Copertina
Autore Luciano Canfora
CoautoreAdamo Chiusole, Umberto Eco, Victor Hugo, Gérard de Nerval, Robert Musil, José Ortega y Gasset
Titolo Libri e biblioteche
EdizioneSellerio, Palermo, 2002, La memoria 536 , pag. 116, dim. 120x168x8 mm , Isbn 978-88-389-1764-6
CuratoreLuciano Canfora
LettoreRenato di Stefano, 2002
Classe libri
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


La sconfitta dei biblioclasti

di Luciano Canfora                            7

Libri e biblioteche

Adamo Chiusole
Sopra l'onore: lettera ad un amico           21

Umberto Eco
Come organizzare una biblioteca pubblica     28

Victor Hugo
Questo ucciderà quello                       32

Gérard de Nerval
Le figlie del fuoco                          53

Robert Musil
Il generale Stumm penetra nella biblioteca
nazionale e accumula esperienze sui
bibliotecari, gli inservienti di biblioteca
e l'ordine spirituale                        78

José Ortega y Gasset
La missione del bibliotecario                88

Luciano Canfora
Bibliomania                                 102

Umberto Eco
Libri da consultare e libri da leggere      109

 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 7

La sconfitta dei biblioclasti
di Luciano Canfora



Circa l'anno 790 Eterio, vescovo di Osma, nel contorto suo argomentare contro l'eresia di Elipando (il quale riteneva che Cristo non fosse propriamente figlio di Dio, bensì un uomo da lui "adottato"), ricorreva, tra l'altro, ad un singolare paragone tra l'uomo e la biblioteca: «per bibliothecam homo designatur». La biblioteca ed il libro erano, per questo vescovo spagnolo, un exemplum utile per meglio intendere le tre (a suo dire) parti di cui è composta l'umana natura. È difficile tener dietro all'oscuro latino di Eterio, ma certo la sua trovata attesta una familiarità ed una alta considerazione del libro. Egli quasi si spinge a farne un'entità animata, così come, per converso, fa dell'essere umano una entità bibliomorfa.

Un altro dotto, anche lui vescovo, Isidoro di Siviglia, un secolo e mezzo prima di Eterio, aveva sistemato tutto lo scibile in una pregevole enciclopedia (le Etymologiae), in venti libri, il sesto dei quali era largamente dedicato alla scienza bibliotecaria, considerata in ogni suo aspetto. Compresi quelli materiali, che nelle fonti antiche sono di solito sottaciuti, perché considerati ovvi e notorii.

Diversamente da Eterio, Isidoro era una mente sistematica e ordinatrice. Così, nel caso dei libri, raccolse tutto quello che è giusto sapere su di essi: dalla improbabile biblioteca di Pisistrato tiranno di Atene, alle raccolte dei canoni conciliari. E chiaro però che i libri sono, per lui, innanzitutto, se non esclusivamente, quelli sacri e patristici. Della letteratura profana antica ha un'idea molto generale: essa è per lui come una «maestosa rovina», come Hegel chiamava la Cina. Quando parla di Alessandria tolemaica dice che lì «furono trovati settanta mila volumi». Una cifra gettata lì senza averne un'idea concreta: che quei libri potessero essere non 70 ma 700 mila (come altre fonti segnalavano) era un'alternativa che gli restava estranea. Al tempo suo le raccolte librarie erano molto più piccole: del resto già nel secolo quarto, al tempo del terribile vescovo Epifanio di Salamina, anche lui molto interessato all'enciclopedismo bibliografico, i libri dell'antica Alessandria venivano computati nella misura di 54.000. Cifra che poi ha avuto una enorme fortuna anche nelle fonti arabe medievali.

Una vera e propria enciclopedia del sapere bibliografico la concepirà, nel pieno fiorire del Califfato di Baghdad, un bibliografo e bibliofilo arabo, Ibn al-Nadim (988), il catalogatore per eccellenza, autore di una imponente raccolta di dati intitolata appunto Il catalogo (Al Fihrist). È un vero peccato che di questa enciclopedia bibliografica non esista traduzione italiana: anzi in lingue occidentali ve n'è soltanto una, quella, non sempre impeccabile, di Dodge (1970). Nel Fihrist c'è tutto: dai falsi alle traduzioni (un intero libro elenca e commenta le infinite traduzioni dal greco che gli Arabi allestirono tra VIII e IX secolo, creando a Baghdad scuole di traduzione, fiorenti, tra l'altro, di copisti greci), alle curiosità, alla cultura materiale (i materiali scrittori, l'origine degli alfabeti ecc.). È un modello rimasto a lungo insuperato. In Occidente, dopo l'austero Isidoro, nulla di simile. Più tardi, al tempo di Petrarca, avremo un bell'elogio retorico - ma non più che un pezzo di bravura - del britannico vescovo di Durham e cancelliere del regno d'Inghilterra Richard de Bury (1281-1345), il Philobiblon, il trattato sull'amore per i libri. Celebre testo, tradotto in italiano al principio di questo secolo (da Marco Besso, nel 1914), dove figura il ben noto «Lamento dei libri contro la guerra», che deve aver ispirato Erasmo nel Dulce bellum inexpertis.

E anche a Bisanzio, una raccolta straordinaria, e per noi unica, come la cosiddetta Biblioteca di Fozio, nasce da tutt'altra esigenza, e, a parte la casualità dei materiali che raccoglie, sembra piuttosto una raccolta destinata a circolazione privata che un'enciclopedia scritta per istruire un pubblico di lettori.

[...]

La storia del libro è soprattutto la storia della sua distruzione: non già quella, fisiologica, dovuta al tempo e al caso, ma quella che gli uomini, in un raptus sterile, compiono in omaggio ad una loro verità. Gabriel Peignot, in epoca napoleonica, e nello spirito delle libertà affermate dalla "Grande Révolutíon", compose e pubblicò nel 1806 un mirabile catalogo, ovviamente incompleto, di questa febbre pestifera: Dictionnaire critique, littéraire et bibliographique des livree condamnés au feu ou censurés, précédé d'un discours sur ces sortes d'ouvrages. E una miniera bibliografica, da leggersi e assaporarsi pagina dopo pagina come documento dell'inesauribilità dell'estro umano e della tenacia cocciuta dei potenti volta ad imbrigliarlo.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 16

Don Chisciotte fu spinto all'agire dalla continua e sempre più coinvolgente lettura di libri. Dopo le nottate passate a leggere «da un crepuscolo all'altro» (noctes vigilare serenas aveva detto di sé Lucrezio) e le giornate «dalla prima all'ultima luce», gli parve «conveniente e necessario» farsi cavaliere errante, al fine di cimentarsi «in tutto ciò che aveva letto che i cavalieri erranti si cimentavano, disfacendo ogni specie di torti». Invece il saggio antico, ma anche l'umanista, suo emulo, legge per rinsaldarsi nella sua saggezza. Non per agire. Perciò Don Chisciotte è «pazzo», come più volte lo chiama il suo autore, il quale lo fa «rinsavire» in articulo mortis. Nella scelta di vita del «ingenioso hidalgo» si può forse ravvisare un poetico antecedente della tesi, aforisticamente espressa due secoli dopo, secondo cui «sino ad ora i filosofi si sono limitati a interpretare il mondo, ora l'importante è cambiarlo». Entrambi debbono molto ad un motto ripetuto spesso, anche da chi poco lo intende: «la verità vi farà liberi». Dove l'accento è sul fare.

Con amarezza temperata dall'ironia, Cervantes scrive nel Prologo di aver generato «nel fondo di un carcere» questo figlio «secco, ossuto e fantastico». Non era una metafora: fu vero carcere. Nel carcere fascista, Antonio Gramsci scrisse alcune delle pagine più durevoli della nostra prosa novecentesca, le Lettere dal carcere, e schizzò il profilo e meditò la sostanza di alcuni libri, complessivamente indicati come i Quaderni del carcere, che hanno sospinto poi all'agire per la libertà intere generazioni. Di qui nasce la riflessione sull'antico e molteplice nesso tra libro e libertà.

Luciano Canfora

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 53

Gérard de Nerval
Le figlie del fuoco



Lettera prima

Al signor D.

Nel 1851, ero di passaggio a Francoforte. Costretto a restare due giorni in questa città che già conoscevo, non potei far altro che percorrere le vie principali, allora affollate di mercanti girovaghi. La piazza del Roemer, soprattutto, risplendeva d'una incredibile profusione di mercanzie; e là vicino, il mercato delle pellicce esponeva innumerevoli pelli di animali, venute dall'alta Siberia e dalle rive del mar Caspio. L'orso bianco, la volpe azzurra, l'ermellino, erano le più trascurabili curiosità di quella incomparabile mostra; più lontano, i vetri di Boemia dai mille colori splendenti, carichi, ornati di festoni, intagliati, incrostati d'oro, erano esposti sopra a delle scansie di cedro, come fiori recisi d'un paradiso sconosciuto.

Lungo le oscure botteghe che circondavano le parti meno ricche del bazar - consacrate alle mercerie, alle calzature, ed ai vari oggetti di abbigliamento - si prolungava una più modesta serie di banchi. Erano i banchi dei librai venuti da diverse parti della Germania, e che sembrava ricavassero i maggiori guadagni dalla vendita degli almanacchi, delle immagini dipinte e delle litografie: il «Volks-Kalender» (Almanacco popolare), con le sue incisioni in legno, le canzoni politiche, le litografie di Robert Blum e degli eroi della guerra d'Ungheria attiravano gli sguardi e i kreutzers della gente. Una gran quantità di vecchi libri, esposti sotto queste novità, si raccomandavano soltanto per i prezzi modesti, ed io fui stupito di trovare molti libri francesi.

Il fatto è che la libera città di Francoforte accolse per molto tempo i protestanti, - e come le città principali dei Paesi Bassi, fu a lungo sede di tipografie che cominciarono a diffondere in Europa le opere ardite dei filosofi e dei malcontenti francesi; queste tipografie sono rimaste, per certi versi, dei laboratori di pura e semplice contraffazione, e ce ne vorrà per distruggerle.

È impossibile, per un parigino, resistere al desiderio di sfogliare delle vecchie opere esposte sui banchi d'un libraio. Questa parte della fiera di Francoforte, mi ricordava i lungosenna, ed era un ricordo pieno d'emozione e d'incanto. Comperai qualche vecchio libro, per avere il diritto di sfogliare a lungo gli altri. Fra di essi, ne trovai uno, stampato metà in francese e metà in tedesco, ed ecco qui il titolo che ho poi verificato nel Manuel du Libraire di Brunet:

«Avvenimenti de' più singolari, ovverosia Storia del signor abate conte di Bucquoy, in particolare la sua evasione da Fort-l'Evéque e dalla Bastiglia, e quantità di opere in versi e in prosa, in particolare l'astuzia delle donne, si uende da Lean de la France, a via della Riforma, a l'Espérance, a Bonnefoy. 1719».

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 78

Robert Musil
Il generale Stumm penetra nella biblioteca nazionale
e accumula esperienze sui bibliotecari,
gli inservienti di biblioteca e l'ordine spirituale



Il generale Stumm aveva osservato l'insuccesso del «camerata» e voleva consolarlo. - Quante chiacchiere sconclusionate! - disse sdegnato, biasimando i partecipanti al Concilio, e dopo un po', benché non avesse ricevuto alcun incoraggiamento, incominciò ad aprire l'animo suo, concitatamente eppure con una certa soddisfazíone. - Ti ricordi, - egli disse, - che mi ero messo in testa di deporre ai piedi di Diotima l'idea salvatrice che ella cerca. Come si vede, ci sono molte idee importantissime, ma infine una dev'essere la più importante di tutte; è logico, no? Dunque si tratta soltanto di disporle per ordine. Dicesti tu stesso che era un'impresa degna di Napoleone. Ricordi? Poi mi desti una filza di ottimi consigli, come era naturale aspettarsi da te, ma non ebbi occasione di applicarli. Dunque, in poche parole, ho preso io stesso la faccenda in mano!

Quando voleva osservare attentamente una persona o una cosa, il generale portava occhiali di corno, che infatti tolse di tasca e inforcò invece del pince-nez.

- Una delle prime condizioni dell'arte militare è la precisa conoscenza della forza nemica. Sicché, - raccontò il generale, - mi son procurato una tessera d'ingresso nella nostra celebre biblioteca di corte e guidato da un bliotecario che si era messo cortesemente a mia disposizione appena sentito chi ero, son penetrato nelle linee nemiche. Percorremmo quella colossale profusione di libri e posso dire che non mi sentivo turbato, le file di volumi non son peggio di una sfilata militare. Dopo un poco però dovetti incominciare un calcolo mentale, e questo ebbe un risultato inatteso. Vedi, prima avevo pensato che se leggevo un libro al giorno mi sarei sottoposto a una bella fatica, ma un giorno o l'altro sarei arrivato in fondo e avrei potuto pretendere a una certa posizione nella vita intellettuale, anche saltando ogni tanto qualcosa. Ma ci credi? Quando vedo che la passeggiata non finisce e chiedo spiegazioni al bibliotecario, sai quanti volumi contiene quella dannata biblioteca? Tre milioni e mezzo, m'ha risposto! Siamo circa al settecentomillesimo, dice lui, ma io mi metto a calcolare... be', non voglio annoiarti, ma al Ministero ho rifatto il conto con carta e matita: diecimila anni mi ci vorrebbero per venirne a capo!

In quel momento mi son fermato su due piedi e tutto l'universo mi è sembrato un grande imbroglio. Anche adesso che mi sono calmato, ti dico e ti ripeto: qui c'è qualcosa di fondamentalmente sbagliato!

Tu obietterai che non c'è bisogno di leggerli tutti, i libri. E io ti rispondo: anche in guerra non c'è bisogno di uccidere tutti i soldati, eppure ciascuno è necessario. Dirai: anche ogni libro è necessario. Ma vedi, ecco che qualcosa non combina, perché non è vero: ne ho chiesto al bibliotecario!

| << |  <  |