Copertina
Autore Bruno Zevi
Titolo Saper vedere l'architettura
SottotitoloSaggio sull'interpretazione spaziale dell'architettura
EdizioneEinaudi, Torino, 1964 [1948], Saggi 96 , pag. 204, dim. 160x215x27 mm
LettoreRenato di Stefano, 1966
Classe architettura , storia della scienza , arte
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Indice

I.   L'ignoranza dell'architettura       p.  13

II.  Lo spazio, protagonista
     dell'architettura                       21

III. La rappresentazione dello spazio        35

IV.  Le diverse età dello spazio             53

La scala umana dei greci                     56
Lo spazio statico di Roma antica             59
La direttrice umana dello spazio cristiano   63
L'accelerazione direzionale e la dilatazione
    di Bisanzio                              66
La barbarica interruzione dei ritmi          70
La metrica romanica                          73
I contrasti dimensionali e la continuità
    spaziale del gotico                      76
Le leggi e le misure dello spazio del
    Quattrocento                             81
Volumetria e plastica cinquecentesca         87
Il movimento e l'interpenetrazione nello
    spazio barocco                           92
Lo spazio urbanistico dell'Ottocento         97
La «pianta libera» e lo spazio organico
    dell'età moderna                        100

V.   Le interpretazioni dell'architettura   109

L'interpretazione politica                  112
L'interpretazione filosofico-religiosa      114
L'interpretazione scientifica               115
L'interpretazione economico-sociale         116
Interpretazioni materialistiche             119
L'interpretazione tecnica                   123
Le interpretazioni fisio-psicologiche       125
L'interpretazione formalista                131
Dell'interpretazione spaziale               142

VI.  Per una storia moderna
     dell'architettura                      153

Note                                        161
Bibliografia                                169
Indice dei nomi citati                      187
Indice dei luoghi e dei monumenti citati    191
Indice delle illustrazioni nel testo        195
Indice delle tavole fuori testo             197


 

 

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Pagina 21

Lo spazio, protagonista dell'architettura



La mancanza di una soddisfacente storia dell'architettura deriva dalla disabitudine della maggioranza degli uomini di intendere lo spazio, e dall'insuccesso degli storici e dei critici dell'architettura nell'applicare e diffondere un coerente metodo di studio spaziale degli edifici.

Tutti coloro che hanno anche fuggevolmente riflettuto sull'argomento sanno che il carattere precipuo dell'architettura - il carattere per cui essa si distingue dalle altre attività artistiche - sta nel suo agire con un vocabolario tridimensionale che include l'uomo. La pittura agisce su due dimensioni, anche se può suggerirne tre o quattro. La scultura agisce su tre dimensioni, ma l'uomo ne resta all'esterno, separato, guarda dal di fuori le tre dimensioni. L'architettura invece è come una grande scultura scavata nel cui interno l'uomo penetra e cammina.

Quando volete costruire una casa, l'architetto vi presenta una prospettiva di una sua veduta esterna e magari un'altra della stanza di soggiorno. Poi vi sottopone piante, facciate e sezioni, cioè rappresenta il volume architettonico scomponendolo nei piani che lo racchiudono e lo dividono: pareti esterne ed interne, piani verticali e orizzontali. Dall'uso di questo metodo rappresentativo, riportato nei libri tecnici di storia dell'architettura e aggettivato nei testi popolari di storia dell'arte con fotografie, deriva in larga misura la nostra ineducazione spaziale.

La pianta di un edificio non è infatti che un'astratta proiezione sul piano orizzontale di tutte le sue mura, una realtà che nessuno vede se non sulla carta, la cui ultima giustificazione dipende dalla necessità di misurare, per gli operai che devono eseguire materialmente il lavoro, le distanze tra i vari elementi della costruzione. Le facciate e gli spaccati, interni ed esterne, servono a misurare le altezze. Ma l'architettura non deriva da una somma di larghezze, lunghezze e altezze degli elementi costruttivi che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto, dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e vivono. In altre parole, noi adoperiamo come rappresentazione dell'architettura il trasferimento pratico che l'architetto fa delle misure che la definiscono per uso del costruttore. Ai fini del saper vedere l'architettura, ciò equivale pressappoco ad un metodo che, per illustrare una pittura, desse le dimensioni della cornice o calcolasse le spaziature dei vari colori riproducendole staccatamente.

È ovvio che una poesia è qualche cosa di piú che una somma di bei versi; quando la giudicate, ne studiate il contesto, l'insieme, e anche se poi procedete all'analisi dei singoli versi, fate questa analisi in funzione e in nome di quell'insieme. Chi si vuole iniziare allo studio dell'architettura deve anzitutto comprendere che una pianta può essere astrattamerite bella sulla carta, quattro facciate possono apparire ben studiate per equilibrio dei pieni e dei vuoti, di aggetti e di rientranze, il volume complessivo può anche essere proporzionato, eppure l'edificio può risultare povera architettura. Lo spazio interno, quello spazio che, come vedremo nel prossimo capitolo, non può essere rappresentato compiutamente in nessuna forma, che non può essere appreso e vissuto se non per esperienza diretta, è il protagonista del fatto architettonico. Impossesarsi dello spazio, saperlo «vedere», costituisce la chiave d'ingresso alla comprensione degli edifici. Fino a che non avremo imparato non solo a comprenderlo in sede teorica, ma ad applicarlo come elemento sostanziale nella critica architettonica, una storia e perciò un godimento dell'architettura non ci saranno che vagamente concessi. Ci dibatteremo in un linguaggio critico che giudica gli edifici in termini propri della pittura e della scultura, e tutt'al piú elogeremo lo spazio astrattamente immaginato e non concretamente sentito. Gli studi e le ricerche si limiteranno ai contributi filologici - i dati sociali, cioè della funzione, i dati costruttivi, cioè della tecnica, i dati volumetrici e decorativi, cioè della plastica e della pittura - certamente assai utili, ma inefficaci a far intendere il valore dell'architettura una volta che se ne dimentichi l'essenza, il sostantivo che è lo spazio. Continueremo ad adoperare parole come «ritmo», «scala», «balance», «massa» nel vago, fino a che non avremo dato loro uno specifico punto di applicazione nella realtà in cui si concreta l'architettura: lo spazio.

Una parte immensa e certamente sproporzionata delle pagine sull'architettura che si trovano nelle storie scolastiche dell'arte è dedicata alla storia scultorea, alla storia pittorica, alla storia sociale, magari alla storia psicologica (attraverso lo studio della personalità degli autori) degli edifici, non alla loro realtà architettonica, alla loro essenza spaziale. Questo materiale è senza dubbio prezioso: per chi ignora l'inglese e intende leggere l' Amleto, è utilissimo imparare il significato di ogni parola, poi attraverso lo studio dei verbi cogliere il senso delle frasi, poi conoscere la storia britannica del XVI secolo e le vicende materiali e psicologiche della vita di Shakespeare. Ma sarebbe assurdo dimenticare, durante questa laboriosa preparazione, il suo motivo originale e il suo ultimo scopo, che è quello di rivivere il tragico poema. Tutto il lavoro archeologico-storico e filologico-critico in tanto è utile in quanto prepara e arricchisce la possibilità sintetica di una storia dell'architettura.

Che cos'è l'architettura? E, ciò che piú interessa ora, che cos'è la non-architettura? È esatta l'identificazione tra architettura e edilizia artistica, e non-architettura e edilizia brutta? In altre parole, la distinzione tra architettura e non-architettura si basa su un giudizio meramente estetico? E che cos'è questo spazio protagonista dell'architettura? Quante sono le sue dimensioni?

Queste sono le immediate domande che si pongono alla critica architettonica. Vediamo di rispondere cominciando dall'ultima che è la piú specifica.

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