Autore J. Rodolfo Wilcock
CoautoreFrancesco Fantasia
Titolo Le nozze di Hitler e Maria Antonietta nell'inferno
EdizioneLucarini, Roma, 1985, Le pagine I grani , pag. 94, cop.fle., dim. 11,5x19,5x0,7 cm
Classe narrativa italiana









 

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Pagina 9

Edoardo VII e il Maestro di Cerimonie passeggiavano cordialmente conversando.

«Fa molto caldo», disse Sua Altezza.

«Fa veramente caldo, milord» ammise il Maestro di Cerimonie.

«Maledettamente».

Nel buio squarciato dai lampi, si udivano boati sommessi, diversamente distanti. A tratti echeggiavano terremoti, seguiti da frane, crolli, scoppi, nubi mefitiche, tra i bagliori verdastri degli incendi che divampavano; sulle lastre ghiacciate. Balze, grotte, ragnatele e venti turbinosi ravvivavano il paesaggio d'altronde invisibile.

«Avete visto il furgoncino postale?» cicalò il Maestro di Cerimonie.

«O Dio, no! Un furgoncino postale, che idea fantastica!».

«Con una vera cassetta per le lettere».

«Ma che delizia, che delizia!».

«Andate a letto?».

«Brutta notte».

«Verissimo».

Ora ai rumori si aggiungeva un ritmico toc, toc... toc, toc,... toc, toc... toc, toc, toc, toc, toc, toc.

«Mi sta dietro con un punteruolo» borbottò Edoardo.

«Infelice episodio, milord» ridacchiò il Maestro di Cerimonie.

«Gli direte che sono molto in collera e naturalmente indignato per la sua inqualificabile condotta».

«A quest'ora sarà chissà dove».

Edoardo VII e il Maestro di Cerimonie fecero ancora due passi e caddero delicatamente nella brace.


***



«Si sta bene qui» sospirò Maria Teresa. «È una tenuta molto grande?».

«Duemila ettari circa...» rispose Giovanna la Pazza.

«Stento a crederlo».

«Ci si può girare in bicicletta per ore e ore... Non è raro che qualcuno si perda...».

«C'è in questi grandi boschi un qualcosa di... non so definirlo».

«Si direbbe una foresta incantata, vero?».

«Qualcosa del genere, ecco. Ma quel sasso? non è pericoloso? Non ci cadrà in testa durante la cerimonia?».

«Balle» obiettò Giovanna la Pazza.

Quasi immediatamente il sasso cadde, non senza rumore.

«E questo sarebbe un posto tranquillo» si dolse Maria Teresa.

«Tutta gente in vista: intellettuali, principesse, poliziotti e frotte di personale televisivo» chiarì Giovanna.

«Proprio come la Costa Azzurra: notti calde e spiagge fresche».

«Non mi piacciono certe spruzzate di materia cerebrale, ma il posto non è male».

«Sarebbe ora di mangiare qualcosetta, non vi pare? Non mi va di stare con i piedi nello scolo tutto il tempo».

«Com'è affettato lo sposo, vero?» suggerì Giovanna la Pazza.

«Per la verità, avrei preferito qualcosa di meno aristocratico per la mia Antonietta».

Nel frattempo erano comparsi un diavolo e il presidente Nasser in compagnia di altri due diavoli con i ferri. Discretamente Maria Teresa e Giovanna si portarono in disparte.

«Ohé voi!» ordinò il primo diavolo. «Buttatemi fuori quel tizio! Appena sarete nella cava, suonategliele. Non troppo forte, ma suonategliele ben bene».

«Alì!» gemette Nasser.

«Sotto, ragazzi!» insistette il diavolo.

«Sotto che cosa?» chiese un altro diavolo. «Sotto non c'è niente».

«Allah!» urlò Nasser.

«Avvertirò il Maestro di Cerimonie» sghignazzò il primo diavolo «che d'ora in poi le consumazioni per voi saranno a pagamento».

Dopo di che scomparvero, come erano venuti, nel buio.

«Non è certo un gran matrimonio» proseguì Giovanna la Pazza.

«Lui ha un discreto gruzzolo, bisogna dire» consentì Maria Teresa.

«Discreto sarebbe se l'Antonia gli volesse bene; ma non gliene vuole. Non credete che abbia vissuto un po' troppo, quell'Hitler? È un peccato. Antonietta è un vero amore».

«Ma non gliene importa niente, degli uomini».

«È ancora giovane, mia cara. Date tempo al tempo. Sapete bene che non ha mai avuto molta tenerezza, povera piccola! Un giorno si compenserà di tutto, prendendosi la sua rivincita: se non adesso, più tardi».

«Quanto al fatto che l'Hitler sia vissuto troppo, mi meraviglio che siate voi a dirlo. Se non sbaglio, nemmeno voi avete scherzato in quel senso».

«E me ne sono pentita» confessò Giovanna la Pazza.

«Certe sere il Cancelliere è incantevolmente macabro».

«Nel buio, soprattutto, è un imponente monumento di attrazione sessuale».

«È fatto così: si abbandona al piacere, più che altro per debolezza, per una specie di indolenza. Non che sia vile: la sua condotta in guerra ne fa fede. Ma ha una sensibilità fin troppo a fior di pelle».

«Io credo» continuò Maria Teresa «che Antonietta si sia innamorata di un tale che ha conosciuto qui, un italiano. Ma il termine innamorata non è troppo esatto. È semplicemente un'infatuazione, una follia. Roba da mezza giornata. È come impazzita per lui, ma si lascerebbe tagliare di nuovo la testa piuttosto che ammetterlo. Di una cosa sono però certa: succederà un pandemonio, se Hitler viene a saperlo. Sarà colpito nel suo solo lato vulnerabile: l'orgoglio».

«Ha cercato di vincersi, poverina» tergiversò Giovanna.

«Vorrebbe tanto farne a meno, davvero: negli ultimi tempi l'ho vista persino pregare».

«Pregare! È davvero impazzita. Proprio quando aveva trovato un partito coi fiocchi! Le ha regalato un furgone postale, nuovo di fabbrica».

«Ma non potete forzare quei due a essere felici insieme!».

«Felici! La felicità non esiste, mia cara, esistono soltanto il dovere e la responsabilità. Se tutto il mondo qui è impazzito, io non lo sono di certo. Maria Antonietta deve sposare il suo fidanzato, altrimenti è finita».

«Attenta alla mareggiata!».

Nonostante l'avvertimento, le due regine vennero travolte e trascinate via da un'enorme massa d'acqua. Ritiratesi le acque, rimasero sulle rocce due diavoli e una diavolessa intenti a torturare la scrittrice Carolina Invernizio.

«Tirate più forte» comandò il capogruppo.

«Pietà!» supplicava Carolina. «Basta! Mi si staccano le braccia dall'omero!».

«Confessa! Confessa! Asciugatele la bava».

«No! No!».

«Sei bellissima nel dolore».

«Ma che devo confessare?» cigolò la romanziera.

«Acqua! Ancora, ancora, no...!».

«Disgustoso» opinò la diavolessa.

«Slegami, fetido verme. Non toccarmi...».

«Sei mia, non posso lasciarti andare» ribadì il capogruppo. «Questa sera il tuo corpo appartiene soltanto a me».

«Sei impazzito!».

«Non sarebbe più facile per tutti che confessaste?» propose l'altro diavolo.

«Porco!».


***



«Salve, cara» salutò Benedetto Croce. «Voi cercate il signor Hitler, no? Beh, sentite, se volete fare una buona azione, correte in palude e trovate qualche scusa per condurlo via... Decisamente, non è bello che, per colpa di una sciocchina come Antonietta, si metta in ridicolo...».

«Ma io non sono venuta per Adolf» squittì la signora Roosevelt. «Non sapevo nemmeno che fosse da queste parti. È Maria Antonietta che desidero vedere! C'è?».

«Sì, ma non potete vederla... Non subito, almeno. È con Adolfo, appunto».

«E che importanza ha? Le ho portato dei bulbi di tulipano».

«Ssst! Sta facendo una proposta! Molto probabilmente starà lì a balbettare in modo orribile: non rendiamogli le cose difficili, poveretto. Parlare il meno possibile, è sempre stato il mio motto» fantasticò Croce.

«Una proposta? Che proposta?».

«Di matrimonio. A Maria. Non chiedetemi perché. Credo che sia giunto all'età pericolosa. Non saprei trovare altra spiegazione».

«Sposare Antonietta? Quell'animale? Alla sua età?».

«Dice che si sente nel pieno vigore delle sue forze».

«Lui? Ma se è vecchio decrepito!».

«Niente affatto. Ha cinque anni meno di me. Le ha fatto un regalo di nozze sardanapalesco...».

«E la poveretta crede ancora nell'aldilà!».

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