Autore J. Rodolfo Wilcock
Titolo Lo stereoscopio dei solitari
EdizioneAdelphi, Milano, 1972, , pag. 200, cop.fle., dim. 14x22x1,5 cm
LettoreRenato di Stefano, 1972
Classe narrativa italiana












 

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Indice


La strada                    11

Il centauro                  13

Èrmeta                       17

Gli specchi                  19

La dispensatrice             23


[...]


L'aruspice                  185

Gli amanti                  189

Il tuono                    191

I vestiti                   193

Le forme nuove              195



 

 

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Pagina 11

LA STRADA





Chi avrà costruito questa strada? Secoli fa, prima che le foreste invadessero questi luoghi oggi deserti, il nostro popolo costruiva strade; per arrivare al mare, forse. Ancora la chiamano la strada del mare, benché finisca sotto quei monti come divorata dalla natura.

Telso ha preso la strada del mare, si è fatto tardi, la nebbia avvolge gli alberi. A un tratto il viandante si imbatte in un bivio; strano, perché sulla strada del mare non ci sono bivi. Proprio all'angolo un uomo aspetta, con un cappuccio in testa; nella penombra, non gli si vede bene la faccia. La solitudine genera gli dèi. Telso ha una lampadina tascabile, ma non osa illuminare il viso dell'incappucciato; potrebbe essere un'antica divinità delle strade o dei boschi. «Salve,» dice l'uomo «vedo che lei cerca una locanda». Telso era partito di casa con l'intenzione di camminare tutta la notte, eppure si lascia condurre dallo sconosciuto.

Giunti alla locanda, una casupola tetra nascosta tra gli abeti, quasi una capanna, l'uomo fa entrare Telso e gli presenta la sua famiglia: la moglie, due bambini e una ragazzina con trecce lunghe del colore del pane. Gli indicano un lettino in un angolo; è tutta qui, la locanda. Il giovane ha finalmente visto la faccia dell'uomo; non è la faccia di un dio, semmai quella di un contadino. Irritato, Telso sfodera la spada e uccide l'uno dopo l'altro tutti i membri di questa famiglia fintroppo convenzionale; ultima a morire è la ragazza, che si inginocchia davanti al viaggiatore e gli chiede di risparmiarla. Allora Telso si apre il giubbotto e fa vedere il petto, anch'esso ferito e insanguinato. La fanciulla gli lecca rispettosamente il sangue del petto, ma Telso è troppo irritato, dovrà tornare nel buio, ritrovare la strada, il tempo perduto non si ricupera mai. Alla luce della candela meschina, sgozza anche la ragazza; nelle trecce calde pulisce la spada sporca di sangue, poi esce dalla capanna. Fuori si è levato il vento, gli alberi si dimenano in una danza malvagia, sussurri e fischi riempiono il bosco, sugli abeti impazziti volano le nuvole nere verso un orizzonte lattiginoso.

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