Copertina
Autore Keith Devlin
Titolo Il linguaggio della matematica
SottotitoloRendere visibile l'invisibile
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2002, Saggi Scienze , pag. 400, dim. 147x220x20 mm , Isbn 978-88-339-1420-6
OriginaleThe Language of Mathematics
EdizioneFreeman, New York, 1998
TraduttoreLaura Servidei
LettoreRenato di Stefano, 2002
Classe matematica
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Indice

 9  Prefazione

    Il linguaggio della matematica

 13 Prologo.  Che cos'è la matematica?

    Non solo numeri,13
    Matematica in movimento,14
    La scienza delle strutture,15
    Simboli di progresso,17
    Vedere è scoprire,20
    La bellezza nascosta nei simboli,22
    Rendere visibile l'invisibile,23
    L'universo invisibile,26

 27 1. Perché i numeri contano

    Ci si può contare, 27
    I bambini lo fanno già a cinque anni, 28
    Gettoni di progresso, 29
    Progresso simbolico, 33
    Il predominio dei greci, 35
    Un ostacolo insormontabile, 39
    Euclide, 40
    Numeri primi, 41
    Ordine primo, 42
    Il genio bambino, 45
    L'aritmetica modulare di Gauss, 46
    Il grande dilettante, 49
    Test di primalità, 51
    Segreti da mantenere, 53
    Facile da intuire, difficile da dimostrare,
                                             56
    L'ultimo teorema di Fermat, 59
    La saga di Fermat abbia inizio!, 61
    L'effetto domino, 65

 70 2. Schemi della mente

    Dimostrazioni senza dubbio, 70
    Gli schemi logici di Aristotele, 71
    Eulero e i suoi cerchi, 76
    Un'algebra di pensiero, 78
    La logica atomica, 83
    Le strutture della ragione, 87
    Spaccare l'atomo logico, 88
    Nasce l'era moderna, 92
    Il potere dell'astrazione, 96
    Il concetto versatile di insieme, 99
    Numeri dal nulla, 101
    Crepe nelle fondamenta, 102
    Ascesa e caduta del programma di Hilbert,
                                            105
    L'età d'oro della logica, 109
    Strutture del linguaggio, 111
    Le impronte digitali nelle nostre parole,
                                            116

119 3. Matematica in movimento

    Un mondo in movimento, 119
    I due uomini che inventarono l'analisi, 121
    Il paradosso del moto, 124
    Domare l'infinito, 126
    L'infinito si ribella, 128
    Le funzioni sono la chiave, 132
    Come si calcola la pendenza, 135
    Fantasmi di quantità estinte, 138
    A caccia di intuizioni giuste, 141
    Il calcolo differenziale, 143
    La pericolosità delle radiazioni, 145
    Onde che trascinano la musica pop, 149
    Accertiamoci che i conti tornino, 151
    I numeri reali, 158
    I numeri complessi, 159
    Il luogo ove si risolvono tutte
                              le equazioni, 162
    La fantastica formula di Eulero, 163
    La scoperta delle strutture nascoste
                                dei numeri, 165

169 4. La matematica e la forma

    La geometria innata, 169
    Misurazioni, 173
    Sviste di Euclide, 173
    Euclide nei suoi elementi, 175
    La geometria come «teoria del tutto», 181
    Sezioni coniche, 184
    Una mosca sul soffitto, 187
    La quadratura dei cerchi o e altre
                          cose impossibili, 191
    La sorprendente scoperta di geometrie
                              non euclidee, 194
    La geometria degli artisti
                          del Rinascimento, 205
    Oltre la terza dimensione, 217

224 5. La matematica della bellezza

    Vantaggi del lavoro di gruppo, 224
    Galois, 231
    Come si impilano le arance, 235
    Fiocchi di neve e alveari, 242
    I motivi della carta da parati, 251
    Piastrelle, 253

259 6. Quando la matematica prende posizione

    La cartina giusta e sbagliata insieme, 259
    I sette ponti di Könisberg, 260
    Nella rete del matematico, 262
    Möbius e il suo nastro, 267
    Come si distingue una tazza da caffè
                         da una ciambella?, 272
    Il teorema dei quattro colori, 280
    Varietà, 281
    La matematica si annoda, 287
    Di nuovo l'ultimo teorema di Fermat, 300

312 7. Il calcolo delle probabilità

    A chi va il cielo?, 313
    Calcolare la probabilità, 313
    Le strutture geometriche della probabilità,
                                            316
    La matematica è con noi, 318
    Gli incredibili Bernoulli, 322
    Paura di volare, 325
    Le curve a campana, 329
    Il reverendo Bayes, 332
    Ecco a voi l'uomo medio, 336
    Le strutture astratte della probabilità,340
    La matematica e le opzioni, 341

345 8. Alla scoperta delle strutture nascoste
       dell'Universo

    I girovaghi, 345
    Il numero di cerchi si riduce, 347
    L'uomo che fece contare i numeri, 349
    Perché le mele cadono, 351
    I fili invisibili che ci uniscono, 353
    La grande casa di Maxwell, 354
    Equazioni potenti, 357
    Luce matematica, 360
    Via col vento, 362
    Il più famoso scienziato di tutti i tempi,
                                            365
    Com'è il tempo, dalle tue parti?, 368
    La gravità della situazione, 369
    La geometria dello spazio-tempo, 371
    A distanza, 376
    Strutture gravitazionali, 380
    Materia di studio, 382
    Vice versa, 387

390 Poscritto

    Fermate le macchine!, 391

393 Indice analitico

 

 

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Pagina 14

Matematica in movimento

Fino alla metà del XVIII secolo non ci furono cambiamenti sostanziali nella natura della matematica, e nemmeno grandi passi avanti, finché Newton in Inghilterra e Leibniz in Germania indipendentemente inventarono il calcolo differenziale e integrale, che essenzialmente è lo studio del movimento e del cambiamento. Fino ad allora la matematica si era in gran parte limitata ai problemi statici di contare, misurare e descrivere le forme. Con l'introduzione di tecniche per gestire il movimento e il cambiamento, i matematici riuscivano a studiare il moto dei pianeti e dei corpi in caduta sulla terra, il funzionamento di macchinari, il fluire dei liquidi, l'espansione dei gas, forze fisiche quali il magnetismo e l'elettricità, il volo, la crescita di piante e animali, il diffondersi di epidemie, la fluttuazione dei profitti e così via. Dopo Newton e Leibniz la matematica divenne lo studio del numero, della forma, del moto, del cambiamento e dello spazio.

Quasi tutto il lavoro iniziale riguardante il calcolo differenziale fu diretto allo studio della fisica; infatti, molti grandi matematici di quel periodo erano anche fisici. Ma da circa la metà del XVIII secolo si sviluppò un crescente interesse per la matematica stessa, non soltanto per le sue applicazioni; infatti i matematici cercavano di capire cosa ci fosse dietro all'enorme potere che il calcolo dava all'umanità. Qui la vecchia tradizione greca della dimostrazione formale tornò in auge, con lo svilupparsi della matematica pura del giorno d'oggi. Alla fine del XIX secolo la matematica era diventata lo studio del numero, della forma, del moto, del cambiamento, dello spazio e degli strumenti matematici usati in questo studio.

L'esplosione di attività matematica che avvenne nel XX secolo fu impressionante. Nell'anno 1900 tutta la conoscenza matematica mondiale si sarebbe potuta scrivere in circa ottanta libri; oggi ci vorrebbero circa centomila volumi per contenere tutta la matematica conosciuta. Questa crescita straordinaria non è stata solo un avanzamento della matematica precedente: sono nate infatti molte nuove aree di studio. Nel 1900 la matematica si poteva ragionevolmente suddividere in circa dodici diversi argomenti: aritmetica, geometria, analisi e così via. Oggi, un numero sensato sarebbe tra sessanta e settanta categorie distinte. Alcune aree, come l'algebra e la topologia, si sono suddivise in varie sottocategorie; altre, come la teoria dei sistemi dinamici o la teoria della complessità, sono argomenti di studio completamente nuovi.

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Pagina 15

La scienza delle strutture

Dato l'incredibile fiorire di attività matematica, per qualche tempo sembrò che l'unica risposta semplice alla domanda «Che cos'è la matematica?» fosse: «Quello che i matematici fanno per guadagnarsi da vivere». Una particolare area di studio veniva classificata come «matematica» non tanto per quello che si studiava quanto per come si studiava, cioè per la metodologia usata. Č stato solo negli ultimi trent'anni che è emersa una definizione su cui sono d'accordo quasi tutti i matematici: la matematica è la scienza delle strutture e degli schemi. Quello che fa è esaminare «strutture» astratte: strutture numeriche, di forme, di movimento, di comportamento, schemi secondo cui si ripetono certi eventi casuali, e così via. Queste strutture possono essere reali o immaginarie, visive o mentali, statiche o dinamiche, qualitative o quantitative, puramente utilitaristiche o di interesse poco più che ricreativo. Hanno origine nel mondo intorno a noi, nelle profondità del tempo e dello spazio, oppure nel lavorio interno della mente umana. Diversi tipi di struttura danno luogo a diverse aree della matematica. Per esempio:

- L'aritmetica e la teoria dei numeri studiano le strutture dei numeri e del conteggio.

- La geometria studia le strutture delle forme.

- L'analisi ci permette di gestire le strutture del movimento.

- La logica studia le strutture di ragionamento.

- La probabilità si occupa delle strutture degli eventi casuali.

- La topologia studia le strutture della vicinanza e della posizione.

Per trasmettere questo concetto moderno di matematica, il libro prende otto temi generali, che coprono le strutture del conteggio, del ragionamento e della comunicazione, strutture del moto e del cambiamento, strutture delle forme, della simmetria e della regolarità, strutture della posizione, della probabilità, e le strutture fondamentali dell'universo. Questa lista tralascia alcune delle aree maggiori della matematica, ma dovrebbe riuscire a trasmettere il senso di cosa tratta la matematica contemporanea. Ogni tema viene trattato in modo non superficiale, seppure descrittivo.

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Pagina 23

La matematica, la scienza delle strutture, è un modo di guardare il mondo, sia il mondo fisico, biologico e sociologico che abitiamo, sia il mondo interiore della nostra mente e dei nostri pensieri. Il più grande successo della matematica rimane senza dubbio il mondo fisico, dove viene giustamente definita regina e serva delle scienze naturali. Eppure, essendo essa una creazione umana, lo studio della matematica è in ultima analisi lo studio dell'umanità stessa. Infatti, nessuna delle entità che formano il substrato della matematica esiste nel mondo fisico: i numeri, i punti, le rette e i piani, le superfici, le figure geometriche, le funzioni e così via sono pure astrazioni che esistono solo nella mente collettiva dell'umanità. L'assoluta certezza di una dimostrazione matematica e l'eternità della verità matematica sono riflesso della natura profonda e fondamentale delle strutture matematiche presenti sia nella mente umana sia nel mondo fisico.

In un'epoca dove lo studio dei Cieli dominava il pensiero scientifico, Galileo disse:

Il grande libro della natura può essere letto solo da coloro che conoscano il linguaggio in cui fu scritto. E questo linguaggio è la matematica.

Analogamente, in un'epoca molto più recente, quando lo studio dei meccanismi interni dell'atomo aveva impegnato una generazione di scienziati, il fisico John Polkinhorne di Cambridge scrisse, nel 1986:

La matematica è la chiave astratta che apre la serratura dell'universo fisico.

Nell'era odierna, dominata dall'informazione, dalla comunicazione e dal calcolo, la matematica trova nuove serrature da aprire. Non c'è aspetto della nostra vita che non sia influenzato, in misura maggiore o minore, dalla matematica, perché gli schemi astratti sono la vera essenza del pensiero, della comunicazione, del calcolo, della società e della vita stessa.

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Pagina 105

Ascesa e caduta del programma di Hilbert

Trent'anni dopo la distruzione della teoria intuitiva di Cantor da parte di Russell, avvenne uno sconvolgimento simile, con conseguenze ugualmente devastanti. La vittima in questo caso fu lo stesso metodo assiomatico, che aveva trovato nel matematico tedesco David Hilbert il suo sostenitore più influente.

Il metodo assiomatico in matematica rese possibile separare i due concetti di dimostrabilità e verità. Una proposizione matematica è «dimostrabile» se si riesce a trovare un ragionamento logico che la deduce dagli assiomi del caso. Una proposizione dimostrata è «vera» se gli assiomi da cui deriva sono veri. Il concetto di dimostrabilità è puramente tecnico, e qui il matematico regna supremo, mentre il concetto di verità riguarda profonde questioni filosofiche. Separando questi due concetti, i matematici poterono evitare spinose questioni sul significato di verità, e concentrarsi invece sul problema della dimostrazione. Restringendo il loro compito alla dimostrazione di risultati a partire da un insieme di assiomi, i matematici riuscirono a considerare la matematica come un gioco formale, in cui si parte dagli assiomi del caso, e si seguono le regole della logica.

Trovare gli assiomi appropriati chiaramente era una componente importante di questo modo formalistico di affrontare la matematica. Implicitamente nel formalismo si faceva l'ipotesi che gli assiomi giusti prima o poi si sarebbero trovati, bastava cercare con assiduità. In questo modo, la completezza del sistema di assiomi divenne un problema centrale: si avevano a disposizione abbastanza assiomi da rispondere a tutte le domande? Nel caso dei numeri naturali, per esempio, c'era già un sistema di assiomi, formulato da Peano. Questo sistema era completo, o c'era bisogno di altri assiomi?

Una seconda questione importante era: il sistema di assiomi è coerente? Come il paradosso di Russell aveva dimostrato crudamente, scrivere assiomi che descrivano una parte della matematica altamente astratta è un compito molto difficile.

Il formalismo puro, e la sua ricerca di sistemi di assiomi completi e coerenti, divenne noto con il nome di «programma di Hilbert», dal matematico David Hilbert, uno dei più grandi matematici del tempo. Sebbene non fosse un logico come Russell o Frege, i problemi dei fondamenti della matematica stavano particolarmente a cuore a Hilbert, il cui lavoro era di natura molto astratta. Per esempio, una delle sue eredità è lo spazio di Hilbert, una sorta di analogo infinito-dimensionale dello spazio euclideo a tre dimensioni.

Le speranze di completare il programma di Hilbert vennero fatte a pezzi nel 1931, quando un giovane matematico austriaco di nome Kurt Gódel (vedi fig. 2.3) dimostrò un risultato che cambiò per sempre il nostro modo di vedere la matematica. Il teorema di Gödel dice che se si stabilisce un sistema di assiomi coerente per una parte consistente della matematica, allora quel sistema di assiomi sarà incompleto, cioè esisterà sempre una domanda che non troverà risposta sulla base degli assiomi.

[...]

La scoperta di Gödel, che nessun sistema di assiomi coerente può essere completo per aree della matematica come la teoria dei numeri e quella degli insiemi, chiaramente rende impossibile il proposito del programma di Hilbert. Infatti, la situazione è anche peggiore: Gödel dimostrò anche che le proposizioni che sono vere ma non dimostrabili a partire dagli assiomi sono proprio quelle che stabiliscono la coerenza degli assiomi stessi. Quindi non c'è nemmeno la speranza di riuscire a dimostrare che il nostro sistema di assiomi sia coerente.

In breve, il meglio che si può fare è supporre che gli assiomi siano coerenti e sperare che siano abbastanza ricchi da permetterci di risolvere i problemi più importanti. Bisogna accettare che non si riusciranno mai a risolvere tutti i problemi usando un certo insieme di assiomi: ci saranno sempre proposizioni vere che non si possono dimostrare.

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Pagina 109

L'età d'oro della logica

La dimostrazione del teorema di Gódel, che segnò la fine del programma di Hilbert, aprì la porta a quella che possiamo chiamare «l'età d'oro della logica». Il periodo che va da circa il 1930 ai tardi anni 1970 vide un'intensa attività nell'area conosciuta col nome «logica matematica». Questa disciplina fin dal principio si divise in diversi filoni connessi tra loro.

La teoria delle dimostrazioni approfondì lo studio delle dimostrazioni matematiche iniziato daAristotele e continuato da Boole. In anni recenti, risultati e metodi di quest'area della logica matematica hanno trovato applicazioni informatiche, in particolare nell'intelligenza artiticiale.

La teoria dei modelli, inventata dal polacco (naturalizzato americano) Alfred Tarski e altri, indaga le relazioni tra la verità in una struttura matematica e le proposizioni che riguardano quella struttura matematica. Il risultato a cui alludevamo prima, che ogni sistema di assiomi descriverà più di una struttura, è un teorema di teoria dei modelli. Negli anni 1950 lo studioso di logica e matematica applicata Abraham Robinson, americano, usò tecniche di teoria dei modelli per elaborare una teoria rigorosa degli infinitesimi, fornendo un altro modo di sviluppare il calcolo differenziale e integrale, molto diverso da quello inventato nel XIX secolo, e superiore ad esso da molti punti di vista (si chiama «analisi non-standard»).

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Pagina 111

Strutture del linguaggio

Per molte persone la scoperta che la matematica si può usare per studiare le strutture del linguaggio (il linguaggio vero, umano, quello che si usa tutti i giorni: italiano, inglese, spagnolo, giapponese e così via) arriva come una sorpresa. Com'è possibile che il linguaggio ordinario sia anche in minima parte matematico?

Date un'occhiata alle tre frasi A, B e C qui sotto, e in ciascun caso giudicate immediatamente, senza pensarci, se è una vera e genuina frase italiana oppure no.

A. I biologi trovano che Pertusni morphenium sia un'interessante specie da studiare.

B. Molti matematici sono affascinati dalla reciprocità quadratica.

C. Banane azzurro perché matematica decidi.

[...]

Il processo di trovare assiomi che descrivano la struttura sintattica di una lingua iniziò con lo studioso americano Noam Chomsky (vedi fig. 2.4), sebbene l'idea venisse da molto prima, suggerita più di cent'anni prima da Wilhelm von Humboldt. «Scrivere la grammatica di una lingua», diceva Chomsky, «è formulare un insieme di generalizzazioni, cioè una teoria che renda conto delle osservazioni fatte sulla lingua».

Il nuovo metodo rivoluzionario di Chomsky di studiare il linguaggio viene descritto nel suo libro Syntactic Structures, pubblicato nel 1957. Entro un paio d'anni dalla sua pubblicazione, questo breve trattato (102 pagine in tutto) trasformò la linguistica americana da una branca dell'antropologia in una scienza matematica (l'effetto in Europa fu meno drammatico).

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Pagina 162

Il luogo ove si risolvono tutte le equazioni

I numeri naturali sono il sistema numerico di base, molto utili per contare, ma poco adatti alla soluzione di equazioni. Usando solo i numeri naturali non si può risolvere nemmeno un'equazione semplice come questa:

x + 5 = 0

Per risolvere equazioni di questo tipo abbiamo bisogno dei numeri interi, positivi e negativi. Ma anche gli interi sono un po' scarsi, infatti non permettono di risolvere un'equazione lineare come questa:

2x + 3 = 0.

Per risolverla dobbiamo usare i razionali. I razionali risolvono tutte le equazioni lineari, ma non tutte le quadratiche, per esempio, l'equazione seguente:

x^2 - 2 = 0
non si può risolvere usando i numeri razionali. I numeri reali sono sufficienti per risolvere questa particolare equazione quadratica, ma non tutte: per esempio, l'equazione seguente
x^2 + 1 = 0
non ha soluzioni all'interno dei numeri reali. Per trovare una soluzione bisogna arrivare ai numeri complessi.

A questo punto potremmo supporre che lo schema si ripeta e vada avanti all'infinito: ogni volta si estende il sistema di numeri a uno più ricco, e ogni volta troviamo un'equazione che non riusciamo a risolvere al suo interno. Ma non è così. Quando si arriva ai numeri complessi il processo si ferma. Qualsiasi equazione polinomiale

       n         n-1
   a  x  + a    x    + ... + a  x + a  = 0
    n       n-1               1      0
in cui i coefficienti a0, al, ..., an siano numeri complessi ha soluzioni all'interno dei numeri complessi.

Questo importante risultato è noto col nome di «teorema fondamentale dell'algebra». All'inizio del XVII secolo venne congetturato, ma senza dimostrazione; dimostrazioni sbagliate si devono a d'Alembert nel 1746 e a Eulero nel 1749. La prima dimostrazione corretta fu l'argomento della tesi di dottorato di Gauss nel 1799.

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Pagina 196

Come ho suggerito all'inizio di questo capitolo, i concetti geometrici fondamentali, e le intuizioni che li sostengono, non sono parte del mondo fisico in cui viviamo: sono parte di noi stessi, del modo in cui siamo costruiti come entità cognitive. La geometria euclidea può essere o non essere il modo in cui è fatto il mondo (qualunque cosa questo significhi), ma sicuramente rappresenta il modo in cui gli esseri umani percepiscono il mondo.

Cosa significa questo, per il matematico? Su cosa baserà i suoi studi di geometria, una materia che tratta di «punti», «rette», «curve» e cose del genere, che sono tutte idealizzazioni astratte, modellate dalla nostra percezione? La risposta è che, per quanto riguarda stabilire i teoremi che rappresentano la verità matematica, l'unica cosa che conta sono gli assiomi. L'esperienza pratica e le misurazioni fisiche non ci potranno mai dare la certezza della conoscenza matematica. Costruendo una dimostrazione in geometria, possiamo anche basarci su immagini mentali di rette, cerchi e quant'altro per indirizzare il nostro processo mentale, ma la dimostrazione deve basarsi interamente su ciò che gli assiomi ci dicono di quelle entità.

Ci sono voluti duemila anni ai matematici per capire questo, nonostante già Euclide avesse tentato un'assiomatizzazione, duemila anni per abbandonare l'intuizione, che a gran voce diceva che la geometria euclidea è «evidentemente» la geometria dell'universo in cui viviamo.

Il primo passo significativo verso questa presa di coscienza fu del matematico italiano Girolamo Saccheri. Nel 1733 pubblicò un libro intitolato Euclides ab omni naevo vindicatus [Euclide emendato da ogni macchia], in cui cercò di dimostrare il quinto postulato di Euclide per assurdo, dimostrando che la sua negazione portava a una contraddizione.

[...]

Quindi, con tre diverse geometrie coerenti a disposizione, qual è quella giusta, quella scelta dalla natura? Qual è la geometria del nostro universo? Non è chiaro che questa domanda abbia una sola risposta definitiva. L'universo è come è; la geometria è una creazione matematica della mente umana che riflette certi aspetti della maniera in cui noi ci avviciniamo al nostro ambiente. Perché l'universo dovrebbe avere una geometria, dopotutto?

Cerchiamo di riformulare la domanda. Visto che la matematica dà agli umani mezzi molto potenti per descrivere e capire certi aspetti dell'universo, quale delle tre geometrie è più adatta a questo compito? Quale geometria corrisponde di più ai dati osservabill?

Su piccola scala (la scala degli umani) la fisica newtoniana fornisce una cornice teorica totalmente in accordo con i dati osservabili e misurabili; tutte e tre le geometrie potrebbero andare bene, e dato che la geometria euclidea è la più vicina alla nostra intuizione, a come noi percepiamo il mondo, possiamo scegliere questa come «geometria del mondo fisico».

D'altra parte, su scala più grande (dal sistema solare fino alle galassie, e oltre) la fisica relativistica di Einstein si accorda meglio con i dati osservabili di quella newtoniana. In questa scala, la geometria non euclidea sembra più appropriata; secondo la teoria della relatività lo spazio-tempo è curvo, e la curvatura si manifesta in ciò che noi chiamiamo «forza di gravità». La curvatura dello spazio-tempo si osserva nel comportamento dei raggi di luce, le «rette» dell'universo fisico. Quando i raggi di luce provenienti da una stella lontana passano vicino a un corpo di massa grande, come il Sole, la loro traiettoria si curva, proprio come le geodetiche su una sfera curvano attorno alla superficie.

Quale geometria non euclidea scegliere dipende da quale teoria dell'universo si segue. Se si assume che l'attuale espansione dell'universo si fermerà, e seguirà una contrazione, la geometria più appropriata è quella riemanniana. Viceversa, se si segue la teoria che l'universo continuerà a espandersi per sempre, allora è più adatta la geometria iperbolica.

Č particolarmente affascinante osservare che la teoria della relatività di Einstein, e le osservazioni astronomiche che dimostrarono la sua superiorità rispetto alla teoria di Newton, vennero più di mezzo secolo dopo lo sviluppo della geometria non euclidea. Ecco un bell'esempio di come la matematica può anticipare la nostra comprensione del mondo. All'inizio, l'astrazione delle osservazioni del mondo attorno a noi portarono i greci allo sviluppo di una teoria matematica molto ricca: la geometria euclidea. Durante il XIX secolo, questioni puramente matematiche riguardanti quella teoria, questioni riguardanti assiomi e dimostrazioni, portarono alla scoperta di altre teorie geometriche. Queste geometrie alternative, sviluppate inizialmente solo come teorie assiomatiche e astratte, apparentemente senza applicazioni nel mondo reale, sono risultate nei fatti più adatte per lo studio dell'universo su larga scala della geometria euclidea.

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Pagina 272

Come si distingue una tazza da caffè da una ciambella?

Stabilita l'importanza dello studio delle superfici, i matematici avevano bisogno di mezzi affidabili per la loro classificazione topologica. Quali caratteristiche delle superfici sono sufficienti a classificarle topologicamente, nel senso che due superfici topologicamente equivalenti hanno quelle caratteristiche in comune, e due superfici topologicamente non equivalenti si possono distinguere controllando una di quelle caratteristiche? Nella geometria euclidea, per esempio, i poligoni si possono classificare a seconda del numero dei lati, la lunghezza dei lati e la misura degli angoli. Si cercava uno schema analogo per la topologia.

Una proprietà che sia condivisa da superfici topologicamente equivalenti si chiama «invariante topologico». Il numero di bordi è un invariante topologico che si può usare per classificare le superfici; l'orientabilità è un altro. Queste caratteristiche sono sufficienti, per esempio per distinguere le sfere dai cilindri dai nastri di Möbius. Ma non distinguono tra una sfera e un toro (illustrato nella tavola 13), che sono entrambi orientabili e non hanno bordi. Naturalmente, viene la tentazione di dire che il toro ha un buco in mezzo e la sfera no, ma il problema è che il buco non fa parte della superficie, proprio come le facce. Il buco del toro è una caratteristica del modo in cui la superficie è immersa nello spazio tridimensionale. Una piccola creatura bidimensionale che viva nella superficie del toro non si renderebbe mai conto che c'è un buco. Il problema per l'aspirante classificatore di superfici, quindi, è trovare qualche proprietà topologica della superficie che una tale creatura riuscirebbe a riconoscere, e che sia diversa nel toro e nella sfera.

Quali invarianti topologici esistono oltre al numero di bordi e all'orientabilità? Una possibilità è suggerita dal risultato di Eulero sul valore di V-E+F per i grafi su una superficie. I valori di V, E, F per un grafo dato non cambiano se la superficie su cui è disegnato viene trasformata topologicamente. Inoltre, il valore della quantità V-E+F non dipende dal grafo particolare disegnato (almeno nel caso del piano o della sfera). Quindi forse questa quantifà V-E+F è un invariante topologico delle superfici.

[...]

E ora veniamo al titolo di questo paragrafo. Come si distingue una tazza da caffè da una ciambella? (vedi fig. 6.13). Per un topologo la risposta è che non si può. Se si prende una ciambella fatta di pongo, la si può manipolare fino a farla diventare una tazza da caffè, con una maniglia sola. Questo significa che possiamo definire il topologo come un matematico che non riesce a distinguere una tazza da caffè da una ciambella.

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