Copertina
Autore Giampiero Lotito
Titolo Emigranti digitali
SottotitoloOrigini e futuro della società dell'informazione dal 3000 a.C. al 2025 d.C.
EdizioneBruno Mondadori, Milano, 2008, Container , pag. 206, cop.fle., dim. 12,5x19x1,5 cm , Isbn 978-88-6159-138-7
LettoreCorrado Leonardo, 2009
Classe informatica: storia , informatica: sociologia , comunicazione
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Indice


 IX Prefazione
    di Peter Sondergaard

 XV Nota dell'autore

  1 Introduzione

 11 Percorsi alternati:
    il lungo cammino verso la civiltà digitale
    (3000 a.C.-1946 d.C.)

 85 Percorsi convergenti:
    si prepara la rivoluzione digitale
    (1946-1984)

121 Percorsi sinergici:
    la prima rivoluzione digitale va a compimento
    (1984-2004)

151 Percorsi divergenti: le quattro pietre angolari
    della seconda rivoluzione digitale
    (2004-2010)

167 Questioni aperte:
    il futuro prossimo e l'arrivo dei nativi
    (2010-2020)

193 Tracce di futuro remoto:
    il mondo verso il 2025

201 Ringraziamenti


 

 

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Pagina XV

Nota dell'autore


Tracciare il percorso della civiltà digitale cercando di raccontarne la storia e ricostruendo i lunghissimi "fili" che ci portano fino all'origine della comunicazione non era impresa facile. Particolarmente difficile è stato decidere quali argomenti trattare e quali no, e sono tanti quelli rimasti fuori da questo volume. Le ragioni sono fondamentalmente due. La prima è la volontà di proporre un testo agile, che con una trattazione abbastanza sintetica riuscisse a dare una visione di insieme dei fenomeni tecnologici abbracciando un periodo lunghissimo in cui si intrecciano tanti mondi diversi. La seconda è che il senso di questo "viaggio" è raccontare l'evoluzione della civiltà degli "emigranti digitali", coloro che hanno preparato il passaggio a quello che nell'ultimo capitolo ho definito il "Mondo 2.0". Non hanno quindi trovato spazio, o sono state solo accennate, storie come quella delle immagini e dei formati digitali, o temi come "il mondo piatto" della globalizzazione e l'informatica "verde". Molti degli argomenti che sono stati "sacrificati" troverebbero la loro sede naturale in una trattazione che guardi il mondo dalla prospettiva dei nativi digitali, ideale continuazione di questa storia che è invece raccontata dalla prospettiva degli emigranti.

Per alcuni argomenti che hanno avuto una trattazione più importante, come per esempio i motori di ricerca, la telefonia mobile, i social network e, più in generale, le community, è stata lasciata fuori la parte di analisi più tecnica che sicuramente è utile per capire meglio questi e altri fenomeni del mondo tecnologico che viviamo. Entrare troppo in simili tematiche però avrebbe portato fuori dal fulcro del racconto. Anche in questo caso, il racconto dello stesso mondo visto dalla parte dei nativi si presta meglio a ospitare questi argomenti.

Vorrei evidenziare alcune scelte nella trattazione e nella scrittura. Nel primo capitolo è sviluppata la quasi totalità delle sistematizzazioni, delle teorie, delle classificazioni utili per capire tanto le tecnologie quanto i fenomeni a esse correlati. Negli altri capitoli prevalgono il racconto e l'analisi. Un percorso bibliografico può essere desunto dalle citazioni presenti all'inizio di ogni paragrafo (oltre a quelle presenti nel testo) che, essendo emblematiche dell'argomento trattato, hanno lo scopo di permettere una trattazione più agile.

Per quanto riguarda la scrittura, sono state adottate una serie di convenzioni per non appesantire troppo il testo nella lettura. Un esempio: gli acronimi di tecnologia come CD o DVD andrebbero scritti con le maiuscole, ma data la frequenza con cui ricorrono all'interno del testo si è scelto di scriverli con le minuscole; questo naturalmente non vale nei casi in cui l'uso di maiuscole e minuscole indica il riferimento a oggetti diversi (come per GB, che sta per Gigabyte, e Gb, che indica i Gigabit). All'interno del quarto capitolo, nel sottoparagrafo "La neolingua dei bit", vengono richiamate le modalità di scrittura più corrette.

I capitoli 1, 2 e 3 raccontano il passato fino a oggi e per questo sono più ricchi di dati, nomi e informazioni rispetto ai capitoli 4, 5 e 6 in cui, poiché si parla dell'oggi, del domani e del dopodomani, prevale l'analisi.

Il capitolo finale propone trentatré tracce brevi di futuro, che sono il prodromo per un racconto della civiltà digitale vista con gli occhi dei nativi: il mondo verso il 2025, appunto.

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Pagina 1

Introduzione


Emigranti e nativi digitali: il "passaggio di consegne" del mondo



            Immigrant: persona che è arrivata in un nuovo paese
            per viverci in modo permanente.
            Emigrant: persona che lascia il proprio paese per
            andare a vivere in un altro.

                         Cambridge Learner's Dictionary, online



«Ricordate: voi siete tutti digital immigrant.» Nel momento stesso in cui Peter Sondergaard pronunciava questa frase rivolgendosi ai congressisti presenti all'apertura del Gartner Symposium 2006, massima assise mondiale dell'Information Technology, nasceva il titolo di questo libro. Con una differenza. Trasformare il termine immigrant in emigrant. Quale metafora più efficace, infatti, degli emigranti e dei loro figli (i "nativi") per esprimere il passaggio di consegne dalle generazioni che hanno creato le tecnologie digitali e dell'informazione a quella che meglio di ogni altra precedente saprà utilizzarle? La doppia definizione è stata coniata da Marc Prensky, esperto di tecnologie digitali applicate all'apprendimento, in un articolo intitolato Digital natives, digitai immigrant, pubblicato nel 2001 e facilmente reperibile in Rete. In quell'articolo Prensky rivela da che cosa gli venne suggerita tale definizione. La maggior parte degli esperti che aveva incontrato definiva la prima generazione interamente digitale (quella di chi è nato dopo l'avvento di Internet, dei cellulari e del pc) indicandola come la generazione dei "nativi digitali" e non, come molti pensavano, N-generation (Net-generation, la generazione della Rete) o D-generation (Digital generation). Prensky a quel punto coniò, in aggiunta a quella di nativi, la definizione di "immigranti digitali". Gartner infine, in uno studio del 2008, parla di V-generation (Virtual generation) per indicare una categoria transgenerazionale composta dai nativi digitali e da alcuni membri delle generazioni precedenti. Perché allora questo libro si chiama Emigranti digitali?


Come la Grande Emigrazione

Nella seconda metà del XIX secolo milioni di persone, da ogni parte d'Europa, partirono alla volta degli Stati Uniti, la nuova frontiera che offriva almeno la speranza del benessere e di una vita migliore. Italiani, irlandesi, tedeschi, russi, austriaci, polacchi: ognuno di loro, in quella prima grande ondata migratoria intercontinentale nota in Italia come la Grande Emigrazione, portava con sé dal Vecchio Mondo un sapere, un'abilità manuale, una tradizione, e ciascuno sognava di diventare un giorno parte attiva e integrante del Nuovo Mondo. Molti ci sono riusciti, contribuendo a creare ricchezza e a fare dell'America la potenza che è oggi. Ma non hanno mai raggiunto una "piena" integrazione, fosse anche solo per ragioni linguistiche (irlandesi a parte, in questo caso). Chi veramente ha vissuto quell'integrazione in modo pieno sono stati i loro figli, che sono nati lì, hanno studiato nelle scuole americane, hanno imparato l'inglese "nella culla", sono diventati parte della classe dirigente del luogo. Il ruolo di quegli emigranti è stato fondamentale per la crescita del paese nel quale sono arrivati; l'immigrante, invece, spesso è percepito come colui che arriva in una società già formata e vi si adatta.

La creazione della società digitale è stata dunque opera degli emigranti digitali, che stanno per passare la mano ai loro "figli". E quel che sta accadendo, grazie alla tecnologia, nella "seconda rivoluzione digitale", quella guidata dalla gente, che viene cronologicamente dopo la prima, guidata dall'industria tecnologica. Ne sono protagonisti gli utenti, che stanno dando vita al fenomeno della consumerizzazione delle tecnologie (dall'inglese consumer, che possiamo tradurre con "utente»). Questo fenomeno cambierà definitivamente la società tanto dei paesi evoluti quanto di quelli emergenti; preparato dalle generazioni di emigranti digitali, sarà portato a compimento dalla prima generazione di nativi digitali e si completerà entro il 2020.


Siamo tutti emigranti digitali

Emigranti digitali, quindi, siamo tutti noi che, avendo più di vent'anni, siamo nati prima dell'avvento delle tre tecnologie digitali da cui origina la rivoluzione che stiamo vivendo: quella del personal computer, del telefono cellulare e di Internet. Nativi digitali sono coloro che le hanno avute a disposizione da sempre e che, come accade con le innovazioni tecnologiche, essendo nati dopo il loro avvento le vivono in modo inconsapevole. Questa situazione, che viene definita "effetto frigorifero" (ma anche "telefono" o "orologio"), è la stessa per cui noi, emigranti digitali, non viviamo come prodotti dell'ingegno o come tecnologie avanzate queste altre tecnologie, che a nostra volta abbiamo trovato "nella culla". Per noi si tratta di commodities, semplici oggetti che possono essere acquistati e che fanno naturalmente parte della nostra vita, rendendola più confortevole. Ben altra fu la reazione dei nostri nonni e bisnonni, e di quanti ancora prima si trovarono, a un certo punto della loro esistenza, davanti alle tecnologie della misurazione del tempo, della conservazione dei cibi con il freddo o della comunicazione attraverso un filo di rame: fenomeni che cambiarono le loro vite.


Le tracce della rivoluzione

Ci sono, all'interno di questa rivoluzione in atto, delle "tracce", dei percorsi che ci portano a capire meglio non solo quello che sta succedendo ma anche quello che succederà. Tali percorsi sono riassumibili in quattro periodi che "attraversano" le storie raccontate nel volume.

Il primo va dall'antichità precristiana fino alle soglie degli anni ottanta. Anni, questi ultimi, tecnologicamente incredibili, nei quali sono state poste le basi per tutte le tecnologie dominanti oggi e nei quali è nata, con le caratteristiche che stiamo osservando, la rivoluzione digitale. In realtà, come vedremo nella prima parte del volume, le origini di tale rivoluzione risalgono a qualche decennio prima, con la nascita dell'informatica e dei primi computer. E lo stesso termine rivoluzione è poco applicabile a una situazione in cui l'evoluzione di tecnologie e prodotti arriva da lontano. Da molto lontano, se consideriamo l'origine della telefonia, delle reti, dei mass media, del calcolo e di molte altre tecnologie che compongono oggi l'arena digitale. Questo vale anche se consideriamo la provenienza di elementi costitutivi del mondo digitale apparentemente non tecnologici, come il brevetto, il copyright, il marchio industriale, anch'essi provenienti da molto lontano. Ecco allora che conoscere queste storie precedenti e le rivoluzioni tecnologiche che hanno preceduto quella digitale ci permette di interpretare meglio il mondo attuale e quello futuro e — con l'aiuto di sistematizzazioni delle tecnologie e delle rivoluzioni — di comprendere che, in fondo, non ci troviamo di fronte a un fatto inedito per la storia e la cultura dell'umanità. Quello che c'è di nuovo è il passaggio a forme di trasmissione del sapere "leggere" e la velocità con cui sta avvenendo. E, forse soprattutto, l'avvento di generazioni che avranno con queste tecnologie un rapporto di consuetudine e familiarità analoghe a quelle che i figli "nativi" delle prime generazioni di emigranti hanno con la propria terra natale. E questo è "ieri".

Il secondo periodo, "oggi", va dall'avvento del personal computer al post-Bolla di Internet, quella che da molti viene definita "prima rivoluzione digitale". In questo volume la prima rivoluzione digitale comprende anche la rivoluzione informatica, quella avviata nel 1946 con l'Eniac. Diventa difficile tracciare diversamente i confini di un fenomeno nato con l'introduzione dell'hardware e del software e giunto a maturazione grazie all'avvento dell'Apple Macintosh: una macchina capace di uscire dall'antro dello stregone — le sale dominate dai grandi computer — per arrivare velocemente negli uffici prima e nelle case poi. Tale macchina però non è uscita "dal nulla", piuttosto è frutto di un'evoluzione informatica e di storie tecnologiche che è importante conoscere. Ciò che avviene di straordinario negli anni ottanta è l'avvio della trasformazione del mondo guidata dalla tecnologia digitale. Di questa trasformazione gli utenti hanno "assorbito" tutto quanto l'industria proponeva, passando da una società "meccanica" e "pesante" a una società "digitale" e "leggera", per arrivare all'illusione che la crescita potesse essere infinita e foriera di benessere per tutti, illusione spentasi appunto con lo scoppio della Bolla di Internet. Come vedremo, si è trattato di un fenomeno tutt'altro che casuale: una crisi finanziaria si manifesta infatti in tutte le grandi rivoluzioni tecnologiche. Il racconto si snoda attraverso tante storie che ci mostrano come tutte le componenti di questa rivoluzione siano nate da un processo complesso, durato decenni. Basta guardare indietro, verso quei mondi tecnologici che "formano" il mondo digitale: i mass media e le tecnologie per la comunicazione, passando attraverso gli sforzi di matematici e filosofi per costruire le prime macchine capaci di calcolare in modo automatico.

Il terzo periodo, "domani", è quello degli anni di passaggio fino al 2015: gli anni degli emigranti e dei nativi digitali. Anni in cui avrà luogo il più radicale e rapido cambiamento sociale della storia; tutto cambierà velocemente non solo all'interno di singole realtà, ma nel rapporto tra paesi ricchi e paesi emergenti, nei mercati, anche con il contributo di due entità destinate a "comandare" sulla Rete: le community e gli users. Le comunità e gli utenti: sarà necessario permettere ai singoli di sentirsi protagonisti quando lo desiderano ma allo stesso tempo di sentirsi parte di una comunità o di relazionarsi con altre comunità affini quando lo vorranno. È il segreto del successo di YouTube, Second Life, Facebook e in generale dei mondi virtuali. Tante altre iniziative stanno sconvolgendo la Rete e, conseguentemente, la società. Novità che, come sta facendo Google, potrebbero sovvertire gli assetti di molti mercati nel prossimo futuro: vincerà non necessariamente chi avrà il prodotto o l'idea migliore, ma chi meglio saprà assecondare le esigenze degli utenti, per giunta in una fase in cui emigranti e nativi convivranno ancora a lungo.

Il quarto periodo è il futuro lontano, "dopodomani", successivo al 2015, quello che porterà all'"invisibilità" delle tecnologie e al già citato "effetto frigorifero". Un periodo di cui è dato prevedere tante cose, con ragionevole precisione da qui al 2020, con buona approssimazione anche dopo, tenendo conto che solo la storia, il modo in cui gli uomini decidono di utilizzare le cose e quindi anche le tecnologie, non si può prevedere. Le tecnologie che hanno portato alla costruzione di armi e l'energia nucleare stessa sono nate, in periodi diversi della storia, con intenzioni pacifiche. L'uso che l'uomo ne ha fatto ne ha determinato gli aspetti negativi.

Seguire queste "tracce", e una conclusiva che riguarda "il futuro del futuro", ci porta a raccontare, come già detto, anche una serie di storie tecnologiche, e non solo, che ci aiutano a comprendere alcuni concetti fondamentali.


Quali storie, quali concetti

Il primo concetto è che le tecnologie digitali e i problemi che le accompagnano hanno origini lontane, a volte addirittura lontanissime; ricordiamo che il "Badalone" del genio rinascimentale Filippo Brunelleschi è la prima opera di ingegno della storia alla quale sia stato riconosciuto uno status assimilabile al "brevetto". O il fatto che i virus per computer sono nati per gioco alla fine degli anni cinquanta e che, intuita la loro potenza distruttiva sulle informazioni, sono stati per decenni "dimenticati" volutamente dalla comunità dei programmatori. O, ancora, che già a fine Ottocento era stato inventato un telefono in grado di trasmettere musica.

Il secondo concetto è che proprio questa storia ci offre gli strumenti per prevedere quali saranno gli sviluppi e gli impatti delle tecnologie future, che non sorgeranno "dal nulla", così come quelle attuali non sono nate all'improvviso. In questo la tecnologia è "darwiniana": sopravvive sempre il più adatto, non il più bello o il più intelligente. E così scopriremo quali tecnologie ci aspettano nei prossimi dieci anni, quelli della seconda rivoluzione digitale, dettata dagli utenti e non dall'industria, che avrà per la prima volta nella storia il difficile compito di "seguire" gli utenti e non di imporre loro dei consumi. Vedremo quando queste tecnologie raggiungeranno l'"effetto frigorifero" e perché. Scopriremo come sarà la nuova generazione dei "nativi": la generazione dei multitasker (da multitasking), vale a dire persone capaci di adoperare più tecnologie contemporaneamente: ascoltare musica in cuffia, scrivere un testo, controllare la posta e il messenger e lavorare su altri programmi contemporaneamente (avete mai visto all'opera un adolescente di oggi?). Tutte cose che influiranno in modo impressionante anche sul mondo del lavoro e dell'insegnamento, e porteranno un violento cambiamento sociale; un paese come il nostro, per esempio, conoscerà anche ondate migratorie di ingegneri e di informatici, cosa alla quale siamo poco abituati.

Il terzo concetto è che la previsione e la descrizione delle tecnologie del futuro è cosa diversa dall'uso che l'uomo ne farà. In questo ambito subentreranno altri fattori, non prevedibili: si può delineare uno sviluppo tecnologico ma, come già detto, non si può anticipare la storia. Per questo è importantissima la prima "traccia" (quella "storica") grazie a cui scopriamo che i supporti per le informazioni più durevoli di ogni tempo sono i più "poveri" e i più "fisici": le tavolette d'argilla mesopotamiche, resistenti agli incendi (che le hanno rese addirittura più durature) e il papiro egizio. Diventa interessante, partendo da questi spunti, capire che cosa potrà esserne delle nostre informazioni digitali. Ma anche capire che cosa saranno i supercomputer del XXI secolo, vera e propria "atomica" del nuovo millennio, o come l'intelligenza artificiale ci porterà tecnologie che cercheranno, dopo avere riprodotto processi (industriali, contabili ecc.) per decenni, di riprodurre funzioni "umane", come per esempio quella dell'intelligenza applicata alla ricerca di informazioni.


Conclusione

Per finire, saranno frequenti i riferimenti alla letteratura, al cinema, all'arte e alla storia perché sono opera dell'uomo come lo è la tecnologia, e perché a volte ci aiutano a raccontare e capire il significato e l'evoluzione di quest'ultima meglio di qualsiasi testo tecnico. Nel volume è fondamentale, inoltre, l'idea che la tecnologia possa essere prevista, seguita, studiata e monitorata come mille altre cose della nostra società. Non è un mondo affidato alla capacità visionaria di pochi; esiste ormai una vera e propria scienza che ne accompagna il cammino. Cercheremo, nel corso del libro, di fornire alcuni strumenti di valutazione per farlo.

Come esempio di quanto appena scritto, è interessante citare due personaggi che hanno parlato di tecnologie in modo straordinario, "visionario" per l'epoca in cui ne scrivevano: Alvin Toffler e Italo Calvino. Nel 1970, Toffler descrisse il passaggio verso un mondo dominato dalle macchine in Lo choc del futuro, dove parla dei computer come unica, grande supermacchina: «Il computer, per esempio, ha reso possibile un sofisticato sforzo spaziale. Collegato a congegni sensori, a strumenti di comunicazione e a fonti di energia, il computer è divenuto parte di una configurazione che, nel suo complesso, costituisce una singola nuova supermacchina»; Calvino invece (che al contrario di Toffler non era un «futurologo» ma un letterato) nel 1985 descrisse in modo straordinario il futuro digitale parlando di "leggerezza", termine che è anche titolo di una delle sue Lezioni americane, in cui si legge: «La seconda rivoluzione industriale non si presenta come la prima con immagini schiaccianti quali presse di laminatoi o colate d'acciaio, ma come i bits di un flusso d'informazione che corre sui circuiti sotto forma d'impulsi elettronici. Le macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bits senza peso».

Fasi diverse di una stessa storia: dalla «supermacchina» di Toffler ai «bits senza peso» di Calvino. Oggi non è più solo una storia di macchine, e ormai neanche di «bits». Raccontare il mondo digitale e il suo futuro è anche raccontare i possibili futuri della nostra civiltà.

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Pagina 11

Percorsi alternati: il lungo cammino verso la civiltà digitale

(3000 a.C. - 1946 d.C.)


Dai primordi ai primi anni ottanta. Tavolette di argilla e papiri sono più eterni dei computer e dei bit?


Professore: «Sa, non è facile parlare con me e con Zero. C'è una tale confusione oggi. Se sapesse... Tutto per un piccolo, piccolo inconveniente. Non era mai successa una cosa simile prima».

Jonathan E.: «Avete perso dei dati?».

Professore: «Sì. Tutto il XIII secolo. L'hanno perso i computer. Quando ci si mettono ne combinano di guai. Non lo trovano più. Stiamo facendo il possibile, continue ricerche, io e i miei assistenti. Ma questa volta... Questa volta la colpa è di Zero. Zero, l'archivio di tutto quanto il mondo. Peccato. Povero XIII secolo. Che stupidi questi computer... Non memorizzare il XIII secolo! Non c'era molto in quel secolo. Solo Dante e qualche vizioso papa, ma tutto così pasticciato, tutto così noioso...».

N. Jewison, Rollerball,1975


«A me piacciono le cose che lasciano un segno. Per questo i computer non li capisco e non mi piacciono.» Qualche anno fa, durante una cena a casa dei miei genitori, mia madre pronunciò questa frase, che meglio di ogni altra riassume la difficoltà che tante persone della sua generazione, e non solo, incontrano, nella vita e nel lavoro, di fronte a questo oggetto "che non lascia il segno".


Tavolette di argilla: "tecnologia" che sfida i millenni

Lasciare il segno: in pratica, conservare la memoria sopravvivendo al mondo tecnologico che l'ha creata. Diventa difficile oggi pensare a tecnologie digitali capaci di sopravvivere trecento o tremila anni quando un computer che duri tre anni senza diventare obsoleto per molti rappresenta già un successo. E così veder durare un cd-rom, un dvd, un compact disc musicale o un hard disk, gli oggetti più comuni della nostra memoria digitale, oltre un normale ciclo di vita già sperimentato (tre, dieci, vent'anni?) appare un miraggio. Nel nostro immaginario la memoria digitale è labile, poco durevole. Nella storia ci sono stati supporti capaci di conservare la memoria delle informazioni molto più a lungo? A ben vedere, già solo la carta suggerirebbe di sì. Ma ne sono esistiti altri? E, se sì, erano più evoluti tecnologicamente?

Nel 1975 un gruppo di archeologi italiani diretti da Paolo Matthiae scoprì a Ebla un tesoro informativo incredibile. Circa 4300 anni prima, intorno al 2300 a.C., un'invasione aveva distrutto l'Archivio di Stato, riportato alla luce durante gli scavi. Nell'edificio furono rinvenute migliaia di tavolette di argilla, che venivano utilizzate dai sumeri per conservare per lo più dati amministrativi e contabili: avevano resistito ai millenni e ci riportavano una preziosissima testimonianza della civiltà di allora.


Il paradosso della carta

L'argilla è un materiale povero. Tra i più poveri. I materiali più poveri e meno evoluti tecnologicamente sono i più duraturi e i più affidabili dal punto di vista tecnologico? Il silicio è uno degli elementi più diffusi nel nostro pianeta. E, neanche a farlo apposta, è un componente fondamentale tanto della millenaria argilla delle tavolette quanto dei modernissimi microchip dei computer. Oggi, per conservare la memoria di Internet in modo sicuro, il mezzo che ci dà più garanzie è la "vecchia" carta. Il "paradosso della carta" è proprio questo: se voglio salvare la memoria digitale nativa (vale a dire un file prodotto solo al computer o pubblicato solo su Internet), l'unico modo che può assicurare con certezza a quella memoria una lunga durata nel tempo è, per adesso, stamparlo su carta e conservarlo. Se volete ricostruire una memoria di Internet, il modo più facile è quello di stampare le pagine web nel tempo o conservare i libri che riproducono videate e siti degli anni passati. E ben lo sa chi non ha provveduto a conservare una memoria di ciò che faceva o seguiva sulla Rete.

Per ricostruire una "memoria" del software si segue un percorso analogo. La memoria degli atomi, delle "cose", vale a dire quella costituita dalla carta, una volta creata rimane. E, una volta diffusa, difficilmente può essere "spenta" da un'unica volontà. La memoria dei bit, di Internet, dei siti web, può essere "spenta" per decisione di una sola persona: per esempio il webmaster che amministra un sito. O smarrita per un incidente come quello descritto nel film Rollerball. O, in modo più inaspettato, come è accaduto in Gran Bretagna dove, come hanno riportato i giornali il 21 novembre 2007, la spedizione di due cd contenenti i dati riservati di 25 milioni di cittadini e 7,25 milioni di famiglie aventi diritto al sussidio per i figli è stata affidata a un corriere. I cd sono spariti, causando dimissioni ad altissimi livelli nell'agenzia del Fisco. La fuga di dati è stata provocata dalla leggerezza e dalla sottovalutazione dell'eventualità che qualcuno avrebbe potuto agevolmente fare una copia dei cd e rubare i dati. Sembra incredibile, ma è successo nel 2007!


Supporti magnetici come gli hard disk, supporti ottici come cd e dvd: già obsoleti?

I moderni supporti della memoria non consentono alle informazioni di durare quanto e come quelle contenute nelle tavolette di Ebla: sono per questo già obsoleti? Nel giugno del 2001, un gruppo di studiosi del Museo nazionale di scienze naturali del Consiglio superiore della ricerca scientifica di Spagna scoprì che un fungo appartenente al genere Geotrichum poteva rovinare il supporto dei compact disc rendendoli illeggibili, anche se solo a determinate condizioni di temperatura (intorno ai 30°C) e umidità (90 per cento). La notizia fece il giro del mondo, poi non ebbe più seguito ma creò qualche preoccupazione a chi stava investendo nella digitalizzazione massiva di giacimenti informativi e nella loro conservazione digitale. Avete mai perso i dati su un hard disk perché questo ha smesso di funzionare? O quelli contenuti su un cd-rom perché il nuovo computer non riusciva a leggerlo? Le tecnologie digitali sono quindi così rapidamente obsolescenti da rendere ciò che contengono labile come l'acqua che evapora?

In tal senso sono stati espressi molti dubbi, legati a volte anche a fattori meno evidenti, come per esempio la dimensione. Cento GB di dati sono un'enorme mole di informazioni se rapportata alla storia della cultura occidentale prima del Novecento. Eppure, già a metà degli anni novanta si parlava della possibilità di costruire un supporto grande quanto un bottone capace di contenere una tale quantità di dati. L'osservazione più banale era che un supporto così piccolo sarebbe stato più facile da perdere, con il conseguente smarrimento dei dati in esso contenuti. Era un discorso valido o esprimeva la paura profonda che l'innovazione tecnologica ci possa emarginare quando non siamo in grado di seguirla?


Il futuro dell'informazione: il papiro

Il 9 agosto del 2005 è stato annunciato un fatto inaspettato. Le autorità britanniche per l'energia nucleare hanno comunicato alla stampa di avere deciso di trasmettere ai posteri le istruzioni in caso di intervento sui depositi delle scorie nucleari (eventualità che potrebbe verificarsi tra centinaia di anni) su un materiale che riproduce le caratteristiche del papiro egiziano e che si chiama "carta permanente". Lo hanno fatto non ritenendo sufficientemente affidabili le informazioni trasmesse solo attraverso i bit in un futuro così lontano. Aveva ragione mia madre?

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Tecnica, tecnologia e prodotto: come nasce il mondo digitale?


Tecnica: [...] 4. applicazione pratica della scienza a fini di immediata utilità | l'attività che tende a creare congegni, a inventare macchine ecc., per sottomettere le forze naturali all'uomo e soddisfare le sue esigenze pratiche.

Tecnologia: [...] 2. studio, progettazione e messa in opera coordinata dei materiali, dei macchinari e dei procedimenti, anche appartenenti a tecniche diverse, necessari alla trasformazione di una materia prima in prodotto industriale o alla produzione di un servizio: tecnologia tessile, tecnologia metallurgica, tecnologia informatica.

De Mauro, Dizionario della lingua italiana, online


Prima di addentrarci nel seguito di questo volume, è opportuno distinguere tra tecnica, tecnologia e prodotti derivati dall'una e dall'altra. Molto spesso, infatti, si tende a identificare una tecnologia (per esempio la tecnologia informatica) con uno dei suoi prodotti (il computer). La tecnologia informatica è la serie di attività teoriche, sperimentali, produttive ecc. che ha portato l'uomo a concepire e fabbricare i computer. La tecnica è l'attività di creazione dell'oggetto e può essere migliorata per produrne di sempre più potenti ed efficaci. Il prodotto di queste due componenti è l'oggetto che noi acquistiamo. Di conseguenza, il tecnologo è colui che studia, concepisce, analizza la tecnologia, il tecnico è chi la realizza in forma di prodotto o la utilizza a fini produttivi.

Nei prossimi capitoli saranno descritti percorsi e storie provenienti da settori diversi, a volte apparentemente lontani da quello della tecnologia digitale: come nella definizione del De Mauro, «appartenenti a tecniche diverse»: mondi tecnologici destinati nel lungo o nel lunghissimo periodo a convergere nell'arena digitale, per esempio la stampa, il telefono, la fotografia, il cinema ecc., oppure aspetti (il brevetto, il diritto d'autore, le legislazioni internazionali sul commercio) che hanno un ruolo controverso e fondamentale nello sviluppo di questo mondo.


Il mondo "convertito" in bit: l'alfabeto del mondo digitale

La tecnologia digitale diventa quindi un elemento unificatore, per questi mondi un tempo lontani, attraverso la traduzione del loro contenuto in bit. A un uomo della prima metà del Novecento la fotografia e la radio (o la fonografia, vale a dire la tecnica della registrazione dei suoni) non sarebbero mai potute apparire tecnologie destinate a essere intrinsecamente connesse. Eppure nel mondo digitale, per un uomo del XXI secolo, è come se fossero sempre state due tecnologie "sorelle". La fotografia e l'audioregistrazione utilizzavano strumenti (la macchina fotografica e il registratore, per esempio), supporti (la pellicola e l'audiocassetta), tecniche (il trattamento delle immagini e quello dei suoni), prodotti finali (la stampa fotografica e il long playing o le audiocassette in versione stereo 7) che nulla avevano in comune. Oggi sono due tecniche "interne" alla stessa tecnologia e sono accessibili da una stessa macchina (il computer) e con un unico supporto (la memoria del computer). L'unica cosa che li differenzia è lo strumento che ne permette la manipolazione (il software), ma addirittura possono essere usati gli stessi strumenti per l'acquisizione e la fruizione delle foto e delle canzoni (basti pensare ai telefonini di ultima generazione).

Le parole, i concetti chiave del mondo digitale sono ormai noti: la "lingua franca" è quella dei bit, attraverso i quali si riesce a interpretare, manipolare, trasmettere e conservare ogni informazione esistente. I bit sono quindi l'alfabeto dell'era digitale. Sono parte integrante del supporto che li genera, il computer, e probabilmente ne seguiranno le sorti.


Tecnologia informatica e tecnologie digitali

Se quella informatica è la tecnologia dei computer, quella digitale (della quale la tecnologia informatica è ormai un sottoinsieme) che cos'è? Come potrebbe essere raccontata tra cento anni? La risposta sta nel termine ormai comune Ict, vale a dire Information and Communication Technology (tecnologia della comunicazione e dell'informazione). La tecnologia digitale è quindi la "tecnologia del contenuto", cioè di tutte le forme di contenuto che l'uomo ha elaborato nel corso della sua storia, dalla fotografia alla pittura, dagli scritti alle composizioni musicali, dal cinema alla radio, ma anche tutto il contenuto legato ai servizi (dalla biglietteria aerea ai cataloghi commerciali, a mille altre applicazioni).

La rivoluzione digitale sarà quindi, alla fine del suo lungo percorso (considerando l'epopea dei computer, oltre sessant'anni), la "rivoluzione del contenuto"? Sarà un'altra enorme transizione della conoscenza da un mezzo di trasmissione (meglio ancora, da più mezzi di trasmissione) a un altro, proprio come al tempo della stampa? E sarà così sconvolgente per coloro che la vivono proprio perché si realizzerà nell'arco di una sola vita, contro i secoli che ci sono voluti per le transizioni precedenti? Sembra proprio di sì.

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