Copertina
Autore Jean Ziegler
Titolo La privatizzazione del mondo
SottotitoloPadroni, predatori e mercenari del mercato globale
EdizioneMarco Tropea, Milano, 2003, Le Querce , pag. 320, dim. 138x210x28 mm , Isbn 978-88-438-0398-9
OriginaleLes nouveaux maitres du monde et ceux qui leur résistent
EdizioneLibrairie Arthème Fayard, -, 2002
TraduttoreMonica Fiorini
LettoreRenato di Stefano, 2003
Classe sociologia , economia , globalizzazione
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Indice

Prefazione. La storia mondiale
            della mia anima               11

PRIMA PARTE. La globalizzazione.
             Storia e concetti            19

    1. Un'economia di arcipelago          21
    2. L'impero                           32
    3. L'ideologia dei signori            51

SECONDA PARTE. I predatori                75

    1. Il denaro insanguinato             77
    2. La morte dello stato               95
    3. La distruzione degli uomini       104
    4. La devastazione della natura      114
    5. La corruzione                     120
    6. Il paradiso dei pirati            133

TERZA PARTE. I mercenari                 141

    1. Il WTO come macchina da guerra    143
    2. Un pianista alla Banca mondiale   162
    3. I piromani del FMI                179
    4. Le popolazioni non redditizie     196
    5. L'arroganza                       215

QUARTA PARTE. Democratizzare il mondo    221

    1. La speranza: una nuova società
       civile planetaria                 223
    2. Il principio di generosità        229
    3. Fronti di resistenza              241
    4. Le armi della lotta               253
    5. La terra e la libertà             267

Conclusione. L'alba                      281
Note                                     291
Ringraziamenti                           315

 

 

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Pagina 11

Prefazione
La storia mondiale della mia anima



La giornata si annunciava splendida. Erano le sei e un quarto del 3 agosto. Un sole rosso sorgeva sull'aeroporto di Bruxelles-Zaventem. Il Boeing 747 della Sabena atterrò in orario. Mentre i passeggeri, con gli occhi ancora pieni di sonno, scendevano la scaletta per raggiungere le due navette, un controllore in tuta bianca fece il giro dell'apparecchio.

Dal vano del carrello di atterraggio sinistro uscivano tre dita di una mano, aggrappate al bordo della paratia. Il controllore si avvicinò e nel carrello di atterraggio scoprì i corpi rannicchiati di due adolescenti, neri e fragili, con i tratti del viso irrigiditi dal terrore. Erano quelli di Fodé Touré Keita e Alacine Keita, due ragazzi di quindici e quattordici anni, provenienti dalla Guinea, che indossavano solo un paio di pantaloncini, sandali e camicia.

Il vano principale del carrello di un Boeing 747 contiene sedici grosse ruote. Il compartimento, ampio e alto due metri, si può aprire solo dalla cabina di pilotaggio, ma quando l'aereo si trova sulla pista chiunque, purché riesca a eludere la sorveglianza del personale addetto alla manutenzione, può intrufolarvisi.

Durante il volo, a velocità di crociera, un Boeing 747 raggiunge gli undicimila metri; a quell'altezza la temperatura esterna è di cinquanta gradi sotto zero.

I due adolescenti erano probabilmente entrati nel vano del carrello durante lo scalo a Conakry.

Nella tasca della camicia di Fodé, il controllore trovò un foglio, accuratamente ripiegato e coperto da una scrittura incerta:

Se vedete che noi sacrifichiamo e rischiamo la nostra vita, è perché soffriamo troppo in Africa e abbiamo bisogno di voi per lottare contro la povertà e mettere fine alla guerra in Africa. Ma vogliamo studiare e vi chiediamo di aiutarci per essere come voi, in Africa...

Infine vi preghiamo di scusarci molto per aver osato scrivervi questa lettera, a voi, grandi personaggi a cui dobbiamo molto rispetto. E non dimenticate che è con voi che dobbiamo lamentarci della debolezza della nostra forza in Africa.

In questo inizio di millennio le oligarchie capitaliste transcontinentali regnano sull'universo. Le loro azioni quotidiane e gli argomenti con cui si legittimano sono radicalmente contrari agli interessi dell'immensa maggioranza degli abitanti della terra.

La globalizzazione realizza la fusione progressiva e forzata delle economie nazionali in un mercato capitalista mondiale e in un cyberspazio unificato. Questo processo provoca una crescita eccezionale delle forze produttive. In ogni istante vengono prodotte immense ricchezze. Il modo di produzione e di accumulazione capitalistico dà segni di una creatività, di una vitalità e di una forza assolutamente stupefacenti, e senza dubbio degne di ammirazione.

In poco meno di un decennio, il prodotto mondiale lordo è raddoppiato e il volume del commercio mondiale è triplicato, mentre il consumo di energia raddoppia in media ogni quattro anni.

Per la prima volta nella sua storia, l'umanità gode di una grande abbondanza di beni e il pianeta è schiacciato dal peso della sua ricchezza. I beni disponibili superano di molte migliaia di volte i bisogni incoercibili degli esseri umani.

Ma anche i massacri si moltiplicano.

I quattro cavalieri dell'Apocalisse del sottosviluppo, la fame, la sete, le epidemie e la guerra, distruggono ogni anno più uomini, donne e bambini di quanto non abbia fatto in sei anni la Seconda guerra mondiale. Per i popoli del Terzo mondo, la "Terza guerra mondiale" è già in corso.

Ogni giorno sulla terra circa centomila persone muoiono di fame o delle sue conseguenze immediate. 826 milioni di persone sono oggi cronicamente e gravemente sottoalimentati; di questi, 34 milioni vivono nei paesi economicamente sviluppati del Nord, mentre la maggioranza, 515 milioni, vive in Asia, dove rappresenta il 24 percento della popolazione totale. Ma se si considera la proporzione delle vittime, è l'Africa subsahariana a pagare il tributo più pesante: 186 milioni di esseri umani, il 34 percento della popolazione totale della regione, sono in permanenza gravemente sotto alimentati. La maggior parte di loro soffre di quella che la FAO definisce "fame estrema", in quanto la loro razione giornaliera è in media trecento calorie al di sotto del regime di sopravvivenza in condizioni sopportabili. I paesi più gravemente colpiti dalla fame estrema si trovano nell'Africa subsahariana (diciotto paesi), nei Caraibi (Haiti) e in Asia (Afghanistan, Bangladesh, Corea del Nord e Mongolia).

Sulla terra ogni sette secondi un bambino al di sotto dei dieci anni muore di fame.

[...]

I signori del capitale globalizzato esercitano su questi miliardi di persone un diritto di vita e di morte. Con le loro strategie di investimento, le loro speculazioni monetarie, le loro alleanze politiche, decidono, giorno dopo giorno, chi ha il diritto di vivere su questo pianeta e chi è condannato a morire.

L'apparato di dominio e di sfruttamento mondiale che le oligarchie hanno eretto a partire dagli anni novanta è caratterizzato da un estremo pragmatismo, è fortemente segmentato e ha una scarsa coerenza strutturale; presenta inoltre una straordinaria complessità e numerose contraddizioni interne. Nel suo seno, fazioni opposte si combattono. Una concorrenza feroce domina tutto il sistema, tra di loro i signori si abbandonano a omeriche battaglie.

Le loro armi sono le fusioni forzate, le offerte pubbliche di acquisto ostili, la costituzione di oligopoli, la distruzione dell'avversario attraverso il dumping o tramite campagne di diffamazione ad hominem. L'assassinio è più raro, ma i signori non esitano a farvi ricorso all'occorrenza.

[...]

Come si può definire il potere degli oligarchi? Qual è la sua struttura? Qual è la sua portata storica? Quali sono le sue strategie e le sue tattiche?

Come fanno a restare dove sono i signori dell'universo, quando l'immoralità che li guida e il cinismo che li ispira sono sotto gli occhi di tutti? Qual è il segreto del loro fascino e del loro potere?

Com'è possibile che su un pianeta colmo di ricchezze centinaia di milioni di esseri umani ogni anno siano condannati alla miseria estrema, alla morte violenta, alla disperazione?

È a tutte queste domande che il mio libro cerca di dare risposte.

[...]

Franz Kafka scrive questa frase enigmatica: "Lontano, lontano da te, si svolge la storia mondiale, la storia mondiale della tua anima".

Io sono l'Altro, l'Altro sono Io. L'Altro è lo specchio che permette all'Io di riconoscersi. La sua distruzione distrugge anche la mia umanità. La sua sofferenza mi fa soffrire, anche se cerco di proteggermi da essa.

Oggi la miseria degli umili cresce e l'arroganza dei potenti diventa insopportabile. La storia mondiale della mia anima somiglia a un incubo. Ma, sulle ali della colomba, la rivoluzione si avvicina. Scrivendo voglio contribuire a delegittimare la doxa dei padroni.


Questo libro è composto da quattro parti. La prima esplora la storia della globalizzazione, il ruolo dell'impero americano e dell'ideologia dei padroni. Il predatore è la figura centrale del mercato capitalista globalizzato, la sua avidità ne è il motore.

Il predatore accumula denaro, annienta lo stato, distrugge la natura e gli esseri umani, corrompe gli agenti di cui ha bisogno fra i popoli che domina e crea sulla terra paradisi fiscali riservati al suo uso esclusivo. Alle manovre dei predatori è dedicata la seconda parte.

L'ordine dei predatori ha al suo servizio mercenari fedeli ed efficienti. Sono i pompieri piromani del Fondo monetario internazionale, i seguaci della Banca mondiale e del l'Organizzazione mondiale del commercio. La terza parte di questo libro analizza la loro attività.

Una nuova società civile planetaria, unita da una misteriosa fraternità della notte, sorge dalle macerie dello stato-nazione. Contesta radicalmente l'impero dei predatori. Organizza la resistenza. È composta da molteplici fronti di rifiuto. Le sue lotte fanno nascere un'immensa speranza. A queste lotte è dedicata la quarta parte. José Marti scrive: "Es la ora de los hornos / Y solo hay que ver la luz" (Questa è l'ora dei bracieri / di cui si deve vedere solo la luce).

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Pagina 179

3
I piromani del FMI



Quella del Fondo monetario internazionale (FMI) è una democrazia di tipo particolare. I 183 stati membri votano ognuno secondo il proprio potere finanziario: one dollar, one vote. Questo fa sì che gli Stati Uniti detengano da soli il 17 percento dei voti. La potenza finanziaria e il ruolo del dollaro come moneta di riserva internazionale conferiscono loro un peso determinante all'interno dell'organizzazione.

I mercenari del FMI sono i pompieri del sistema finanziario internazionale, ma all'occasione non esitano a trasformarsi in piromani.

In un periodo di crisi acuta, intervenendo su piazze finanziarie esotiche, vigilano soprattutto affinché nessuno speculatore internazionale perda il suo investimento iniziale. Un commentatore britannico riassume così la situazione: "So when sceptics accuse rich-country governments of being mainly concerned with bailing out western banks when financial crisis strikes in the world, they have a point" (Quando alcuni scettici accusano i governi dei paesi più ricchi di voler soprattutto evitare perdite alle banche occidentali nei periodi di crisi, hanno ragione).

Sono perfettamente conscio dell'importanza delle questioni che il FMI tenta di risolvere. È necessario cercare di raggiungere la stabilità monetaria e dei cambi. Ma d'altro canto molti paesi, e in particolare i 49 paesi più poveri, non sono in grado di finanziare nemmeno un minimo di infrastrutture, situazione che ostacola il loro sviluppo. È dunque normale che il FMI rifletta su questo problema, anche perché negli stessi paesi bisogna poi far fronte all'inefficienza di un settore pubblico spesso ipertrofico, alla corruzione ecc. Ma se il FMI affronta problemi reali, i suoi metodi sono sbagliati.

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Pagina 188

Le privatizzazioni sono al centro del dogma dei signori e dei loro mercenari. Ogni volta che un ministro va a Washington per mendicare un prolungamento del credito, gli avvoltoi del FMI gli strappano un nuovo brandello dell'industria o del settore pubblico del suo paese.

Il metodo è sempre lo stesso. Il FMI esige - e ottiene - la vendita alle società transnazionali, di solito statunitensi o europee, di industrie o imprese di servizi (assicurazioni, trasporti ecc.) che appartengono a un settore redditizio. I settori non redditizi dell'economia restano, beninteso, nelle mani del governo locale.

Anche da questo punto di vista il Brasile ha fatto progressi eclatanti. In otto anni di regno, il presidente Fernando Henrique Cardoso ha svenduto praticamente tutto il solido e redditizio settore pubblico. Con una sola eccezione, per ora: la società nazionale Petrobras, difesa con le unghie e con i denti dai suoi dipendenti e dai loro sindacati.

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Pagina 212

Con commovente malafede, i pompieri-piromani del FMI dicono: «Ma noi rispettiamo scrupolosamente la piena sovranità di ogni stato. Non imponiamo niente a nessuno. Ci accusate a torto!». E in senso stretto hanno ragione. Il meccanismo di asservimento che mettono in opera salvaguarda in effetti le apparenze della non ingerenza negli affari interni dei vari stati.

Osserviamo le cose più da vicino.

Un paese è soffocato dal debito? Si trova sull'orlo del fallimento? Non può più finanziare la prossima rata di ammortamento e tanto meno pagare gli interessi in scadenza? Il suo ministro delle Finanze rifà l'umiliante pellegrinaggio a Washington per elemosinare la concessione di nuovi crediti urgenti, una moratoria o un rifinanziamento. Che cosa accade allora?

[...]

Per ragioni evidenti non posso riprodurre testualmente le parole di questo primo ministro tuttora in carica. Più tardi però un ex ministro mi parlerà di quegli stessi pellegrinaggi, e lui posso citarlo: «Una corte medievale è un modello di democrazia in confronto agli uffici del FMI. Attese interminabili! Ordini trasmessi con voce dura. Disprezzo appena velato per la sedicente incompetenza dei ministri postulanti! Volete denaro fresco? Firmate la dichiarazione d'intenti!».

La "dichiarazione d'intenti" (letter of intent) è l'arma suprema del FMI. È l'arma del ricatto. In cosa consiste? La dichiarazione di intenti contiene una lista di riforme interne, riduzioni del bilancio, aggiustamenti fiscali ecc. che il FMI "propone" al governo postulante del PMA. L'insieme prende il nome di "piano di aggiustamento strutturale".

Gli avvoltoi impongono riforme stereotipate: "disciplina fiscale", "trasparenza del bilancio", privatizzazione delle industrie e delle risorse nazionali, liquidazione dei servizi pubblici (gli ospedali e le scuole, in particolare, devono essere a pagamento).

La firma di questa lettera e, in concreto, l'accoglimento dei suoi contenuti nella legislazione nazionale condizionano il parere che il FMI darà al cartello dei creditori.

Nessun PMA sfugge alla camicia di forza dei satrapi di Washington.

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Pagina 215

5
L'arroganza



Scrive Paul Valéry: "I fatti non penetrano in un mondo in cui abitano le credenze".

Il funzionamento mentale dei mercenari, in particolare di quelli della Banca mondiale e del FMI, costituisce per me un enigma inesauribile e appassionante. Al contrario dei loro padroni, i predatori, i mercenari non sono motivati in primo luogo dall'ebbrezza del potere e dalla cupidigia. Sono innanzitutto integralisti della doxa monetarista, ideologi prigionieri di una visione del mondo e di un modello di analisi che fa di loro i perfetti giannizzeri dell'impero americano.

Molti funzionari sono veri e propri missionari. Per la maggior parte si tratta di persone molto competenti, che hanno fatto lunghi studi universitari, di solito brillanti. La Banca mondiale e il FMI reclutano il loro personale praticamente solo nelle grandi università nordamericane. Per entrare al n. 1818 di H Street Northwest, a Washington, è preferibile avere un PhD (dottorato) di una prestigiosa università degli Stati Uniti. La nazionalità non è importante, tranne che per i dirigenti di livello più elevato.

In qualsiasi banca, società di gestione dei patrimoni o agenzia di cambio di Wall Street, di Milano, di Francoforte o di Londra, questi giovani, uomini e donne, potrebbero aspirare a uno stipendio cinque volte superiore a quello che prendono alla Banca mondiale o al FMI. No, i dirigenti medi e medio-alti della Banca mondiale non vivono - e non si comportano - da nababbi. Il loro stipendio netto è pari a 85mila-95mila dollari l'anno. La vita è cara a Washington: un dirigente spende per l'affitto almeno tremila dollari al mese, considerando una famiglia con un solo figlio. Eppure queste persone si consacrano anima e corpo alla loro missione.

[...]

Ma due strade dietro il Campidoglio inizia un altro mondo, e una frontiera invisibile passa tra i tigli e attraversa l'asfalto bruciato. «Don't go there, please», mi dice il senatore di New York che, con infinita gentilezza, mi ha fatto visitare il sotterraneo, i saloni e la sala di riunione della Camera alta. Per "there" (laggiù) intende i quartieri neri, il ghetto, una terra miserabile devastata dal crack, dall'alcol e dal crimine dove vive la maggior parte degli abitanti di Washington.

Quasi tutti gli integralisti della Banca mondiale e del FMI non ci mettono mai piede. Così come ignorano il Terzo mondo al di là del mare, sono ciechi di fronte alla miseria che si estende a due passi dai loro uffici climatizzati.

Su Pennsylvania Avenue cerco disperatamente un taxi che accetti di portarmi "laggiù". Per circa mezz'ora ricevo solo rifiuti. Il calore è soffocante, l'asfalto fonde. Finalmente un etiope si ferma. Parliamo degli eventi più recenti di Addis Abeba, poi, con prudenza, comincio a contrattare. Scuote la testa, poi cambia idea e mi dice: «D'accordo. Ma nessuna fermata laggiù. E scelgo io in quali strade passare».

È così che ho intravisto un universo di carcasse di automobili, edifici sventrati e privi di vetri, laceri ragazzini neri con lo sguardo spento dal crack.

La miseria del mondo lambisce la soglia della Casa Bianca. Per una strana maledizione, l'impero non riesce a nascondere del tutto le sue innumerevoli vittime quotidiane. Come onde di un oceano maledetto, vengono a infrangersi a qualche passo dal Campidoglio.

Ma i mercenari delle istituzioni di Bretton Woods sono decisamente ciechi, sordi e privi di odorato. Non percepiscono le vittime che fabbricano ogni giorno.

Nessun dubbio turba le loro coscienze.

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Pagina 283

Ponendo sotto tutela lo stato nazionale, erodendo la sua capacità normativa, le oligarchie regnanti del capitale globalizzato non riportano le società aggredita allo stato di natura; dalle rovine della società politica non rinasce, come per incanto, la società del passato. Pensate alle megalopoli dell'emisfero sud!

Ovunque migliaia di bambini abbandonati sniffano colla per ingannare la fame, errano per le strade, subiscono le violenze della polizia, gli stupri, le torture, soffrono, si disperano e spesso muoiono prima di arrivare all'adolescenza.

Nelle sordide favelas di Sao Paulo, nei ranchos di Caracas, nelle barilladas di Lima, nelle shanty towns di Kampala o nelle bidonville di Bombay, le famiglie intatte sono rare. E che cosa accade alla solidarietà più estesa che nasce dall'appartenenza clanica o tribale? Sbriciolata, scomparsa, cancellata dalla memoria.

La prostituzione delle donne e degli adolescenti è un flagello diffuso nelle megalopoli: si tratta quasi sempre di prostituzione dovuta all'estrema povertà, praticata da madri di famiglia per nutrire i figli, o da ragazze e ragazzi su cui incombe la responsabilità della sopravvivenza dei loro fratelli e sorelle più piccoli.

Là dove i seguaci dell'impero la fanno da padroni tutta la vita sociale organizzata scompare.

Con quali conseguenze politiche?

L'universalizzazione con la forza del "consenso di Washington" provoca un trasferimento di sovranità. Anche se l'involucro istituzionale degli stati resta intatto, il potere che si esercitava attraverso le istituzioni statali passa progressivamente nelle mani degli apparati del capitale finanziario. Sono i signori stessi ad aver battezzato questo potere stateless global governance.

La situazione è in effetti più complicata di quanto un simile enunciato non lasci intendere. Ci troviamo di fronte a un teatro di ombre. Nella vetrina dell'attualità sono gli stati ad agitarsi. Il Consiglio generale del WTO è composto da 144 rappresenti dei relativi stati. Lo stesso accade alla Banca mondiale: gli stati nominano i governatori e i supplenti. Idem per il FMI. Anche in questo caso gli stati amministrano formalmente l'istituzione e ne definiscono le strategie.

Ma è solo apparenza. La realtà è un'altra. Prendiamo per esempio l'Unione europea, una delle due potenze dominanti (accanto agli Stati Uniti) delle istituzioni di Bretton Woods e del WTO. Le strategie di negoziazione e la politica planetaria dell'UE, come abbiamo visto, sono fissate dal "Comitato 133", un'istanza non ufficiale che non figura negli statuti e nei trattati dell'UE. Questo non impedisce affatto che, prima di ogni nuovo round di negoziazioni, il Comitato armonizzi gli interessi e i punti di vista delle principali società transnazionali e dei gruppi finanziari europei.

In altre parole, gli stati restano le figure di riferimento, ma i loro rappresentanti esercitano sempre meno un potere reale. L'azione di quasi tutti i governi, del Sud come del Nord, è oggi subordinata alla razionalità del capitale finanziario globalizzato.

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Pagina 288

Sul New York TImes Magazine, Thomas Friedman esige dai combattenti della speranza un programma dettagliato e la spiegazione delle tappe della sua realizzazione. Il Forum economico mondiale gli fa eco. Il suo presidente, Klaus Schwab, vuole conoscere immediatamente i progetti precisi del "mondo diverso" e ingiunge ai movimenti di svelare il loro programma, in mancanza del quale "nessun dialogo" sarebbe possibile.

Come risposta, più di sessantamila uomini e donne, provenienti dai cinque continenti e appartenenti a più di duemila movimenti sociali diversi, si sono incontrati nel 2002 al secondo Forum sociale mondiale di Porto Alegre, in Brasile. Le loro richieste: abolizione del FMI e del WTO; eliminazione dei paradisi fiscali, delle rating agencies e dell'indipendenza delle banche centrali; chiusura della borsa delle materie prime agricole di Chicago; divieto di brevettare il vivente e gli OGM; annullamento senza contropartita del debito estero dei paesi del Terzo mondo; introduzione della Tobin Tax e del controllo pubblico sulle fusioni tra imprese; creazione, all'interno dell'ONU, di un Consiglio di sicurezza per gli affari economici e sociali; rivendicazione dei diritti umani economici, sociali e culturali e loro equivalenza con i diritti civili.

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