Copertina
Autore Melani Le Bris
Titolo La cucina della filibusta
Edizioneeleuthera, Milano, 2003 , pag. 320, cop.fle., dim. 125x190x19 mm , Isbn 978-88-85060-85-2
OriginaleLa Cuisine des Flibustiers
EdizionePhébus, Paris, 2002
TraduttoreLuisa Cortese
LettoreCorrado Leonardo, 2004
Classe alimentazione , storia sociale , mare , paesi: Giamaica
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Indice

Presentazione dell'edizione italiana     9
(L. Veronelli)
Presentazione dell'edizione francese    11
(J.B.S.)

Il vero tesoro della filibusta          17
di Michel Le Bris


1. LE SALSE AL PEPERONCINO              29

Salsa al peperoncino dei bucanieri      40
Ti' Malice                              42
Rougail di papaia acerba                44
Rougail di pomodoro                     47
Salsa chien                             49
Soffritto                               51
Ajilimojili                             54
Shadow Bennie Sauce                     54
Mamba                                   57
Scotch Bonnet Pepper Sauce              59
Pepper rum                              61

2. ENTRÉES                              63

Frittelle di merluzzo                   68
Frittelle di titiris                    71
Delizie al peperoncino                  74
Chiquetaille di merluzzo                76
Féroce di merluzzo                      77
Buljol                                  79
Salmigondis                             80
Marinata di tazard al latte di cocco    82
Insalata di cuori di palma              84
Patties                                 87

3. CARNI ALLA BRACE, SPEZZATINI E
   FRICASSEE                            91

Maiale alla brace di padre Labat        97
Jerk                                   108
Pepperpot                              109
Calalou                                112
Stufato di tartaruga verde             124
Pollo alla brace marinato nel limone
verde                                  128
Stufato di colombacci al rum           131
Congri                                 134
Chicken pelau                          136
Jambalaya                              146
Griots di maiale                       148
Stufato di maiale affumicato           151
Stufato di manzo al brandy             153
Stufato di manzo alle spezie           154
Capretto massalé

4. PESCI, CROSTACEI E FRUTTI DI MARE   159

Granchi ripieni                        169
Granchio matoutou                      171
Shark and Bake                         173
Fricassea di strombo                   177
Pesce cofano ripieno                   179
Vivaneau alla griglia con salsa chien  182
Blaff                                  183
Bistecche di pesce spada marinate      185
Stufato amerindiano di frutti di mare  186
Frittura di pesci volanti              191
Aragosta arrostita                     193
Ackee & Saltfish                       195
Bisque di gamberi                      197

5. TUBERI E ALTRI ORTAGGI              201

Purea di banane all'amerindiana        212
Daube di banane                        213
Banane schiacciate                     216
Purea di frutto dell'albero del pane   217
Migan di frutto dell'albero del pane   218
Migan di tuberi                        220
Mischiatutto                           222
Patate dolci                           224
Curry di fagioli                       226
Cornmeal coo-coo                       227

6. DESSERT, MARMELLATE E ALTRE DOLCEZZE
   DELLE ISOLE                         231

Macedonia di frutta                    236
Dolci alla banana                      238
Chandeau                               240
Bianco-mangiare                        242
Torta di patate dolci                  244
Sugar Cake                             250
Black Cake                             252
Toolum                                 254
Tamarind Balls                         256
Marmellata di albicocche delle isole   258

7. VINI, RUM, PUNCH E ALTRI MODI
   DI GUADAGNARSI IL PARADISO          261

Sangaree                               266
Vino d'ananas                          268
Vino di banana                         271
Ginger Beer                            275
Ti' Punch                              284
Punch planteur                         285
Punch al latte                         287
Grog                                   290
Shrubb                                 291
Cocktail del bucaniere Morgan          293
Assenzio ghiacciato                    295
Caffè brulotto diabolico               300
Cioccolata all'antillana               301

La dimenticanza di Stevenson           307
Bibliografia                           309
Ringraziamenti                         319

 

 

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Pagina 17

IL VERO TESORO DELLA FILIBUSTA
di Michel Le Bris



«Cenammo molto allegramente e con appetito. Avevo fatto portare vino e acquavite, ma il mio negro aveva dimenticato il pane. Non mi sono preoccupato più di tanto. Mangiai come loro [come i bucanieri del cayo di Saint-Louis] banane arrosto o bollite con la carne insieme al grasso e al magro del maiale, a guisa di pane, accompagnando il tutto con salse al peperoncino. Sia che l'aria, la strada e la novità mi avessero dato più appetito del solito, sia che la carne fosse più tenera e più appetitosa, credo che ne mangiai quasi quattro libbre. Dormimmo a meraviglia. Ci svegliò la fame più che la luce del giorno». Che uomo! Le allegre pagine del suo Viaggio alle Antille sarebbero tutte da citare. Padre Labat non era proprio portato per le estasi metafisiche, mentre per le cose della vita - e prima di tutto, questo è certo, per la cucina - nutriva un formidabile, iperbolico appetito. «Ma non soffrimmo a lungo di quell'incomodo», prosegue ricordando la fame che lo aveva colto l'indomani al risveglio da quei banchetti... Dopo essersi adeguatamente nutrito, si accorse che il capo di Doña María era orlato di un bosco di albicocchi e così cominciò a raccogliere tanti frutti «quanti ne potevano portare i nostri sei uomini». Poi, per buona misura, si procacciò altra carne e banane. Dopo aver bevuto un ultimo bicchiere e prima di far vela verso il cayo Saint-Louis e nuove avventure: «'Su, Padre,' disse il nostro capitano, 'diciamo una preghiera veloce e beviamo altri tre bicchieri.' Detto e fatto; io dissi la preghiera e si recitò il Confiteor, diedi l'assoluzione con qualche parola di incoraggiamento, fu portato il vino, l'acquavite e tutti, ventre a terra, lasciarono che l'Inglese spillasse». Bisognerebbe citare tutto, ve l'ho detto: la testimonianza che ci ha lasciato delle isole ai tempi della filibusta è assolutamente insostituibile per le scoperte che ci consente di fare su quel cratere in eruzione in cui tutto un mondo nasce, nel tumulto di passioni scatenate, le migliori come le peggiori, quando si direbbe che la vita pulsa frenetica, al massimo della velocità, dove i colori, i sapori gustati sono più intensi che in ogni altro luogo. Insostituibile perché in tal modo ci mostra, per non dire che ci fa assaporare, la nascita della cucina caraibica che, ai suoi esordi, era la cucina della filibusta.


Filibustieri? Li immaginiamo più mentre, imbronciati, rosicchiano insetti come le calandre o mentre lappano dell'acqua putrida sulle loro bagnarole sperdute nell'immensità del Caribe, durante l'interminabile attesa dei galeoni d'oro; oppure li pensiamo mentre si abbrutiscono di liquori adulterati nelle bettole della Tortuga, del Petit Goave, o di Kingston, in Giamaica, intenti in devastazioni, orge, saccheggi più che nelle raffinatezze della cucina. Quale errore!

Padre Labat, per esempio, inviato dai domenicani nei Caraibi nel 1694 (sono gli anni dell'apoteosi e, al tempo stesso, della fine della filibusta), si trasforma di volta in volta in architetto, giardiniere, orticoltore, medico, soldato, naturalista, agronomo, ingegnere militare, inventore dei «mulini da zucchero» (che prenderanno il nome da lui), e apprezza le bellezze della natura soltanto nella misura in cui può trarne, o mangiarne, qualcosa. Verrebbe da pensare che le sue personali Sacre Scritture siano un Libro di Ricette: buongustaio e, nel contempo, di bocca buona, non è mai l'ultimo ad alzare il bicchiere o a sparare con il suo trombone contro gli inglesi in compagnia dei suoi amici filibustieri, con cui condivide volentieri la vita e, non meno volentieri, il bottino, per non parlare dei festini.

Prendete William Dampier, filibustiere tra i più feroci, ma anche idrografo geniale (la sua carta dei venti e delle correnti dell'emisfero meridionale continua a essere oggetto di ammirazione da parte degli studiosi), botanico che ha dato il proprio nome a numerose piante, geologo esperto ed etnologo ante litteram che, deposta la sciabola, trova ancora la forza e il piacere di studiare le popolazioni indigene o di annotare le sue osservazioni sulla flora e la fauna, di cui faceva portare a bordo qualche esemplare. Corrispondente stimato di numerose società scientifiche, l' abbé Prévost ne avrebbe fatto il simbolo dell'«avventuriero errante». Si direbbe che non un animale, non una pianta sfugga alla sua curiosità mentre conduce la stessa vita dei bucanieri della baia di Campeche, osservando le loro abitudini, i loro costumi, le maniere di stare a tavola, le ricette, come quelle dei loro vicini indiani o dei neri fuggiaschi.

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Pagina 33

Sua Maestà il Peperoncino



I primi che osarono credettero di perdere la ragione insieme alle papille. Dovevano venire dritti dall'inferno quei feroci indiani caribi per masticare il fuoco con tanta noncuranza! Queste isole dell'America, sotto le loro dolcezze e la loro luce paridisiaca nascondono numerose trappole: opera di Dio o astuzia del diavolo? Ma forse era la vita nel Vecchio Mondo che si era come inavvertitamente smorzata, forse erano i suoi sapori che erano andati scemando, non c'erano più nerbo nè personalità, e forse era proprio lì che si trovava la giovinezza del mondo, con tutta la sua folle energia...

Il fuoco stesso della creazione, prima della stasi, la lava ancora ribollente nel cratere del mondo che nasce. E, passato lo choc del primo incontro, la rivelazione di un mucchio di sapori! Chi ha assaggiato il fuoco delle salse al peperoncino, ben presto non potrà più farne a meno. Da quel momento in poi al peperoncino vengono attribuite mille virtù, come quella di ridare vigore e nerbo, ardore nel piacere e conforto, ma anche di prevenire febbri e infezioni: fuoco contro fuoco insomma. E non si tratta soltanto dell'arte di preparare pietanze, di esaltare un sapore, ma della vita stessa, della sua vivacità, del suo gusto, della vita che vi porta via in un galoppo furioso nell'ebbrezza dell'esaltazione dei sensi, nella gloria della lotta, nel darsigenerosamente...

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Pagina 161

4. PESCI, CROSTACEI E FRUTTI DI MARE



Appena gettate in acqua, le reti si riempivano di creature dai colori squillanti e dalle forme più diverse. In lontananza i pesci dispiegavano le loro ali e prendevano il volo nell'aria. Gironzolando su una spiaggia, bastava raschiare negligentemente la sabbia per scoprire telline e vongole a profusione, mentre a pochi metri da riva, in acque pure come il cristallo, pullulavano aragoste, gamberetti, ricci, strombi dalle dimensioni improbabili. Per non parlare dei granchi che ogni sera, come un sol uomo, scendevano in mare a fare il bagno. Pesce luna, sogliola, aguglia, polinemidi, orata, carango, tonno... tutti, per di più, dotati di carni delicatissime; padre Labat era quasi disperato da tanta abbondanza: mai avrebbe potuto trovare il tempo di assaggiare tutto! Come hanno potuto i coloni lasciarsi morire di fame di fronte a simili squisitezze? Colti da una tempesta mentre stavano raggiungendo la Guadalupa, Labat e i suoi compagni filibustieri sbarcarono sull'isola di Aves: «Se volessi descrivere nel dettaglio tutti i pesci che ho visto in quest'isola deserta, non la finirei più» osserva. «Per morirci di fame, bisognerebbe essere privi di mani e di piedi». Anche se ci si dovesse accontentare di qualche mollusco delle secche, aggiunge, e si sente già venire l'acquolina in bocca, «a me andrebbe benissimo». Per quanto riguarda il modo di prepararli, probabilmente gli costa un poco ammettere di non aver mai mangiato pesce migliore di quello cucinato dagli indiani caribi.

Nel leggere quanto scrivono tutti i testimoni dell'epoca, si direbbe che un fascino misterioso ne ammalia i sensi non appena si avvicinano al mare. E all'improvviso niente sembra impossibile, ed ecco che anche le persone più ragionevoli architettano le teorie più folli.


Il pesce ventosa che fermava le navi in piena corsa

«Su questo squalo così prodigioso, di cui ho parlato in occasione del mio primo viaggio alle Antille, vi erano quattro o cinque remore così tenacemente attaccate che abbandonarono la presa soltanto dopo morte e, anche allora, si faticò non poco per toglierle». Alcuni autori, forse trascinati dal loro impeto, affermano imperturbabili che questo pesce ventosa «ferma di botto una nave che procede a vele spiegate in alto mare». Padre Du Tertre ammette però la propria perplessità perché «mai in più di un secolo in cui queste isole sono frequentate è stato segnalato che una sola nave sia stata fermata». Propone invece una spiegazione più razionale: si tratterebbe del fascino o dell'incantesimo compiuto da queste isole misteriose.

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