Copertina
Autore Edward Lear
Titolo Senza senso
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2005, Grande Fiabesca , pag. 176, ill., cop.fle., dim. 150x210x13 mm , Isbn 978-88-7226-883-4
CuratoreCarla Muschio
TraduttoreCarla Muschio
LettoreRenato di Stefano, 2005
Classe classici inglesi , illustrazione , giochi , ragazzi , umorismo
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice

  7 E non c'è niente da capire
    di Carla Muschio

 21 Autoritratto del laureato del nonsense
    SELF-PORTRAIT OF THE LAUREATE OF NONSENSE


 25 Poesie senza senso
    NONSENSE SONGS


    THE OWL AND THE PUSSY-CAT
    IL GUFO E LA GATTINA, 27

    THE DUCK AND THE KANGAROO
    L'ANATRA E IL CANGURO, 30

    THE DADDY LONG-LEGS AND THE FLY
    LA MOSCA E LO ZANZARONE DEGLI ORTI, 33

    THE JUMBLIES
    I BELLI SCOMBINATELLI, 37

    THE NUTCRACKERS AND THE SUGAR-TONGS
    LO SCHIACCIANOCI E LA MOLLETTA DELLO ZUCCHERO, 41

    CALICO PIE
    TORTA DI COTONE INDIANO, 44

    MR. AND MRS. SPIKKY SPARROW
    IL SIGNOR PASSERO E LA SUA SIGNORA, 47

    THE BROOM, THE SHOVEL, THE POKER, AND THE TONGS
    I FERRI DEL CAMINO, 51

    THE TABLE AND THE CHAIR
    IL TAVOLO E LA SEDIA, 53

    THE DONG WITH A LUMINOUS NOSE
    IL SIGNOR FAVA DAL NASO LUMINOSO, 56

    THE TWO OLD BACHELORS
    I DUE VECCHI SCAPOLONI, 60

    THE PELICAN CHORUS
    IL CORO DEI PELLICANI, 64

    THE COURTSHIP OF THE YONGHY-BONGHY-BÒ
    IL CORTEGGIAMENTO DEL TOCCO-RITOCCO-CO, 68

    THE POBBLE WHO HAS NO TOES
    IL POBBOLO CHE NON HA LE DITA AI PIEDI, 73

    THE NEW VESTMENTS
    GLI ABITI NUOVI, 76

    MR. AND MRS. DISCOBBOLOS
    I SIGNORI DISCOBOLO, 78

    THE QUANGLE WANGLE'S HAT
    IL CAPPELLO DEL QUANGLE WANGLE, 82

    THE CUMMERBUND (AN INDIAN POEM)
    LA FUSCIACCA CUMMERBUND (POESIA INDIANA), 85

    THE AKOND OF SWAT
    IL TRISCONTE DI PIGLIAMOSCHE, 87

    INCIDENTS IN THE LIFE OF MY UNCLE ARLY
    EPISODI DELLA VITA DI MIO ZIO ARLY, 90

    ECLOGUE
    ECLOGA, 92

 99 Ventisei rime e immagini senza senso
    TWENTY-SIX NONSENSE RHYMES AND PICTURES


115 Botanica senza senso
    NONSENSE BOTANY


125 Storie senza senso
    NONSENSE STORIES


    THE STORY OF THE FOUR LITTLE CHILDREN WHO WENT ROUND THE WORLD
    LA STORIA DEI QUATTRO PICCOLI BAMBINI CHE FECERO IL GIRO DEL MONDO, 127

    THE HISTORY OF THE SEVEN FAMILIES OF THE LAKE PIPPLE-POPPLE
    LA STORIA DELLE SETTE FAMIGLIE DEL LAGO PIPPLE-POPPLE, 145

161 Ricette senza senso
    NONSENSE COOKERY


167 Stemma araldico del gatto Foss
    THE HERALDIC BLAZON OF FOSS THE CAT



 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 16

Nella presente raccolta ho riunito tutte le composizioni nonsense di Lear che non sono limerick, perché questi ultimi sono già ben noti e disponibili al lettore italiano.

Quando ho scoperto che queste pagine così belle e famose erano ancora inedite in italiano mi è sembrato un colpo di fortuna. Ecco per me l'occasione di essere la prima a tradurre un grande classico. La traduzione più prestigiosa della mia vita! Così mi sono messa all'opera e ho capito allora perché mi è stato lasciato questo onore. Evidentemente nessuno finora ha voluto fare la figura del superbo, o dello stupido, mettendo mano alla traduzione di versi in cui il senso e il suono sono combinati in modo così perfetto. Anche ad essere Francesco Petrarca il tradurli ti espone a critiche, e per di più io non sono affatto Francesco Petrarca. Ero quasi per lasciar perdere, memore di quanto diceva spesso proprio Carlo Izzo, il primo ambasciatore di Lear in Italia, che ho avuto la fortuna di avere per docente all'università: il traduttore è un traditore. È vero, ma senza questi traditori non sarebbe possibile avere idea degli scrittori di cui non si conosce la lingua, quindi il tradimento dei traduttori è un male inevitabile. Consolandomi con questa considerazione ho portato a termine la traduzione.

Nel tradurre le poesie ho cercato di barcamenarmi tra conservare il senso e dare una struttura ritmica al verso in italiano. Magari un ritmo diverso da quello di Lear, ma sempre un ritmo. Mentre traducevo mi capitava questo fenomeno: affioravano spesso alla mente dei versi di Lear, in originale o in traduzione, come succede con le canzonette. Mi sono ricordata di un altro pensiero del professor Izzo: per lodare un'opera letteraria lui preferiva, a "bello", l'aggettivo "memorabile". Questi versi per me sono più che memorabili, forse perché ci sono stata tanto sopra: non te li togli più dalla mente!

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 60

I DUE VECCHI SCAPOLONI



Negli stessi appartamenti c'eran due scapoli impenitenti.
Uno prese un pasticcino, l'altro prese un topolino.
Disse quello del dolcetto al cacciatore del sorcetto:
"Questo lo manda la Provvidenza perché abbiam vuota la dispensa,
Salvo una punta di miele alpino e di limone giusto un fettino.
Dove trovare uno spuntino senza il becco di un quattrino?
Digiuni, potremo già dirci contenti
Se perdiamo il peso, le ciglia ed i denti."


Disse a quello del pasticcino il cacciatore del topolino:
"Potremmo cuocere questa crearura se solo avessimo la farcitura!
Cipolla e salvia posson bastare
Ma a procurarle non so come fare!"
I vecchi scapoloni arrivano in città,
Chiedon cipolle e salvia girando qua e là;
Gli prestan due cipolle però non c'è ortolano
O contadino che abbia la salvia, neanche un ramo.


Qualcuno suggerisce: "C'è un colle a settentrione,
Alla sua verdicale conduce un sentierone
E lì tra le aspre rocce dimora un vecchio savio,
Retto, intento a leggere un testo molto strano.
Mentre sta in studio assorto, prendetegli le dita
Dei piedi e trascinatelo, fatene carne trita!
Mischiato alla cipolla (anch'essa ben tritata)
Avrete un bel ripieno per una scorpacciata."


I vecchi scapoloni non persero un minuto,
Si misero in cammino su su per il dirupo.
Tra i sassi della vetta trovarono, appartato,
Il savio e il suo volume, proprio spropositato.
"Buon uomo!" essi esclamarono. "Basta con le letture!
Ci serve la tua carne per farne farciture!"


Li guarda calmo il saggio e col suo volumone
Mira la testa calva dei vecchi scapoloni.
Crepacci e precipizi scansaron per miracolo,
Rotolarono giù superando ogni ostacolo.
Giunti a casa, trovarono mancante (oltre al ripieno)
Il sorcio, dileguatosi mangiando il pasticcino.


Lasciarono la casa, agli occhi i lucciconi,
Per la porta che un tempo varcavan gli allegroni.
Da allora nulla è noto dei vecchi scapoloni.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 127

LA STORIA DEI QUATTRO
PICCOLI BAMBINI
CHE FECERO
IL GIRO DEL MONDO



C'erano una volta, tanto tempo fa, quattro piccolini che si chiamavano: Violet, Slingsby, Guy e Lionel. Ciascuno di loro pensava: vorrei tanto vedere il mondo. Così comperarono una grande barca a vela per fare il giro del mondo via mare, per poi tornare dalla parte opposta via terra. La barca era colorata in azzurro a pallini verdi e la vela era gialla a strisce rosse; e partirono senza portarsi dietro niente altro che un Gattino per governare e tenere la barca, in aggiunta a un anziano Quangle-Wangle che era addetto a preparare la cena e a fare il tè, per il quale scopo imbarcarono un grosso bollitore.

Per i primi dieci giorni viaggiarono che era una meraviglia e trovarono cibo in abbondanza dato che c'era molto pesce: bastava tirarlo fuori dal mare con un lungo cucchiaio che il Quangle-Wangle lo cucinava all'istante e le lische venivano date al Gattino, cosa di cui nel complesso si diceva soddisfatto, così che tutta la compagnia era molto contenta.

Durante il giorno Violet si dedicava essenzialmente a mettere l'acqua salata in una Zangola che i suoi tre fratelli scuotevano violentemente nella speranza che si trasformasse in burro, cosa che accadeva raramente o forse mai; e la sera si ritiravano nel bollitore, dove riuscivano a dormire tutti molto comodi, mentre il Gattino e il Quangle-Wangle governavano la barca.

Trascorso del tempo scorsero in lontananza una terra e quando la raggiunsero scoprirono che era un'isola fatta di acqua tutta circondata da terra. Inoltre, era orlata da istmi evanescenti e tutta bagnata da una grande Corrente del Golfo, sicché era assolutamente incantevole e conteneva un unico albero, alto 503 piedi.

Dopo che furono sbarcati andarono in giro un po', ma scoprirono con grande sorpresa che l'isola era strapiena di cotolette di vitello e di cioccolatini e di niente altro. Perciò si arrampicarono tutti sull'unico albero per scoprire, se possibile, se l'isola fosse abitata; ma dopo che ebbero trascorso una settimana in cima all'albero senza vedere persona, naturalmente conclusero che non c'erano abitanti e di conseguenza quando scesero caricarono sulla barca duemila cotolette di vitello e un milione di cioccolatini, con cui si nutrirono per più di un mese, durante il quale proseguirono il viaggio con somma delizia e apatia.

Raggiunsero una riva dove si trovavano nientemeno che sessantacinque grossi pappagalli rossi con la coda blu, seduti tutti in fila su una sbarra e tutti profondamente addormentati. Devo purtroppo dire che il Gattino e il Quangle-Wangle si avvicinarono quatti quatti e con un morso staccarono le penne della coda a tutti e sessantacinque i pappagalli, per la qual cosa Violet sgridò severamente ambedue.

Nonostante questo, ella procedette a inserire nel suo cappellino tutte le penne, in numero di duecentosessanta, dandogli così un aspetto grazioso e scintillante, assai simpatico nonché efficace.

L'avventura successiva in cui incapparono fu in un punto stretto del mare, così pieno di pesci che la barca non riusciva ad andare avanti; perciò restarono lì circa sei settimane finché non ebbero mangiato quasi tutti i pesci che erano Sogliole, e tutte già cotte e coperte di salsa di gamberetti, così che non c'era proprio nessun incomodo. E siccome i pochi pesci rimasti immangiati si lamentavano del freddo, come pure della difficoltà che avevano anche solo a chiudere occhio per via del chiasso estremo che facevano gli Orsi dell'Artide e i Cani Girarrosto Tropicali, assai numerosi in quella zona, Violet molto simpaticamente lavorò ai ferri una vestina di lana per molti dei pesci, mentre Slingsby somministrò loro delle gocce di oppio e con queste cortesie si scaldarono e dormirono di un sonno profondo.

Giunsero poi in una contrada tutta coperta di immensi Aranci di vaste proporzioni, traboccanti di frutti. Perciò scesero tutti a riva e portarono con sé il Bollitore, con l'intenzione di raccogliere alcune Arance e mettervele dentro. Ma mentre erano intenti a questo si levò un vento terribilmente forte che portò via quasi tutte le penne della coda dei pappagalli dal cappellino di Violet. Tuttavia questo non era niente in confronto alla calamità della caduta sulle loro teste delle Arance, a milioni e milioni, che li colpivano e li tempestavano con tale forza da costringerli a correre a rompicollo per salvarsi la vita; per non dire del suono terribile e sconvolgente delle Arance che cadevano a gragnola sulla teiera.

| << |  <  |