Autore Nic Compton
CoautorePeter Scott [illustrazioni]
Titolo Barche memorabili
SottotitoloQuaranta imbarcazioni straordinarie, quaranta grandi avventure
EdizioneNutrimenti, Roma, 2020 , pag. 176, ill., cop.rig., dim. 23,3x21,7x2 cm , Isbn 978-88-6594-725-8
OriginaleNotable Boats [2016]
TraduttoreStefano Spila
LettoreRenato di Stefano, 2020
Classe mare , sport , viaggi , scienze tecniche , storia della tecnica












 

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Indice


  6  Introduzione


 10  Spray - Joshua Slocum 1895-98
 14  Centennial Republic - Nathaniel H. Bishop 1875-76
 18  Paratii - Amyr Klink 1989-91
 22  Swallow - John Walker 1929
 26  Mazurek - Krystyna Chojnowska-Liskiewicz 1976-78

 30  Super Silver - Tom McClean 1969
 34  Nova Espero - Colin and Stanley Smith 1949
 38  La zattera di Huck - Huckleberry Finn and Jim 1884
 42  Suhaili - Robin Knox-Johnston 1968-69
 46  Sea Supera - Josiah Lawlor 1891

 50  Pride of the Thames - Jerome K. Jerome 1889
 54  Dorade - Olin Stephens and Matt Brooks 1936 and 2013
 58  La gondola di Casanova - sconosciuto 1757
 62  Megan Jaye - Hank Halstead 1980
 66  Arabia - Willard Price 1939

 70  Avenger - Uffa Fox 1928
 74  Gypsy Moth IV - Francis Chichester 1966-67
 78  Cormorant - Christian Beamish 2009
 82  Egret - Ralph M. Munroe ca. 1887
 86  Seraffyn - Larry Pardey 1968-79

 90  Tilikum - John Voss 1901-04
 94  Joshua - Bernard Moitessier 1968-69
 98  Said - Evgeny Gvozdev 1999-2003
102  Liberia III - Hannes Lindemann 1956
106  Kathena Nui - Wilfried Erdmann 2000-01

110  La piroga di Crusoe - Robinson Crusoe 1663
114  Chidiock Tichborne - Webb Chiles 1978-84
118  Dove/Return of Dove - Robin Lee Graham 1975-80
122  Tinkerbelle - Robert Manry 1965
126  Hõkõle'a - Kawika Kapahulehua 1976

130  Iduna - Ellen MacArthur 1995
134  Firecrest - Alain Gerbault 1923-29
138  Squeak - Stephen Ladd 1990-93
142  America - Dick Brown 1851
146  Guppy - Laura Dekker 2010-12

150  Bluenose - Angus Wakers 1921-38
154  Christiania - Johan Petersen 1997
158  Kon-Tiki - Thor Heyerdahl 1949
162  Fram - Fridtjof Nansen 1893-96
166  Gjøa - Roald Amundsen 1903-06


170  Glossario
172  Letture consigliate
174  Indice dei nomi


 

 

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Pagina 6

Introduzione


QUANDO ERO DIRETTORE della rivista Classic Boat, più volte nel corso dell'anno mi veniva posta una domanda: "Come si definisce una barca classica?". Avremmo potuto riempire la rivista da capo a fondo con le opinioni di vari esperti su ciò che rende una barca "classica", eppure non siamo ancora giunti a una definizione soddisfacente. Si tratta dell'età della barca? Del progetto? Dei materiali con cui è stata realizzata? Oppure si tratta solo di una sensazione? Mi ci è voluto un po' di tempo per capire che proprio questa ambiguità è stata la nostra più grande forza, perché ci ha permesso di includere nell'elenco tutto ciò che volevamo. In fin dei conti, la definizione di 'classico' è soggettiva, checché ne dicano gli esperti.

Così provo una strana sensazione di dejà-vu mentre mi accingo a presentare questa selezione di Barche memorabili. Cosa rende una barca memorabile? Perché, tra tutte le imbarcazioni al mondo, abbiamo selezionato queste? Cosa le rende così degne di essere ricordate? Una barca che meriti di essere ricordata è una barca 'memorabile', e un dizionario è sempre un buon punto di partenza quando siamo alla ricerca di risposte, e questa è la definizione di 'memorabile' che troviamo nel vocabolario Treccani:


memorabile / memo'rabile / agg.
[dal lat. memorabilis, der. di memorare "ricordare"].
- 1. [degno d'essere ricordato per la sua importanza:
m. ~ epico, indimenticabile, leggendario,
(lett.), mitico, storico.

Secondo questa definizione, centinaia e centinaia di imbarcazioni potrebbero dirsi 'memorabili', così abbiamo subito compreso che la nostra scelta di selezionarne solo poche sarebbe risultata in un processo soggettivo. Quindi, per restringere un po' il campo, abbiamo messo a punto i seguenti criteri.

Per certo, ciascuna barca doveva aver compiuto un viaggio interessante o addirittura storico (le circumnavigazioni), o aver contribuito in qualche modo alla storia della vela (America, Avenger), o forse aver giocato un ruolo chiave nella vita di un personaggio importante, come John Lennon, o Casanova. Le imbarcazioni non avrebbero dovuto essere troppo grandi, o avremmo potuto facilmente riempire il libro con navi storiche come la Mayflower e la Curry Sark, ma poi si sarebbe intitolato Navi Famose. In uno spettro ideale di grandezza, le imbarcazioni dovevano collocarsi nel mezzo, poiché è su queste barche che sono state messe in scena così tante storie di impegno umano. Volevamo anche un mix di nuovo e vecchio, grande e piccolo, reale e immaginario. A parte questo, eravamo liberi di scegliere qualsiasi barca che fosse "epica, indimenticabile e leggendaria". Che meraviglia!

La collezione di barche presentata in queste pagine è senza dubbio eclettica (e una non è nemmeno una barca, ma una zattera), e speriamo che sia tanto più interessante proprio per questo. La più piccola è Said, un microcruiser di 11 piedi e 10 pollici (3,6 m) che l'inimitabile Evgeny Gvozdev costruì sul balcone del suo appartamento nel Daghestan per poi fare il giro del mondo a una velocità media di 2 nodi (3,7 km/h). Ci impiegò quattro anni. La più grande è la leggendaria goletta dei Grandi Banchi di Terranova, la Bluenose, che è diventata un simbolo di orgoglio nazionale in Canada e figura ancora oggi su una delle monete del paese. Il suo stesso nome è un riferimento al termine colloquiale ("bluenosers") utilizzato per indicare la popolazione della Nuova Scozia, dove la barca fu costruita.

Tra questi due estremi, ci sono tutti i tipi di imbarcazioni che navigano tra le pagine di questo libro. Troverete delle derive, come l'autentica Swallow ("la migliore barchetta che sia mai stata costruita"), che ci rimanda alle note storie della serie Swallows and Amazons che hanno ispirato numerose generazioni di velisti a cimentarsi con la navigazione a vela. Troverete il Chidiock Tichbone, 18 piedi (5,5 m), un drascombe lugger a bordo del quale Webb Chiles fece scuffia nel mezzo del Pacifico, continuando poi a navigare per i tre quarti del giro che doveva compiere intorno al mondo. E pochi vascelli, grandi o piccoli, sono assurti a simboli come la zattera su cui Huckleberry Finn e Jim scesero lungo il Mississippi e, lontani dai pregiudizi della società, divennero grandi amici. La zattera come simbolo di libertà, natura, uguaglianza, innocenza e speranza, il tutto legato insieme da qualche tavola di legno.

Le grandi navigazioni non mancano, che si tratti delle epiche circumnavigazioni di Francis Chichester, Robin Knox-Johnston e Bernard Moitessier, delle piacevoli crociere della coppia più famosa di navigatori d'America, Lin e Larry Pardey, o delle meno note spedizioni polari di Amyr Klink, una delle poche persone che possono vantare di aver navigato 'da Polo a Polo'. Alcune barche raggiungono la fama navigando su distanze molto più brevi, come lo yacht America, che nel 1851 percorse 53 miglia (98 km) intorno all'isola di Wight, nel Regno Unito, il cui nome è stato da allora legato al trofeo velico più ambito, l'America's Cup. E che dire dell'ex barca di salvataggio Christiania, che affondò posandosi a 450 metri sul fondo del Mare del Nord, dove rimase per 20 mesi prima di essere recuperata, rimessa in sesto e restaurata? Non molte barche possono vantare di aver navigato fino al fondo marino e ritorno.

Dal privato al politico, dal viaggio interiore di una persona all'identità culturale di un'intera nazione. Questi temi si ritrovano in tutto il libro, dove l'ambizione personale spesso si affianca a progetti più ampi. Quando l'equipaggio della Dorade tornò negli Stati Uniti dopo aver vinto sia la Regata Transatlantica sia la Regata del Fastnet, fu organizzata una parata d'onore attraverso le strade di New York e migliaia di persone si affollarono per celebrare quel gruppo di navigatori. Le buone notizie erano poche in quell'epoca, e la città era alla ricerca di eroi. Il viaggio trionfale di Francis Chichester sul Gipsy Moth IV (che il navigatore notoriamente odiava) contribuì molto a rafforzare l'orgoglio britannico in un momento in cui il paese stava venendo a patti con la perdita di gran parte del suo impero. Più recentemente, il viaggio dell' Hõkõle'a dalle Hawaii a Tahiti ha messo fine a 500 anni di arroganza occidentale (dagli esploratori portoghesi in poi), dimostrando che questo tipo di imbarcazione era in grado di fare molto di più di quanto si potesse immaginare in precedenza.

E ci sono anche i detentori di record mondiali. La prima circumnavigazione in solitaria della Terra fu completata con successo nel 1898 dal navigatore americano Joshua Slocum , a bordo di una oyster boat con armo a sloop aurico chiamata Spray. L'impresa fu così audace e pericolosa che non fu tentata di nuovo per oltre quarant'anni. L'epico viaggio, narrato nel dettaglio nel suo libro, Solo, intorno al mondo, ha ispirato innumerevoli avventurieri oceanici, e tra questi Ellen MacArthur, che nel 2005 ha battuto il record del giro del mondo in solitaria. Dieci anni prima MacArthur a bordo dello stesso piccolo sloop di 20 piedi (6,1 m), Iduna, aveva circumnavigato la Gran Bretagna, un viaggio che gettò le basi per quello che sarebbe avvenuto in seguito. Più recentemente, l'adolescente olandese Laura Dekker ha dovuto ingaggiare una battaglia contro le autorità pur di diventare la persona più giovane a fare il giro del mondo a vela. A bordo di Guppy è riuscita a conquistare il record all'età di 16 anni e 123 giorni.

In generale, questo libro trascura le imbarcazioni delle grandi celebrità, perché queste sono di solito famose solo per via dei loro armatori e non hanno fatto alcun viaggio di cui valga la pena parlare. Ma chi avrebbe potuto resistere alla storia di Casanova che scappò da Palazzo Ducale in gondola? E, a quanto pare, il viaggio di tre giorni di John Lennon alle Bermuda, sulla Megan Jaye, trasformò radicalmente il musicista. Poco dopo, infatti, ruppe il silenzio e pubblicò Double Fantasy, l'album che precedette la sua morte improvvisa.

Chi ci ha colpito di più è stato Stephen Ladd. Annoiatosi del suo lavoro di urbanista, Ladd realizzò una deriva di 3,65 metri e discese il fiume Missouri fino al Golfo del Messico, per poi attraversare il Canale di Panama, risalire le Ande (in camion), percorrere il fiume Orinoco, e poi tornare a casa attraversando i Caraibi, dopo aver percorso un totale di 15.000 miglia (28.000 km). Ciò è davvero memorabile, degno di nota, stupefacente, anche se forse Ladd non è famoso, e in pochi hanno sentito parlare di lui. Poi c'è il sessantenne Wilfried Erdmann, che ha navigato più volte intorno al mondo: tre volte in solitario, due volte in solitario e senza scalo, e una volta in solitario senza scalo e contro i venti dominanti (da est a ovest). Eppure, il suo nome è poco conosciuto al di fuori della natia Germania.

Alla fine dei conti, questa non può che essere una selezione soggettiva, e alcune imbarcazioni eminenti non hanno potuto trovare posto nella lista. Come per le barche più belle, la scelta delle barche memorabili è molto personale. Tuttavia, se vi piaceranno le storie che raccontiamo qui, allora questo sarà un motivo più che sufficiente per averle narrate. E speriamo che nessuno mi chieda mai: "Che caratteristiche deve avere una barca memorabile?".

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Pagina 10

Il nonno di tutti
Spray



È IL 'NONNO' DI TUTTI: l'originale, il marinaio solitario che fece per primo il giro del mondo, venerato da tutti coloro che hanno seguito la sua scia. Così avanti rispetto al suo tempo che il suo viaggio non sarebbe stato tentato di nuovo per altri 40 anni. Eppure, fu per puro caso che Joshua Slocum si imbatté nella barca che lo avrebbe reso famoso.

Dopo una vita passata a lavorare sulle navi a vela, prima come capitano e poi come armatore, Slocum si ritrovò a Boston nel 1890. Era sopravvissuto a tutti i tipi di incidenti di navigazione dai naufragi agli ammutinamenti - ma fu l'avvento del vapore a segnare la fine della sua carriera. Proprio non riuscì a adattarsi alla propulsione meccanica.

Mentre "meditava" sul suo futuro, un vecchio conoscente si avvicinò e gli offrì una barca, avvertendolo che "sarebbero state necessarie delle riparazioni". La barca in questione era un vecchio sloop per la pesca delle ostriche chiamato Spray, al quale Slocum dedicò 13 mesi di lavori di restaurazione. Non era la scelta più ovvia per un viaggio intorno al mondo: l'imbarcazione con baglio elevato e fondo piatto era più adatta a trasportare carichi pesanti in acque costiere che a fare lunghe traversate in mare aperto. Nonostante le evidenti limitazioni, Slocum dichiarò: "in acqua aveva l'eleganza di un cigno", e il 24 aprile 1895 partì per il suo storico viaggio. "Il cuore mi batteva forte per l'eccitazione. Il mio passo in coperta era leggero, nell'aria frizzante", scrisse più tardi. "Sentivo che non c'era modo di tornare indietro, e che mi stavo impegnando in un'avventura del cui significato ero pienamente consapevole".

Il viaggio di Slocum presenta tutti gli elementi di una classica avventura in mare: la rocambolesca fuga dai pirati al largo di Gibilterra, una visita del fantasma del pilota di Colombo al largo delle Canarie e una terrificante tempesta di quattro giorni al largo della Terra del Fuoco. Quando arrivò a Newport, tre anni e mezzo dopo, aveva percorso 46.000 miglia (85.000 km) ed era il primo uomo ad aver circumnavigato il mondo in solitaria. Nessuno avrebbe eguagliato la sua impresa fino alla circumnavigazione di Louis Bernicot del 1936-38, e a quel punto il mondo intero era ormai cambiato. Ma Slocum non desiderava solo viaggiare, voleva raccontare le sue avventure, e voleva farlo bene. Aveva già scritto due libri sulle sue precedenti avventure, e firmò un contratto per la pubblicazione di un terzo prima ancora di lasciare Boston. Solo, intorno al mondo fu pubblicato infatti nel 1900, e se da una parte permise a Slocum di acquistare un'azienda agricola a Martha's Vineyard, nel Massachusetts, dall'altra lo consacrò come uno dei giganti della vela oceanica. Tutto grazie a una vecchia barca nata per la pesca delle ostriche nella baia di Chesapeake.

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Pagina 58

La Fuga di Casanova
La gondola di Casanova



NON FU CERTO LA PIÙ AUDACE o la più pericolosa tra le fughe - benché le prigioni di Palazzo Ducale, i Piombi, fossero note per essere a prova di evasione - in ogni caso, la fuga di Casanova presenta molti degli ingredienti chiave per comporre una classica storia italiana: un palazzo veneziano, un monaco grasso, gondole e, naturalmente, la pasta.

Nato a Venezia nel 1725, Giacomo Casanova entrò in seminario prima di dedicarsi al gioco d'azzardo e a una generale dissolutezza. Da giovane, uno dei suoi scherzi preferiti era quello di slegare i cavi di ormeggio delle gondole e rimanere a guardare il caos che ne derivava, mentre i loro proprietari si affannavano per recuperarle. Viaggiò molto in tutta Europa, seducendo dame qua e là, prima di tornare a Venezia nel 1753, e iniziare la sua carriera di prestigiatore. Due anni dopo, però, fu arrestato per "oltraggio alla Santa Chiesa" e condannato a cinque anni di reclusione. Il suo trasporto al carcere Piombi, nel Palazzo Ducale, avvenne probabilmente in gondola. Dopo mesi di reclusione in isolamento, si unì a un compagno di prigionia, Padre Balbi, per pianificare la fuga. Secondo la biografia di Casanova, fece avere una punta d'acciaio a Balbi nascosta in una Bibbia, sotto un grande piatto di maccheroni. Così, alla mezzanotte del 31 ottobre 1756, Casanova sfondò il tetto di Palazzo Ducale e, con padre Balbi ben aggrappato alla sua cintura, riuscì ad entrare nel corpo principale dell'edificio.

I due furono lasciati andare la mattina seguente da guardie ignare che pensavano dovessero scontare una sola notte. Casanova chiamò subito una gondola con due uomini per raggiungere Mestre, sulla terraferma, dove poi noleggiarono una carrozza e dei cavalli per varcare "i confini della Repubblica". Mentre uscivano da Venezia, Casanova guardava indietro ai canali della sua terra natale: "Era una mattina splendida, l'aria era limpida e splendente dei primi raggi del sole, e i miei due giovani marinai remavano agevolmente e bene; e mentre pensavo alla notte di tristezza, ai pericoli ai quali ero sfuggito, alla dimora dove il giorno prima mi ritrovavo confinato, a tutta la fortuna che mi aveva assistito e alla libertà che iniziavo ad assaporare, ero così commosso nel mio cuore e grato al mio Dio che, quasi soffocato dall'emozione, scoppiai in lacrime".

Casanova non sarebbe tornato a Venezia - e alle sue amate gondole - per altri 18 anni, dopo aver condotto una vita ricca di viaggi, intrighi e avventure amorose.

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Pagina 94

Libera e veloce
Joshua



È UNA DELLE STORIE PIÙ FAMOSE del mondo della vela: il francese solitario che si iscrive alla primissima regata intorno al mondo e, invece di dirigersi verso nord e una vittoria quasi certa, decide di abbandonare la competizione a metà strada e di continuare a navigare per "salvare la sua anima". Molto romantico, molto francese! Moitessier viene spesso ricordato come un eccentrico, quando invece era un velista astuto, in grado di ottenere velocità di navigazione superiori adottando una strategia radicale che era del tutto in contrasto con le pratiche prevalenti all'epoca.

Dopo un'infanzia tutt'altro che comune in Asia, Moitessier si dedicò a una serie di avventure veliche negli anni '50, prima in Asia, poi attraverso l'Atlantico e infine nei Caraibi, dove scampò persino a un naufragio. Il libro che scrisse sulle sue esperienze, Un vagabondo dei mari del sud, fu un successo immediato e gli permise di costruire una nuova barca: un ketch in acciaio che chiamò Joshua in onore del suo eroe, Joshua Slocum. Nel 1963, partì con la moglie Françoise in luna di miele. I due si diressero verso i Caraibi, passando per il Canale di Panama e raggiungendo le Isole Galapagos e la Polinesia francese. Poi, invece di tornare a casa attraverso il Canale di Suez, dirottarono verso est, doppiando Capo Horn e risalendo l'Atlantico. Quando arrivarono in Francia, 126 giorni dopo, avevano stabilito un record per il viaggio più lungo e senza scalo mai fatto a bordo di un'imbarcazione da diporto a vela.

Fu durante quel viaggio che Moitessier fece una scoperta sorprendente. Mentre le nozioni tradizionali consigliavano di ridurre la velatura e filare in mare delle ancore galleggianti o delle spere da poppa per rallentare la barca, in caso di maltempo, il navigatore scoprì che l'approccio opposto funzionava meglio a bordo di Joshua. Fuggendo il mare con la barca libera e veloce, egli poteva tenersi sempre davanti alle onde frangenti e navigare in modo più sicuro. Era una strategia da brividi ed era estenuante, ma consentiva anche di abbreviare le traversate. Quando arrivò il momento della Golden Globe Challenge, due anni dopo, Moitessier non solo aveva una barca ben collaudata, ma anche una strategia di navigazione che lo poneva in vantaggio rispetto ai suoi rivali. Così, mentre Robin Knox-Johnston rallentava deliberatamente la corsa della sua barca nell'Oceano del Sud, Moitessier planava sulle onde con nonchalance, guadagnando costantemente terreno sull'inglese. Se non avesse avuto un debole per la filosofia, Moitessier avrebbe potuto vincere la regata facendo suo il record. Invece, trasformò il suo viaggio in una sessione di meditazione lunga 37.455 miglia (69.370 km), e scrisse un bestseller sulla sua esperienza. Detto questo, chi é il vero vincitore?

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Pagina 146

Una corsa contro il tempo
Guppy



QUANDO IL DICIASSETTENNE MIKE PERHAM entrò nel porto di Portsmouth nel mese di agosto del 2009, diventando così il più giovane navigatore ad aver fatto il giro del mondo in solitaria, ispirò una generazione di navigatori determinati a battere il suo record. In primo luogo, ci fu l'australiana Jessica Watson, 16 anni, il cui giro dell'emisfero meridionale non fu considerato abbastanza lungo per essere una vera e propria circumnavigazione. In secondo, l'americana Abby Sunderland, che dovette arrendersi quando la sua barca disalberò nell'Oceano Indiano. Tali insuccessi avrebbero spianato la strada alla velista olandese Laura Dekker, che aveva appena 14 anni nell'agosto 2009 quando annunciò che stava pianificando il viaggio, se solo le autorità olandesi non fossero intervenute. Quando i servizi per la tutela dei minori del paese vennero a conoscenza dei piani di Dekker, ne richiesero l'affidamento condiviso e le vietarono di partire malgrado avesse l'approvazione dei suoi genitori. La battaglia legale fu particolarmente angosciante per Dekker, che sapeva che le sue possibilità di battere il record di Perham si riducevano di mese in mese.

Nonostante la sua età, Laura Dekker era già una marinaia esperta. Nata in Nuova Zelanda mentre i suoi genitori erano impegnati in un giro del mondo, ha vissuto sulle barche fino all'età di cinque anni. All'età di sei anni imparò ad andare a vela su un optimist e in breve fu in grado di governare una barca da sola. A dieci era già al timone di un hurley 700 pocket cruiser, con il quale navigò attorno alla Frisia, con il suo cane Spot a farle da compagnia. Nella primavera del 2009, la giovane navigatrice attraversò la Manica in solitaria fino a Lowestoft. Indifferenti all'impresa della tredicenne, le autorità britanniche la trattennero in custodia e la fecero venire a riprendere dal padre. Il signor Dekker inizialmente si rifiutò, sostenendo che la ragazza fosse in grado di tornare da sola, ma alla fine capitolò e la raggiunse, per poi lasciarla comunque proseguire fino a casa.

Le dispute legali sulla circumnavigazione pianificata da Laura Dekker ritardarono di un anno la sua partenza e trasformarono la sua storia in un caso mediatico. Il punto in discussione riguardava la misura in cui lo Stato può interferire per proteggere un minore dal pericolo. Anche quando un tribunale olandese restituì finalmente la custodia ai suoi genitori, nell'agosto 2010, Laura Dekker non fu in grado di iniziare la sua circumnavigazione dalle acque olandesi in quanto la barca che avrebbe utilizzato era più lunga di 7 m (la lunghezza massima consentita in Olanda agli skipper minori di 16 anni). Così, suo padre l'accompagnò a Gibilterra da dove, il 21 agosto 2010, iniziò ufficialmente il suo tentativo di battere il record. Dopo diverse soste lungo il percorso, e 518 giorni, Laura Dekker arrivò a St Martin, nei Caraibi, diventando così la più giovane navigatrice ad aver circumnavigato il mondo da sola. Aveva 16 anni e 123 giorni.

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Pagina 158

A est del sole, a ovest della luna
Kon-Tiki



THOR HEYERDAHL E SUA MOGLIE vivevano su un'isola del Sud Pacifico, prelevando campioni di flora e fauna, quando ebbero un'idea piuttosto eretica. Thor aveva notato come il vento colpisse sempre il lato est dell'isola, non il lato ovest, e come sull'isola crescessero piante autoctone sudamericane come le patate dolci, anche se l'America del Sud era lontana, a ben 4300 miglia (8000 km) di mare aperto. Se le patate dolci erano riuscite a migrare da oriente, allora anche gli esseri umani potevano averlo fatto. Era un'idea che andava contro le teorie scientifiche del periodo, che suggerivano che le isole del Pacifico fossero state colonizzate da uomini impegnati in una migrazione graduale, isola per isola, da ovest. Malgrado gli alisei indubbiamente soffino da est a ovest, i critici hanno sostenuto che non ci fossero imbarcazioni native capaci di una traversata oceanica di 4300 miglia (8000 km) nel 500 o addirittura nel 1000, come suggerito da Heyerdahl.

C'era un solo modo per dimostrare la sua ipotesi, e così nel 1947 Heyerdahl raggiunse il Perù e iniziò a costruire una zattera tradizionale, utilizzando solo gli strumenti e i materiali che erano a disposizione delle popolazioni indigene di quel periodo. Nove enormi tronchi di balsa furono legati insieme con una corda di canapa e una vela quadra fu armata per la navigazione con vento a favore. Una semplice tuga di bambù, coperta di foglie di banano, costituiva l'unico riparo. La zattera era dotata di moderne attrezzature di navigazione tra cui radio, sestante e carte nautiche, ma aveva solo un minimo di governo. Venne chiamata Kon-Tiki, dal nome di un antico dio sole Inca che si diceva avesse viaggiato verso l'ovest.

Sopravvivendo in gran parte di pesce pescato, Heyerdahl e i cinque membri dell'equipaggio (più un pappagallo, perso in una tempesta) sopravvissero per 101 giorni in mare, prima di schiantarsi su una barriera corallina a Raroia, un'isola che si trova 500 miglia (930 km) a nord di Tahiti. Heyerdahl aveva dimostrato che un tale viaggio era possibile, ma non probabile, e la maggior parte degli scienziati continuò a credere che la teoria della migrazione da ovest fosse la più verosimile. Inoltre, il pensiero di Heyerdahl evidenziava un fondamentale pregiudizio occidentale. Proprio come i suoi avversari, egli presumeva che le imbarcazioni polinesiane non potessero navigare di bolina, che i nativi non avessero particolari capacità di navigazione e che si spostassero, quindi, di isola in isola sospinti dai capricci degli elementi. Solo nel 1976 la piroga hawaiana Hõkule'a dimostrò che la teoria della "deriva accidentale" non era solo paternalistica, ma anche sbagliata. Le imbarcazioni tradizionali polinesiane potevano risalire il vento e navigare da un'isola all'altra con metodi tradizionali. La grande avventura di Heyerdahl era nata con un vizio di fondo.

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