Copertina
Autore Marc Walter
CoautoreAlain Rustenholz, Sabine Arqué
Titolo Viaggi intorno al mondo
EdizioneTouring, Milano, 2002 , pag. 320, dim. 220x278x40 mm , Isbn 978-88-365-2697-0
OriginaleVoyages autour du monde
EdizioneChene-Hachette, Paris, 2001
TraduttoreAlessandra Benabbi, Claudia Matthiae, Cristiana Spitali
LettoreRenato di Stefano, 2003
Classe viaggi , storia sociale
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Indice

8    Introduzione al viaggio

14   Tour d'Europa

116  Il Vicino Oriente

164  Dal Bengala a Giava

222  I paesi del Sol Levante

256  Il Nuovo Mondo

314  Indice dei luoghi

316  Indice dei nomi

318  Bibliografia

319  Indice delle citazioni

320  Crediti fotografici e ringraziamenti

 

 

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Pagina 9

«Il viaggio, per me, non è arrivare, ma partire. È il sapore di un nuovo giorno, l'imprevisto del prossimo scalo, il desiderio incessante e mai soddisfatto di conoscere qualcosa di diverso, la curiosità di confrontare i propri sogni con il Mondo, è il domani, l'eterno domani. Parto... Il collo teso, vorrei essere la prua di questa nave sferzata dal vento e spruzzata dai flutti del mare.» (Roland Dorgelès, Partir...)

A tutti i sognatori impenitenti, agli avventurieri tranquilli, ai viaggiatori in transito sul pianeta Terra, offriamo un viaggio fatto di immagini e di letteratura: centocinquant'anni di fotografie, corredate da citazioni di scrittori e viaggiatori, che evocano un mondo perduto e di emozionante bellezza, fragile e sempre più minacciato. Questo lungo periplo attraverso epoche e continenti, ci invita, pagina dopo pagina, a mollare gli ormeggi, a prendere il largo sulla scia dei "cercatori dell'altrove" di ieri e di oggi.

Londra alle prime luci del giorno: un'alba grigia avvolge la città, una nebbiolina giallognola aleggia sul Tamigi, le luci di segnalazione sul fiume si scorgono appena. È un mattino da fine del mondo su cui non sorgerà mai il sole, ed ecco sopraggiungere, violento, il desiderio di partire, di imbarcarsi, laggiù, su uno di quei piroscafi che lasciano le banchine e si allontanano verso il mare nel mugghiare delle sirene. Non è un caso che, nel XIX secolo, i primi turisti si siano imbarcati a Londra e nei porti dell'Europa del Nord alla volta di lidi più ospitali, dapprima le coste del Mediterraneo, l'Italia, la Grecia, poi l'Oriente, l'Egitto, la Palestina, le Indie - come ancora venivano chiamate all'epoca - e la Cina, il Giappone, l'Australia...

Ovunque, nei loro racconti di viaggio, affiora il desiderio di fuggire dalle grandi metropoli e dai loro fumi nauseabondi, ovunque risuona il richiamo di un "altrove" pittoresco, caldo, luminoso, profumato e sereno. Fare le valige e partire, cambiare aria, abitudini, lasciare Londra, Parigi o New York per qualche settimana o qualche mese diretti a Istanbul, Singapore, Macao, oppure in Africa, lasciandosi cullare dalle onde o trasportare veloci dall' Orient Express e dalla Tansiberiana. Vagabondare in piena libertà, contemplare il tramonto sull'Oceano o sull'Atlante, udire lingue sconosciute, osservare volti diversi, seguire le carovane sino ai confini del deserto...

Tempi felici in cui il Pianeta era ancora tutto da scoprire e paesaggi incontaminati si offrivano nel loro splendore originario; ma anche tempi moderni, in cui velocità e comodità si alleavano affinché questa scoperta avvenisse in condizioni idilliache, in cui l'avventura era ancora contemplata nei rischi del viaggio e nell'imprevisto, e tuttavia priva dei pericoli che avevano caratterizzato le esplorazioni dei secoli precedenti.

Eppure, a partire dal primo decennio del Novecento, gli adepti del Grand Tour o dei viaggi in Oriente mostrano segni di scontento: si lamentano di aver incontrato la famiglia Smith al Cairo o i Rogers a Calcutta; giunti fin lì per sentirsi fuori dal proprio mondo, deplorano l'affluenza dei nuovi turisti sulle rive del Nilo o sull'Acropoli... Nella Morte di File, resoconto del suo viaggio in Egitto del 1907, Loti scrive: «Povera Luxor! Lungo gli argini c'è una fila di battelli turistici, casermoni a due o tre piani, che ai nostri giorni infestano il Nilo dal Cairo alle cateratte, e fischiano, e le dinamo fanno un'intollerabile fracasso trepidante [...].» Forse, si è detto, Loti "ha calcato la mano" in quanto, se non vi è dubbio che gli enormi progressi delle ferrovie e della navigazione a vapore abbiano reso il viaggiò - seppur in maniera assai relativa - alla portata dei più, è pur vero che all'inizio del Novecento il turismo di massa non era certamente un argomento di attualità. I vagoni letto, i piroscafi prestigiosi, i grandi alberghi accoglievano privilegiati, aristocratici, diplomatici, membri dell'alta borghesia, uomini d'affari, scrittori e artisti alla moda, alti funzionari o moderni avventurieri in cerca di fortuna, insomma, quanti avevano i mezzi per fuggire, incuranti e curiosi, verso nuovi orizzonti.

Alcuni di loro - personaggi famosi o illustri sconosciuti - hanno provato il desiderio di scrivere un diario di viaggio o di fissare le proprie emozioni su una pellicola. Come non sognare oggi di fronte a queste fotografie, di fronte alla purezza, alla bellezza di questi luoghi inviolati, all'ingenuità di alcune immagini? L'abitudine dei nostri "antenati turisti" di esibirsi volontariamente in costumi arabi ai piedi delle mura di Gerusa1emme o di indossare turbanti davanti al Taj Mahal, era un modo per "fondersi con il paesaggio" per farsi accettare, per sposare i costumi locali adottando l'abbigliamento dei propri ospiti, in un atteggiamento niente affatto provocatorio.

L'età dell'oro dei viaggi di lungo corso, dei transatlantici giganteschi, dei treni di lusso e dei grandi alberghi è ormai finita. Oggi il viaggio inizia all'arrivo: solo la destinazione ha un senso. Si ha fretta di giungere "sul posto", non si visitano più i paesi attraversati, li si sorvola. Si passa senza transizione dall'inverno all'estate, da un aeroporto all'altro, da una civiltà a un'altra e ogni ritardo è vissuto come un'intollerabile perdita di tempo. Allora, stanchi di correre in ogni direzione verso un falso esotismo, sempre più lontani da casa, sempre più di fretta e in gruppi sempre più numerosi, i viaggiatori del terzo millennio rifuggono la folla, i negozi di souvenir, la paccottiglia e la standardizzazione, alla ricerca di percorsi tranquilli in paesaggi incontaminati, di contatti e di scambi, per sentirsi veramente lontani da casa: il vero viaggio, insomma. "Partire per partire" e viaggiare per viaggiare.

Sono colti dalla nostalgia per i meravigliosi mezzi di trasporto di una volta, i "lenti piroscafi", il ritmo ipnotico del treno che corre sui binari... Dove sono gli orizzonti senza fine, le rive ammaliatrici, le scie interminabili dei transatlantici, gli scompartimenti capitonnés dei vagoni letto, l'atmosfera cosmopolita e allegra, serena e al tempo stesso familiare dei leggendari alberghi di lusso? E le verande ombreggiate a picco sul mare, le fresche terrazze, i trilli di uccelli sconosciuti sotto le palme, i pappagalli "clown" del Raffles, l'albergo più esclusivo di Singapore, il ronzio degli insetti nella calura del mezzogiorno...

Lo spirito del viaggio vive in ciascuno di noi. Spesso basta allontanarsi dai sentieri battuti, dagli itinerari imposti. Per ritrovarne l'autenticità, talvolta basta alzarsi presto al mattino o svoltare l'angolo di una strada. L'importante è portare con sé un nuovo sguardo, desiderare lo stupore, la sorpresa, l'abbandono. Lo spirito del viaggio aleggia su queste pagine.

Sabine Arqué

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