Copertina
Autore Marguerite Yourcenar
Titolo Alexis
Sottotitoloo il trattato della lotta vana
EdizioneFeltrinelli, Milano, 1983 [1962], Impronte 2 , pag. 96, dim. 125x195x8 mm , Isbn 978-88-07-05002-2
OriginaleAlexis ou le traité du vain combat
EdizioneGallimard, Paris, 1971
TraduttoreMaria Luisa Spaziani
LettoreRenato di Stefano, 1988
Classe narrativa francese
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 15 [ inizio libro ]

Questa lettera, amica mia, sarà lunghissima. Non mi piace troppo scrivere. Ho letto sovente che le parole tradiscono il pensiero, ma mi sembra che le parole scritte lo tradiscano ancor di piú. Tu sai ciò che resta di un testo dopo due successive traduzioni. E poi, io non sono abile. Scrivere è una scelta perpetua tra mille espressioni, nessuna delle quali, avulsa dalle altre, mi soddisfa completamente. Eppure dovrei sapere che soltanto la musica permette il concatenarsi degli accordi. Una lettera, anche la piú lunga, costringe a semplificare ciò che non avrebbe dovuto essere semplificato: si è sempre cosí poco chiari quando si tenta di essere esaurienti! Qui vorrei fare uno sforzo, non soltanto di sincerità, ma anche di esattezza; ce ne saranno cancellature in queste pagine; ce ne sono già. Ciò che ti chiedo (la sola cosa che ti possa chiedere ancora) è di non saltare alcuna di queste righe che mi saranno costate tanto. Se è difficile vivere, e ancora piú difficile spiegare la propria vita.

Meglio sarebbe, forse, che io non me ne andassi senza una parola, come per vergogna, o come se tu avessi compreso. Avrei fatto meglio a spiegarmi a voce bassa, lentissimamente, nell'intimità di una stanza, in quell'ora senza luce in cui ci si vede cosí poco da osar quasi confessare tutto. Ma ti conosco, amica mia. Tu sei molto buona. In un racconto di questo genere c'è qualcosa di pietoso che può spingere all'intenerimento; avendomi compatito, crederesti di avermi compreso. Ti conosco. Vorresti risparmiarmi ciò che ha di umiliante una spiegazione cosí lunga; m'interromperesti troppo presto; io avrei la debolezza, a ogni frase, di sperare d'essere interrotto. Tu hai inoltre un'altra qualità (un difetto, forse) di cui parlerò fra poco e di cui non voglio piú abusare. Sono troppo colpevole nei tuoi riguardi per non obbligarmi a porre una distanza tra me stesso e la tua pietà.

Non si tratta della mia arte. Tu non leggi i giornali, ma qualche amico comune deve averti informata che avevo raggiunto il cosiddetto successo, ossia molta gente che mi loda senza avermi ascoltato, e qualcuno senza capirmi. Non si tratta di questo. Si tratta di qualcosa, non proprio di piú intimo (che posso avere di piú intimo della mia opera?), ma che mi sembra píú intimo perché l'ho tenuto nascosto. Di piú miserando, soprattutto. Ma, lo vedi, sto esitando; ogni parola che scrivo mi allontana un po' di piú da quel che volevo esprimere in principio; ciò prova soltanto che il coraggio mi manca. Anche la semplicità mi manca. Mi è sempre mancata. Ma neppure la vita è semplice, e non è colpa mia. E soltanto la certezza che tu non sei felice mi persuade a continuare. Noi abbiamo tanto mentito, e tanto sofferto della menzogna, che non c'è poi troppo rischio a provare se la sincerità guarisce.

| << |  <  |