Copertina
Autore Kurt Vonnegut
Titolo Baci da 100 dollari
EdizioneIsbn, Milano, 2011 , pag. 224, ill., cop.fle., dim. 14x21,5x1,7 cm , Isbn 978-88-7638-250-5
OriginaleWhile Mortals Sleep
PrefazioneDave Eggers
TraduttoreFrancesco Pacifico
LettoreRenato di Stefano, 2012
Classe narrativa statunitense
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Indice


Prefazione
di Dave Eggers                               7

Jenny                                       13

L'epizootica                                31

Baci da 100 dollari                         39

Tutore della persona                        49

Con la mano sull'acceleratore               59

La riserva delle ragazze                    74

Ruth                                        89

Mentre i mortali dormono                    103

Spegniti, breve candela                     121

Tango                                       133

Bomar                                       146

L'uomo senza rini                           157

Mr. Z                                       163

Diecimila dollari l'anno sicuri             177

La voce del denaro                          190

Gli imbroglioni                             204


 

 

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Pagina 31

L'epizootica



Mentre un numero straordinario di nuove giovani vedove esibivano i loro giardini incolti perché tutti sapessero, nessuna autorità pubblica aveva ancora riconosciuto che la terra era vittima di un'epidemia. La gente comune e la stampa, da tempo abituate a un mondo impazzito, non avevano ancora notato che le cose negli ultimi tempi erano peggiorate sempre di più. Il notiziario era pieno di morte. Il notiziario era sempre stato pieno di morte. Erano state le società di assicurazioni sulla vita le prime a notare cosa stava succedendo, e non c'era da stupirsi. Avevano assicurato milioni di vite a tassi basati su un'aspettativa di vita di sessantotto anni. Ora, in un periodo di sei mesi, l'età media di morte per i maschi americani sposati con più di ventimila dollari di assicurazione sulla vita era crollata alla desolante cifra di quarantasette anni.

«Crollata a quarantasette anni, e sta ancora diminuendo» disse il presidente della Compagnia Americana Affidabile ed Equa per Vita e Infortuni del Connecticut. Il presidente stesso aveva solo quarantasei anni, molto giovane per essere alla testa dell'ottava compagnia di assicurazioni del paese. Era un giovane privo d'umorismo, emaciato e ambizioso, che era stato descritto dal presidente che l'aveva preceduto come «spaventosamente capace». Si chiamava Millikan.

Il presidente prima di lui, che era stato mandato a calci al piano di sopra per gestire il consiglio di amministrazione, si trovava ora con Millikan nella sala del consiglio della compagnia, a Hartford. Era un adorabile vecchio gentiluomo, scapolo da una vita, si chiamava Breed.

La terza persona presente era il Dottor Everett, un giovane epidemiologo dal Dipartimento Salute e Benessere degli Stati Uniti. Era stato il Dottor Everett a dare all'epidemia il nome che si era poi affermato. L'aveva chiamata «l'epizootica». «Quando dice quarantasette anni...» chiese a Millikan «è una cifra esatta?»

«Al momento in effetti ci troviamo a corto di cifre esatte» disse Millikan sarcastico. «Il nostro capo attuario si è ucciso due giorni fa... si è lanciato dalla finestra del suo ufficio.»

«Aveva famiglia?» chiese il Dottor Everett.

«Naturalmente» disse il presidente. «E adesso alla sua famiglia non manca niente, grazie all'assicurazione sulla vita. Tutti i suoi debiti possono essere pagati, la moglie avrà una rendita sicura e adeguata per tutta la vita, e i suoi figli possono andare all'università senza doversi pagare gli studi da soli». Il vecchio disse tutto ciò con triste, greve ironia. «L'assicurazione è una cosa meravigliosa» disse «soprattutto quando è attiva da più di due anni.» Con ciò intendeva che le assicurazioni sulla vita di solito pagavano in caso di suicidio solo dopo due anni che erano state stipulate. «Nessun uomo con famiglia» disse «dovrebbe fare senza.»

«Ha lasciato un biglietto?» disse il Dottor Everett.

«Ne ha lasciati due» disse il presidente. «Uno era per noi, ci consigliava di rimpiazzarlo con una cartomante gitana. L'altro era per la moglie e i figli, e diceva semplicemente "Vi amo più di ogni altra cosa, ho fatto questo perché possiate avere tutto ciò che meritate". Il presidente fece un occhiolino addolorato al Dottor Everett, l'autorità suprema del Paese in fatto di epizootica. «Oserei dire che simili frasi le sono molto familiari, al momento.»

Il Dottor Everett annuì. «Familiari come la varicella per un pediatra» disse stancamente.

Millikan batté il pugno sul tavolo. «Ciò che voglio sapere è cosa sta facendo il governo» disse. «Al tasso di mortalità attuale, questa compagnia fallirà nel giro di otto mesi! Presumo si possa dire lo stesso di ogni compagnia di assicurazioni sulla vita. Cosa intende fare il governo?»

«Lei cosa consiglierebbe di fare, al governo?» disse il Dottor Everett. «Siamo piuttosto aperti ai consigli... è quasi patetico quanto siamo aperti.»

«D'accordo» disse Millikan. «Azione governativa numero uno!»

«Numero uno!» gli fece eco il Dottor Everett, preparandosi a scrivere.

«Far uscire questa malattia allo scoperto, dove possiamo combatterla! Basta segreti!» disse Millikan.

«Splendido!» disse il Dottor Everett. «Convochiamo subito i giornalisti. Terremo una conferenza stampa proprio qui, daremo tutti i fatti e i numeri... Nel giro di pochi minuti il mondo intero saprà. Si rivolse al vecchio presidente: «I moderni sistemi di comunicazione sono meravigliosi, vero?» disse. «Meravigliosi quasi come l'assicurazione sulla vita.» Prese il telefono sul lungo tavolo, lo estrasse dalla sua base. «Qual è il nome del giornale che esce il pomeriggio?» disse.

Millikan gli tolse il telefono di mano e riagganciò.

Everett gli sorrise con aria di finta sorpresa. «Pensavo che fosse il passo numero uno. Intendevo farlo, così potevamo passare direttamente al passo numero due.»

Millikan chiuse gli occhi e si massaggiò il ponte del naso. Il giovane presidente della Compagnia Americana Affidabile ed Equa per Vita e Infortuni aveva parecchio su cui riflettere nella privacy violetta delle sue palpebre. Dopo il passo numero uno, che avrebbe inevitabilmente pubblicizzato la cattiva situazione in cui versavano le compagnie assicurative, sarebbe avvenuto il peggior collasso finanziario della storia del paese. Quanto alla cura per l'epizootica: la pubblicità poteva solo far sì che la malattia uccidesse più rapidamente, avrebbe causato settimane di morti da panico che in tempi ordinari si sarebbero spalmate su un certo numero di anni critici. Quanto a temi più vasti, al fatto che l'America stava diventando debole e deprecabile, ai soldi che venivano considerati più importanti della vita stessa, Millikan se ne curava poco. Quello che gli interessava più di ogni altra cosa era immediato e personale. Tutte le altre implicazioni dell'epizootica impallidivano di fronte al fatto chiaro e inequivocabile che la compagnia stava andando a picco, trascinando con sé la brillante carriera di Millikan.

Il telefono sul tavolo squillò. Breed rispose, ricevette informazioni senza commentare, agganciò. «Altri due aerei si sono appena schiantati» disse. «Uno in Georgia, cinquantatré persone a bordo. Uno in Indiana, ventinove a bordo.»

«Sopravvissuti?» disse Everett.

«Nessuno» disse Breed. «Questo mese fanno undici incidenti... finora.»

«Va bene! Va bene! Va bene!» disse Millikan, alzandosi in piedi. «Azione governativa numero uno: tenere a terra tutti gli aeroplani! Fine del trasporto aereo in generale!»

«Bene!» disse il Dottor Everett. «Dovremmo anche mettere sbarre a tutte le finestre, rimuovere ogni specchio d'acqua dai centri molto popolati, bandire la vendita di armi da fuoco, corde, veleni, rasoi, coltelli, automobili e barche...»

Millikan sprofondò nella sua poltrona, ogni speranza svanita. Prese una fotografia della sua famiglia dal portafoglio, la studiò senza entusiasmo.

Sullo sfondo della fotografia c'era la sua villa vista mare da centomila dollari e, oltre quella, il suo cabinato da quattordici metri ormeggiato in acqua.

«Mi dica» disse Breed al giovane Dottor Everett «lei è sposato?»

«No» disse il Dottor Everett. «Il Governo al momento ha una legge che impedisce agli uomini sposati di fare ricerca sull'epizootica.»

«Ah sì?» disse Breed.

«Hanno scoperto che gli uomini sposati che lavorano sull'epizootica in genere muoiono prima ancora di poter consegnare un rapporto» disse il Dottor Everett. Scosse il capo. «Proprio non capisco, io non capisco. O a volte capisco, e poi di nuovo non capisco.»

«È necessario che il defunto sia sposato perché possiate attribuire la sua morte all'epizootica?» disse Breed.

«Moglie e figli» disse il Dottor Everett. «È lo schema classico. Una moglie da sola non significa molto. Curiosamente, una moglie e un solo figlio neppure.» Scrollò le spalle. «Oh, immagino che i rari casi in cui un uomo è rimasto insolitamente devoto a sua madre o a qualche altro parente, o perfino al suo college, tecnicamente andrebbero classificati come epizootica... Ma casi del genere non sono statisticamente importanti. Per l'epidemiologo, che tratta solo le cifre più eclatanti, l'epizootica imperversa soprattutto tra gli uomini di successo e ambiziosi, con moglie e più di un figlio.

Millikan non provava alcun interesse per la loro conversazione. Con un'indifferenza monumentale, piazzò ora la fotografia della sua famiglia di fronte ai due scapoli. Mostrava una madre piuttosto ordinaria, con tre bambini piuttosto ordinari, uno dei quali ancora neonato.

«Guardate negli occhi queste splendide persone!» disse con voce roca.

Breed e il Dottor Everett si scambiarono un'occhiata afflitta, poi fecero come Millikan aveva detto. Guardarono inespressivi la fotografia, dandosi a vicenda la conferma che Millikan era malato terminale di epizootica.

«Guardate negli occhi queste splendide persone» disse Millikan, che ora suonava tragicamente come il Vecchio Marinaio. «È una cosa che sono sempre stato in grado di fare... fino a oggi» disse. Breed e il Dottor Everett continuarono a fissare quegli occhi poco interessanti, preferendo la loro vista a quella di un uomo che sarebbe morto molto presto.

«Guardate Robert!» ordinò Millikan, parlando del suo figlio maggiore. «Immaginate di dover dire a quel bravo figliolo che non può andare alla Andover, che da ora in poi deve andare alla scuola pubblica! Guardate Nancy!» ordinò, parlando della sua unica figlia femmina. «Niente più cavallo, niente più barca a vela, niente più country club. E guardate il piccolo Marvin fra le braccia della sua cara madre» disse. «Immaginatevi di mettere al mondo una creatura e poi di rendervi conto che non sarete in grado di dargli alcun vantaggio!» La sua voce si fece ruvida di tormento e vergogna. «Quel povero bambino dovrà lottare per ogni centimetro della sua strada!» disse. «Per tutti loro sarà così. Quando la Compagnia Americana Affidabile ed Equa per Vita e Infortuni andrà in rovina, non ci sarà una sola cosa che il loro papà potrà fare per loro! Denti e unghie per tutto il cammino, per ognuno di loro!» gridò.

Ora la voce di Millikan si fece debole per l'orrore. Invitò i due scapoli a guardare sua moglie: un raviolino insipido, pigro e pienotto. «Immaginatevi di avere una donna meravigliosa come questa, una vera compagna che è rimasta con voi nei momenti cupi, che ha dato alla luce i vostri figli e ha dato loro una casa decorosa» disse. «Immaginate» disse dopo un lungo silenzio «immaginate di essere un eroe ai suoi occhi, immaginate di darle tutto ciò che ha desiderato per tutta la vita. E poi immaginate di dirle» sussurrò «che avete perso tutto.»

Millikan sospirò. Corse dalla sala del consiglio fino al proprio ufficio e prese un revolver carico dalla scrivania. Mentre Breed e il Dottor Everett facevano irruzione nella stanza, si fece saltare le cervella, maturando con quel gesto polizze assicurative del valore di un bel milione.

Ed ecco un altro caso di epizootica, la pratica epidemica di suicidarsi per creare ricchezza.

«Sai...» disse l'amministratore delegato, un tempo mi chiedevo cosa sarebbe successo a tutti gli americani come lui, una razza nuova scintillante che credeva che la vita fosse questione di rendere la propria famiglia sempre più ricca, ricchissima, o non la si sarebbe potuta chiamare vita. Spesso mi chiedevo cosa sarebbe stato di loro, se mai fossero tornati i tempi bui, se questi uomini scintillanti di colpo avessero visto i loro redditi netti scendere.» Breed indicò il pavimento. Ora indicò il soffitto. «Invece che salire.»

I tempi brutti erano arrivati: circa quattro mesi prima dell'epizootica.

«Gli uomini a senso unico: progettati solo per salire» disse Breed.

«E le loro mogli a senso unico, e i loro figli a senso unico» disse il Dottor Everett. «Dio santo...» disse, andando alla finestra a guardare l'inverno di Hartford «la principale economia di questo paese ormai è morire per campare.»

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Baci da 100 dollari



D: Le è chiaro che ogni cosa che dirà sarà trascritta dalla stenografa?

R: Sissignore.

D: E che tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei?

R: Chiaro.

D: Nome, età e indirizzo, prego.

R: Henry George Lovell Jr., trentatré anni, vivo al 4121 di North Pennsylvania Street, Indianapolis, Indiana.

D: Occupazione?

R: Fino alle due circa di oggi pomeriggio ero direttore della sezione Registri della sede di Indianapolis della Compagnia Mutua Incidenti e Indennità Eagle dell'Ohio.

D: Nella Circle Tower?

R: Precisamente.

D: Mi conosce?

R: Lei è il Detective Sergente George Miller del Distretto di Polizia di Indianapolis.

D: È stato maltrattato o minacciato di maltrattamenti, o le sono stati proposti favori allo scopo di ottenere questa sua dichiarazione?

R: No, no.

D: Dunque è vero che intorno alle due di questo pomeriggio lei ha aggredito un uomo rispondente al nome di Verne Petrie con un telefono?

R: L'ho colpito in testa con la parte con cui si parla e si ascolta.

D: Quante volte l'ha colpito con tale oggetto?

R: Una volta. L'ho colpito una volta, ma buona.

D: Cosa rappresenta per lei Verne Petrie?

R: Per me Verne Petrie rappresenta tutto ciò che non va nel mondo.

D: Intendo dire, nella struttura dell'azienda, chi era Verne Petrie, per lei?

R: Eravamo allo stesso livello, entrambi appena diventati quadri. Eravamo in sezioni diverse. Lui non era il mio capo, e io non ero il suo.

D: Eravate in competizione per una promozione?

R: No. Eravamo in due campi completamente diversi.

D: Come lo descriverebbe?

R: Vuole che descriva Verne con sentimento o solo per il verbale?

D: Come preferisce.

R: Verne Petrie è un grosso ciccione rosa sui trentacinque. Ha i capelli arancioni liscissimi e due lunghi denti incisivi da castoro. Porta un gilet rosso e fuma uno dopo l'altro dei minuscoli sigari. Spende almeno quindici dollari al mese in giornaletti di ragazze.

D: Giornaletti di ragazze?

R: Uomo in città. Toro. Virile. Vitale. Vigore. Valore Maschile. Ha presente, no?

D: Dunque Verne Petrie spenderebbe quindici dollari al mese per riviste di questo tipo?

R: Come minimo. Quella roba in genere costa cinquanta centesimi se non di più, e non ho mai visto Verne tornare dalla pausa pranzo senza almeno un nuovo numero. A volte addirittura tre alla volta.

D: A lei non piacciono le ragazze?

R: Mi piacciono eccome. Ne vado pazzo. Ne ho sposata una, e ne ho un paio di piccoline adorabili.

D: Perché le dà fastidio che Verne compri queste riviste?

R: Non mi dà fastidio. Mi sembra solo da malati.

D: Malati?

R: Le foto di ragazze per Verne sono come una droga. Insomma, a chi non piace ogni tanto guardare foto di pin-up, ma Verne, lui ne deve comprare a palate. Ci spende una fortuna, e per lui sono più reali di qualunque altra cosa reale. Quando sotto una foto di una pin-up c'è scritto «Vieni a giocare con me, piccolo» o qualcosa del genere, Verne ci crede. Lui davvero crede che la ragazza glielo stia dicendo.

D: È sposato?

R: Con una ragazza dolce, carina e affettuosa. A casa ha una bellissima moglie. Insomma, non parliamo di uno che se ne sta rinchiuso in un ostello per ragazzi.

D: Non c'è mai nient'altro sulle riviste a parte le foto delle ragazze?

R: Oh, certo: altra roba. Non ne ha mai vista una?

D: Lo chiedo a lei.

R: Si assomigliano tutte, più o meno. Hanno tutte almeno una foto grande di una ragazza nuda, di solito proprio nel mezzo. È per questo che la gente compra la rivista, per quella foto. Poi ci sono articoli sulle auto straniere o su come arredare un attico da scapoli o sulla schiavitù dei bianchi a Hong Kong o su come scegliere degli altoparlanti. Ma Verne vuole solo le foto delle ragazze. Per lui, guardare quelle foto è come avere un appuntamento con le ragazze. E poi ci sono le fasce.

D: Prego? Cos'ha detto? Fasce?

R: È un'altra cosa su cui in genere scrivono articoli: la fascia da smoking.

D: Anche lei sembra averli lette con una certa attenzione, queste riviste.

R: Avevo la scrivania proprio accanto a quella di Verne. Le riviste erano sparse ovunque. E ogni volta che ne portava in ufficio una nuova, me la sbatteva sul muso.

D: Gliela sbatteva letteralmente in faccia?

R: Praticamente sì. E diceva sempre la stessa cosa.

D: Cos'è che diceva?

R: Non voglio dirlo di fronte alla signora stenografa.

D: Non può dirlo in altre parole?

R: Verne apriva la rivista alla foto centrale della ragazza e diceva, in altre parole «Cavolo, pagherei cento dollari per baciare una bambola come quella. Tu no?»

D: E la cosa la infastidiva?

R: Dopo un paio d'anni cominciava a darmi sui nervi.

D: Come mai?

R: Perché rivelava un sistema di valori ben poco sviluppato.

D: Si sente il Signore Onnipotente, dotato del potere di andare in giro a correggere i sistemi di valori altrui?

R: Non mi sento il Signore Onnipotente. Non mi sento neppure un buon unitariano.

D: Che ne dice di raccontarci cosa è successo quando è rientrato dal pranzo, oggi pomeriggio?

R: Ho trovato Verne Petrie alla sua scrivania con una nuova copia di Valore Maschile aperta davanti. Era aperta sulla fotografia a doppia pagina di una donna di nome Patty Lee Minot. Indossava un accappatoio di cellophane. Verne ascoltava qualcuno al telefono e guardava le foto. Aveva la mano sul microfono. Mi ha fatto l'occhiolino, come se dal telefono provenissero cose fantastiche. Mi ha fatto segno che dovevo ascoltare la telefonata dal mio apparecchio. Ha steso tre dita per indicarmi di selezionare la linea tre.

D: La linea tre?

R: Nell'ufficio entrano tre linee. Mi sono guardato intorno e ho capito che tutti i telefoni erano sintonizzati sulla linea tre. Tutti, in ufficio, stavano ascoltando. Allora l'ho fatto anch'io, e all'altro capo ho sentito un telefono che dava il segnale di libero.

D: Era il telefono di Patty Lee Minot che squillava a New York?

R: Esatto. Ancora non lo sapevo, ma era proprio quello. Verne ha provato a spiegarmi la cosa. Ha indicato la foto di Patty Lee Minot sulla rivista, poi ha indicato la scrivania di Miss Hackleman.

D: Che c'entrava la scrivania di Miss Hackleman?

R: Miss Hackleman era a casa con il raffreddore, e uno dei custodi del palazzo era seduto alla sua scrivania e usava il suo telefono. Era stato lui a fare la chiamata interurbana che stavamo tutti ascoltando.

D: Lo conosceva?

R: L'avevo già visto nel palazzo. Sapevo il suo nome. Era cucito sulla schiena della salopette. Harry. Ho scoperto poi che il nome per intero era Harry Barker.

D: Lo descriva.

R: Harry? Be', sembra molto più vecchio della sua età. Dimostra sui quarantacinque anni. In verità credo sia più giovane di me. È un bell'uomo, e credo sia stato un buon atleta. Ma diventa calvo in fretta, e ha molte rughe di preoccupazione o di non so che.

D: Dunque ascoltavate il telefono che squillava a New York?.

R: Sì. E per sbaglio ho starnutito.

D: Starnutito?

R: Starnutito. Proprio dentro la cornetta, e tutti hanno fatto un salto, poi qualcuno ha detto «Salute!». Il che ha fatto arrabbiare parecchio Verne Petrie.

D: Cos'ha fatto esattamente?

R: È diventato tutto rosso e ha borbottato. Ha borbottato: «State zitti». Capito? Si è lamentato come uno che non voleva vedersi rovinata una bellissima esperienza da un manipolo di cretini. «Andiamo, gente» si è lamentato «o riagganciate o state zitti. Voglio ascoltare.» E poi qualcuno all'altro capo ha risposto al telefono. Era la domestica di Patty Lee Minot, e l'operatore delle interurbane le ha chiesto se quello era il tal numero e la domestica ha detto che lo era, sì. Per cui l'operatore ha detto: «Ecco il suo numero, signore» e il custode, Harry, si è messo a parlare alla domestica. Harry era tutto nervoso. Faceva un sacco di facce buffe al telefono, come se stesse cercando di decidere che voce fare. «Posso parlare con Miss Melody Arlen Pfitzer, prego?» ha detto. «Miss cosa?» ha detto la domestica. «Miss Melody Arlene Pfitzer» ha detto Harry. «Non c'è nessuna Miss Pfitzer, qui» ha detto la domestica. «Non è il numero di Patty Lee Minot?» ha detto Harry. «Esatto» ha detto la domestica. «Melody Arlene Pfitzer...» ha detto Harry «è il vero nome di Patty Lee Minot.» «Spiacente, non ne so nulla» ha detto la domestica.

D: Chi è Patty Lee Minot?

R: Non lo sa?

D: Glielo chiedo per il verbale.

R: Gliel'ho appena detto: era la ragazza in accappatoio di cellophane sulla rivista di Verne. Era la ragazza nel paginone centrale di Valore Maschile. Direi che la si può definire una starlette di successo. È sempre su tutti i giornaletti di ragazze, a volte è alla televisione, e una volta l'ho vista in un film con Bing Crosby.

D: Continui.

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