Copertina
Autore Alessandro Dal Lago
Titolo Clic!
SottotitoloGrillo, Casaleggio e la demagogia elettronica
EdizioneCronopio, Napoli, 2013, rasoi 14 , pag. 150, cop.fle., dim. 12x17x0,9 cm , Isbn 978-88-98367-02-3
LettoreGiovanna Bacci, 2013
Classe paesi: Italia: 2010 , politica , movimenti , informatica: sociologia , destra-sinistra
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Indice



Introduzione

Un rimedio peggiore del male                             9

      PARTE PRIMA

      Il supermarket della partecipazione               27


I.    Uno spot vale l'altro                             29
II.   Il mercato dell'indignazione                      38
III.  La politica come marketing                        46
IV.   Eliminare le dissonanze                           53
V.    Ognuno vale uno, ma due valgono per tutti         60

      PARTE SECONDA

      Mo' vi mento                                      75


VI.   Questo non è una leadership                       77
VII.  Il sapere dei non leader                          90
VIII. Idee chiare sull'immigrazione                     99
IX.   Che giustizia sia fatta!                         107
X.    Il paradiso prossimo venturo                     114

Conclusioni

Quello che ci aspetta                                  127


 

 

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Un rimedio peggiore del male



                            Il segreto dell'agitatore è di rendersi stupido
                            quanto i suoi ascoltatori, in modo che questi
                            credano di essere intelligenti come lui.

                            K. Kraus, Detti e contraddetti




Nei giorni successivi alle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013, ho incontrato un amico e gli ho confidato tutta la mia perplessità per i risultati. Ecco il resoconto della chiacchierata.

ADL — Questi due, Grillo e Casaleggio, suscitano in me una profonda avversione. Non voglio essere governato, per interposti deputati e senatori del Movimento 5 Stelle (M5S), da un comico milionario, esagitato e triviale, e tanto meno dal suo guru, l'inquietante profeta del marketing elettronico.

AM — Posso anche capire la tua scarsa simpatia per Grillo e Casaleggio, ma gli eletti del M5S mi sembrano brave persone.

ADL – È proprio il fatto che sembrino o siano brave persone che mi preoccupa.

AM – Che cos'è, una delle tue solite provocazioni?

ADL – Per nulla. Mi spiego con un aneddoto. Una volta, circa un secolo fa, un sociologo tedesco in trasferta negli Usa chiese a un operaio americano perché lui e i suoi colleghi eleggessero rappresentanti sindacali così corrotti. "Per avere la libertà di disprezzarli", rispose quello. La battuta esprime sia il senso d'indipendenza, sia il totale disincanto della classe operaia americana di quei tempi verso la rappresentanza. L'inevitabile separatezza di quest'ultima dalla società cosiddetta civile comporta arroganza, privilegi e corruzione. Ed è per questo che i cittadini avvertiti se ne tengono alla larga e anzi la disprezzano. E tuttavia, se la tengono, perché è un male necessario.

AM – Non capisco. Nutri forse illusioni nella democrazia diretta? Non hai curato tu l'edizione italiana delle opere di Hannah Arendt in cui si esalta la polis ateniese?

ADL – Una cosa alla volta, ti prego. Per cominciare, ritengo la rappresentanza, e cioè il parlamentarismo, un sistema assai difettoso, ma inevitabile, un male necessario, come dicevo prima. Provo quasi vergogna a citare la battuta attribuita a Churchill, secondo cui la democrazia è la peggior forma di governo, escluse tutte le altre... Quanto alla polis ateniese, modello di ogni democrazia diretta o assembleare, si tratta di un miracolo irripetibile. Ti sembra possibile una democrazia diretta in società di decine di milioni di abitanti? Ovviamente no. Come ho cercato di mostrare in alcune introduzioni alla sua opera, per Hannah Arendt la politeia ateniese era un concetto limite o controfattuale, utile per mostrare i limiti della cosiddetta democrazia contemporanea e nient'altro. Proporre oggi l'espressione diretta della volontà popolare, soprattutto nella forma virtuale o elettronica di Casaleggio e Grillo, non è che demagogia. Ecco perché non mi fido per nulla delle brave persone del M5S arrivate in Parlamento con la pretesa di essere il popolo, più che di rappresentarlo. Non mi fido, oltretutto, perché illude gli elettori e toglie loro la libertà di disprezzarle...

AM – Ah sì? E allora preferisci essere governato, come è successo negli ultimi vent'anni, da piduisti, ex-fascisti o ex-democristiani o magari ex-comunisti alla perpetua rincorsa di un centro inesistente?

ADL – In un certo senso...

AM – Lo sospettavo, ti sei bevuto il cervello.

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Infatti, il segreto del M5S – inteso come organizzazione politica di sintesi – è quello di lavorare indirettamente su questioni reali, oggetto di controversia, di mobilitazione o di semplice attenzione – dalla corruzione, ai costi della politica, ai Muos, alla lotta No Tav o No Dal Molin e altre questioni sociali, umane ecc. In un certo senso, il M5S opera una sorta di franchising sociale e politico, offrendo visibilità in cambio di legittimazione. Dice Casaleggio:

Noi abbiamo stabilito relazioni con decine di questi movimenti. Ad esempio con Afa Centro Reul, un importante centro di riabilitazione di Genova, l'unico per bambini e ragazzi sordi; con Ageranvi, associazione milanese di genitori di bambini ciechi e ipovedenti; con Sightsavers Italia, che si occupa di curare le malattie della vista nei paesi in via di sviluppo; con i No Tav; con i No Dal Molin; con Smile Train, per la cura dei bambini affetti da labbro leporino; con Greenpeace eccetera. Hanno di solito bisogno di aiuto. [...] Li aiutiamo con la raccolta di fondi e con la visibilità...

Insomma, il M5S agisce – o vorrebbe agire – nei diversi settori della vita associata come collettore di informazioni, opinioni, iniziative, mobilitazioni da trasformare in valore aggiunto comunicativo e quindi politico. Senz'altro, nel caso della base del movimento, e cioè dei seguaci del duo Casaleggio-Grillo, si può parlare di una sincera aspirazione alla trasparenza sociale, alla difesa dei diritti dei deboli e così via. Ma, per quanto riguarda la sintesi politica operata dai due strateghi o portavoce, resta il fatto che mettere sullo stesso piano il sostegno ai No Tav e un'associazione per la cura dei bambini con il labbro leporino dà la sensazione che il M5S e i suoi leader si muovano tra volontà di potenza politica e opportunismo commerciale. Che insomma vogliano giocare, nella scena italiana, un ruolo analogo a quello che Google rappresenta nell'informazione e Amazon e E-Bay nel commercio elettronico.

Apparentemente, il cosiddetto capitalismo immateriale non rende superflui i supporti materiali. Google e i social network presuppongono l'esistenza dei computer. Amazon presuppone, oltre ai computer, la realtà di libri, cd ecc. Ma né Google, né Amazon producono questi beni (a parte una limitata attività di Amazon in campo editoriale e la commercializzazione di Kindle). Tuttavia, la distribuzione online di libri, film, musica ecc. non può non avere effetti sulla materialità di quei beni. In altri termini, il valore aggiunto prodotto dalle aziende che da anni hanno rivoluzionato il mercato è dovuto, in una dimensione che pochi anni fa nessuno avrebbe immaginato, alla smaterializzazione dei beni e dei servizi. Smaterializzazione, nel senso che Google Book e Amazon rendono superflue, in prospettiva, biblioteche e librerie, così come i tablet potrebbero rendere superflui i giornali stampati e le edicole. Come dicono Casaleggio e Grillo:

I giornali stanno scomparendo, poi verrà il turno delle televisioni, seguite dai libri. Entro dieci o vent'anni saranno considerati alla stregua di specie estinte come il dodo. Tutta l'informazione confluirà in Rete e chiunque potrà diventare prosumer, ossia allo stesso tempo produttore e fruitore dell'informazione.

In campo politico, rispetto ai movimenti e partiti tradizionali, il sistema "Casaleggio-Grillo/blog-M5S" funziona più o meno allo stesso modo. Nato come organizzazione di distribuzione online di idee o beni politici, questo modello finirà per minacciare seriamente non solo l'esistenza dei partiti, ma anche della politica in senso lato. In un'intervista a Casaleggio, lo scrittore cyber-punk Bruce Sterling ha perfettamente colto la questione:

I partiti politici convenzionali potrebbero avere difficoltà a capire che rischiano di essere sgretolati da internet: un po' come Wikipedia ha mandato in rovina il settore delle enciclopedie, o come Google ha rovinato i giornali e Napster l'industria musicale. Ed è ovvio che è questa rottura con il passato ciò che Casaleggio ha in mente con il M5S e la politica italiana.

Il M5S, grazie alla sua dimensione virtuale, non ha bisogno di sedi e funzionari, e quindi ha eliminato i relativi costi (mentre i partiti tradizionali combattono battaglie di retroguardia sul finanziamento pubblico, per non dover licenziare di colpo tutto il personale). Ma sta anche eliminando attività politiche come le manifestazioni, le assemblee di partito, le riunioni pubbliche e persino le primarie. E quindi ha mutato l'antropologia dei soggetti che fanno (o credono di fare) politica.

I militanti del M5S non vivono tra noi, in quanto militanti. Nessuno li vede, se non in occasioni speciali, come le sedute di un consiglio comunale. Non danno volantini, non bussano alle nostre porte. Nessuno li conosce, se non quando sono eletti. Da qui la curiosità e poi lo sconcerto, quando abbiamo cominciato a vedere in televisione i parlamentari del M5S dopo le elezioni del febbraio 2013. Nessuna faccia nota, ma tizi qualunque che sembravano essere arrivati lì per caso – ciò che è avvenuto in realtà, data la loro selezione occasionale nelle cosiddette "parlamentarie". Nei mesi successivi alle elezioni abbiamo conosciuto solo gli espulsi e i transfughi, perché al centro di polemiche, mentre gli altri – se non si è giornalisti parlamentari – per noi sono ancora oggi dei veri Ufo. Questo significa che la sfera pubblica, tradizionalmente associata alla visibilità, è mutata radicalmente. Infatti, gli eletti del M5S non sono zombie, ma esseri vivi e attivi – solo che agiscono in una sfera politico-commerciale virtuale che non è più la nostra.

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Pagina 56

[...] Ora, benché sia alquanto dubbio che Casaleggio e Grillo abbiano familiarità con il pensiero di Schmitt, colpisce davvero la somiglianza del loro credo politico con la complexio oppositorum. "Un'idea non è di destra o di sinistra. È un'idea, buona o cattiva", ripete spesso Casaleggio. Grillo, da parte sua, non ha perso occasione per dichiarare obsoleta la distinzione tra destra o sinistra. Si è schierato con i No Tav della Val di Susa, a cui afferiscono, oltre che gli abitati della zona, anarchici e antagonisti, ma – in un'intervista che ha fatto sensazione – ha aperto le porte del M5S, sebbene individualmente, ai fascisti di Casa Pound.

La riduzione trascendentale delle dissonanze definisce perfettamente un'epoca in cui non esiste più – almeno ufficialmente – la contrapposizione tra le culture di destra e di sinistra: un'epoca inaugurata da una canzone di Giorgio Gaber del 2001, Destra-sinistra, che a me non è mai sembrata una bonaria presa in giro delle ideologie, come si legge spesso, ma un manifesto del qualunquismo:

Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
La risposta delle masse è di sinistra
con un lieve cedimento a destra
son sicuro che il bastardo è di sinistra
il figlio di puttana è a destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Una donna emancipata è di sinistra
riservata è già un po' più di destra
ma un figone resta sempre un'attrazione
che va bene per sinistra e destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

La polarizzazione delle culture politiche non è solo questione di "ideologia", come si ripete banalmente. È soprattutto un modo di sintetizzare opzioni politiche contrapposte, ovvero immagini della società, strategie economiche, teorie della giustizia sostanziale. Per essere chiari, non è possibile – se non con acrobazie concettuali – mettere d'accordo la visione foucaultiana del potere, una presenza ubiqua da cui difendersi, con quella di Schmitt , una realtà intrinsecamente "buona", soprattutto se sostenuta da una concezione teologica. Proprio nei giorni in cui usciva la canzonetta di Gaber, le immagini del G8 di Genova imponevano a chiunque di prendere partito pro o contro la violenza dello stato esercitata su manifestanti per lo più inermi. La logica di Grillo e del M5S supera questo antagonismo semplicemente disinnescandolo nello spazio discreto e puntiforme della rete. La de-ideologizzazione ("destra e sinistra sono solo congetture", dice l'inno del M5S) fa sì che, visibilmente, un "punto di vista" non si scontri mai con un altro, anche se sono contraddittori. Ecco alcuni esempi: "Poliziotti e carabinieri votano tutti per il M5S", ma anche "I poliziotti difendono la casta"; "Il paese è ostaggio di un condannato [Berlusconi] per evasione fiscale", ma anche "Questa magistratura mi fa paura". La legge elettorale nota come "porcellum" fa schifo, ma "Pd e Pdmenoelle vogliono cambiare il 'porcellum' per fregare il M5S". E così via.

L'antitesi politica è dunque sostituita, nel discorso grillino, da una contrapposizione bene/male che tende a neutralizzare ogni conflitto tra "punti di vista" particolari. Una contrapposizione che definirei paranoica, se non avessi qualche riluttanza a usare le categorie della psicologia collettiva. Dato che "noi" siamo il bene e l'Altro – volta per volta il potere, la corruzione, la partitocrazia, i sindacati, Berlusconi, il Pdl e il Pdmenoelle ecc. – è letame, merda, e cioè il male, noi possiamo essere qualsiasi cosa (e l'opposto di qualsiasi cosa) senza che da ciò risultino tensioni particolari. E quindi amici dei poliziotti ma ostili verso i poliziotti, seguaci dei magistrati ma critici verso i magistrati, No Tav ma a favore della legalità, con gli operai ma contro i sindacati, per la democrazia ma per l'abolizione dei partiti e così via. Il superamento del principio di non contraddizione sembra essere una caratteristica dei seguaci di Grillo, come si vede facilmente leggendo i commenti sul blog.

Come può un adulto consapevole, per esempio, pensare che il M5S sia un "movimento senza capi, né padroni", visto che Casaleggio è lo stratega e Grillo l'agitatore-capo, o "portavoce", come lui stesso si definisce? Sono loro a dare la linea ai parlamentari, a espellere chi non è d'accordo ecc. "Finché saremo un gregge avremo bisogno di un pastore e anche di cani da guardia", ha affermato, in un barlume di consapevolezza, un senatore del M5S. Eppure, chiunque sia iscritto al movimento e partecipi alle elezioni è, in quanto chiamato a cliccare un nome, considerato ufficialmente il padrone di se stesso e delle proprie scelte.

È senz'altro frutto dell'acuta visione strategica di Casaleggio e dell'intuito politico di Grillo aver creato una dimensione capace di rappresentare qualcosa di tutti questi tipi o soggetti empirici, facendo scivolare in secondo piano le loro eventuali divergenze.

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Pagina 66

In base a quanto precede, affermo che il M5S costituisce il caso, per ora unico al mondo, di un movimento politico (con tanto di propaggini elette in Parlamento) controllato pienamente da un'azienda – o, meglio, dall'alleanza aziendale tra un imprenditore della comunicazione e un imprenditore dell'intrattenimento. L'affermazione può essere ulteriormente specificata: il M5S è il braccio politico-elettorale-parlamentare di un complesso aziendale il quale – come ogni altra azienda – ha come obiettivo il profitto. Non necessariamente un profitto immediato: se infatti l'azienda in questione è capace di trasformare la morale in influenza politica attraverso un uso strategico della rete, nulla impedisce che in un futuro prossimo l'influenza sia trasformata in profitti molto superiori a quelli attuali. Al limite, inoltre, l'influenza (il potere comunicativo e politico), può essere considerata il vero profitto del complesso aziendale Grillo-Casaleggio, l'obiettivo principale della loro attività imprenditoriale, indipendentemente dalle ricadute economiche dirette. In un libro di qualche anno fa, parlando del rapporto tra cittadini e rappresentati eletti, Grillo e Casaleggio hanno così definito i parlamentari:

Dobbiamo abituarci a pensare al politico come a un nostro dipendente. Un dipendente che fallisce tutti i suoi obiettivi è licenziato dal datore di lavoro. Noi siano i datori di lavoro.


I due leader intendono con "noi" i cittadini. Ma dal modo in cui si comportano con il dissenso dei parlamentari del M5S, appare chiaro che con "noi" intendono soprattutto se stessi come leader. Se le cose stanno così, siamo di fronte a una volontà di potenza che non ha eguali, anche se si esprime in comportamenti e stili diversi e complementari: in Grillo l'istrionismo del consumato teatrante, le interviste provocatorie, il linguaggio violento e volgare, oltre ai gesti, come l'attraversamento a nuoto dello stretto di Messina, che ricordano gli exploit natatori di Mao Zedong e Saddam Hussein; nel semi-misterioso Casaleggio, l'utopismo elettronico e le abili strategie aziendali applicate al nuovo marketing politico. Insieme, i due stili rappresentano qualcosa che altrove è sconosciuto e per il quale, almeno in Italia, non esistono per il momento antidoti. Se consideriamo la facilità e la rapidità con cui il M5S si è imposto come uno degli attori politici più rilevanti in una paese di sessanta milioni di abitanti, le attese messianiche che suscita nei seguaci e lo stile autoritario dei suoi leader, nonché il comportamento spesso servile (verso Grillo e Casaleggio) della maggioranza dei suoi rappresentanti in Parlamento, l'espressione "fascismo elettronico" non suonerà davvero eccessiva.

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Pagina 84

[...] Lo statuto del movimento (o "non associazione") è definito un "non statuto", anche se è stato depositato presso un notaio nel dicembre 2012. In base a questo atto, Grillo è proprietario del marchio dell'"associazione movimento 5 stelle", in quanto gli spettano "la titolarità, gestione e tutela del contrassegno (nonché) titolarità e gestione della pagina del blog". Dunque il "non statuto" è uno statuto a tutti gli effetti, e anzi molto di più, un atto di proprietà, perché conferisce a Grillo - e solo a lui - il controllo materiale, simbolico e politico, di un movimento che coincide con il suo blog:


ARTICOLO 1 - NATURA E SEDE

Il MoVimento 5 stelle è una "non Associazione". Rappresenta una piattaforma ed un veicolo di confronto e di consultazione che trae origine e trova il suo epicentro nel blog www.beppegrillo.it.

La sede del MoVimento 5 stelle coincide con l'indirizzo web www.beppegrillo.it. I contatti con il movimento sono assicurati esclusivamente attraverso posta elettronica all'indirizzo MoVimento5stelle@beppegrillo.it.

ARTICOLO 2 — DURATA

In quanto "non Associazione" il MoVimento 5 stelle non ha una durata prestabilita.


In base allo statuto, dunque, si comprende che il blog è l'unico spazio legittimo di esistenza del movimento e la sua proprietà conferisce a Grillo - come abbiamo già visto - non solo il potere assoluto di escludere (e quindi di espellere) traditori, dissidenti ecc., ma anche di far vivere o sopprimere come più gli piace la sua creatura ("il movimento non ha durata prestabilita").

Il principio secondo cui Grillo è l'autorità suprema del M5S è ribadito dal "Codice di comportamento eletti MoVimento 5 stelle in parlamento". Il codice prevede, oltre che il "rispetto dello Statuto, riferito come Non Statuto", norme essenziali in tema di comunicazione, come "evitare di partecipare ai talk show". Data l'importanza che il complesso aziendale Grillo-Casaleggio attribuisce alla comunicazione, è chiaro che il modo in cui gli eletti comunicano con l'esterno - in sostanza, la loro libertà di parola - dipende esclusivamente dalla volontà di Grillo. Cito l'articolo del "codice" in questione:

La costituzione di due "gruppi di comunicazione", uno per la Camera e uno per il Senato, sarà definita da Beppe Grillo in termini di organizzazione, strumenti e di scelta dei membri, al duplice fine di garantire una gestione professionale e coordinata di detta attività di comunicazione, nonché di evitare una dispersione delle risorse per ciò disponibili. Ogni gruppo avrà un coordinatore con il compito di relazionarsi con il sito nazionale del M5S e con il blog di Beppe Grillo. La concreta destinazione delle risorse del gruppo parlamentare ad una struttura di comunicazione a supporto delle attività di Camera e Senato su designazione di Beppe Grillo deve costituire oggetto di specifica previsione nello Statuto di cui lo stesso gruppo parlamentare dovrà dotarsi per il suo funzionamento. È quindi necessaria l'assunzione di un esplicito e specifico impegno in tal senso da parte di ciascun singolo candidato del M5S al Parlamento prima delle votazioni per le liste elettorali con l'adesione formale a questo documento.


È vero che i candidati del M5S devono sottoscrivere formalmente l'impegno ad attenersi al "Non statuto" e al "Codice". E quindi Grillo non ha tutti i torti quando critica chi viola regole liberamente accettate. Dopotutto, il M5S è un'associazione di diritto privato e nessuno è obbligato ad aderire. Quando però si tratta di rapporti con i parlamentari, le clausole in questione violano apertamente l'articolo 67 della Costituzione della repubblica italiana che vieta espressamente il mandato vincolato o imperativo: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". È veramente curioso che nessuno abbia notato che l'adesione dei parlamentari al "non statuto" del M5S viola la costituzione. Nello stesso momento in cui si attiene al "non statuto" e rinuncia alla sua assoluta libertà di opinione e di azione, un eletto del M5S è senz'altro fedele a Grillo, che l'ha fatto eleggere, ma non al suo dovere di parlamentare.

Resta il fatto, comunque, che la catena di comando con cui i "non leader" Casaleggio e Grillo assoggettano i due gruppi parlamentari veicola messaggi contraddittori, paradossali: voi rispondete ai cittadini, perché siete loro dipendenti, ma non osate contraddirci; noi non siamo leader, ma se uno non è d'accordo con noi lo espelliamo; il nostro è un non statuto, ma se lo violate siete fuori ecc. Di conseguenza, il modo in cui si manifesta (e viene represso) il dissenso nel M5S ricorda straordinariamente – a proposito di double bind – le dinamiche di una famiglia schizofrenica: sommersi da messaggi contraddittori, i membri più deboli sono paralizzati e possono sottrarsi alla soggezione solo con la fuga, se ci riescono. Quando tentano un'opposizione pubblica, sono colpiti dall'interdetto del padre-padrone del M5S (un po' come nella Lettera al padre di Kafka). La violenza verbale con cui Grillo è solito rispondere ai dissidenti non ha paralleli nella politica contemporanea:

Non venite a rompermi i coglioni (a me!) sulla democrazia. Io mi sto stufando. Mi sto arrabbiando. Mi sto arrabbiando seriamente. Abbiamo una battaglia, abbiamo una guerra da qui alle elezioni. Finché la guerra me la fanno i giornali, le televisioni, i nemici quelli veri va bene, ma guerre dentro non ne voglio più. Se c'è qualcuno che reputa che io non sia democratico, che Casaleggio si tenga i soldi, che io sia disonesto, allora prende e va fuori dalle palle. Se ne va. Se ne va dal MoVimento. E se né andrà dal MoVimento.

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Pagina 97

Perché guastare la sobria solennità del testo di Tucidide, evidente anche in traduzione, con una parafrasi arbitraria che scandalizzerebbe uno studente del liceo classico? Forse per l'anti-intellettualismo del terzetto, e cioè per mera ignoranza? Oppure per pigrizia, visto che una buona traduzione italiana si trova in qualsiasi libreria decente, e per di più in edizione economica? Per cieca fiducia nella rete? Le tre risposte sono plausibili, ma credo che la ragione principale sia semplicemente nello stile comunicativo demagogico, e cioè nella diffusione, tipica della propaganda di Grillo e seguaci, di messaggi semplicistici rivolti a un pubblico infantilizzato. Con questo termine intendo gli adulti trattati come infanti, destinatari di messaggi elementari e privi di senso specifico. Nessun cittadino italiano, ovviamente, è tenuto a conoscere l'autentico testo di Tucidide, per non parlare del suo contesto storico. Ma nella "versione" di Fo, Grillo e Casaleggio la costituzione di Atene — rivoluzionaria per i tempi, ma che tuttavia negava qualsiasi ruolo alle donne, agli stranieri (e ovviamente agli schiavi) e cioè a una buona metà della popolazione della città – viene ridotta a ricettina metastorica, che chiunque, al centro, a destra o a sinistra, liberista o keynesiano, disoccupato o operatore di borsa potrebbe sottoscrivere con un'alzata di spalle. Ma qui è, appunto, il segreto della comunicazione politica del M5S: trasformare il discorso politico in banalità unanimistiche.

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Pagina 105

Ancora una volta l'Europa è invocata come alibi per i pregiudizi di Grillo. La realtà europea, tuttavia, è un po' diversa da quanto il "non leader" vuol far credere. La Francia adotta integralmente il cosiddetto ius soli, mentre Germania e Inghilterra ricorrono a un sistema misto o, se vogliamo, a uno ius soli soggetto a diverse restrizioni. In realtà, l'Italia ha una delle legislazioni più arretrate e restrittive in materia di conferimento della cittadinanza, insieme ai piccoli paesi dell'Europa del nord e alla Grecia. In questo caso, tuttavia, Grillo avrebbe dovuto guardare "oltre", per esempio alle Americhe, dove quasi tutti gli stati, a partire dagli Usa e dal Canada, adottano lo ius soli. È vero che ciò vale solo per una trentina di stati al mondo, ma non sembra affatto un caso che siano i più sviluppati.

In materia d'immigrazione, le idee di Grillo sono sempre restrittive, se non xenofobe. Lui, naturalmente, nega di essere razzista. Anzi, in diversi momenti e luoghi ha dichiarato che il M5S è un argine contro la deriva dell'Italia verso l'estrema destra:

BP – Stanno nascendo in Europa delle destre violentissime che fanno leva sui sentimenti e sui luoghi comuni più irrazionali: l'immigrato che arriva e ti ruba il posto di lavoro oppure "il pane è nostro e ce lo dividiamo tra noi". La gente esasperata pensa così. [...] Molti nostri avversari non capiscono che il MoVimento 5 Stelle è un argine democratico contro questi gruppi: se non ci fossimo noi avrebbero senz'altro più spazio.


Certo che adottare idee ostili agli stranieri per arginare i movimenti xenofobi è davvero un'idea originale. In realtà, in questo caso, Grillo riprende senza troppa creatività la logica adottata dalla destra e dalla moderatissima sinistra italiana, a partire dai primi anni Novanta, in materia d'immigrazione: l'ossessione per la criminalità degli immigrati e per la sicurezza urbana, le restrizioni agli ingressi, l'invenzione dei Cpt (poi Cie) e così via. Un moderatismo che non ha procurato grandi successi al centro-sinistra e che non si tradurrà necessariamente per Grillo, dopo l'exploit del febbraio 2013, nella conquista del potere. Comunque, vale la pena tornare a un romanzo degli anni Novanta, in cui un immigrato racconta i paradossi della xenofobia democratica. Le parole che seguono sembrano scritte apposta per Grillo:

E mi ha spiegato che per combattere il razzismo in Francia bisognava rimandare a casa gli immigrati. Ho continuato a tacere, ma mi sembrava strano lottare contro un'idea mettendola in pratica.

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Pagina 142

ADL – Il fatto che in questa vicenda le tante ragioni dei nostri concittadini, esasperati, impoveriti e privi di una vera rappresentanza politica (come sai, un terzo degli elettori non vota più) sono finite al servizio dei sogni di grandeur di un manager visionario e di un comico ambizioso. E tanti ci stanno credendo, compresi gli eletti che oggi hanno le briglie di Casaleggio e Grillo sul collo. Chissà che succederà quando si sveglieranno – se mai si sveglieranno. Magari si libereranno dei non leader. O magari no. Ma di una cosa sono certo. Che in ogni caso bisognerà ripartire da zero, se si vuole ricostruire un'opposizione di sinistra in questo paese.

AM – Ripartire da zero? E come?

ADL – Beh, io rientro in una categoria disprezzata da Grillo, quella degli intellettuali — un disprezzo da cui mi ritengo onorato, se lo vuoi sapere. Per di più, appartengo al genere contemplativo di intellettuale, e quindi non mi sogno nemmeno di dare indicazioni politiche. Oltretutto, ho sempre diffidato dei professorini che fanno politica in quanto tali. Detto questo, penso che sia necessario ripensare alla radice la relazione tra movimenti e politica. Come ti ho detto, Grillo strumentalizza esigenze reali, e quindi bisogna ricominciare dalla loro rappresentanza, anche se in una forma diversa dalla sinistra utopia elettronica su cui ho scritto queste pagine.

AM – Spiegati un po'.

ADL – Aspetta, c'è una premessa da fare. Io sono convinto che al cuore della questione politica, soprattutto a sinistra, ci sia il problema della giustizia. Ma, attenzione, della giustizia regolativa, cioè sociale, non penale e tanto meno morale o "dei valori", come recitava il nome dello sciagurato partito di Di Pietro. Ti dico di più: il fatto che la sinistra si sia concentrata sugli slogan delle manette agli evasori, della galera per i corrotti, della "questione morale", e così via, ha determinato la sua crisi e ha spianato la strada a Casaleggio e Grillo...

AM – Ma allora sei per l'impunità dei corrotti?

ADL – Non è questo il punto. Ogni società punisce in qualche modo le appropriazioni indebite. Ora, a parte il fatto che bisognerebbe escogitare il sistema di evitarle o di ridurle al minimo, più che di punirle a cose fatte, l'idea che il penale, la punizione fisica e il carcere risolvano la questione della corruzione è ridicola e indimostrabile. Il carcere non è che prolungata vendetta istituzionale, un luogo in cui si torturano innocenti – come i detenuti in attesa di giudizio – e condannati. Ed è davvero triste che la cultura di sinistra non sia mai riuscita a inventare sistemi di limitazione del danno alternativi a quello carcerario. Ma il mio punto principale è questo: sostituendo di fatto la giustizia punitiva a quella regolativa nel "pensiero" di sinistra, i teorici della galera, i Savonarola televisivi in sedicesimo, i fanatici delle "manette agli evasori" – capisci benissimo a chi mi riferisco – hanno degradato l'idea stessa di sinistra, facendone il megafono della magistratura inquirente e comunque dello stato punitivo. Dimenticando la tradizione che mette al primo posto non la vendetta istituzionale, ma i diritti sociali e civili, compreso il primato della libertà personale. Pensa soltanto ai partitelli comunisti che sono confluiti al seguito di Ingroia, De Magistris e Di Pietro, cioè di tre ex-procuratori. Quello che restava delle piccole organizzazioni già sconfitte nelle elezioni del 2008 pensava di condizionare un personaggio come Ingroia, dallo spessore politico nullo, e invece lui ha manipolato loro e, ancor peggio, i movimenti che li appoggiavano. E il risultato è che sono scomparsi tutti di scena.

AM – Sì, lo so che la pensi così in materia di giustizia e politica. Ma che stavi dicendo delle esigenze reali strumentalizzate da Grillo?

ADL – Lui e Casaleggio hanno compreso come i movimenti di base siano plurali e difficilmente riconducibili alla sintesi della forma partito tradizionale. Oggi, questioni come il conflitto tra salute e occupazione (pensa solo al caso Ilva) o tra ecologia e sviluppo (Tav), per non parlare di precariato, diritti umani e così via, non possono trovare spazio nei partiti della sinistra come li conosciamo, se non in forma stereotipata e verticistica. Ed ecco la strategia grillina, consistente nel mettere il cappello sui movimenti, secondo il modello del franchising di cui ho parlato nella prima parte del saggio. E anche la questione della rappresentanza parlamentare è seria – pensa solo alla diminuzione tendenziale del saggio di partecipazione alle elezioni –, ma ancora una volta la risposta di Grillo è inquietante e inaccettabile. Non si tratta di trasformare i rappresentanti in dipendenti (un'idea che poteva venire solo a un imprenditore come Casaleggio), ma di chiedere conto periodicamente (in forme da inventare) del loro operato e di giudicarlo, insomma di renderli responsabili. Comunque, penso che una ricostruzione della sinistra debba partire da un lavoro critico paziente e soprattutto radicale, capace di mettere in discussione sia le derive giustizialiste, sia i luoghi comuni vecchi e nuovi...

AM – E quali?

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