Copertina
Autore Kurt Vonnegut
Titolo Cronosisma
EdizioneBompiani, Milano, 1998 , pag. 219, dim. 140x223x18 mm , Isbn 978-88-452-3628-0
OriginaleTimequake [1997]
TraduttoreSergio Claudio Perroni
LettoreRenato di Stefano, 1998
Classe narrativa statunitense
PrimaPagina


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Pagina 9 [ inizio libro ]

Prologo


Nel 1952 Ernest Hemingway pubblicò su Life un racconto lungo intitolato Il vecchio e il mare. Parlava di un pescatore cubano che non aveva pescato niente per ottantaquattro giorni di fila. Il cubano pescò un marlin enorme. Lo uccise e lo legò a una sponda della barchetta. Prima che riuscisse a tornare a riva, tuttavia, gli squali divorarono tutta la carne dallo scheletro.

Quando quel racconto venne pubblicato abitavo al Barnstable Village a Cape Cod. Chiesi a un mio vicino pescatore cosa ne pensasse. Rispose che, secondo lui, il protagonista era un cretino. Avrebbe dovuto tagliar via i pezzi migliori e sistemarli sul fondo della barca, lasciando agli squali il resto del carcame.

Può darsi che gli squali cui pensava Hemingway fossero i critici che non avevano gradito il suo primo romanzo dopo un decennio, Lungo il fiume e tra gli alberi, pubblicato due anni prima. A me non risulta che l'abbia spiegata così, tuttavia il marlin poteva benissimo essere quel romanzo.

Ed eccomi nell'inverno del 1966, autore di un romanzo che non funzionava, che non reggeva, soprattutto che non aveva mai desiderato d'essere scritto. Merde! Su quell'ingrato di un pesce ci avevo speso quasi un decennio. E non era buono nemmeno per gli squali.

Avevo appena compiuto settantatré anni.

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Pagina 12

E adesso il mio ultimo libro è finito, tranne per questa prefazione. Oggi è il 12 novembre 1996, a circa nove mesi, direi, dalla sua data di pubblicazione, dal suo emergere dal canale riproduttivo di una macchina da stampa. Non c'è fretta. Il periodo di gestazione per un elefantino indiano è due volte più lungo. Il periodo di gestazione per un opossum, amici e vicini, è di dodici giorni.

In questo libro sostengo che per il festino nel 2001 sarò ancora vivo. Nel quarantaseiesimo capitolo immagino me stesso ancora vivo nel 2010. Talvolta dico di trovarmi nel 1996, dove in effetti mi trovo, e talvolta di essere in mezzo a una replica conseguente a un cronosisma, senza fare distinzioni precise tra queste due situazioni.

Mi sa che sono pazzo.

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Pagina 13

Chiamatemi Junior. I miei sei figli, ormai adulti, mi chiamano così. Tre sono nipoti che ho adottato, tre sono miei. Mi chiamano junior, ma solo quando non li sento. Pensano che non lo sappia.

Nelle conferenze sostengo che una plausibile missione degli artisti sia quella di far sentire le persone almeno un po' contente di essere vive. A quel punto c'è sempre qualcuno che mi chiede quale artista ci sia riuscito. Io rispondo: "I Beatles."

A mio avviso le più evolute creature terrestri reputano imbarazzante, o anche molto peggio, essere vive. Non mi baso su casi estremi, tipo il finire in croce di qualche idealista. Due donne importanti della mia vita, mia madre e la mia unica sorella, Alice, o Allie, adesso entrambe in Paradiso, odiavano la vita, e lo dicevano. Spesso Allie si metteva a urlare: "Mi arrendo! Mi arrendo!"

L'americano più spassoso della sua epoca, Mark Twain giunto a settant'anni - come me -, giudicava la vita talmente spossante, per sé e per gli altri, da scrivere queste parole: "Da quando sono adulto, mai ho desiderato che un deceduto da me compianto tornasse in vita." Lo ha scritto in un articolo sull'improvvisa morte di sua figlia Jean, avvenuta qualche giorno prima. Tra coloro cui non augurava di risorgere, egli elencava, oltre a Jean, un'altra figlia, Susy, la sua adorata moglie, e il suo migliore amico, Henry Rogers.

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Pagina 31

Io stesso divento una specie di Emily ogni volta che sento quelle parole. Ancora non sono morto, ma c'è un luogo - a mio avviso altrettanto sicuro e semplice, altrettanto chiaro, altrettanto accettabile del Grover's Corners alla fine del secolo, con pendole ticchettanti e mamma e papà e bagni bollenti e abiti appena stirati e tutto il resto - cui io ho già detto addio, addio, ormai da moltissimo tempo.

Ecco cos'era: i primi sette anni della mia vita, avanti che la merda finisse nel ventilatore, prima con la Grande Depressione e poi con la Seconda Guerra Mondiale.

Dicono che la prima cosa che parte quando diventi vecchio è la vista o l'uso delle gambe. Non è vero. La prima cosa che se ne va è la memoria.

Ora mi trovo a farneticare di pezzi di drammi che ormai quasi nessuno ricorda o calcola più, tipo la scena del cimitero in Piccola città, o la partita a poker in Un tram chiamato desiderio di Tennessee Williams, o le parole che la moglie dice, dopo che quell'americano tragicamente comune e goffamente prode si è suicidato, in Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller.

Dice:"Bisogna accorgersi."

In Un tram chiamato desiderio, Blanche DuBois, mentre la portano in manicomio, dopo esser stata violentata dal marito della sorella, dice: "Ho sempre contato sul garbo degli estranei."

Quelle parole, quelle situazioni, quelle persone, nella mia prima età adulta divennero per me delle pietre miliari etiche, e tali sono ancora nell'estate del 1996. Questo avviene perché la prima volta che le vidi e che le udii ero immobilizzato in una congregazione di gente che come me le vedeva e le udiva rapita in un teatro.

Non mi avrebbero impressionato più d'una partita di football se le avessi viste e udite per la prima volta standomene da solo in poltrona a fissare il muso di un tubo catodico.

Nei primi tempi della televisione - quando al massimo c'era da scegliere tra sei canali - storie ben scritte e rappresentate in un tubo catodico potevano ancora farci sentire membri di una rapita congregazione, per quanto potessimo essere soli in casa. A quell'epoca c'erano molte probabilità, con una scelta così limitata, che amici e vicini stessero seguendo il nostro stesso spettacolo, e come noi considerassero la TV un miracolo.

E quella stessa sera potevamo telefonare a un amico e fargli una domanda di cui già conoscevamo la risposta: "L'hai visto? Uau!"

Adesso non più.

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Pagina 33

Per niente al mondo mi sarei perso la Grande Depressione, o la mia parte nella Seconda Guerra Mondiale. Durante il festino, Trout sostenne che, a differenza di altre guerre, la nostra sarebbe sopravvissuta per sempre nello show-business grazie alle divise dei nazisti.

Stroncò le tute mimetiche indossate oggigiorno dai nostri generali davanti alle telecamere, quando descrivono come abbiamo spremuto la merda dal culo di qualche nazione del Terzo Mondo per ragioni di petrolio. "Non riesco a immaginare," disse, "nessuna parte di mondo dove quei ridicoli pigiami possano rendere un soldato meno visibile.

"Evidentemente stiamo preparandoci," aggiunse, "a combattere la Terza Guerra Mondiale in mezzo a un'immane insalata russa."

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Pagina 34

"Dio creò il cielo e la terra," prosegui il vecchio nonché lungamente inedito scrittore di fantascienza. "E la terra era senza forma e vuota, e le tenebre si stendevano sulla superficie della profondità. E lo spirito di Dio si spostò sulla superficie delle acque. Satana avrebbe potuto fare lo stesso, ma l'aveva ritenuta una cosa stupida, un'azione fine a se stessa. Che senso aveva? Dapprima non disse niente.

"Ma cominciò a preoccuparsi di Dio quando lo sentì dire: 'Che sia la luce', e la luce fu. Dovette per forza chiedersi: 'Ma cosa cavolo crede di fare? Dove vuole arrivare, e pensa che io lo aiuti a occuparsi di queste idiozie?'

"A quel punto la merda fini davvero nel ventilatore. Dio creò l'uomo e la donna, deliziose piccole miniature dell'uno e dell'altra, e le lasciò libere per vedere cosa sarebbe stato di esse. Il Paradiso Terrestre," disse Trout, "potrebbe essere considerato il prototipo per il Colosseo e i Ludi Romani."

"Satana," disse, "non poteva disfare nulla di ciò che Dio aveva fatto. Però poteva cercare di rendere l'esistenza meno difficile a quei balocchi. Aveva compreso quello che Dio non aveva capito: essere vivi significa annoiarsi, oppure cacarsi sotto di brutto. Sicché riempì una mela con ogni sorta di idee che potessero quantomeno alleviare la noia, tipo regole per giochi di carte o dadi, e posizioni per scopare, e ricette per birra e vino e whisky, e figure di varie piante fumabili, e via di seguito. E istruzioni su come far musica e cantare e ballare bene e sexy. E su come bestemmiare quando ti pestano i piedi.

"Satana diede la mela a un serpente perché la portasse a Eva. Eva ne prese un morso e la passò ad Adamo. Egli ne prese un morso, e si misero a scopare.

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Pagina 52

"Quello che gli adulti hanno compiuto su altri individui adulti non aveva lasciato dubbi sul fatto che gli umani avrebbero dovuto essere sterminati," disse Trout. "Riferire ad nauseam ciò che essi avevano fatto ai bambini sarebbe stato, per così dire, 'far piovere sul bagnato'."

Azoto pianse sulla propria involontaria complicità con medici e soldati nazisti nei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Potassio narrò storie da far rizzare i capelli sull'Inquisizione spagnola, Calcio parlò degli antichi romani e Ossigeno del mercato degli schiavi.

Sodio disse di averne abbastanza, e che ogni ulteriore testimonianza sarebbe stata come portare vasi a Samo. Presentò una mozione per cui tutti gli elementi chimici coinvolti nella ricerca medica fossero tenuti a combinarsi, appena ne avessero la possibilità, allo scopo di produrre antibiotici sempre più potenti: questi avrebbero indotto gli organismi patogeni a sviluppare nuove forme resistenti agli antibiotici.

Nel giro di qualche anno, predisse Sodio, qualunque malattia umana - incluse l'acne e il prurito inguinale - sarebbe diventata non solo incurabile bensi fatale. "Tutti gli umani moriranno" fu, stando a Trout, ciò che disse Sodio. "Mentre gli elementi saranno nuovamente liberi dal peccato, com'erano all'inizio dell'Universo."

Ferro e Magnesio appoggiarono la mozione di Sodio. Fosforo chiese che il dispositivo venisse messo ai voti. La mozione passò per acclamazione.

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Pagina 79

Alcuni anni fa parlai a una commemorazione di Asimov per conto dell'Associazione degli Umanisti. Dissi: "Adesso Isaac è in Paradiso." Si trattava della cosa più buffa che potessi dire a un pubblico di umanisti. Con quella frase li feci sbudellare dalle risate. La sala era come la corte marziale prima che il Pacifico inghiottisse la terza bomba atomica e il Joy's Pride e tutto il resto nel racconto Non c'è niente da ridere di Kilgore Trout.

Quando sarò morto - Dio ne scampi! - spero che qualche spiritoso dica di me: "Adesso è in Paradiso."

Mi piace dormire. In un altro libro ho pubblicato un nuovo requiem per una vecchia musica, nel quale sostenevo che non è male sperare che l'aldilà sia una gran bella dormita per chiunque. Non vedo alcuna necessità di altre stanze di tortura e partite a Bingo anche lassù nel cielo.

Ieri, mercoledì 3 luglio 1996, ho ricevuto una lettera ben scritta da un tale che non aveva mai chiesto di venire al mondo, e che è stato per svariati anni ospite dei nostri incomparabili istituti di pena, prima come delinquente giovanile e poi come delinquente adulto. Sta per essere consegnato a un mondo dove non ha amici né parenti. Il libero arbitrio sta per rimontare in sella, dopo un intervallo di oltre di dieci anni. Cosa dovrebbe fare?

Io, presidente onorario dell'Associazione degli Umanisti Americani, oggi gli ho risposto cosi: "Trovati una chiesa." Gli ho risposto così perché ciò che serve di più a un adulto derelitto come lui è qualcosa che si avvicini a una famiglia.

Non potrei raccomandare l'umanismo a una persona del genere. Non potrei raccomandarlo alla maggior parte della popolazione del pianeta.

Il filosofo tedesco Friedrich Wilhelm Nietzsche, che aveva la sifilide, disse che solo una persona di profonda fede potrebbe permettersi il lusso dello scetticismo religioso. Gli umanisti - perlopiù gente colta e appartenente alla classe media, con esistenze soddisfacenti come la mia - trovano sufficiente entusiasmo nella conoscenza e nella speranza di tipo secolare. La maggior parte della gente non ci riuscirebbe.

Voltaire - scrittore francese, autore del Candide, quindi l'Abramo degli umanisti - nascondeva ai suoi meno colti e più timorosi contemporanei il proprio disprezzo per la chiesa cattolica, poiché conosceva il potere equilibrante che la religione aveva per loro.

Con una certa trepidazione, nell'estate del 2001 raccontai a Trout del mio consiglio all'uomo in procinto di essere espulso dalla prigione. Mi domandò se in seguito avessi avuto notizie di quel tizio, se avessi saputo cosa ne era stato nei successivi cinque anni: o nei successivi dieci anni, se volevamo contare la replica. Non avevo avuto notizie e non avevo saputo niente.

Mi chiese se, a mia volta, avessi mai tentato di entrare a far parte di qualche congregazione religiosa, giusto per capire di che si trattasse. Lui l'aveva fatto. Gli dissi che il punto più vicino a una simile eventualità fu quando Jill Krementz, la mia seconda moglie, e io pensammo che potesse essere divertente, e anche eccitante, sposarci alla Little Church Around the Corner, una chiesa di culto episcopale sulla East Twenty-ninth Street, vicino alla Fifth Avenue, a Manhattan.

"Quando scoprirono che ero divorziato," dissi, "mi prescrissero ogni sorta di penitenze da fare per purificarmi abbastanza da potermi sposare lì."

"Eccoci qua," disse Trout. "Immagina allora tutte le merdate che dovresti affrontare se fossi un ex galeotto. E anche ammettendo che quel povero figlio di puttana che ti ha scritto abbia trovato una chiesa che lo accolga, rischierebbe ancor più facilmente di tornare in prigione."

"Per cosa?" chiesi. "Per furto nella cassetta dell'elemosina?"

"No," disse Trout. "Per fare un piacere a Gesù Cristo sparando in testa a un medico che lavora in una clinica dove si praticano aborti."

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Pagina 88

Nelle conferenze sostengo sempre che minimo il 50 per cento dei matrimoni americani va a rotoli perché la maggior parte di noi non ha famiglie allargate. Oggi, quando ci si sposa, ci si becca una persona soltanto.

Sostengo che quando una coppia litiga non lo fa per soldi, sesso o potere. Quello che davvero vogliono dire coi loro strepiti è: "Tu non sei abbastanza gente!"

Sigmund Freud disse che non riusciva a capire cosa vogliano le donne. Io so cosa vogliono: un sacco di gente con cui parlare.

Debbo ringraziare Trout anche per la sua teoria dell' ora uomo-donna come unità di misura dell'intimità coniugale. Si tratta di un'ora durante la quale marito e moglie sono vicini abbastanza da essere coscienti l'uno dell'altra, e - se gli va - da dirsi qualcosa senza bisogno di urlare. Nel suo racconto Nozze d'oro, egli scrive che, per potersi concedere un'ora marito-moglie, i coniugi non hanno bisogno di volersi dire qualcosa di preciso.

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Pagina 93

Nella terza edizione dell' Oxford Dictionary of Quotations, al poeta inglese Samuel Taylor Coleridge (1772-1834) viene attribuita la frase: "Quella momentanea, volontaria sospensione dell'incredulità che costituisce la fede poetica." Tale spontanea accettazione di fesserie è essenziale al godimento delle poesie, dei romanzi e dei racconti, e anche dei testi teatrali. Tuttavia alcune asserzioni d'autore sono semplicemente troppo assurde per essere credute.

Chi, per esempio, potrebbe credere a Kilgore Trout quando, ne I miei dieci anni a pilota automatico, scrive: "Nel sistema solare c'è un pianeta i cui abitanti sono talmente scemi da non accorgersi, per un milione di anni, dell'esistenza dell'altra metà del pianeta. Se ne sono accorti solo cinquecento anni fa! Solo cinquecento anni fa! E dire che si danno reciprocamente dell'Homo sapiens!

"Scemi? 'Scemi' è troppo onore. Quelli che abitavano in una delle metà del pianeta erano talmente cretini che non avevano neppure un alfabeto. E non avevano ancora inventato la ruota!"

Dacci un taglio, Mr. Trout.

Si potrebbe ritenere che Trout intenda farsi beffe in particolare degli indiani americani, i quali, a onor del vero, per via della loro stupidità sono già stati abbondantemente penalizzati. Stando a Noam Chomsky, docente al Massachusetts Institute of Technology, dove mio fratello, mio padre e mio nonno si sono laureati a pieni voti, ma dal quale mio zio materno Pete Lieber è stato espulso, "gli attuali studi rilevano la possibile presenza di 80 milioni di indiani americani in America Latina quando Colombo 'scopri' - come si suol dire - il continente, e di altri - in un numero compreso tra tra i 12 e i 15 milioni - a nord del Rio Grande".

Prosegue Chomsky: "Nel 1650, circa il 95 per cento della popolazione originaria dell'America Latina era stato spazzato via, e, al momento della definizione dei confini continentali degli Stati Uniti, della popolazione indigena rimanevano solo 200.000 individui."

Secondo me Trout, lungi dal volersela prendere con i nostri aborigeni, intende sollevare la questione, magari in maniera un po' troppo sottile, se le grandi scoperte, tipo l'esistenza di un altro emisfero o di energia atomica disponibile, davvero abbiano reso la gente più felice.

Per quanto mi riguarda, per esempio, io sostengo che l'energia atomica ha reso la gente molto più infelice di prima, e che dover vivere in un pianeta a due emisferi ha fatto si che i nostri aborigeni fossero molto meno felici, senza peraltro rendere più lieta d'esser viva la gente "ruotata" e "alfabetata" che li ha "scoperti".

Va comunque ricordato che io sono un maniaco monopolare depressivo, discendente da altri maniaci monopolari depressivi. Ecco come mai scrivo così bene.

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Pagina 96

Trout mi disse che il primo racconto che dovette riscrivere, dopo che il cronosisma lo ebbe ricacciato nel 1991, si intitolava La poltiglia. Vi si raccontava di uno scienziato pazzo che si chiamava Fleon Sunoco, e che stava conducendo una ricerca presso il National Institutes of Health di Bethesda, Maryland. Il dottor Sunoco era convinto che le persone molto intelligenti avessero in testa delle piccole radioriceventi, e che le loro idee geniali provenissero da altrove.

"Quei furbi ricevevano aiuto dall'esterno," mi disse Trout a Xanadu. Mentre si immedesimava nel pazzo Sunoco, Trout stesso sembrava persuaso che da qualche parte ci fosse un grosso computer che, per mezzo di impulsi radio, avesse detto a Pitagora dei triangoli retti, a Newton della gravità, a Darwin dell'evoluzionismo, a Pasteur dei germi, a Einstein della relatività, e via di seguito.

"Quel computer lì, dovunque si trovi e qualunque cosa sia, fingendo di aiutarci, potrebbe invece star cercando di ucciderci rifilandoci troppa roba cui pensare," disse Kilgore Trout.

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Pagina 123

I raccontatosi di storie a mezzo inchiostro e carta - non che ancora contino qualcosa - si dividono in due categorie: quella degli "incursori" e quella dei "rifinitori". Gli incursori scrivono la loro storia in fretta, a capofitto, alla brutto dio, come viene viene. Poi ci tornano sopra instancabilmente per sistemare tutto ciò che è venuto male o che non funziona. I rifinitori vanno avanti frase dopo frase, lavorando il periodo finché diventa esattamente come lo volevano, poi passano al successivo. Scritta l'ultima frase, il racconto è terminato.

Io sono un rifinitore. La maggior parte dei narratori maschi appartiene alla categoria dei rifinitori, la maggior parte delle femmine a quella degli incursori. Anche qui, qualcuno dovrebbe approfondire la faccenda. Può darsi che gli scrittori di entrambi i sessi siano nati per diventare incursori o rifinitori.

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Pagina 132

Per metterla in un'altra maniera: non importa quanto uno si creda un gran fico, prima o poi si imbatterà in qualcuno che, nel suo stesso campo, gli aprirà - per così dire - un altro buco dei culo.

Un mio amico d'infanzia, William H.C. "Skip" Failey, morto quattro mesi fa e adesso in Paradiso, al primo anno di liceo aveva ottime ragioni per ritenersi imbattibile a ping-pong. Io, che a ping-pong me la cavo, non mi sarei mai sognato di poter battere Skip. Quando serviva ci metteva tanto di quell'effetto che, per quanto mi sforzassi di rispondere adeguatamente, sapevo già che la pallina mi si sarebbe infilata nel naso o sarebbe schizzata fuori dalla finestra o avrebbe fatto ritorno in fabbrica: sarebbe rimbalzata ovunque fuorché sul tavolo.

Nell'ultimo anno di liceo, tuttavia, Skip giocò contro un nostro compagno di classe, Roger Downs. Alla fine della partita, Skip mi disse: "Roger mi ha aperto un altro buco del culo."

Trentacinque anni dopo stavo tenendo una conferenza in un'università del Colorado, e chi ti trovo tra il pubblico se non Roger Downs? Roger era diventato un uomo d'affari, nonché un rispettato giocatore di tennis nel circuito maschile seniores. Gli ricordai la lezione di ping-pong che aveva inflitto a Skip tanti anni prima.

Roger volle sapere cos'avesse detto Skip dopo quel cappotto. Gli dissi: "Skip ha detto che gli avevi aperto un altro buco del culo."

Roger fu enormemente compiaciuto.

Mi guardai bene dall'approfondire, ma sono certo che quella metafora di tipo chirurgico non gli fosse estranea. Sicuramente, essendo la vita quell'esperimento darwiniano - o "quel cumulo di merda", come la chiama Trout - che è, non doveva essergli nuova l'idea di uscire da un torneo di tennis perché qualcuno gli aveva praticato una colostomia all'autostima.

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Pagina 158

Trout gli si avvicinò gridando: "Sveglia! Sveglia! Il tuo libero arbitrio è tornato, e c'è da lavorare!" E così via.

Niente.

Trout ebbe un'idea! Anziché cercare di mollargli la faccenda del libero arbitrio, nella quale egli per primo non credeva, disse cosi: "Sei stato molto male! Adesso stai di nuovo bene. Sei stato malato. Adesso sei guarito."

Il mantra funzionò!

Trout avrebbe potuto essere un grande pubblicitario. Lo stesso si è detto di Gesù Cristo. La base di ogni buona pubblicità è una promessa credibile. Gesù prometteva tempi migliori nell'altra vita. Trout stava promettendo la stessa identica cosa qui e subito.

Il rigor mortis spirituale di Dudley Prince cominciò a cedere! Trout accelerò il processo dicendogli di schioccare le dita e battere i piedi, e di tirare fuori la lingua e dondolare il culo, e via di seguito.

Trout, che non aveva mai ottenuto neppure un diploma di licenza liceale, era nondimeno divenuto un dottor Frankenstein in carne e ossa.

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Pagina 161

State a sentire: gli studi a Harvard per mio zio Alex non furono, come sono oggi, il trofeo di una microgestita vittoria darwiniana sugli altri. Suo padre, l'architetto Bernard Vonnegut, lo mandò a Harvard per renderlo civile, cosa che riuscì, anche se nel suo caso implicò farsi bistrattare dalla moglie e lavorare come piazzista di assicurazioni per tutta la vita.

Gli sarò eternamente grato - e indirettamente riconoscente a ciò che Harvard dev'esser stata un tempo - per il mio talento nel trovare nei grandi libri, alcuni dei quali molto divertenti, ragioni sufficienti per sentirmi onorato di essere vivo, non importa cos'altro stia succedendo.

Pare che adesso i libri nella forma così amata da zio Alex e da me, scrigni accessibili e maneggevoli, stipati di foglie chiazzate di inchiostro, siano obsoleti. I miei nipoti già stanno svolgendo gran parte delle loro letture tramite parole proiettate sullo schermo di un computer.

Vi prego, vi prego, vi prego, aspettate solo un secondo!

Quando furono inventati, i libri - benché fabbricati con materiali scarsamente lavorati, reperiti nei boschi, nei campi e dagli animali - erano arnesi con un'enorme praticità di stivaggio e una grande potenzialità per la trasmissione di informazioni: tali caratteristiche erano assai vicine a quelle dei più recenti miracoli di Silicon Valley. Ma per accidente, e non per astuto calcolo, i libri, a causa del loro peso e della loro consistenza, e per via della loro dolce e figurata resistenza alla manipolazione, coinvolgono le nostre mani e i nostri occhi, e poi i nostri cervelli e le nostre anime, in un'avventura spirituale che mi dispiacerebbe molto che i miei nipoti non potessero assaporare.

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Pagina 189

Luddista sino all'ultimo, come Kilgore Trout e Ned Ludd, l'operaio forse immaginario che - si dice - all'inizio del diciannovesimo secolo fece a pezzi i macchinari in un opificio nel Leicestershire, Inghilterra, io insisto a picchiettare su una macchina per scrivere manuale. Il che mi pone comunque, tecnologicamente, svariate generazioni avanti a William Styron e Stephen King, i quali, come Trout, scrivono a penna su taccuini a righe.

Correggo a penna o a matita. Telefono a una donna che da anni si occupa di ribattere i miei scritti. Nemmeno lei usa il computer. Forse dovrei licenziarla. Ha traslocato dalla metropoli in una cittadina di campagna. Le chiedo che tempo fa lì da lei. Le chiedo se ha sorpreso qualche uccello strano a beccare nel suo portamangime. Le chiedo se qualche scoiattolo ha trovato il modo per arrivare alla mangiatoia, e cose del genere. Sì, gli scoiattoli hanno trovato il modo per arrivarci. Quando si tratta di mangiare, quelli sono capaci di acrobazie incredibili.

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Pagina 209

Questo non è un romanzo gotico. Il mio compianto amico Borden Deal, un grande romanziere del Sud - tanto del Sud da chiedere al proprio editore di non spedire copie da recensire a nord della linea Mason-Dixon - si dilettava a scrivere romanzi gotici firmandoli con un nom de plume femminile. Gli chiesi una definizione di romanzo gotico. Disse: "Una giovane donna entra in una vecchia casa e si caca addosso dalla paura."

Quando Borden mi disse questa frase ci trovavamo a Vienna, Austria, per un congresso del PEN, l'associazione internazionale degli scrittori fondata dopo la Prima Guerra Mondiale. Continuammo la conversazione parlando dello scrittore tedesco Leopold von Sacher-Masoch, che nei suoi libri della fine del secolo scorso magnificava i piaceri del dolore e dell'umiliazione. Grazie a lui, la lingua moderna comprende il termine "masochismo".

Borden non scriveva soltanto romanzi seri e gotici. Scriveva musica country. Nella sua stanza d'albergo aveva la chitarra, e disse di star lavorando a una canzone intitolata A Vienna non ho mai ballato un valzer. Mi manca, voglio un suo sosia al festino, e voglio sfigati pescatori in barchetta a remi lì al largo, gemelli dei santi Stanley Laurel e Oliver Hardy.

Così sia.

Borden e io cogitammo su scrittori tipo Masoch e il marchese de Sade, che intenzionalmente o accidentalmente hanno ispirato nuove parole. "Sadismo", come tutti sanno, significa provare piacere nell'infliggere dolore ad altri. "Sadomasochismo" significa andar fuori di brocca nell'infliggere dolore ad altri mentre a propria volta si patisce dolore inflitto da altri o da se stessi. Borden disse che oggigiorno non avere a disposizione queste parole sarebbe come cercare di parlare della vita senza disporre di termini per "birra" o "acqua".

L'unico scrittore americano contemporaneo che ci venne in mente per aver forgiato una nuova parola - certo non in quanto famoso pervertito, visto che non lo è - fu Joseph Heller. Il titolo del suo primo romanzo, Comma 22, viene così definito nel Webster: "Una situazione problematico per cui l'unica soluzione possibile è negata da una circostanza inerente al problema."

Leggete il libro!

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Pagina 214

Scelsi due fonti luminose distanti reciprocamente una trentina di centimetri. Una era Polaris. Non ho idea di cosa fosse l'altra. Per quel che ne capivo, poteva tranquillamente essere Puke, la stella grande quanto una capocchia di spillo.

"Luccicano?" mi domandò.

"Certo," risposi.

"Puoi giurarlo?" mi domandò.

"Giurin giuretta," risposi.

"Benone! Ding ding ding!" disse. "E adesso: qualunque corpo celeste rappresentino quei due luccichii è certo che l'Universo è diventato talmente rarefatto che alla luce, per recarsi da uno all'altro, accorrerebbero migliaia o milioni di anni. Ding ding ding! Ma adesso ti chiedo di guardare precisamente a uno, e poi, con naturalezza, di guardare precisamente all'altro."

"Okay," dissi. "Fatto."

"C'è voluto un secondo, no?" disse.

"Non di più," risposi.

"Anche se ci fosse voluta un'ora," disse, "qualcosa sarebbe passata dall'uno all'altro dei due corpi celesti a - stimando per difetto - milioni di volte la velocità della luce."

"E cosa?"

"La tua consapevolezza," disse. "La consapevolezza è una caratteristica nuova dell'Universo, che esiste solo perché esistono gli esseri umani. Da adesso in poi, quando mediteranno sui segreti del cosmo, i fisici dovranno considerare non solo l'energia e il tempo e la materia, ma qualcosa di nuovissimo e superbo: cioè la consapevolezza umana."

Trout tacque, accertandosi tramite il pollice sinistro che la parte superiore della sua dentiera non rischiasse di scivolare mentre pronunciava le ultime parole di quella sera incantata.

Dentiera appostissimo. Questo fu il suo finale: "Ho trovato un termine migliore di 'consapevolezza'," disse. "Chiamiamo quella cosa 'anima'." Tacque.

"Ding ding ding!" disse.

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Pagina 219

Una donna che ha conosciuto Bernie solo nei suoi ultimi dieci giorni, al St. Peter's Hospital di Albany, così descrisse i suoi modi mentre moriva: "raffinati" ed "eleganti". Che fior di fratello!

Che fiori di lingua.

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