbalzarono e uno scoppio di risa si levò da tutte le otto centinaia di miriadi di esseri.

Amaterasu grande sovrana e sacra, incuriosita, aprì uno spiraglio nella porta della rocciosa stanza. Restò dentro ma parlò:

«Rinchiudendomi – disse – ho oscurato sia le pianure del cielo sia le terre immerse nelle pianure di giunco. Cosa hanno Amenouzume da fare baldoria e tutte le miriadi di esseri da ridere?»

«È che esiste – le disse allora Amenouzume – un essere meraviglioso che supera perfino te. Così gli offriamo una allegra festa di benvenuto e ce la spassiamo».

Nel frattempo i maestosi Amenokoyane e Futodama avevano avvicinato lo specchio al punto da portarlo alla vista di Amaterasu grande sovrana e sacra, che oramai non sapeva più bene cosa pensare e, sempre più incuriosita, faceva capolino dalla porta e stava per sporgersi oltre. Bastò un attimo allora al sacro Amenotajikarawo, appostato lì vicino, per afferrarle il braccio e tirarla fuori mentre il maestoso Futodama tendeva una corda alle spalle di lei ed esclamava:

«Ora non puoi più chiuderti dentro».

Quando Amaterasu grande sovrana e sacra uscì, le pianure del sommo cielo e le terre immerse nelle pianure di giunco riebbero luce. Le otto centinaia di miriadi di esseri concordarono nel farsi consegnare dal maestoso e svelto Susanowo migliaia di doni in ammenda, lo privarono di barba e di unghie, gli imposero di purificarsi e gli sanzionarono l'esilio. Egli chiese cibo alla sacra principessa Ohoke, la quale tirò fuori dal naso, dalla bocca, e persino dal culo, una quantità di saporiti ingredienti che confezionò in vario modo e gli servì. Ma il maestoso e svelto Susanowo aveva visto come aveva fatto, pensò che gli offrisse porcherie e la uccise. Dal cadavere della sacra principessa crebbero nel capo bachi da seta, negli occhi chicchi di riso, nelle orecchie miglio, nel naso fagioli piccoli, nel sesso orzo, nel culo fagioli grossi. Kamumusuhi, maestoso avo sovrano, ordinò che si andasse a raccogliere quei prodotti e li si coltivasse.

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Pagina 95

Sua altezza Isachi principe di Ikume resse il regno sedendo nella reggia di Tamagaki a Shiki. Dal matrimonio con sua altezza la principessa Sahaji, sorella di sua altezza il principe Saho, il sovrano ebbe sua altezza Homutsuwake. Dal matrimonio con sua altezza la principessa Hibasu, figlia di Tatasumichinoushi principe di Taniha, ebbe sua altezza il principe Inishiki, sua altezza Oshirowake principe di Ohotarashi, sua altezza il principe Ohonaka, sua altezza la principessa Yamato, e sua altezza il principe Wakaki. Dal matrimonio con sua altezza la principessa Nubata, sorella minore di sua altezza la principessa Hibasu, ebbe sua altezza Nutarashiwake e sua altezza il principe Igatarashi. Dal matrimonio con sua altezza la principessa Azami, sorella minore di sua altezza la principessa Nubata, ebbe sua altezza Ikobayawake e sua altezza la principessa di Azami. Dal matrimonio con sua altezza la principessa Kaguya, figlia del principe Ohotsutsukitarine, ebbe il principe Wozabe. Dal matrimonio con la principessa Karihata, figlia di Fuchi delle terre di Yamashiro, ebbe il principe Ochiwake, il principe Ikatarashi e il principe Itoshiwake. Dal matrimonio con la principessa Karihata maggiore, altra figlia di Fuchi, ebbe il principe Ihatsukuwake e sua altezza la principessa Ihatsuku, che chiamiamo anche sua altezza la principessa Futaji. Dei sedici figli del sovrano tredici maschi e tre femmine fu sua altezza Oshirowake principe di Ohotarashi a salire al trono. Il sovrano era altissimo e aveva lunghissime gambe. Sua altezza il principe Inishiki fece costruire le riserve d'acqua di Chinu, di Sayama e di Takatsu a Kusaka. Il sovrano sedé anche in una reggia presso Kahakami a Totori. Fece forgiare mille spade da donare al santuario Isonokami, e istituì il casato Kahakamibe. Sua altezza il principe Ohonaka è avo dei cadetti Yamanohe, Sakikusa, Inaki, Ata, Mino delle terre di Wohari, Ihanashi di Kibi, Koromo, Takasuka, del lignaggio Asuka, e dei cadetti Mure. Sua altezza la principessa Yamato fu addetta al culto presso il massimo santuario di Ise. Il principe Ikobayawake è avo dei cadetti Anahobe di Saho. Sua altezza la principessa di Azami sposò il principe Inase. Il principe Ochiwake è avo dei lignaggi Yama di Wotsuki e Koromo di Mikaha. Il principe Ikatarashi è avo dei lignaggi Yama di Kasuga, Ike di Koshi, e Kasugabe. Il principe Itoshiwake non avendo figli si istituì come sua dotazione il casato Itoshibe. Il principe Ihatsukuwake è avo dei lignaggi Hakuhi e Miwo. Sua altezza la principessa Futaji sposò sua altezza il rude Yamato.

Il sovrano aveva preso in sposa la principessa Saho quando il fratello di lei, principe Saho, le chiese:

«Preferisci tuo marito o tuo fratello?»

«Mio fratello», rispose lei. Al che il principe le propose un intrigo:

«Se davvero preferisci me – disse – saremo noi due a regnare».

Forgiò un pugnale di ottima tempra e nel porgerglielo le disse di usarlo per uccidere il sovrano nel sonno. Sua altezza dormiva, ignaro del complotto, con il capo poggiato sulle ginocchia della sposa. Ella afferrò il pugnale per sgozzarlo e provò tre volte a vibrare il colpo. Una compassione incontenibile le impedì però di ficcargli la lama nel collo. Piangeva, silenziosa, e versava lacrime sul viso del sovrano, che si destò di soprassalto:

«Che strano sogno – disse –. Una pioggia proveniente dalle parti di Saho veniva giù fitta e d'improvviso mi bagnava il volto, mentre una piccola serpe dai colori vivaci mi strisciava sul collo. Cosa vorrà mai dire un sogno del genere?» le chiese, e la sposa non se la sentì di mentire:

«Mio fratello il principe Saho – confessò – mi ha chiesto minaccioso se io preferissi te o lui. E io per debolezza non vado a dirgli di preferire lui? "Noi due regneremo insieme – mi ha detto allora intimidendomi –, devi uccidere il sovrano", e nel dirlo mi dava un pugnale affilatissimo. Ho tentato di usare l'arma per tre volte, ma la compassione mi ha impedito di sgozzarti, e le lacrime mi sgorgavano lambendo il tuo volto. Di certo il tuo sogno è frutto di tutto ciò».

«È mancato poco che non venissi ingannato» esclamò il sovrano, chiamò a sé gli armigeri e mosse contro il principe Saho che aveva eretto la roccaforte Inaki per resistere all'attacco. La principessa Saho, incapace di resistere al fratello, fuggì da una porta posteriore e si rinchiuse nella roccaforte. Era gravida e il sovrano, intenerito dalla sua gravidanza e dall'amore che per anni li aveva legati, tenne la propria armata nei dintorni senza affrettarsi ad attaccare. La donna partorì, e un giorno pose il figlio in bella mostra fuori della roccaforte e mandò a dire al sovrano:

«Vedi questo bambino? Se credi che sia figlio tuo, devi prendertene cura».

«Odio il fratello, ma la mia sposa continua a essermi cara» sentenziò sua altezza e, con l'intento di riprendersela, raccolse i più forti e agili tra i suoi uomini d'arme e li istruì sul da farsi:

«Prenderete il bambino e anche la madre – ordinò –. Dovete agguantarla, per i capelli o per le braccia poco importa, dovete afferrarla e portarla via da lì».

Ma la donna aveva previsto tutto. Si rase i capelli e li indossò come parrucca. Consumò i fili di gemme dei bracciali con cui si ornò in abbondanza e macerò per benino nell'aceto le vesti che poi indossò come se fossero integre. Quindi uscì dalla roccaforte con il figlio al petto. I guerrieri afferrarono il piccolo e si diedero da fare per catturare la madre. Ma alla loro presa i capelli si staccarono, i bracciali si strapparono, le vesti si stracciarono. Ebbero il bimbo, non la madre. Tornarono per riferire al sovrano della capigliatura posticcia, della fragilità delle vesti, dei fili di gemme che cedevano alla presa, insomma della mancata cattura della sposa e della cattura del figlio. Sua altezza deluso e risentito infierì sui fabbricanti di gemme. Li privò tutti delle terre, per cui l'adagio li chiama "Artigiani senza terra".

Il sovrano interloquì ancora con la sposa:

«È la madre a dare un nome ai figli. Come chiameremo il bambino?»

«È nato in mezzo al fuoco della roccaforte Inaki in fiamme. Lo chiameremo principe Homuchiwake».

«Come gli si darà quanto spetta a un suo pari?»

«Ci vorranno balie per nutrirlo, fargli il bagno, farlo giocare».

«E chi slaccerà la piccola fascia che gli hai avvolto ai fianchi?»

«Le due figlie di Tatasumichinoushi principe di Taniha, che chiamiamo la principessa maggiore e la principessa minore, sono ottime nobildonne. Lo si faccia fare a loro».

Il principe Saho fu messo a morte e sua sorella lo seguì nel destino.

Per intrattenere il principe Homuchiwake lo si cullava sulle acque di Ichishi o di Karu in Yamato in una barchetta ricavata dalla parte biforcuta di un cedro cresciuto presso Ahizu a Wohari. Ma gli pendevano ormai molte spanne di barba e non pronunciava nulla di comprensibile. Accadde tuttavia che nell'udire il verso di un cigno in volo facesse una volta un cenno della bocca come per parlare. Si ordinò allora a Ohotaka da Yamahe di catturare l'uccello. L'uomo si mise a inseguire il cigno. Viaggiò dalle terre di Ki alle terre di Harima, oltrepassò le terre di Inaba, giunse alle terre di Taniha e Tajima, proseguì verso levante fino alle terre di Afumi citeriore, e poi ancora oltre le terre di Mino attraversò le terre di Wohari, riprese l'inseguimento per le terre di Shinano, e solo nelle terre di Koshi riuscì a catturare il volatile e a portarlo a corte in una rete che aveva teso presso la baia di Wanami, che chiamiamo Wanami per questo. In presenza dell'uccello, ci si immaginava, il principe avrebbe detto qualcosa. Ma ci si era illusi. Non disse nulla! Il sovrano era afflitto. Dormì ed ebbe un sogno:

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