Autore Paolo Albani
Titolo Umorismo involontario
EdizioneQuodlibet, Macerata, 2016, Compagnia Extra 55 , pag. 284, ill., cop.fle., dim. 12,2x19x2,2 cm , Isbn 978-88-7462-830-8
LettoreDavide Allodi, 2016
Classe umorismo , scienze improbabili












 

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Indice


       9    Premessa

      15    Umorismo involontario

     269    Bibliografia
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Pagina 39

Bushismo. Il giornalista politico statunitense Jacob Weisberg (1964) ha raccolto una serie di frasi sconclusionate, —> papere, espressioni colloquiali prive di ogni logica, pronunciate da George W. Bush (1946), presidente degli Stati Uniti negli anni 2001-2009, coniando al riguardo il termine bushismo. A volte si tratta di veri e propri —> spoonerismi («le darriere boganali»), con il classico scambio di lettere iniziali fra due parole, come se in italiano uno dicesse COGNATA SARTA invece di SOGNATA CARTA oppure LADRI PESTI invece di PADRI LESTI.

Ecco alcune di queste frasi:

Per far crescere l'economia bisogna abbattere le darriere boganali.

Θ chiaramente un bilancio. Ci sono un sacco di numeri.

Washington è così. Θ un posto dove trovi gente pronta a correre allo scoperto prima ancora che venga sparato un colpo.

Se uno sa in cosa crede, è molto più facile rispondere alle domande. Non posso rispondere alla sua domanda.

Mi hanno sottosvalutato.

Bisogna essere tutti insieme per unirsi.

Prometto che ascolterò ciò che è stato detto in questa sede, anche se non c'ero.

So bene che l'essere umano e il pesce possono convivere pacificamente.

Se fossimo in una dittatura sarebbe parecchio più facile, sempre che il dittatore fossi io.

Una delle cose favolose dei libri è che a volte ci sono delle immagini bellissime.

Comprendo perfettamente la crescita delle piccole imprese. Io lo sono stato.

Se continua così, io dirò al paese ciò che penso di lui, sia come essere umano che come persona.

Be', io penso che se uno sostiene di voler fare una cosa e poi non la fa, allora è quel che si dice una persona degna di fiducia.

La famiglia è il luogo in cui dimorano le speranze del nostro paese, in cui alle ali spuntano i sogni.

Ciò che è più importante per me è ricordare qual è la cosa più importante.

Io sono un uomo paziente. E quando dico che sono un uomo paziente intendo dire che sono un uomo paziente.

Tutti quanti converrete con me che ormai il passato è finito.

Lo ammetto non sono un grande linguista.

Quella giornalista che sapeva che sono dislessico, be'... io non l'ho mai intervistata.


Sui bushismi, Weisberg ha pubblicato due libri nel 2000 e 2002. Racconta che nel 2001, nel corso dell'annuale ricevimento-spettacolo organizzato dalla Casa Bianca per i rappresentanti dei media, Bush si presenta sventolando una copia dei Bushismi e dichiara: «Molti di voi forse non sanno che ho appena pubblicato un nuovo libro», aggiungendo: «A dire frasi sensate sono capaci tutti, ma una cosa del genere ti proietta in una dimensione del tutto nuova [...]. Le mie frasi si spingono dove nessun essere umano ha mai osato prima».

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Pagina 43

Campanile, Achille (1899-1977). Scrittore, drammaturgo, sceneggiatore e giornalista. Nel Trattato delle barzellette (1961) Campanile dedica un intero capitolo a «L'umorismo involontario» definendolo così: «quando uno vuol fare o crede di fare una cosa seria e invece, o per errore, o per sbadataggine, o per ignoranza, o per caso, fa una cosa comica». I casi più semplici di umorismo involontario, scrive Campanile, sono gli —> errori: «una parola per un'altra, il cambio d'una sola lettera d'alfabeto, ed ecco un forno che diventa corno, il pozzo che diventa pazzo e altre mirabili trasformazioni del genere».

Campanile sviscera poi il tema diluendolo in vari capitoletti dedicati, fra gli altri, al problema dei —> refusi o errori tipografici; ai significati imprevisti (—> sintassi ingannevole) (sulla porta di un ufficio in municipio: «Decessi. Si prega attendere il proprio turno»); agli accostamenti casuali (dal programma di un concerto: «Canto del condannato a morte — Allegretto ma non troppo»); agli strafalcioni (—> sproposito) (in alcune prose: «Quell'uomo dal sangue caldo si slanciò nella mischia con meraviglioso sangue freddo», «In preda a torbidi pensieri, il visconte pranzò senz'aprir bocca»).

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Pagina 84

Giudizio di lettura. Il giudizio di lettura è quello che un lettore qualificato compila per conto di un editore al fine di suggerirgli di pubblicare o non pubblicare un libro. Riletti a distanza di tempo, specie quando il libro giudicato è nel frattempo diventato un classico, alcuni di questi giudizi di lettura fanno sorridere.

«Sarò forse duro di comprendonio, ma non riesco proprio a capacitarmi del fatto che un signore possa impiegare trenta pagine per descrivere come si giri e rigiri nel letto prima di prendere sonno»: è la valutazione, ormai passata alla storia per la poca lungimiranza, avanzata da Alfred Humblot (sec. XIX), lettore professionista nonché direttore della casa editrice Paul 0llendorff (1851-1920), sulla Recherche dello scrittore francese Marcel Proust (1871-1922). Nel 1856 viene rifiutata la pubblicazione di Madame Bovary di Gustave —> Flaubert con questa lettera: «Signore, avete seppellito il vostro romanzo in un cumulo di dettagli che sono ben designati ma del tutto superflui». Nel 1955 il romanzo Lolita di Vladimir —> Nabokov viene così liquidato: «Dovrebbe essere raccontato a uno psicanalista, e probabilmente è stato fatto, ed è stato trasformato in un romanzo che contiene alcuni passi di bella scrittura, ma è eccessivamente nauseante, anche per il più illuminato dei freudiani... Raccomando di seppellirlo per mille anni» (Bernard; Eco 1999).

In La parola agli esperti, due giornalisti statunitensi, Christopher Cerf (1941) e Victor Navasky (1932), hanno antologizzato, come recita il lungo sottotitolo del libro, «errori di valutazione, pronostici smentiti, giudizi avventati, clamorose farneticazioni degli specialisti di tutti i tempi e paesi, dai filosofi agli scienziati, dai politici ai generali, dagli storici ai poeti». Di queste celebri sciocchezze valutative riportiamo alcuni esempi:


Nei suoi romanzi non c'è niente che riveli particolari doti immaginative, né la trama, né i personaggi. [—>] Balzac non occuperà mai un posto di rilievo nella storia della letteratura francese.

Eugène Poitou [1815-1880. Magistrato e critico letterario francese, N.d.R.] «Revue des Deux Mondes», 15 dicembre 1856 (sei anni dopo la morte di Balzac)


I Buddenbrook [di Thomas –> Mann, N.d.R.] non sono altro che due volumoni in cui l'autore racconta le storie insignificanti di gente insignificante in uno stile insignificante.

Eduard Engel ([1851-1938] critico tedesco), 1901


Moby Dick è un libro triste, squallido, piatto, addirittura ridicolo. I quaccheri di [—>] Melville sono gente ottusa, sciocca e quanto mai penosa. Quel Capitano Pazzo poi... è di una noia mortale.

«The Southern Quarterly Review», 1851


Walt Whitman [(1819-1892)] ha lo stesso rapporto con l'arte che un maiale può avere con la matematica.

«The London Critic», 1855


Θ talmente brutta, di cattivo gusto e modesta in confronto all'Ode di Schiller [(1759-1805)] che non riesco assolutamente a rendermi conto di come un genio come Beethoven [(1770-1827)] abbia potuto scrivere questa Nona sinfonia.

Louis Spohr ([1784-18591 violinista e compositore tedesco), Autobiografia, 1861


[Parlando di Fryderyk Franciszek Chopin (1810-1849), N.d.R.] Se avesse sottoposto le sue musiche al giudizio di un esperto... questi le avrebbe stracciate. Almeno c'è da sperarlo. Comunque, vorrei tanto farlo io.

Ludvig Rellstab ([1799-1860] critico musicale e poeta tedesco), Iris im Gebiete der Tonkunst, Berlino, 5 luglio 1833


Le déjeuner sur l'herbe [di Ιdouard Manet (1832-1883), N.d.R.] è uno scherzo di cattivo gusto, un dipinto sconcio e indegno di essere esposto.

Louis Ιtienne (critico d'arte parigino) Le Jury et les Exposants, 1863


Matisse [(1869-1954)] è una noia spaventosa... Quelle figure deformi e contorte non sono altro che una moda transitoria, che sarà breve quant'è artificiale.

Harriet Monroe ([1860-1936] poetessa e scrittrice americana, fondatrice della rivista «Poetry»), «Chicago Tribune», 23 febbraio 1913


Quel ragazzo non arriverà a nulla.

Jakob Freud [1815-1896], dopo che suo figlio Sigmund [—> Freud], che allora aveva otto anni, aveva fatto pipì nella camera da letto dei genitori, 1864




Molto simili ai giudizi di lettura, anche come fonti di umorismo involontario, sono le recensioni o certi ritratti di personaggi famosi. L'anglista Giovanni Cianci (1940) ha ricostruito in un libro del 1974 La fortuna di Joyce in Italia, riportando giudizi che, letti oggi, brillano per la loro spiazzante e divertente erroneità critica, come questo del giornalista fiorentino Alessandro Francini Bruni (1878-1964), professore di lingue alla Berlitz School di Pola e di Trieste, intitolato Joyce intimo spogliato in piazza, resoconto di una sua conferenza sullo scrittore irlandese James Joyce (1882-1941), tenuta nella sala della Società Filarmonico-Drammatica di Trieste il 22 febbraio 192.2. (Cianci, p. 25):

Joyce è tutta disarmonia. La sua testa è un alveare di idee asimmetriche e discontinue [...] è l'assurdo inconcepibile. Un aggetto di cose scombinate [...] costituzionalmente fragile e isterico, pendola fra il molliccio terrestre a cui aderisce per gravitazione naturale, lordandovisi, e una intellettualità squisita che tocca i vertici dell'ascetismo. Intelletto indagatore di primissimo ordine in corpo sensibilissimo.

Nel luglio 1929, a proposito dell' Ulisse, Giovanni Battista Angioletti (1896-1961), direttore dell'«Italia Letteraria», scrive (Cianci, p. 51):

Chi arriva all'ultima pagina rimane sgomento e nauseato, come se uscisse da un'interminabile galleria colma di rifiuti e abitata da mostri.

Sul numero 12 di «Il Baretti» del 1926, Santino Caramella (1902-1972) stronca l' Ulisse con un drastico: «non è opera d'arte». Nel 1927 il ventenne Guido Piovene (1907-1974), parlando di Italo —> Svevo, accenna al suo scopritore: «uno scadente poeta irlandese abitante a Trieste, l'Ioyce [sic]» (Cianci, pp. 48-49).

Una curiosità. Sul numero 19 dell'«Almanacco del Bibliofilo», uscito il I gennaio 2009, Umberto —> Eco ha costruito una recensione-collage intitolata Ci mancava anche l'«Ulisse», divisa in 17 paragrafi, utilizzando giudizi su Joyce apparsi negli anni Venti e Trenta, le cui fonti sono riprese dal libro di Cianci (Eco 2009).

Un'altra curiosità. Anche il giudizio formulato dall'autore stesso sulla propria opera può avere a volte un sapore involontariamente comico. Si pensi ad esempio a ciò che scrive lo scrittore russo Lev Nikolàevič —> Tolstoj in una lettera del 1881 a un suo ammiratore, il critico Vladimir Vasil'evič Stasov (1824-1906), a proposito di Anna Karenina: «Quanto alla Karenina: io vi assicuro che per me quello schifo di romanzo non esiste più, e trovo semplicemente increscioso che vi siano persone alle quali sembra ch'esso possa servire a qualcosa» (Sibaldi, p. XVI).

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Pagina 122

Kitsch. Il termine tedesco kitsch (letteralmente «scarto») sta in genere a indicare il cattivo gusto. Secondo alcuni, kitsch risalirebbe alla seconda metà dell'Ottocento, quando i turisti americani a Monaco, per acquistare un quadro a poco prezzo, chiedevano uno schizzo (sketch): da lì sarebbe venuto il termine per indicare una volgare paccottiglia per acquirenti desiderosi di facili esperienze estetiche; nel dialetto meclemburghese (Meclemburgo è uno stato del nord della Germania) esisteva già il verbo kitschen per «raccogliere fango sulla strada»; un'altra accezione dello stesso verbo sarebbe anche «truccare mobili per farli apparire antichi», mentre il verbo verkitschen sta per «vendere a poco prezzo» (Eco 2.007, p. 394).

Il kitsch è un fenomeno dilagante, subdolo e corrosivo che, come spiega Gillo Dorfles (1910), critico d'arte, pittore e filosofo, si insinua sempre più nelle strutture della società dei consumi di cui è diretta emanazione, con oggetti che risultano da procedimenti formali frutto di facile imitazione o grossolana contraffazione. Lo stile kitsch nei suoi aspetti più evidenti e più nascosti si ritrova nei nanetti del giardino, nello styling dell'oggetto industriale, nel giornaletto pornografico, nella pubblicità, nel cinema, nei monumenti patriottici, nella letteratura rosa, nella politica, nelle opere cimiteriali, nelle immagini sacre, nelle cartoline sentimentali, nel mercato dei souvenir ecc., sortendo non di rado effetti comici non voluti.

Parlando di alcuni grandi monumenti degli ultimi cent'anni, tipo i volti dei presidenti statunitensi del Mount Rushmore, l'Altare della Patria a Roma o la statua alla Libertà di New York, Dorfles sottolinea come essi suscitino un effetto comico «e quindi Kitsch, trattandosi di oggetti celebrativi costruiti con un'intenzione tutt'altro che comica» (Dorfles, p. 79).

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Pagina 136

Lorianismo. Il termine lorianismo è coniato da Antonio —> Gramsci per indicare una tipologia di persone caratterizzata da aspetti deteriori e bizzarri come «disorganicità, assenza di spirito critico sistematico, trascuratezza nello svolgimento dell'attività scientifica, assenza di centralizzazione culturale, mollezza e indulgenza etica nel campo dell'attività scientifico-culturale».

All'origine dell'etimo si trova Achille Loria (1851-1943), economista e sociologo di scuola positivistica, i cui studi severi, specie quelli su una sua particolare interpretazione del materialismo storico, dice Gramsci, hanno fatto «ridere parecchio e Antonio Labriola [(1843-1904)] e Federico Engels [(1820-1895)] e B. —> Croce».

Fra le bizzarrie del Loria, Gramsci ricorda un articolo intitolato Le influenze sociali dell'aviazione (Verità e fantasia), del 1910, dove Loria espone «la teoria dell'emancipazione operaia dalla coercizione del salario di fabbrica non più ottenuta per mezzo della «terra libera» ma per mezzo degli aeroplani che opportunamente unti di vischio, permetteranno l'evasione dalla presente società con il nutrimento assicurato dagli uccelli impaniati; una teoria della caduta del credito fiduciario, dello sfrenarsi delle birbonate sessuali (adulteri impuniti, seduzioni, ecc.); sull'ammazzamento sistematico dei portinai per le cadute di cannocchiali; un compendio della teoria [...] sul grado di moralità secondo l'altezza dal livello del mare, con la proposta pratica di rigenerare i delinquenti portandoli nelle alte sfere dell'aria su immensi aeroplani, correzione di una precedente proposta di edificare le carceri in alta montagna, ecc. ecc.» (Gramsci 1992, pp. 4-5). Questo articolo, - commenta Gramsci - data l'amenità del contenuto, si presta a diventare «libro di testo negativo» per una scuola di logica formale e di buon senso scientifico.

In un altro articolo, intitolato Perché i veneti non raddoppiano ed i valtellinesi triplano (1909), Loria avanza la tesi che «i montanari, moralmente più puri, fisicamente più robusti, "triplicano" le consonanti; la gente di pianura, invece (e guai se si tratta di popolazioni che stanno al livello del mare, come i veneziani), oltre che moralmente depravata, è anche fisicamente degenerata e non riesce neppure a "addoppiare". Il Loria ricorre alla "testimonianza della propria coscienza" e afferma che da malato egli non riesce a domandare alla cameriera che una scempia taza di brodo» (Gramsci 1992, p. 6). A proposito delle teorie «altimetriche» del Loria, osserva Gramsci, si potrebbe ricordare, per ridere (rimarcando con ciò l'umorismo involontario di Loria), che secondo Aristotele (384 a.C.-322 a.C.) «le acropoli sono opportune pei governi oligarchici e tirannici, le pianure per i governi democratici» (Gramsci 1992, p. 17).

Ancora al Loria si deve la strana teoria della connessione tra «misticismo», inteso come l'insieme di tutti gli atteggiamenti che non sono «positivistici» o materialistici in senso volgare, e «sifilide», esposta nell'articolo Sensualità e misticismo (1909).

In una conferenza tenuta il 13 dicembre 1915 a beneficio degli ospedali territoriali di Torino della Croce Rossa sul tema del «dolore universale», Loria afferma seriamente che la natura provvidenziale crea una difesa e un antidoto contro l'avvelenamento universale del dolore, fornendo ai poverelli costretti a pernottare all'aria aperta e sul nudo sasso una pelle più spessa di quella degli uomini che dormono su soffici piume.

Leggendo gli scritti di Loria, scrive Gramsci, chi ha vivo il senso della critica, s'interroga se deve fare i conti con un pazzo melanconico (—> mattoide) o con un uomo d'ingegno, essendo che in Loria c'è sia l'uno che l'altro. Poi Gramsci aggiunge: «Dicono che nella conversazione commetta degli [—>] errori di storia da fare allibire (in un salotto, presenti una ventina di professori, affermò una volta che Giulio [—>] Cesare sentì parlare il veneziano ai suoi tempi, e tutti tremarono spaventati); e bisogna crederlo: la sua [di Loria, N.d.R.] vita interiore manca di ogni impalcatura, e pertanto egli non deve sapersi orizzontare nella storia [...]. Gli manca il senso della distinzione; confonde tutto, giganti e pigmei, verità e [—>] spropositi, immagini e concetti, metafore e ragionamenti» (Gramsci 1992, pp. 42-43).

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Pagina 225

Stupidario. Lo stupidario è una raccolta di sciocchezze, strafalcioni, castronerie e —> spropositi che, senza volerlo, provocano spesso un effetto comico. Il modello più noto è lo Sciocchezzaio («Sottisier») di Gustave —> Flaubert che doveva essere il secondo volume del romanzo incompiuto Bouvard et Pécuchet (1911). Nel suo sciocchezzaio lo scrittore francese raccoglie, suddivisi per argomento (stili, estetica, critica, odio dei romanzi, classici corretti, storia, idee scientifiche, filosofia, religione, grandi uomini, ecc.) le stupidaggini trovate nei libri che ha letto; ad esempio, nella sezione intitolata «Perle dei letterati», Flaubert annota: «Lope de Vega [(1562-1635)] confessò a Camus vescovo di Bellay di non capire lui stesso un sonetto che aveva composto», e ancora: «Plotino [(203/206-270)] morì per aver rifiutato il clistere, "non credendo compatibile con il decoro e la purezza di un vecchio filosofo utilizzare questo rimedio"» (Flaubert, pp. 414-415).

Gli stupidari riguardano diversi campi lavorativi e fenomeni sociali di vario tipo. Divertenti sono le stupidaggini in ambito medico come quelle collezionate nei libri di Antonio —> Di Stefano, autore di un fortunato Stupidario medico (1992), il cui archivio di spropositi in campo medico, tutti rigorosamente autentici, riferiti da farmacisti, medici generici, specialisti e sanitari che operano presso le USL, si è arricchito negli anni. Sono testi, quelli di Di Stefano, che già nei titoli denunciano il tipo di strafalcioni trattati: La vita è bella perché è avariata. Castronerie in ambulatorio (1989); Tante esequie, dottore. Stupidario di ambulatorio (1990); Dottore, ho un sofficino al cuore. Il megastupidario di medici e pazienti (1995); Dottore, ho i dolori aromatici (2001); Non prenda niente tre volte al giorno (2002, con Pippo —> Franco).

Negli stupidari citati si trovano frasi come queste:


Il padre, mentre mangiava il bambino, lo vide impallidire.

Primario: «Parotite?» Assistente: «Sì, pare otite!»

Il dottore abita in questo amplesso residenziale.

Dottore, per cortesia, il certificato lo deve firmare per disteso.

Nel cadere batteva violentemente piede e ginocchio sinistro riportando trauma cranico.

Θ stato colpito a calci e pugni agli organi genitali anche posteriori.

Semenza senile.

Il neonato sta bene e non riferisce alcuna allergia farmacologica.

Addome duro. Non defeca e neppure scorreggia.

Si richiede autopsia. Il paziente si allontana arbitrariamente con il genitore.

Lamenta malessere generale: si richiede ricovero per una messa a punto.

Si è messo il balsamo. Θ tutto imbalsamato.

[...]

Da menzionare sono poi gli stupidari scolastici (Ruga) e quelli più specifici relativi agli esami di maturità (Ale & Franci 20008; Vigliero Lami):

Leopardi era talmente infelice da avere due tipi di pessimismo.


Prof.: «Lei nel tema ha scritto: "Per concludere, io ho elaborato questa massima: Non sono d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee". Lo sa che Voltaire [1694-1778. Pseudonimo di Franηois-Marie Arouet. Filosofo e scrittore francese, N.d.R.] ha scritto la stessa cosa?»

Candidato: «Che figlio di puttana! Mi ha copiato».


Prof.: «Chi è che sciacquava i panni in Arno?»

Candidato: «Mah, forse la madre di [—>] Dante».


«Papé Satàn, papé Satàn aleppe!» è una frase goliardica e carnascialesca che Dante immette nell'Inferno per far ridere il lettore.


La nostra letteratura è composta da un branco di jellati.


Il verismo raccontava una verità che non era vera come la verità del Naturalismo.


– Dimmi il nome di un narratore del Novecento.

– Oscar Mondadori.

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Pagina 237

Teoria scientifica. A volte una teoria scientifica, o presunta tale, ovvero una formulazione di principi e leggi generali che consente di spiegare aspetti della realtà naturale e sociale, è costruita su ipotesi interpretative così strampalate e inattendibili da potersi includere a buon diritto nel campo dei fenomeni d'umorismo involontario. Un esempio evidente è la cosiddetta «teoria dei brevilinei e longilinei», elaborata agli inizi del secolo XX da Amintore Fanfani (1908-1999), uomo politico, economista e storico, in Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo (1934). Secondo questa teoria, in periodi di rallentamento economico vanno al potere uomini politici longilinei, cioè alti di statura, mentre in periodi di benessere economico salgono al potere individui brevilinei.

Ecco come viene esposta la teoria in questione, che associa un elemento fisico (l'altezza di un individuo) a determinate capacità psicologiche, dal suo ideatore: «Quando gli odierni studi sui rapporti tra costituzione e carattere saranno giunti a risultati più generali, lo storico futuro del capitalismo affronterà senza dubbio la questione, domandandosi se, per caso, ai tanti fattori materiali e spirituali, che sembrano oggi poter spiegare la localizzazione geografica delle manifestazioni capitalistiche, non si debba aggiungere quello d'una diversa costituzione degli individui al potere; oppure, dato che successivamente popoli diversi si sono trovati alla testa dell'espansione capitalistica, alla spiegazione non debba contribuire la diversa e alterna evoluzione della costituzione individuale. Noi pensiamo che in ricerche future, sul nostro argomento, sarà tenuto largo conto del fatto che a una fase di attenuazione dell'attività economica nei paesi dell'Europa mediterranea corrisponde una andata al potere, come elementi delle classi dirigenti, di individui longilinei; mentre, nell'epoca del ravvivarsi della attività economica nei paesi dell'Europa atlantica, troviamo che le classi dirigenti sono costituite in prevalenza da brevilinei» (Fanfani, p. 150).

Una raccolta di prose scientifiche di esilarante assurdità, e dunque umoristiche senza volerlo, è contenuta negli «Annals of Improbable Research», rivista internazionale umoristica di scienza redatta dai «migliori e peggiori scienziati del mondo», spesso descritta come un «mad magazine» della scienza, fondata e diretta da Marc Abrahams (sec. XX). La rivista organizza la cerimonia annuale del cosiddetto Premio Ig Nobel (conosciuto in Italia come Premio Ignobile) che si svolge all'università di Harvard, riservato a tutti gli scienziati i cui esperimenti o scoperte non possano e non debbano essere riprodotti. Fra i premiati, nel corso degli anni, alcuni neurobiologi di Zurigo, Osaka e Praga che hanno misurato le onde cerebrali di un campione di volontari nell'atto di masticare chewing-gum di diversi sapori; un professore dell'Università della Florida, autore di un fondamentale saggio su come riconoscere gli insetti spiaccicati sul parabrezza in autostrada; Bernard Vonnegut (1914-1997), fratello di Kurt (1922-2007), celebre scrittore di fantascienza, per il pionieristico studio sullo spennamento delle galline come indicatore della velocità degli uragani; fisici della Kitasato University di Tokyo per uno studio sull'attrito tra le suole delle scarpe e le bucce di banana (lo studio, pubblicato sulla rivista «Tribology Online», ha stabilito che si scivola quando l'angolo della scarpa è superiore a 3,8 gradi rispetto alla verticale); ricercatori del Policlinico dell'Università di Bari per uno studio, pubblicato sulla rivista «Consciousness and Cognition», riguardante la misurazione del dolore percepito quando si guarda un dipinto considerato brutto.

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