Copertina
Autore Alberto Di Majo
Titolo Grillo for president
SottotitoloChe cos'è, da dove viene e cosa vuole veramente il MoVimento 5 Stelle
EdizioneEditori Riuniti, Roma, 2012, Report , pag. 320, cop.fle., dim. 14x21x2 cm , Isbn 978-88-359-9161-8
LettoreGiangiacomo Pisa, 2012
Classe paesi: Italia: 2010 , movimenti
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Indice


Introduzione                                  7


Il non partito                               11

Vaffapensiero                                41

Il sacro web                                 71

Vade retro tv                                93

La decrescita felice                        119

Alter eco                                   141

Addio grandi opere                          169

Europa a 5 stelle                           187

Cittadini al potere                         213

Ritratto di un megafono                     243

Grilli amari                                271


Appendice
Il programma del MoVimento 5 Stelle         305


 

 

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Pagina 7

Introduzione



I partiti non riescono più a filtrare la volontà dei cittadini. Né a intercettare il consenso né a gestire il dissenso. Sono trascorsi vent'anni da Tangentopoli ma le speranze che dal terremoto giudiziario nascesse la Seconda Repubblica, più giusta e più libera, sono ormai completamente disperse. Le strade dei partiti e dei cittadini anziché avvicinarsi e convergere si sono allargate a dismisura. E mentre la politica degradava, la crisi economica ne mostrava inesorabilmente anche l'incompetenza. Le nuove circostanze hanno costretto gli esponenti di maggioranza e minoranza a lasciare il campo ai "tecnici". Certamente a malincuore ma intimamente convinti di poterla spuntare, di riuscire a restare in sella in attesa che il ciclone del malcontento si esaurisca e gli elettori tornino all'ovile. È desolante osservare che ciò che caratterizza ancora oggi tanti politici è la considerazione illimitata di se stessi, uno sfrenato narcisismo che dà luogo a scene patetiche simili a quelle dei vecchi tromboni dell'avanspettacolo d'altri tempi convinti di essere ancora perfettamente in grado di tenere la scena quando invece non riuscivano più neanche a cogliere le parole del suggeritore nascosto nella buca della ribalta. Non si accorgono che la società reale, più o meno "civile", li ha superati da tempo e che, piuttosto, dovrebbero "permettere" alle nuove generazioni di provare a cambiare il Paese, di recuperare i contenuti che loro hanno buttato via, preoccupati più che altro dei contenitori. Dal 1992 i nomi dei partiti sono stati modificati continuamente e hanno abbandonato qualsiasi riferimento alle ideologie. Ma le facce sono rimaste le stesse. Il rinnovamento più volte annunciato è finito per diventare l'occasione per i soliti noti di riaccreditarsi con nuove sembianze.

Poi sono comparsi gli attivisti 5 Stelle. Tutti i movimenti di rottura, per affermarsi, hanno bisogno, almeno all'inizio, di forti provocazioni per smuovere una società adagiata su consolidate cattive abitudini. Movimenti che intercettano una psicodinamica di gruppo per cui quelli che hanno accettato per anni idee e comportamenti che hanno sfidato il ridicolo e il burlesque, aizzati e sospinti da una forza opposta cambiano d'un tratto di campo. Beppe Grillo è riuscito a realizzare questa metamorfosi. Un fenomeno nuovo e diverso o un film già visto? Una forma di giustizialismo o le premesse per un diverso e migliore ordine sociale ed economico? Si vedrà. Grillo intanto ha cominciato ad aggregare persone, soprattutto giovani. A delineare un quadro alternativo, convinto che con la Rete si possano cambiare le cose: superare le barriere imposte dall'informazione tradizionale e costruire un'intelligenza collettiva in grado di mettere alla berlina i partiti tradizionali. Una sfida con un'alta posta politica: la costruzione di un modello orientato alla democrazia diretta. Un rovesciamento. Il passaggio dal politico come "delegato" degli elettori ma senza vincoli (se non morali) nei loro confronti, al "portavoce" dei cittadini, loro "dipendente", e quindi anche licenziabile, che ha il compito, almeno sulle questioni importanti, di raccogliere il parere delle persone che rappresenta. L'avanzata di Grillo e del MoVimento è stata inarrestabile. Prima il blog, che nel giro di pochi anni è entrato nella classifica dei più letti del mondo. Poi l'approdo, con tutti i suoi fedelissimi, a meetup, un social network americano, una piattaforma per mettere in rete i cittadini. Era il 2005. Due anni dopo c'è stato il primo V-Day per reclamare un Parlamento pulito. Nel 2008 il secondo V-Day, per richiedere un'informazione veramente libera. Poi le elezioni comunali a cui hanno partecipato le liste civiche "sponsorizzate" da Beppe Grillo. Ha cominciato a prendere corpo l'idea che fosse possibile costruire un'alternativa: i consensi sono arrivati subito, come i primi eletti nelle istituzioni locali. Gli attivisti sono andati avanti. Nel 2009 è nato il MoVimento 5 Stelle. Si sono susseguiti incontri, dibattiti, proposte. Nel 2010 il mega evento Woodstock, organizzato dagli attivisti a Cesena, ha confermato la forza del non partito. Già, perché il comico genovese e il suo alter ego, il guru del web Gianroberto Casaleggio, hanno costruito un MoVimento senza tessere, senza sedi, senza dirigenti. Con tanti gruppi locali e un livello nazionale, il blog Beppegrillo.it , un punto di riferimento ma sempre distinto dagli attivisti. Sono giovani, che spesso appaiono ingenui. L'ingenuità può essere una grande virtù per chi vuole occuparsi di politica in modo alternativo rispetto a chi, più che badare alla sostanza delle cose, propone formule ed etichette, foto più o meno sbiadite o persegue l'unico fine di aggregare tutti coloro, anche se diversi e divergenti, che hanno l'unica caratteristica comune di essere opposti allo schieramento avverso. Ma poi si tratta veramente di ingenuità o di una sofisticata riflessione così ben studiata da apparire ingenuità? Di certo sono ragazzi preparati che, seguendo uno dei comandamenti lanciati dal comico, hanno separato i soldi dalla politica. Per questo i consiglieri regionali 5 Stelle si sono tagliati lo stipendio dell'80 per cento e non hanno preso i rimborsi elettorali. Per questo ogni anno rimettono il mandato ai loro sostenitori. Hanno un programma lungo, che mira al buon senso ma ha solide basi ideali se non ideologiche in senso classico. Lo hanno definito, e lo arricchiscono continuamente, con il confronto sul web e nelle iniziative che organizzano. Altro che antipolitica o demagogia, accuse con cui i politici tradizionali liquidano il MoVimento. L'ambiente e l'economia, inscindibili, sono la base di ogni ragionamento degli attivisti. Criticano l'idea che la crescita sia infinita, il consumismo, avanzano dubbi sull'euro e le banche. Fuggono dalle televisioni nazionali, contano sulla forza del web e della trasparenza. Nei loro programmi ricorrono le idee di Latouche , Illich , Castoriadis , Georgescu-Roegen. Sono legati ad economisti come Stiglitz o Krugman. Hanno studiato i progetti più all'avanguardia su energia e rifiuti. Vorrebbero referendum senza quorum e più potere per i cittadini. Sanno che Grillo, che è il fondatore e il megafono del MoVimento, non detta la linea, non impone, non sceglie. Anche se alcune ombre sul suo ruolo (e su quello di Casaleggio) restano. Sanno anche che se Grillo sbraita e provoca da un palco, loro, nelle istituzioni, devono seguire un registro differente. Il comico genovese ha capito prima dei politici quello che stava accadendo e, in certa misura, ha contribuito a velocizzare il processo. Adesso si gode i risultati. In fondo chi tenta di speronarlo, marginalizzandolo come un pifferaio-demagogo, finisce per fargli un favore. Per lui e gli attivisti si apre una sfida senza precedenti, governare Parma e le altre tre città conquistate alle Amministrative del 2012. Allo stesso tempo puntare al Parlamento. Sfida gigantesca ma necessaria. Diceva il fisico Georg Christoph Lichtenberg, che nella seconda metà del Settecento insegnò all'università di Goettingen: «In coscienza, non so dire se la situazione sarà migliore quando cambierà; posso dire che deve cambiare se si vuole che diventi migliore».

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Il Vaffapensiero



Siamo arrivati alle battute finali di una farsa. Dalla Papuasia alla Terra del Fuoco l'Italia è diventata sinonimo di puttanopoli, di mafiopoli, siamo derisi insieme allo psiconano in ogni angolo della Terra. Nei prossimi mesi si sbraneranno tra loro, hanno già iniziato, con dossier e controdossier, ma quando si mette la merda nel ventilatore tutti ne hanno una parte. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

Finisce così il comunicato politico numero 25, il post scritto da Beppe Grillo nel 2009 per annunciare la nascita del MoVimento 5 Stelle. La previsione del comico era azzeccata. In pochi mesi la crisi, economica e politica, ha rischiato di mandare a gambe all'aria il Paese: la dittatura dello spread, la caduta del governo Berlusconi, l'arrivo dei "tecnici", la finanza "allegra" dei tesorieri dei partiti, le inchieste giudiziarie. Ma Grillo aveva fiutato l'aria già molto prima, nel 2005. Proprio in quell'anno stimolò la formazione delle prime comunità virtuali, poi diventate liste civiche. «La vita è diventata uno spettacolo dove noi siamo gli spettatori e dobbiamo anche pagare il biglietto. Fate sentire la vostra voce» scriveva sul suo blog. Nel tour elettorale del 2012, Grillo ha seguito la stessa scia: «Abbiamo fatto i guardoni per 40 anni, ora bisogna partecipare, c'è l'alternativa».

Il comico ha offerto delle ragioni immediate per lasciare i vecchi partiti e scegliere la "non associazione": «O fate un salto nel buio con loro (i candidati 5 Stelle) o un suicidio assistito con gli altri (i politici tradizionali)» ha esortato nei comizi in tutta Italia, facendo leva sui principi fondanti del MoVimento, che intercettano il sentimento anti-casta e disegnano un'alternativa.

Gli elettori apprezzano:

Non lo so se alla fine quelli del M5S ruberanno come gli altri (anche se è sinceramente difficile pensare di superare in questo l'attuale casta) se porteranno il Paese alla rovina (ma peggio di come ci hanno ridotto è impresa ardua) se degraderanno ancora di più la moralità e la dignità di questo popolo. Non lo so. So solo che hanno dimostrato che in questo cazzo di Paese si può far politica senza finanziamenti pubblici, senza partiti, senza giornali né tv, senza voti di scambio, senza avere alle spalle il vecchio politico "mammasantissima", senza puttane e servi dei padroni. Solo per questo io stasera mi sento di ringraziare le migliaia di persone del M5S. Ed anche lui, il "comico qualunquista", che avrebbe potuto tranquillamente rifugiarsi in qualche paradiso tropicale e fottersene di tutto e di tutti, godendosi meritatamente la vita, e che invece si è messo in gioco a sue spese contro tutti, rischiando l'infarto per girare in lungo e in largo il Paese, riempiendo ovunque le piazze, suscitando entusiasmo e voglia di fare, (mentre i decrepiti leader politici erano costretti a fare campagna elettorale nascondendosi in angusti cinema con il loro unico codazzo di 30/40 persone prezzolate) esortandoci a non mollare, all'idea che è possibile immaginare e realizzare insieme, dal basso, una società diversa e migliore. Grazie ragazzi, grazie per averci dato almeno questa speranza, io oggi sono felice.

Sul web ce ne sono migliaia di questi messaggi.

I partiti non possono capirci – spiega il capogruppo dei 5 Stelle alla Regione Piemonte, Davide Bono – Si basano soltanto sulla competizione interna, sono delle lobby collegate ad altre lobby, selezionano la parte peggiore del Paese e fondano i loro rapporti sulla fedeltà al capo. In un mondo meritocratico il 98 per cento della classe politica italiana sparirebbe.

Gli attivisti 5 Stelle sono simili ai Pirati, che hanno conquistato seggi in buona parte d'Europa (soprattutto in Germania ma anche in Svezia, Austria, Svizzera, Repubblica Ceca e Spagna). È stato il quotidiano tedesco Die Welt a paragonarli per primo, a definire Beppe Grillo un "vecchio Pirata", ad attribuirgli il merito del consenso elettorale. Il comico sarebbe un «prozio italiano dei Pirati.

Il giornale tedesco ha scritto:

Come in Francia la sinistra, anche Grillo ha goduto del vento in poppa solo che Grillo è intrinsecamente un anarchico che ha messo nel mirino la corruzione della casta politica.

I Pirati sono differenti da noi perché hanno una struttura classica, con i dirigenti e tutto il resto — osserva Bono — ma portano grandi innovazioni nella politica tedesca, che comunque è molto meglio della nostra. Il loro successo ci fa sperare».

Ci sono somiglianze anche con la Lega. Quella dei primi tempi.

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La ricetta del comico si mischia alle idee dei militanti, messe nero su bianco dopo un sondaggio sul blog che ha stabilito «la manovra economica dei cittadini»:

Si possono risparmiare sette miliardi annui livellando le pensioni a un massimo mensile di 3.000 euro, recuperare i 98 miliardi evasi dalle società di slot machines, un miliardo non erogando finanziamenti pubblici ai partiti, 400 milioni annui tagliando contributi diretti e indiretti ai giornali, 600 milioni annui con il rientro dei nostri soldati dall'Afghanistan, 10 miliardi non comprando i cacciabombardieri F35, qualche miliardo con la soppressione delle Province, un centinaio di milioni annui di risparmio dal Quirinale, 22 miliardi rinunciando all'inutile Tav in Val di Susa, 3/4 miliardi annui con il ritorno allo Stato delle concessioni autostradali il cui utile va a società private come Benetton.

In un post Grillo ha richiamato una pagina di Topolino del maggio 1993. In una vignetta il sindaco di Paperopoli discute con un impiegato del Comune: «Ci rivolgiamo ai tecnici! Ecco la soluzione!», dice. «Tecnici?», domanda perplesso il funzionario. «Sì! Esperti fiscali indipendenti, assunti allo scopo! Loro incasseranno soldi e impopolarità... mentre il Comune incasserà senza colpo ferire. Deve funzionare! Presto! Voglio i fiscalisti più feroci sul mercato!». Insomma, insiste il comico, «i partiti per defilarsi e lasciare la patata incandescente in mano a Rigor Montis si sono ispirati a Topolino».

Se il Professore, dunque, sarebbe un'invenzione di Walt Disney, anche su Giuliano Amato si sono concentrate critiche piuttosto dure. Nominarlo superconsulente per tagliare i soldi pubblici ai partiti è, infatti

uno schiaffo agli italiani. Una pernacchia. Un potente vaffanculo della Casta. Una provocazione. È come buttare un fiammifero acceso in un pagliaio. Qualche volta mi chiedo se Monti e il Trio Lescano che lo appoggia abbiano veramente capito dove si trovano, in quale momento storico. L'Italia è sull'orlo del collasso economico, dopo il quale può succedere di tutto. Al confronto di Rigor Montis, di Alfano, Bersani e Casini, Maria Antonietta, alla quale venne attribuita la frase "Se non hanno pane, mangino brioches!", rivolta al popolo affamato durante la Rivoluzione francese, è una statista. Giuliano Amato ha una certa esperienza nel maneggiare i soldi e di finanziamenti pubblici, è stato tesoriere del Psi di Craxi. Uno dei rari casi in cui il tesoriere fa carriera e il capo finisce sotto accusa e latitante. L'esatto contrario dei tesorieri Belsito della Lega e di Lusi della Margherita. Si invocano i tagli e si imbarca un tizio che prende 32.000 euro di pensione al mese. È uno scherzo di Carnevale?

Ragioni che convincono i militanti 5 Stelle, che fanno fuoco e fiamme, ribadendo l'orgoglio del "capo", che è il vero motore del Vaffapensiero: «Loro non si arrenderanno mai. Noi neppure. Ci vediamo in Parlamento (ma forse loro non ci saranno)».

Inevitabile che nei politici tradizionali cresca un senso di insofferenza nei confronti degli attivisti del MoVimento, che li marcano stretti. Come quando il capogruppo in Piemonte, Davide Bono, ha chiesto a gran voce le dimissioni di Roberto Rosso, assessore regionale al Lavoro ma, nello stesso tempo, deputato.

«I doppi e tripli stipendisti a carico dello Stato sono uno scandalo che non può più continuare». Rosso risultava assente «per la sua salute cagionevole durante la discussione della Finanziaria della Regione Piemonte. Per curarsi si era recato a Roma a votare alla Camera dei deputati».

I politici si difendono come possono, cioè nel modo peggiore. Tentano di marginalizzare i 5 Stelle, li trattano come un effetto collaterale della crisi politica, destinato a tramontare. Sono convinti che bisogna attendere che passi la bufera e che alla fine andrà come è sempre andata, in piena logica gattopardesca: cambia tutto per non cambiare niente. Sorridono dei 5 Stelle e approfittano delle provocazioni di Beppe Grillo, che è l'unico che davvero considerano, per relegare il comico e il "suo" MoVimento nell'angolo dell'antipolitica. Come se parlassero di un contropotere che va emarginato per tornare presto alla normalità. Non hanno capito, invece, che qualcosa è cambiato, che l'antipatico e ingombrante Grillo ha disegnato un'alternativa che si sta radicando e che ha una forza che i partiti hanno perso da tempo: stare in mezzo alla gente.

Un modo di essere che i politici tradizionali hanno smarrito. Anche perché negli ultimi anni, a causa della legge elettorale che il suo stesso autore, l'allora ministro leghista Roberto Calderoli, ha battezzato in modo significativo Porcellum, non ne hanno avuto bisogno.

Nominati dalle segreterie dei loro partiti, hanno perso di vista la realtà. Adesso relegano i 5 Stelle in una zona che non è molto distante dall'eversione. Ma gli attivisti vanno avanti. Sanno che i toni di Grillo sono spesso eccessivi. Ma sanno anche che servono. Non pensano di incarnare l'antipolitica. Piuttosto, ribattono: «L'antipolitica è quella che ha presentato in Aula solo 20 deputati su 630 per discutere sui tagli ai partiti» scrive Mauro T. sul blog. Mentre «era al completo per affermare la parentela di una nipote di Mubarak. L'antipolitica era presente al 100 per cento per non consentire l'arresto di deputati-delinquenti. Niente rimborsi elettorali. Un gesto semplice ma potentissimo, in grado di mettere alla berlina i partiti. Un caposaldo del Vaffapensiero. I 5 Stelle avrebbero avuto diritto a incassare più di 1 milione e 630 mila euro. Soldi per ripagarsi le spese per la campagna elettorale in Emilia Romagna e in Piemonte. La legge, infatti, prevede che i rimborsi siano assegnati solo nelle consultazioni Europee, Politiche e, appunto, Regionali. I 5 Stelle ci hanno rinunciato. Li hanno lasciati nelle casse statali. Dal 1994 i partiti tradizionali hanno ottenuto 2 miliardi e 253 milioni di euro benché le spese elettorali documentate fossero pari a poco più di 579 milioni. Un enorme tesoretto che i politici si sono tenuti stretto e che è un finanziamento pubblico mascherato. Soldi che, nel migliore dei casi, sono stati usati per pagare le sedi, i dipendenti, le iniziative politiche dei partiti. Invece, nel peggiore, abitazioni di lusso, cene e viaggi dei politici, come emerso dalle inchieste giudiziarie. Ma ciò che rende più amaro il quadro, e su cui il MoVimento 5 Stelle insiste, è che nel 1993 gli italiani hanno approvato (con il 90,3 per cento dei voti) un referendum per cancellare il finanziamento pubblico. Tuttavia i partiti hanno trovato l'escamotage per non rinunciare ai soldi. Ecco un altro punto di forza del MoVimento: la coerenza.

In politica è raro che tra il dire e il fare non ci sia di mezzo il mare. Gli attivisti sbraitano contro i soldi pubblici ai partiti e non li intascano. Anche i politici che hanno punti in contatto con i 5 Stelle, primo fra tutti Antonio Di Pietro e la sua Italia dei Valori, sono destinati a soccombere: «Mi fa ridere Di Pietro - dice Chiara Appendino, che dal 2011 è consigliera comunale a Torino - Potrebbe rinunciare ai rimborsi, come noi. Inoltre i nostri consiglieri regionali si sono ridotti lo stipendio da soli, non serve una legge». È evidente che «i partiti non hanno colto le istanze dei cittadini, quelle che portiamo avanti noi».

La storia dell'abolizione dei vitalizi è ancora peggiore. I 5 Stelle hanno presentato norme per abolirli all'istante ma i politici, pure se pressati dall'opinione pubblica, ci sono andati in punta di piedi. Non avranno l'assegno soltanto quelli che saranno eletti per la prima volta in Parlamento nella prossima legislatura mentre gli italiani continueranno a pagare i vitalizi di 1.464 ex deputati e 843 ex senatori. Una spesa piuttosto rilevante, che comprende anche gli assegni di reversibilità: la Camera impegna 138 milioni di euro all'anno, il Senato 79 milioni. Proprio un parlamentare dell'Idv, Antonio Borghesi, ha presentato nel 2010 un ordine del giorno per abolire il vitalizio sia per i nuovi sia per i vecchi onorevoli. I voti favorevoli sono stati ventidue. Quelli contrari: 498. Muro di gomma. «Se non ci fosse la crisi e la necessità stringente di fare le riforme i politici non si preoccuperebbero di niente - attacca Serena Franciosi, consigliere comunale 5 Stelle a Sesto San Giovanni - Ci hanno portato dove siamo, ora è il momento di guardare altrove. Hanno paura di noi, si vede, perché abbiamo il coraggio di dire quello che loro non dicono per non scontentare i lobbisti. Ho provato a votare diversi partiti nella mia vita ma sono rimasta delusa». Un sentimento comune tra gli attivisti e tra gli elettori del MoVimento. «I partiti non hanno più senso di esistere» è uno degli slogan più ripetuti dai 5 Stelle. Lo stesso guru della "non associazione" l'ha detto più volte: «Lo Stato sono i cittadini non i partiti». Non solo. Grillo ha rivendicato spesso i meriti del MoVimento e s'è chiesto: «Salverà il culo alla partitocrazia?». Dovrebbero domandarsi questo, insisteva:

I coniugi Fassino, Gargamella Bersani, Azzurro Caltagirone e il Coniglione mannaro Alfano ormai senza carote. Il M5S è la loro ultima speranza, l'unico salvagente per evitare conseguenze traumatiche quando verrà messa la parola fine alla Seconda Repubblica. Hanno avuto tutti gli onori durante vent'anni di saccheggio della democrazia e delle finanze pubbliche, ora li aspettano gli oneri. Sono a un bivio. O il M5S e, più in generale, i movimenti dei cittadini, o la dittatura.

E basta guardare l'Europa, perché la dittatura, avverte Grillo

può presentarsi sotto varie forme, quella agghiacciante, nazista, di Alba Dorata di Nikos Michaloliakos in Grecia, del neofascismo di Marine Le Pen o del partito ultranazionalista ungherese Jobbik di Viktor Orban. In Italia è accaduto un piccolo miracolo. Il cittadino di fronte alla crisi economica vuole più democrazia, più partecipazione. In Italia il vuoto lasciato dai partiti, che sta spostando l'Europa verso un neofascismo, è stato riempito, per ora, da cittadini incensurati, sinceri democratici, da boy scout e volontari di Ong, ingegneri e operai, studenti e pensionati. Un MoVimento di popolo che ha deciso di tirarsi su le maniche e occuparsi della cosa pubblica.

Tutto lascia supporre che i politici tradizionali non lo ringrazieranno.

Anche perché la critica ai "parrucconi" non ha sosta: «In Italia i politici sono diventati dei Vip - si stupisce Fabio Versaci, che nel 2011 è stato eletto in una Circoscrizione torinese - È normale che nella sua vita il sindaco Fassino abbia fatto sempre e solo politica?». Qualche spin doctor di partito ha capito che deputati e senatori rischiano di essere sommersi da uno tsunami, per questo aumentano le liste civiche dove, ovviamente, si ritrovano, come per magia, anche politici di lungo corso. Un salvagente per quelli che non vogliono perdere la poltrona. «Ma la gente non è scema - dice Versaci - Ha capito che tanti si stanno travestendo da civici ma non lo sono. E poi ormai ci conoscono, sanno che siamo diversi da loro». In fondo i politici tradizionali danno una mano: «Parlano ogni giorno di noi, anche in modo diffamatorio, ma ci fanno pur sempre pubblicità».

Un movimento formato da cittadini che non hanno mai avuto una tessera di partito non poteva non avere al primo punto dell'agenda la dieta del Palazzo e la ricostruzione di un sano rapporto tra lo Stato e i cittadini, in un Paese in cui, c'è scritto nel programma del MoVimento, «la Costituzione non è applicata» e «i partiti si sono sostituiti alla volontà popolare e sottratti al suo controllo e giudizio».

I 5 Stelle, che molto probabilmente sbarcheranno presto alla Camera e al Senato, propongono di abolire le Province, di accorpare i Comuni sotto i 5 mila abitanti, l'insegnamento della Costituzione con esame obbligatorio per ogni rappresentante pubblico, la riduzione a due mandati per i parlamentari e per qualunque altra carica pubblica, l'eliminazione di ogni privilegio particolare per deputati e senatori, il divieto per i parlamentari di esercitare un'altra professione durante il mandato, lo stipendio degli onorevoli allineato alla media degli stipendi nazionali (e non a quella europea come propongono i politici), il divieto di cumulo delle cariche per i parlamentari (sindaco e deputato, per esempio), la non eleggibilità a cariche pubbliche per i cittadini condannati, la partecipazione diretta a ogni incontro pubblico da parte dei cittadini via web, l'abolizione delle Authority e la contemporanea introduzione di una vera class action, referendum sia abrogativi che propositivi senza quorum, l'obbligatorietà della discussione parlamentare e del voto nominale per le leggi di iniziativa popolare, l'approvazione di ogni legge subordinata alla effettiva copertura finanziaria. Infine, gli attivisti 5 Stelle chiedono che le leggi siano rese pubbliche on line almeno tre mesi prima della loro approvazione per ricevere i commenti dei cittadini. Un pacchetto di misure che, una volta applicato, avrebbe l'effetto, secondo i 5 Stelle, di ripulire il Palazzo, popolandolo di politici interessati più al bene comune che al loro portafogli.

Nella strada che porta verso il Parlamento saranno ancora molti gli ostacoli da superare, soprattutto all'interno del MoVimento, che sarà messo a dura prova nelle istituzioni in cui ha conquistato la maggioranza. Gli attivisti sono comunque sicuri che avranno, indirettamente, un aiuto dai politici, che non hanno intenzione di fare un passo indietro. Saranno spazzati via, prevedono i 5 Stelle. A San Giorgio a Cremano, a due passi da Napoli, gli hanno già fatto il funerale. Gli attivisti hanno costruito una quindicina di lapidi, ci hanno attaccato sopra i simboli dei partiti e hanno sfilato nelle vie del centro in corteo funebre. Danilo Roberto Cascone, 5 Stelle in Consiglio comunale ribadisce:

È stata una provocazione per dire che i partiti sono morti. Ormai sono troppo lontani dalle persone. Abbiamo preso qualche secchiata d'acqua da chi non era d'accordo con la nostra iniziativa ma, in generale, i cittadini hanno apprezzato.

I partiti, presumibilmente, no.

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Pagina 119

La decrescita felice



Un po' Kennedy, un po' Latouche. L'idea che il Pil non è un indicatore attendibile del benessere dei cittadini. E quella, altrettanto efficace, che la crescita non può essere infinita. L'ambizione è seguire un modello che consenta di sprecare di meno ed essere, concretamente, più felici. «Stiamo andando dritti contro un muro. Restano da calcolare solo la velocità con cui ci stiamo arrivando e il momento dello schianto», scrive Serge Latouche , uno dei principali teorici a cui si ispirano i 5 Stelle. Economista e filosofo francese, è un critico del consumismo e delle abitudini dell'Occidente, fondate, appunto, sull'idea che la crescita sia illimitata. Niente di più illusorio, in un mondo finito, dove le risorse e gli spazi sono esauribili. L'alternativa, invece, è la decrescita. Un termine che suona "come una sfida o una provocazione". Del resto nel nostro immaginario, ammette Latouche, «la forza della religione della crescita e dell'economia è tale che parlare di decrescita necessaria risulta letteralmente blasfemo». Nemmeno il termine funziona, «non è sexy», dice il filosofo, anzi è «pessimo» soprattutto «per indicare un progetto di democrazia ecologica e di società di abbondanza frugale, ma pessimo tra altri ancora peggiori».

La questione non è nuova. Se ne occupano da tempo teorici come Ivan Illich, Jacques Ellul, Nicholas Georgescu-Roegen. Se la sono posta alcuni studiosi trent'anni fa e, ovviamente, in forme diverse, anche nei secoli passati. La crescita è davvero l'unica via d'uscita alla crisi della crescita? No. Piuttosto si può approfittare della crisi globale per cambiare modelli. È qui che Latouche recupera il progetto di società formulato alla fine degli anni Sessanta e indica una strada nuova.

Decrescita è una parola d'ordine che significa abbandonare radicalmente l'obiettivo della crescita per la crescita, un obiettivo il cui motore non è altro che la ricerca del profitto da parte dei detentori del capitale e le cui conseguenze sono disastrose per l'ambiente.

Più che parlare di decrescita, Latouche preferirebbe il termine «a-crescita», così come si parla di «a-teismo», poiché:

si tratta di abbandonare una fede e una religione: quella dell'economia, della crescita, del progresso e dello sviluppo, che raggiunge il suo trionfo con la globalizzazione, che segna il passaggio da un'economia mondiale con un mercato a un'economia e a una società di mercato senza frontiere.

Insomma, attacca Latouche:

la nostra società ha legato il proprio destino a un'organizzazione fondata sull'accumulazione illimitata. Questo sistema è condannato alla crescita.

E non appena «la crescita rallenta o si arresta, è la crisi o addirittura il panico». Inevitabile finire in un vicolo cieco: «La necessità dell'accumulazione illimitata fa della crescita un circolo vizioso» perché:

la capacità di sostenere il lavoro, il pagamento delle pensioni, il rinnovo della spesa pubblica presuppone il costante aumento del prodotto interno.

Come sostiene Willem Hoogendijk:

l'economia, dominata dalla logica finanziaria, si comporta come un gigante che non è in grado di stare in equilibrio se non continuando a correre, ma così facendo schiaccia tutto ciò che incontra sul suo percorso.

La società della crescita non è auspicabile per almeno tre motivi, spiega ancora Latouche: produce crescenti disuguaglianze e ingiustizie, crea un benessere ampiamente illusorio, sviluppa una "antisocietà" malata della sua ricchezza e in fin dei conti poco armoniosa per gli stessi "ricchi". Invece bisogna recuperare «la saggezza della lumaca», che non insegna solo «la necessità della lentezza» ma fa molto di più secondo Illich:

Una lumaca dopo aver aggiunto un numero di spire sempre più grandi alla delicata struttura del suo guscio, interrompe all'improvviso questa sua attività costruttiva e comincia a "riavvolgersi" in modo decrescente. Una sola spira in più aumenterebbe di sedici volte le dimensioni del guscio. Anziché contribuire al benessere della lumaca, la graverebbe di un tale eccesso di peso che qualsiasi aumento di produttività verrebbe letteralmente schiacciato dal compito di affrontare le difficoltà create dall'allargamento del guscio oltre i limiti fissati dai suoi stessi fini.

Significa che dobbiamo cambiare la società e le forme della ricchezza. Ridistribuire il lavoro, i redditi tra le generazioni (introducendo un minimo e un massimo di stipendio), far rinascere la dimensione locale, creando i prodotti necessari alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini nelle zone in cui vivono. Ridare le carte, insomma, ridefinire "le regole del gioco economico".

Una rilocalizzazione che deve essere anche politica. Va ridimensionato il nostro stile di vita. Servono una cura dimagrante per ridurre la nostra evidente obesità e un cambiamento dei nostri bisogni. Nessuno vuole tornare a lavare i panni al lavatoio comunale invece di usare la lavatrice, avverte Latouche. Ma va costruita una nuova cultura, di cui sobrietà è una parola d'ordine. Vanno ridotti i trasporti, il consumo di energia, i rifiuti, gli sprechi, il tempo di lavoro per assicurare a tutti un impiego. Va abbandonato il sistema dei grandi mercati.

Inoltre va confutata «una delle più diffuse menzogne sociali», come la chiamerebbe John Kenneth Galbraith , cioè che il Pil sia un parametro del benessere. Lo espresse bene Robert Kennedy all'università del Kansas il 18 marzo 1968:

Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il Pil comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.

Tre mesi dopo veniva ucciso.

In questo quadro la crisi economica può essere un'opportunità di cambiare sistema: «O decrescita o barbarie!» scrive Latouche. È l'unica via d'uscita. Non c'è altra scelta, come sottolinea Jacques Grinevald:

Prima o poi la decrescita è inevitabile, e saggezza vorrebbe che si puntasse a gestire la decrescita dei paesi industrializzati piuttosto che tentare il "rilancio" del motore della crescita con strumenti che portano alla disoccupazione, all'approfondimento del fossato tra i ricchi e i poveri del pianeta, ai rischi incalcolabili dell'utilizzazione dell'energia nucleare, insomma a una sorta di normalizzazione delle crisi che confina, per la logica stessa del progresso tecnologico, con il disastro irrimediabile.

Il MoVimento 5 Stelle ha questo quadro di riferimento. I militanti lo spiegano con parole più semplici ma ugualmente efficaci. Federica Salsi avverte:

Viviamo in un pianeta tondo e quindi finito, con risorse e spazi limitati, eppure abbiamo un'economia lineare che usa, consuma e butta. Non si può pensare di aumentare sempre le strade in cui giriamo o la produzione di automobili. Sarebbe meglio decrescere, senza rinunciare al benessere, cambiando semplicemente i nostri modelli. Dobbiamo fare scelte più oculate. In fondo più che una decrescita è un riequilibrio.

Da non scambiare per recessione, precisa Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia Romagna:

Prendiamo due persone obese. Una deperisce perché non ha più soldi per mangiare, l'altra invece decide di mangiare di meno per rimettersi in forma. La prima rappresenta la recessione, la seconda invece la decrescita. Pensare che la crescita sia infinita è un falso. Invece dobbiamo lavorare a una società del risparmio.

Insomma, completa il capogruppo in Piemonte, Davide Bono:

sono i trattati firmati in Europa che ci condannano ad anni di recessione. La decrescita felice, invece, è un'ottima filosofia.

Ovviamente il Pil è da spazzare via e Bono precisa:

Una persona normale più che il Pil considera come parametro più attendibile la sua capacità di garantirsi il benessere, che spesso ha a che fare con cose che non sono monetizzabili come i rapporti sociali o gli spazi verdi.

La battaglia per cambiare punti di riferimento e per valutare meglio la qualità della vita è comune a tutti i militanti. All'incremento del Pil, come è scritto sul blog del MoVimento:

contribuiscono molte voci che peggiorano le condizioni di vita dei cittadini, infatti esso cresce, per esempio, se si consuma più benzina, inquinando di più; cresce se più persone sono ammalate e si vendono più medicinali; cresce se le nostre case consumano combustibili fossili sprecandone mediamente il 70 per cento perché sono mal costruite'.

Dunque l'obiettivo resta la decrescita:

un abbattimento di quei consumi inutili che si può ottenere per esempio coibentando tutti gli edifici pubblici e privati, la riduzione di bisogni indotti dal consumismo e quindi dalla pubblicità che ci obbliga a lavorare di più per poter cambiare sempre più spesso l'auto, il telefonino o per rinnovare ogni anno un guardaroba pieno di abiti solo perché ci viene detto che non sono più di moda.

La questione investe direttamente l'occupazione:

La bugia più vergognosa che ci viene propinata da anni è che l'aumento del Pil porti più lavoro ma ci sono dati che ci dicono che dal 1960 al 1998 in Italia il Prodotto interno lordo si è più che triplicato ma il numero degli occupati è rimasto costante, addirittura, visto che la popolazione è aumentata, in percentuale l'occupazione è calata.

Ecco perché:

il MoVimento 5 Stelle sta provando ad immaginare una società ed un'economia diversa, basata sulla collaborazione e non sulla competizione, sulla partecipazione e non sulla delega, sulla riduzione degli sprechi e sulla microproduzione di energia rinnovabile e non sulle megacentrali a combustibili fossili, sulla conservazione del paesaggio e dei beni culturali e non sulle colate di cemento, sull'agricoltura di prossimità e di stagione e non sui prodotti fuori stagione che arrivano dall'altra parte dell'emisfero, sul recupero massimo dei materiali e sul riciclo e non sugli inceneritori e sulle discariche, sul valore delle persone che crea ricchezza sul territorio e non sugli ipermercati di proprietà delle multinazionali.

Torna il punto cruciale, la contraddizione tra il mondo limitato e il nostro modello di sviluppo illimitato: «In poche parole non possiamo continuare a sfruttare le risorse naturali come se fossero infinite». Un caso per tutti, il petrolio, che «ha già raggiunto il suo picco e costa sempre di più estrarlo, in termini economici e di guerre fatte con il pretesto dell'esportazione di democrazia».

Anche in questo caso Beppe Grillo ha indicato la strada. Sul suo blog torna ripetutamente la necessità di cambiare punti di riferimento e anche linguaggi.

Ci vogliono nuove parole. Parole importanti. Solidarietà, partecipazione sociale, senso di comunità, di identità nazionale. Nessuno deve essere lasciato indietro. L'imprenditore che si suicida, di solito per non dover affrontare l'incapacità di mantenere la famiglia (come fai a dirlo a tua moglie?), è una maledizione che né lui, né noi ci meritiamo. La corte dei miracoli, di mendicanti, che si affolla nelle nostre città è sempre più formata da italiani. Persino gli extracomunitari stanno lasciando l'Italia, uno su quattro è rientrato nel suo Paese o ha cercato fortuna altrove. Abbiamo perso una guerra per la democrazia. Molti l'hanno combattuta per noi nel dopoguerra e sono stati ammazzati per questo. L'elenco è interminabile, da Impastato a Ambrosoli, da Puglisi a Borsellino a Vassallo. La guerra civile non è finita nel 1946, è continuata fino ad oggi, ha prodotto migliaia di morti, decine di stragi, l'occupazione del potere da parte della P2, la fine della sovranità dello Stato nelle regioni dove regna la criminalità organizzata. E ora il fallimento economico dell'Italia. Dobbiamo creare una rete di protezione sociale.

Insomma:

o ce la facciamo tutti insieme o il Paese si disgregherà in mille egoismi. Il cittadino deve sentirsi protetto dallo Stato (e non lo è), uguale di fronte alla legge (e non lo è, dipende dal reddito e dallo studio legale che può permettersi), rispettato come contribuente (non preso per il culo da una serie infinita di condoni e dallo Scudo Fiscale). I cittadini devono potersi riconoscere nello Stato. Deve essere il nostro specchio. Noi siamo lo Stato. Il tempo dei pannicelli caldi, delle dichiarazioni ad effetto, delle mascherate televisive è giunto al termine.

Le idee sono piuttosto nette. Le snocciola il comico genovese: per le pensioni va applicato un tetto massimo di 3 mila euro, «sono più che sufficienti per vivere». Inoltre, con il risparmio (valutabile in 7 miliardi di euro all'anno) delle mega pensioni, doppie e triple, dei vitalizi dei politici si apra un fondo per pagare i debiti che lo Stato ha con gli imprenditori che si suicidano al ritmo di uno o due al giorno. «Meglio vivere con quello che si ha», sintetizza Serena Franciosi, consigliera a Sesto San Giovanni.

La sfida, in piena crisi economica, l'ha posta un altro punto di riferimento del MoVimento, l'economista Joseph Stiglitz, che ha scritto nero su bianco sul suo libro Freefall:

In questo momento abbiamo l'opportunità di dar vita a un nuovo sistema finanziario che faccia ciò che gli essere umani pensano debba fare, di dar vita a un nuovo sistema economico che crei posti di lavoro utili e un lavoro dignitoso per tutti, e nel quale la differenza tra chi ha e chi non ha si riduca invece di allargarsi, e, soprattutto, di dar vita a una nuova società in cui ciascuno sia in grado di realizzare le proprie aspirazioni e potenzialità, in cui i cittadini condividano ideali e valori, in cui il nostro pianeta venga trattato col rispetto che esige. Ecco le vere opportunità. Il vero pericolo è che l'umanità non sia in grado di approfittarne.

Sarebbe sbagliato mettere in atto programmi di restrizioni economiche:

Non vi è un solo esempio al mondo che mostri che è possibile risanare uno Stato malato riducendo i salari, le rendite e le prestazioni sociali. La crescita rallenta, gli introiti fiscali diminuiscono e la questione dell'indebitamento non viene risolta. I politici devono riconoscere che stanno percorrendo la strada sbagliata.

Al The European, che il 24 aprile 2012 obiettava all'economista, che i cambiamenti demografici e la fine dell'età industriale hanno reso il welfare state insostenibile da un punto di vista finanziario e che dunque non è possibile abbattere il debito senza ridurre i costi dello stato sociale nel lungo termine, Stiglitz replicava:

È un'assurdità. La domanda di protezione sociale non ha nulla a che fare con la struttura della produzione. Ha a che fare con la coesione sociale o la solidarietà. Questo è il motivo per cui sono così critico con la tesi di Draghi alla Bce, per cui la protezione sociale andrebbe smantellata. Non ci sono basi su cui fondare un simile ragionamento. Gli Stati che meglio stanno facendo in Europa sono quelli scandinavi. La Danimarca è differente dalla Svezia, che è differente dalla Norvegia, ma tutti hanno una forte protezione sociale e tutti stanno crescendo.

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Nei programmi dei 5 Stelle si ritrovano spesso le intuizioni di Latouche e di Stiglitz. Quest'ultimo ha spronato più volte Beppe Grillo a continuare sulla strada delle liste civiche, ancora prima che nascesse il non partito. L'economista americano ha un filo diretto con il MoVimento, soprattutto sui temi che riguardano l'euro e la globalizzazione. Era il 10 gennaio 2007, quando Stiglitz in una lettera a Grillo scriveva:

Forse bisogna fare reset, ma prima proviamo a gettare un granello di sabbia nella macchina. Così cerco di fare come economista che si occupa della globalizzazione. Per gran parte dei Paesi del mondo, la globalizzazione - per come è stata gestita - assomiglia a un patto col diavolo. In ogni Paese c'è qualcuno che si arricchisce; le statistiche sul Pil, per quello che valgono, presentano risultati migliori, ma il tenore di vita generale e i valori fondamentali sono messi in pericolo. In alcune parti del mondo, i guadagni sono ancora più impalpabili, e i costi più evidenti. La maggiore integrazione nell'economia globale ha portato a un aumento della volatilità e dell'insicurezza, e a una maggiore disuguaglianza, arrivando addirittura a minacciare i valori fondamentali. Non è giusto che le cose vadano in questo modo. Noi possiamo fare in modo che la globalizzazione funzioni, non solo per i ricchi e i potenti, ma per tutti, anche coloro che vivono nei Paesi più poveri. Il compito è arduo, e richiederà tempo. Abbiamo già aspettato troppo: è arrivato il momento di darsi da fare. Un abbraccio. Joe.

Il Movimento ha le idee chiare e propone di introdurre la class action, per dare più forza ai cittadini che decidono di far valere i propri diritti e bilanciare lo strapotere delle lobby. Il programma prevede di abolire le scatole cinesi in Borsa, le cariche multiple da parte di consiglieri di amministrazione nei consigli di società quotate e di introdurre strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle società di Piazza Affari. Il MoVimento cancellerebbe subito la legge Biagi. Inoltre, vorrebbe impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno e cercare di mettere ordine negli «incroci pericolosi», quelli tra sistema bancario e sistema industriale e a introdurre la responsabilità degli istituti finanziari sui prodotti proposti con una compartecipazione alle eventuali perdite. Le altre idee: impedire ai consiglieri di amministrazione di ricoprire alcuna altra carica nella stessa società se questa si è resa responsabile di gravi reati, impedire l'acquisto prevalente a debito di una società (qui i 5 Stelle citano il caso di Telecom Italia). Ovviamente le forbici degli attivisti agiscono anche sugli alti dirigenti. 11 programma prevede di introdurre un tetto per gli stipendi del management delle aziende quotate in Borsa e delle aziende con partecipazione rilevante o maggioritaria dello Stato, oltre che l'abolizione delle stock option e dei «monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset, Ferrovie dello Stato. Altra proposta, l'allineamento delle tariffe di energia, connettività, telefonia, elettricità, trasporti agli altri Paesi europei.

Il debito pubblico verrebbe diminuito con «forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi e con l'introduzione di nuove tecnologie per consentire al cittadino l'accesso alle informazioni e ai servizi senza bisogno di intermediari». Inoltre, il MoVimento prevede di vietare la nomina di persone condannate in via definitiva, cita come esempio Scaroni all'Eni, come amministratori in aziende aventi come azionista lo Stato o quotate in Borsa. I 5 Stelle al governo del Paese introdurrebbero un «sussidio di disoccupazione garantito», si impegnerebbero anche per «favorire le produzioni locali e sostenere le società no profit». Sono previsti anche disincentivi alle aziende che generano un danno sociale (e qui vengono citati i distributori di acqua in bottiglia). Un piano ambizioso che lascia un dubbio piuttosto evidente sulla sua fattibilità economica. Dove prenderanno i soldi per finanziare questa autentica rivoluzione?

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Ricette che lasciano piuttosto perplesso il sociologo Franco Ferrarotti che attacca:

Lanciano il paese della cuccagna, dove tutti mangiano e bevono e nessuno lavora. Criticano il consumismo dopo aver consumato.

Insomma per il professor Ferrarotti il piano del MoVimento 5 Stelle, modellato sulle teorie della decrescita, è destinato a fallire:

Ma come si fa a non pagare più il debito pubblico, come ho sentito dire a Grillo? Non ci sarebbero più i soldi per gli stipendi pubblici.

Bocciata anche l'idea di cambiare indicatore di benessere, spiega Ferrarotti:

Il Pil va esteso fino a comprendere aspetti sociali ma deve essere chiaro che non si mangia con l'aria.

Insomma, il sociologo invita a lasciare perdere teorie che, per quanto affascinanti, non possono funzionare: «Saranno pure dei premi Nobel ma restano economisti della domenica».

Dal canto loro gli attivisti non mollano e portano avanti la loro "rivoluzione culturale". Mat, un simpatizzante 5 Stelle, lamenta:

Negli anni Settanta mio padre con stipendio da impiegato statale manteneva da solo una famiglia con due figli, in affitto a Roma, e facevamo insieme un mese di vacanze. Oggi una giovane coppia non riesce ad arrivare a fine mese lavorando in due. Ma in questi quarant'anni la tecnologia ha fatto passi da giganti e quello che mio padre produceva allora in otto ore di lavoro oggi si fa al massimo in un'ora. Quindi se le condizioni fossero rimaste le stesse oggi mio padre lavorerebbe solo un'ora al giorno per mantenere tutta la mia famiglia e le ore in più ci avrebbero fatti ricchi. Tutta la crescita e progresso tecnologico, il Pil, ecc. invece di sollevarci dal problema di lavorare per vivere ci hanno resi più schiavi. Perché?

È una visione comune a tanti attivisti: il progresso ha migliorato le condizioni di vita di pochi e le tecnologie sono state indirizzate dalla parte sbagliata. Ecco perché torna continuamente l'idea che il web, e i suoi servizi, devono essere messi a disposizione di tutti.

Il quadro teorico su cui basano le loro proposte i militanti 5 Stelle non funziona nemmeno per l'economista Carlo Pelanda, che insegna a Roma e negli Stati Uniti che, senza usare mezzi termini, spiega:

Molte delle cose che dicono sono fesserie e sono anche tragiche visto che il sistema globale sta affrontando proprio una decrescita.

Il professore ha un'idea precisa dei principi posti da Latouche e, prima di lui, da tanti pensatori: «Sono adoratori della povertà. Invece abbiamo altri problemi, come rimettere in moto la crescita in Europa e in America». Per carità, riconosce Pelanda, è giusto che «ci siano idee diverse, fa parte della varietà della democrazia» ma gli assertori della decrescita «giocano sull'ignoranza, cavalcando le teorie limitative dello sviluppo». Secondo Pelanda sarebbe falso proprio il principio base su cui poggiano le teorie sposate dal MoVimento:

Lo sviluppo non ha limite, evolve, sposta i limiti. Non ha un percorso lineare. È sbagliato dare l'idea che sia come versare l'acqua in un bicchiere, per cui si può arrivare fino a un certo punto, non è così, è un'immagine, peraltro, già confutata anni fa.

Niente di nuovo, insomma, per l'economista italiano:

Fin dal '700 abbiamo avuto tanti movimenti contro lo sviluppo, basti pensare ai luddisti che distruggevano le macchine. I grillini fanno parte di questa tradizione, anche se sono un po' più divertenti dei loro predecessori.

In ogni caso, insiste Pelanda, «le loro proposte non saranno mai in grado di dare ricchezza e certezza, che sono le due cose che vogliono le persone». Condivide Alberto Mingardi, direttore generale dell'Istituto Bruno Leoni:

Le teorie economiche dei 5 Stelle sono pericolose. È evidente che viviamo in un mondo di risorse scarse, non l'ha certo scoperto Latouche, ma il punto è che gli usi possibili di queste risorse sono fondati sulla creatività dell'uomo, che è infinita. Loro invece confondono un principio coretto, quello della scarsità delle risorse, con un altro sbagliato, quello per cui siano già definiti gli usi di tutte le cose. Il decrescismo è pieno di nostalgia per l'epoca in cui c'erano pochi ricchi e tanti poveri.

Ma non è tutto. Per Mingardi è anche contradditorio che gli attivisti uniscano le teorie di Latouche e degli altri pensatori con l'interesse verso la tecnologia. Il direttore dell'Istituto Bruno Leoni spiega: «Insomma in un mondo che decresce non esce ogni anno una versione nuova di Ipad».

Anche Mingardi, come Pelanda e Ferrarotti, boccia il programma economico del MoVimento:

È irrealizzabile. È stato pensato soltanto per intercettare una serie di categorie sensibili a singoli temi. Il programma dei 5 Stelle unisce la polemica dei piccoli azionisti contro le scatole cinesi alle lamentele per il troppo fisco e al contempo si rifà a Krugman che vorrebbe che i cittadini fossero tassati di più per usare i soldi per costruire infrastrutture, soprattutto nei momenti di crisi.

Mingardi non ha dubbi:

È un'operazione politicamente intelligente perché chi condivide veramente anche un solo punto di questi è portato ad aderire al MoVimento per realizzarlo, senza curarsi del resto del programma.

Insomma, Grillo è stato bravo «a mettere insieme un po' di destra e un po' di sinistra» tanto sa che «non potrà mai governare il Paese». In effetti, riconosce il direttore dell'Istituto Bruno Leoni, questa è «una delle peggiori caratteristiche dei nostri politici.

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Alter Eco



La rivoluzione culturale comincia dall'ambiente. Non è un caso che La scommessa della decrescita di Serge Latouche , uno dei testi sul comodino del Movimento 5 Stelle, parta proprio dall'ecologia, richiamando il filosofo Cornelius Castoriadis:

L'ecologia è sovversiva poiché mette in discussione l'immaginario capitalista dominante. Ne contesta l'assunto fondamentale secondo cui il nostro orizzonte è il continuo aumento della produzione e dei consumi. L'ecologia mette in luce l'impatto catastrofico della logica capitalistica sull'ambiente naturale e sulla vita degli esseri umani.

Latouche rinuncia a stilare una lista delle catastrofi ecologiche già in atto o preannunciate perché sono sotto i nostri occhi, anche se nota che vi assistiamo senza muovere un dito: «Guardiamo altrove mentre la casa finisce di bruciare». Ovviamente ambiente ed economia sono legati inscindibilmente, «sono due facce della stessa medaglia», dice il sindaco 5 Stelle di Sarego, Roberto Castiglion. È una chiave interpretativa che usano tutti gli attivisti.

Il terreno su cui si muovono è quelló dei pensatori della decrescita, che hanno un'idea precisa, ben esemplificata da un altro teorico, Arundathy Roy:

La quantità di foreste, acqua e terra disponibile è limitata. Se tutto viene trasformato in climatizzatori, patatine fritte e automobili, si arriverà al momento in cui non resterà più niente.

Lo squilibrio è evidente. Lo spazio disponibile sulla Terra misura 51 miliardi di ettari. Lo spazio "bioproduttivo", cioè utilizzabile per la nostra riproduzione, è di 12 miliardi di ettari. Ovvero 1,8 ettari per ogni abitante del pianeta. Ma l'istituto californiano Redifining Progress e il World Wide Fund hanno calcolato che:

Considerando i bisogni in termini di materia e di energia per riuscire ad assorbire i rifiuti e le scorie della produzione e del consumo, e aggiungendo l'impatto dell'habitat e delle infrastrutture, l'umanità consuma 2,2 ettari in media per abitante dello spazio bioproduttivo.

Le persone, conclude Latouche, hanno già abbandonato un modo di vita sostenibile, che imporrebbe di limitarsi a 1,8 ettari. Insomma, torna il principio-base: una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito.

Se la prima legge della termodinamica insegna che nulla si distrugge e nulla si crea, lo straordinario processo di rigenerazione spontanea della biosfera, anche se assistito dall'uomo, non è in grado di sostenere gli attuali ritmi forsennati e non può in nessun caso restituire nella stessa misura la totalità delle risorse degradate dall'attività industriale.

Del resto, i processi di trasformazione dell'energia non sono reversibili (seconda legge della termodinamica) e la stessa cosa avviene per la materia che pur riciclabile non può essere recuperata integralmente. Grillo, nell'introduzione di Alta Voracità:

L'Italia è come l'Amazzonia: sta scomparendo. Ogni settimana ettari di verde si trasformano in ettari di cemento. Un prato non è più un prato, ma un business. Ogni giorno appaiono gru, seconde e terze case, immobili mai abitati. Interi quartieri edificati senza necessità, senza inquilini. Il cemento uccide il turismo, toglie posti di lavoro, non li crea. Il cemento è riciclaggio di denaro sporco delle mafie nazionali che investono nel mattone. Ogni anno cancelliamo 500 chilometri di suolo. Una velocità spaventosa.

Grillo richiama anche un proverbio indiano:

Quando l'ultimo albero sarà stato abbattuto, l'ultimo fiume avvelenato, l'ultimo pesce pescato, ci accorgeremo che non si potrà mangiare il denaro.

Il MoVimento si muove da qui. Ma non si chiude in un ambientalismo soltanto ideologico. Piuttosto tenta di proporre un altro modello, dettato dalla prospettiva della decrescita.

Federica Salsi, consigliere 5 Stelle a Bologna s'impunta:

Dobbiamo cambiare il nostro sistema di utilizzo di energia e di produzione di rifiuti. Ora l'Italia ha scelto di pagare multe, invece di adeguarsi alle normative europee e ai protocolli. Non è possibile. Dobbiamo ridurre le emissioni di Co2. È evidente che gli interessi sono tanti e influenzano spesso le scelte delle istituzioni.

Il MoVimento è in prima fila su tante battaglie. Sonia Alfano, eurodeputata dell'Idv, ma grillina fin dal principio, lo rivendica:

Ho fatto aprire procedure d'infrazione contro l'Italia per il gassificatore di Trieste e per quello di Agrigento. Anche sullo smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici il nostro Paese ha fatto finta di niente. Pure la bocciatura da parte dell'Europa per la mancata raccolta differenziata in Campania è un merito di De Magistris, quando era a Strasburgo, e mio.

Insomma, qualcosa si può cambiare anche se i governi che si sono succeduti alla guida del Paese hanno fatto orecchie da mercante.

Proprio sull'impianto di Trieste, un altro attivista del MoVimento, Aris Prodani, ha scritto un lungo sfogo sul Piccolo per esprimere il «profondo senso di rabbia e abbandono» a causa

dell'assoluta disinformazione che le istituzioni hanno espressamente incentivato. I nostri rappresentanti si sono riempiti la bocca con i presunti benefici alla cittadinanza in termini di occupazione, royalties, introiti fiscali e ridotti costi energetici, mentre temi fondamentali quali la sicurezza e l'impatto ambientale sono stati minimizzati se non addirittura fatti oggetto di ironia. Compito primario delle istituzioni dovrebbe essere quello di garantire, nel limite del possibile, il benessere dei cittadini. Nel caso specifico, il nostro benessere è rappresentato da una seria valutazione dei vantaggi e degli svantaggi (vedi pericoli) che un impianto del genere comporterebbe per la città. Invece, sia il Comune sia la Provincia si sono concentrati esclusivamente sui primi. Un'analisi rigorosa, attraverso l'interessamento delle numerose istituzioni scientifiche presenti sul territorio sarebbe dovuta essere la logica priorità. Ma nulla di tutto ciò è stato fatto. Hanno dovuto pensarci, invece, due comuni minori della provincia, le associazioni, i comitati, il governo sloveno, la Magistratura e la Uil dei Vigili del Fuoco. Dalle analisi e dagli studi condotti sono emerse tante anomalie, lacune e irregolarità.

È uno scenario che si ripete dovunque in Italia. Sulle questioni ambientali sono i 5 Stelle a portare studi e ricerche e a collaborare con le associazioni e i comitati. È uno dei "segreti" del loro successo. Il blog di Beppe Grillo è fondamentale perché mette in contatto esperti di mezzo mondo e riesce a fornire lavori puntuali e, dunque, a supportare l'azione dei "portavoce" del MoVimento nelle istituzioni.

Giovanni Favia va dritto al punto:

La sfida del futuro è l'ambiente. È incredibile aver avuto partiti che lo hanno stuprato. Dobbiamo diffondere l'idea che il fotovoltaico e le altre energie alternative, che rappresentano un modello diverso dal nostro, siano mezzi per raggiungere la felicità.

Ne è convinta anche Giorgia Distefano, attivista del MoVimento ad Alghero, in Sardegna:

La produzione e l'utilizzo dell'energia attraverso sistemi alternativi ai combustibili fossili è da sempre la fissa del nostro Movimento. Sul piano cittadino, al fine intanto di risparmiare energia nonché di incentivare l'uso di quella alternativa, le cose da fare sono diverse. Dal via libera burocratico all'installazione del fotovoltaico sui tetti, all'installazione di cabine energetiche pubbliche per alimentare i mezzi elettrici e, non in ultimo, alla conversione edile degli edifici esistenti, nonché alla progettazione di quelli ancora in divenire, verso forme di vero risparmio ed ecosostenibilità energetica.

I rifiuti sono uno dei punti principali del programma. Alfonso Bonafede portavoce locale del MoVimento 5 Stelle spiega:

Da tempo diamo battaglia contro la costruzione di un inceneritore vicino a Firenze. Abbiamo presentato alla Provincia un piano alternativo di smaltimento che non prevede inceneritori. I rifiuti possono essere una fonte di ricchezza rilevante, seguendo pratiche virtuose.

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E se l'ambiente è direttamente legato alla salute, anche su questo il MoVimento ha elaborato parecchie proposte. Pochi le conoscono, visto che si tende a derubricare i 5 Stelle a un fenomeno esclusivamente di protesta. Eppure gli ottimi risultati che gli attivisti hanno ottenuto alle ultime elezioni dovrebbero far crescere i sospetti che, oltre alla contrapposizione con i partiti tradizionali, gli elettori abbiano premiato le idee dei candidati legati a Beppe Grillo. Sulla salute il MoVimento riconosce che l'Italia sia «uno dei pochi Paesi con un sistema sanitario pubblico ad accesso universale» ma ci sono «due fatti» che stanno minando alle basi l'universalità e l'omogeneità del servizio sanitario nazionale: la devolution, che affida alle Regioni l'assistenza sanitaria e il suo finanziamento e accentua le differenze territoriali, e la sanità privata che sottrae risorse e talenti al pubblico. Si tende inoltre ad organizzare la Sanità come un'azienda e a far prevalere gli obiettivi economici rispetto a quelli di salute e di qualità dei servizi. Dunque il programma dei 5 Stelle garantisce l'accesso alle prestazioni essenziali del servizio sanitario nazionale universale e gratuito e, per le prestazioni non essenziali, ticket in proporzione al reddito. Inoltre punta a «monitorare e correggere gli effetti della devolution sull'equità d'accesso alla Sanità».

Sui farmaci, il MoVimento vuole promuovere l'uso dei generici e di quelli fuori brevetto, equivalenti e meno costosi rispetto ai farmaci "di marca" (che in Italia costano spesso di più che all'estero) e più sicuri rispetto ai prodotti di recente approvazione. Inoltre vorrebbe che i medici prescrivessero i principi attivi invece delle marche delle singole specialità (come avviene ad esempio in Gran Bretagna). Poi, secondo gli attivisti, servirebbe un programma di educazione sanitaria indipendente pubblico e permanente sul corretto uso dei farmaci, sui loro rischi e benefici e una politica sanitaria nazionale di tipo culturale per promuovere stili di vita salutari e scelte di consumo consapevoli per sviluppare l'autogestione della salute (operando sui fattori di rischio e di protezione delle malattie) e l'automedicazione semplice. Tra le proposte, anche più informazione sulla prevenzione primaria (alimentazione sana, attività fisica, astensione dal fumo) e sui limiti della prevenzione secondaria (screening, diagnosi precoce, medicina predittiva), «ridimensionandone la portata, perché spesso risponde a logiche commerciali». Infine i 5 Stelle creerebbero un sistema di misurazione della qualità degli interventi negli ospedali (tassi di successo, mortalità, volume dei casi trattati ecc.) di pubblico dominio. Nel programma che riguarda la salute, il MoVimento non dimentica i medici e le case farmaceutiche. Per questo prevede di proibire gli incentivi economici agli informatori scientifici sulle vendite dei farmaci e pensa a separare le carriere dei medici pubblici e privati, non consentendo, dunque, a un medico che lavora in strutture pubbliche di operare nel privato. È uno dei passaggi più rilevanti, che Beppe Grillo ha ripetuto spesso nel suo tour elettorale.

Ovviamente i medici verrebbero incentivati a restare nel settore pubblico mentre per le tariffe applicate dai privati sarebbe deciso un tetto massimo. E per quanto riguarda i primari, i 5 Stelle prevedono «criteri di trasparenza e di merito» nella loro promozione. Per evitare, insomma, che gli incarichi nella sanità siano legati alla politica. Gli attivisti immaginano un'organizzazione diversa da quella attuale e orientata alla trasparenza: liste di attesa pubbliche e on line, centri unici di prenotazione sul web, convenzioni con le strutture private rese pubbliche e messe su internet. Inoltre più fondi ai consultori familiari e consigli di amministrazione che possano limitare lo strapotere dei direttori generali delle Asl o degli ospedali. Infine, il MoVimento punta ad «allineare l'Italia agli altri Paesi europei e alle direttive dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nella lotta al dolore. In particolare per l'uso degli oppiacei (morfina e simili)».

Un capitolo rilevante riguarda la ricerca: i 5 Stelle vorrebbero la possibilità di destinare l'8 per mille alla ricerca medico-scientifica e finanziare quella indipendente attingendo ai fondi destinati alla ricerca militare, oltre che «promuovere e finanziare ricerche sugli effetti sulla salute, in particolare legate alle disuguaglianze sociali e all'inquinamento ambientale dando priorità ai ricercatori indipendenti». Infine promuovere la ricerca sulle malattie rare, pagare le spese a chi deve curarsi all'estero a causa dell'assenza di strutture nazionali e introdurre, sulla base delle raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello di governo centrale e regionale, la valutazione dell'impatto sanitario delle politiche pubbliche, in particolare per i settori dei trasporti, dell'urbanistica, dell'ambiente, del lavoro e dell'educazione. Un sistema di protezione, insomma, che metta al centro i cittadini. Questo è il principio di fondo da cui muovono tutte le proposte del MoVimento e che, inevitabilmente, mostra le contraddizioni déi partiti tradizionali, «di chi ha usato - dice il sindaco di Parma, Pizzarotti - la politica e i partiti non per fare polis ma per fare lobby».

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Pagina 201

Nell'estate 2011 scrisse addirittura una lettera aperta al presidente della Repubblica, Napolitano:

L'Italia è vicina al default, i titoli di Stato, l'ossigeno (meglio sarebbe dire l'anidride carbonica) che mantiene in vita la nostra economia, che permette di pagare pensioni e stipendi pubblici e di garantire i servizi essenziali, richiedono un interesse sempre più alto per essere venduti sui mercati. Interesse che non saremo in grado di pagare senza aumentare le tasse, già molto elevate, tagliare la spesa sociale falcidiata da anni e avviare nuove privatizzazioni. Un'impresa impossibile senza una rivolta sociale.

L'attenzione del comico cadeva sopratutto sulle banche, a rischio:

Hanno 200 miliardi di euro di titoli pubblici e 85 miliardi di sofferenze, spesso crediti inesigibili. Non sono più in grado di salvare il Tesoro con l'acquisto di altri miliardi di titoli, a iniziare dalla prossima asta di fine agosto. Ora devono pensare a salvare se stesse.

Le banche sono da sempre nella testa del comico genovese: «Non sono istituti di beneficenza». Qui la critica si salda con l'impegno a "salvare" le amministrazioni locali perché spesso gli istituti di credito sono andati a braccetto con i Comuni che, ha ricordato più volte Grillo, hanno utilizzato degli strumenti derivati, «scommesse disastrose per noi cittadini».

Alfonso Bonafede, che nel 2009 è stato candidato sindaco a Firenze si infervora:

Grillo l'ha detto nel 2004 che l'economia avrebbe dovuto fronteggiare una crisi senza precedenti. All'epoca parlava di derivati, quando nessuno sapeva cosa fossero. Ma adesso ce ne accorgiamo, visto che i Comuni rischiano il fallimento proprio per questi prodotti finanziari.

Il Movimento 5 Stelle ha annunciato battaglia.

Per attuare il nostro programma avremo, fra le nostre fila esperti in finanza e del mondo bancario etico, avremo un aiuto circa le relazioni con l'Unione europea per realizzare progetti come, ad esempio, quartieri sostenibili, mobilità sostenibile, riuso e riqualificazione energetica, attivando quindi un indotto locale.

ha assicurato Grillo nei suoi comizi elettorali. L'Europa, già. Quella dove la Bce ha erogato miliardi di euro alle banche europee al tasso dell'1 per cento per tre anni. Servivano, in teoria, per «far ripartire l'economia con finanziamenti alle imprese». Grillo avvertiva con tempismo:

Soldi nostri che, tuttavia, le banche si terranno. Mi pare di vederli, partite iva, capi azienda, piccoli proprietari, allegri come un italiano in gita, correre agli sportelli di Unicredit, IntesaSanPaolo, Monte dei Paschi di Siena, che insieme hanno prelevato circa 35 miliardi dalla Bce a gennaio, per vedersi il solito gentile rifiuto con il solito untuoso sorriso di compatimento. Quei soldi le banche li investiranno in titoli di Stato, che le remunereranno con il 6/7 per cento, e per coprire investimenti sbagliati che le hanno lasciate senza liquidità. I nostri soldi serviranno quindi a far guadagnare senza alcun rischio le banche e a piazzare titoli pubblici senza valore. Nel frattempo le aziende chiudono, le persone sono licenziate, le famiglie perdono le case perché non riescono a pagare le rate del mutuo, gli imprenditori si suicidano.

Se ne lamentano tutti i gli attivisti. Vorrebbero che le banche scommettessero sulle buone idee. Ma è sempre la stessa storia e sui blog protestano vivacemente. «Le banche ti prestano denaro se puoi dimostrare che non ne hai bisogno», sintetizzava bene, già nell'Ottocento, lo scrittore americano Mark Twain.

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