Copertina
Autore Roberto Vacca
Titolo Anche tu fisico
SottotitoloLa fisica spiegata - in modo comprensibile - a chi non la sa
EdizioneGarzanti, Milano, 2008, Saggi , pag. 280, ill., cop.fle., dim. 13,8x21x2,2 cm , Isbn 978-88-11-74071-1
LettoreCorrado Leonardo, 2008
Classe fisica
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Indice


 1. Il mondo è fatto di macchie colorate che si muovono
    a caso, o possiamo capirne i meccanismi?                  7


 2. Ogni tipo di equazione descrive un fenomeno naturale, o no?
    Ogni fenomeno naturale può essere descritto in termini
    matematici?                                              13

    L'universo è isomorfo con la matematica pura?, 15

 3. Scienza e tecnica                                        17

    Come facciamo a costruire teorie scientifiche vere?, 20;
    Che cosa vuol dire «falsificare» una teoria?, 22;
    Che differenza c'è fra invenzione e scoperta? E la
    realtà fisica esiste davvero?, 22

 4. Come si misura la realtà con i numeri.
    Pesi e forze ferme                                       25

    Differenza fra massa e peso, 29;
    Multipli e sottomultipli, 30;
    Le forze ferme, 31;
    La resistenza dei materiali, 34;
    Le forze ferme che tendono a far ruotare gli oggetti, 38;
    Uso tecnico di parole usuali, 42;
    La precisione nell'esprimere i numeri, 44

 5. Come si muovono i corpi che si muovono                   47

    Aristotele sbagliava: le forze sono proporzionali alle
    accelerazioni, 56;
    A che altezza arriva un corpo sparato verticalmente?, 59;
    Esperimento con un pendolo, 60;
    La quantità di moto, 63;
    Corpi che girano (motori, ruote, volani): energia
    immagazzinata e momento d'inerzia (con una storiella
    da tecnici), 64;
    Come si dimostra che in un moto circolare
    a = V²/R = w²R, 70;
    La legge di gravitazione universale di Newton: altro
    che la mela!, 71;
    Le condizioni iniziali e la mente superiore di
    Laplace, 75;
    La composizione dei moti, 76

 6. Lavoro, energia, potenza                                 83

    Il primo principio della termodinamica lo sai già, ora
    puoi calcolare i numeri relativi, 83;
    Il primo principio della termodinamica: enunciato, 90;
    Che osa non sai della tua auto e che cosa sai calcolare
    di qualsiasi auto, 90;
    Come si calcolano potenza, coppia, accelerazione, energia
    e resistenze passive in un'auto, 92

 7. I fluidi: pressione e velocità dei liquidi e dei gas     99

    Un problemino scherzoso e come calcolare quanto è alta
    l'atmosfera, 99;
    DIGRESSIONE SULLE PRESSIONI E I VOLUMI DEI GAS, 102;
    La pressione e i fluidi (Omnia munda mundis), 106;
    Le tre forme di energia dei fluidi, 111

 8. Il secondo principio della termodinamica                115

    1832: anno funesto, 115;
    Perché si chiamano «principi», 116;
    Il secondo principio della Termodinamica, 116;
    Entropia, 123;
    Le pompe di calore e i frigoriferi, 127;
    L'entropia e l'informazione, 129

 9. Elettricità                                             133

    Circuiti elettrici che contengono resistenze, 135;
    Come si accumula l'energia, 146;
    Campi elettrici e magnetici, 147;
    Il campo elettrostatico nell'atmosfera, 149;
    Lo spettro elettromagnetico, 151;
    I circuiti elettrici e le loro impedenze, 152;
    Elettronica 157

10. Energia (fonti e scenari) e società                     159

    Gli scenari, 160;
    Ritorno al nucleare?, 164;
    Altre fonti di energia alternativa, 166;
    Energia dai vulcani, 173;
    Il risparmio, 174;
    Gestione innovativa delle reti elettriche, 174

11. La luce e la sua lunghezza d'onda                       177

    Come gli antichi avrebbero potuto calcolare la
    lunghezza d'onda della luce (misurando solo lunghezze), 185;
    Come si propaga la luce (principio di Fermat), 187

12. La teoria della relatività                              191

    La composizione relativistica dei moti, 191;
    Come scorre il tempo alle altissime velocità, 195;
    La massa relativistica (perché la velocità della luce
    è irraggiungibile), 197;
    La contrazione dei corpi veloci, 198;
    Lo spazio-tempo e la sua curvatura, 199;
    E = m c², 201;
    La fisica ebrea, 203

13. Elettrodinamica quantistica                             205

    Pronti a essere illogici?, 205;
    Elettrodinamica quantistica, 207;
    Moto di elettroni ed emissione di fotoni, 214;
    Fisica e numerologia?, 219

14. Le superstringhe                                        221


15. Materia oscura ed energia oscura                        225


16. La rivoluzione pietroneriana, ovvero la scoperta

    dei frattali cosmici                                    229
    Perché la notte è buia?, 234;
    Velocità maggiori di quella della luce?, 235

17. Una nuova scienza?                                      243


18. Parafisica, parapsicologia e iperpsicologia             253


19. I fenomeni socio-economici si possono spiegare come
    quelli fisici? (Gli usi perversi della matematica)      259

    «Il difetto sta nel manico», 259

Tabella delle unità di misura                               269

Indice dei nomi                                             271

 

 

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Pagina 7

1. IL MONDO È FATTO DI MACCHIE COLORATE CHE
SI MUOVONO A CASO, O POSSIAMO CAPIRNE I MECCANISMI?



La terra cominciò a tremare nel villaggio tolteco di Tepoztlan. Nella piccola casa i bambini corsero ad abbracciare il padre. Tremavano e gli chiesero:

«Padre, che cos'è questo? Un uragano come già ci è successo?»

Il padre li strinse a sé. «No, figli. L'uragano è il gigante Hurican, che batte uno solo dei suoi grandi piedi. Questo è il gigante Barbican, che batte tutti e due i suoi grandi piedi. È il terremoto. Muove la terra intera e fa cadere le case e le montagne. Contro di lui non possiamo fare niente. Anche se fuggiamo, potrebbe aprire la terra davanti ai nostri piedi. Stendiamoci a terra e speriamo di non morire.»

Restarono così fermi per ore. Il terremoto li risparmiò, ma sopravvissero con la paura del gigante e senza alcuna nozione degli strati geologici profondi che si assestavano e scorrevano gli uni sugli altri.

I popoli primitivi vivevano tutti i fenomeni naturali intorno a loro come causati da divinità o da mostri. Anche i greci, alcuni dei quali fondarono la scienza, parlavano del Sole come del carro di fuoco del dio Apollo. Consideravano i fulmini come strali di Giove e vedevano nell'arcobaleno la scia di Iride, messaggera degli dèi. Non avevano idea dei meccanismi regolari che spiegano e permettono di prevedere i processi naturali.

Perfino Archimede che scoprì le leggi della statica e dell'idrostatica e intuì il calcolo infinitesimale, non sapeva come e perché i corpi pesanti si muovessero. Perfino Aristotele, che fondò la logica, credeva che le velocità assunte dai corpi fossero proporzionali alle forze applicate a essi. Solo due millenni più tardi Isaac Newton capì davvero come andavano le cose. Da allora sono passati altri tre secoli, ma la maggioranza della popolazione anche nei paesi più avanzati continua a non sapere quasi niente su come funzionano i fenomeni naturali, né quelli artificiali inventati dall'uomo.

Sono restati a livelli primitivi non solo quelli che sono andati poco a scuola. Ci sono rimasti anche molti di quelli che hanno conseguito lauree o diplomi, certo soprattutto in specialità non tecniche. Sanno pochissimo sui meccanismi naturali, e non se ne vergognano.

Gli scienziati capiscono e divulgano conoscenza fin dagli albori della civiltà. Eppure milioni di americani ed europei ignorano concetti insegnati da secoli in tutte le scuole. Lo dimostra uno studio della National Science Foundation americana. Ogni anno pone a 2000 persone scelte a caso 25 domande sulla conoscenza del mondo e del metodo scientifico. Fra queste: il centro della Terra ha una temperatura altissima? Il latte radioattivo è innocuo se viene bollito? Il laser focalizza onde sonore? L'aria riscaldata sale? La velocità della luce è maggiore di quella del suono? Le centrali nucleari sono radioattive, ma esiste anche una radioattività naturale? Il Sole gira intorno alla Terra o la Terra intorno al Sole?

Ora questo sondaggio è stato fatto anche in Europa. I livelli europeo e americano differiscono poco: sono bassi. Nel 2005 solo il 71% degli americani (e il 67% degli europei) sapeva che la Terra gira intorno al Sole in un anno (gli altri pensano che il Sole giri intorno alla Terra o che la Terra percorra la sua orbita in un giorno). Il 42% degli americani sa che il laser concentra luce, non suoni, ma gli europei bene informati su questa tecnologia sono solo il 35%. Il 46% degli americani (e solo il 23% degli europei) sa che gli elettroni sono più piccoli degli atomi. Il 30% degli americani e più della metà degli europei, crede che non esista la radioattività naturale (e sbaglia). Assai modesta la cultura dei Paesi avanzati.

In Italia queste analisi si fanno poco. Purtroppo da noi si identifica spesso la cultura con spettacoli-più-musei. Nel 2006 con la Finanziaria di sviluppo regionale, ho analizzato la situazione del Lazio. Nell'ambito dell'approssimazione sperimentale, il Lazio è a un livello un po' più alto di USA e della media europea. Però è triste: il 25% dei laziali non sa che la Terra gira intorno al Sole, il 40% crede che il laser usi onde sonore e la metà crede che gli antibiotici siano efficaci contro i virus.

Già quarant'anni fa l'inglese C.P. Snow – fisico e romanziere – scrisse un libretto: Le due culture. Lamentava quanto fossero ignoranti di scienza gli intellettuali umanisti. È famosa la sua battuta: «Secondo i più, chi non ha letto Shakespeare è un ignorante, invece, chi non sa che cosa sia il secondo principio della termodinamica, è uno che non ha tempo di occuparsi di dettagli tecnici, né dei trucchetti degli sperimentatori».

Così la maggioranza della popolazione nei Paesi avanzati usa apparecchi elettrici ed elettronici, ogni tanto prende la scossa, ma si limita a sapere, tutt'al più, che i due (o tre) fili che portano corrente a una lampada o al televisore devono stare isolati gli uni dagli altri. Se si toccano – rame contro rame, senza isolante – «salta tutto». Cioè manca l'elettricità, ma non sanno bene perché.

Questo triste stato di cose dipende dalla pigrizia umana, fomentata dalla mancanza di esempi, dalla difficoltà per chi vuole imparare di trovare facili occasioni, dall'assenza di una tradizione di cultura scientifica. In Italia, una parte della responsabilità va accollata alla cultura idealistica crociana. Benedetto Croce affermò perfino che matematica e scienza non accrescono il nostro sapere perché conducono unicamente a pseudoconcetti e non costituiscono una realtà razionalizzabile, ma utile solo a fini pratici. E scrisse:

«Le finzioni delle scienze naturali e matematiche postulano di necessità l'idea di un'idea che non sia finta. La logica, come scienza del conoscere, non può essere nel suo oggetto proprio, scienza di finzioni e di nomi, ma scienza della scienza vera e perciò del concetto filosofico e quindi filosofia della filosofia»: frase reboante, ma priva di significato.

È curioso: il figlio di Giovanni Gentile (l'altro filosofo idealista, quello fascista) era un buon fisico teorico. Una volta il padre presentò Giovanni Gentile jr. a Croce, il quale chiese:

«Di che si occupa il giovanotto?».

Il padre rispose: «È fisico teorico».

E Croce commentò: «Ah, un tecnico, dunque. Bene, bene», dimostrando così di non conoscere nemmeno la differenza fra scienza e tecnica, una delle cose che cercherò di spiegare in questo libro.

Cercherò di spiegare anche altre cose: non certo tutta la fisica: ci vuole altro, e non ne so abbastanza! Chi voglia imparare la fisica a livelli più avanzati dovrà studiare libri scritti da fisici veri: testi liceali o universitari. Io consiglio La Fisica di Feynman (testo a fronte inglese e italiano, Inter European Editions, 1975): sono lezioni tenute dal Premio Nobel Richard P. Feynman al California Institute of Technology. Non sono facili, ma sono molto illuminanti.

Capire la fisica non è cosa riservata a superuomini o a extraterrestri. Credo sia essenziale rendersi conto del fatto che ogni fenomeno fisico obbedisce sempre a un meccanismo che chiunque può capire, purché ci si avvicini con metodo e si procuri gli strumenti intellettuali che gli mancano.

Allora comincio proprio elaborando questo concetto, che è stato messo a fuoco da pochi secoli, anche se Archimede ne aveva capito buona parte. Si tratta di questo: i modi in cui si muovono i corpi, in cui fluiscono i liquidi e le correnti elettriche, in cui la luce viaggia e attraversa certe sostanze, in cui l'energia si trasforma e il calore viene trasmesso, vengono descritti molto bene per mezzo di relazioni matematiche. Altra cosa notevole che racconterò è che spesso una stessa equazione matematica descrive con la stessa esattezza fenomeni molto diversi.

C'è un'equazione differenziale che, con le sue soluzioni, descrive i modi in cui oscillano pendoli, molle, onde su mare e laghi e onde elettromagnetiche (che sono cose molto diverse fra loro). Equazioni identiche descrivono i modi in cui il calore si propaga all'interno di un materiale e quelli in cui si propagano le cariche elettriche. Sono circostanze sorprendenti e interessanti.

Che per capire il mondo ci voglia la matematica, lo aveva già detto Galileo Galilei:

«[Non riusciamo a capire la natura ...] se prima non si impara a intender la lingua e a conoscere i caratteri ne' quali è scritto questo grandissimo libro dell'Universo. Egli è scritto in lingua matematica e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto».

Al tempo di Galileo non esistevano ancora né l'algebra, né il calcolo infinitesimale, eppure lui aveva intuito bene come stanno le cose.

Cercherò di illustrare come si usino formule per descrivere certi processi naturali e per prevedere – calcolare – eventi futuri. Secondo alcuni lo scopo della fisica matematica è proprio quello di prevedere i risultati di esperimenti non ancora eseguiti. Naturalmente le teorie usate vengono rafforzate quando poi gli esperimenti danno proprio i risultati previsti.

In queste pagine non darò lunghe spiegazioni di matematica (salvo che in casi eccezionali). Gli strumenti matematici che servono non certo per diventare professionisti, ma per capire davvero (a livello elementare) come funziona la fisica, li ho forniti in un altro piccolo libro, Anche tu matematico (Garzanti, 1989, ma ha avuto un buon successo e l'editore lo ha pubblicato di nuovo nel 2008 in forma aggiornata e ampliata). Comunque per leggere questo libro di fisica non è proprio necessario aver letto l'altro di matematica appena citato, anche se lo consiglio caldamente.

Dunque presenterò fenomeni che avvengono nel campo della meccanica e altri che si verificano in quello della termodinamica. Poi parlerò di elettricità e, brevemente, di elettronica. Questo libro non è un trattato ma propone una serie di interventi tra loro collegati. Se lo leggi e lo studi, sarai un po' meno timido verso la fisica, imparerai a fare calcoli (che ti potranno anche essere utili) e a usare nuovi strumenti di pensiero.

Non mi limiterò a indicare quali formule servano per capire quali fenomeni. Mostrerò, invece, come si fa a mettere i numeri dentro le formule fino a raggiungere un risultato finale confrontabile con la realtà. Il punto cruciale è proprio questo: bisogna che i calcoli vadano d'accordo con le osservazioni. Non basta certo applicare formule matematiche in un modo qualunque per arrivare a risultati giusti: i calcoli si possono sbagliare in tantissimi modi. Dobbiamo riflettere che le equazioni matematiche costituiscono un linguaggio con cui si possono fare discorsi precisi. Ma tanti discorsi sembrano giusti e non lo sono. Lo affermò Galileo:

«Ciò che l'esperienza e i sensi ci dimostrano, devesi anteporre a ogni discorso ancorché ne paresse assai fondato».

Per rendere precise le indicazioni delle nostre esperienze sensoriali, occorre eseguire misure. Questo non è sempre possibile: spesso dobbiamo basarci su stime. Se queste sono ben fatte, potremo arrivare a risultati noti solo entro un intervallo di incertezza, ma almeno avremo un'idea di come vanno le cose.

Infine proverò ad accennare idee sulla relatività, sulla elettrodinamica quantistica, sulle superstringhe e su materia oscura ed energia oscura. Questi sono argomenti difficili e non ti serviranno ad alcuno scopo pratico. Però potranno farti intravedere quanto siano complicati i ragionamenti che si devono fare su fenomeni che non possiamo percepire direttamente con i nostri sensi. Apprezziamo, allora, quel che succede utilizzando strumenti sofisticati. Capire almeno qualcuna di queste cose ha un notevole valore culturale: non si tratta certo di idee finte. Sono idee che ci forniscono visioni approssimative almeno dei contorni di problemi, la cui analisi getterà luce sui limiti della logica e dei concetti che abbiamo di causa ed effetto.

Tn faccio l'ingegnere e quando qualcuno mi chiama «intellettuale» sostengo di essere un metalmeccanico: qui racconto, dunque, alcune cose che ho capito e altre che ho appena intravisto. Lo ritengo doveroso. Spero che ti serva per stare meglio al mondo. È un mondo variopinto, ma non ha senso guardarlo come se fosse fatto di macchie di colore che si muovono a caso. È complicato, ma comprensibile (almeno in parte). Sembra minaccioso a chi non lo capisce. Ti scorre accanto sempre più amico quanto meglio ne conosci i meccanismi.

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Pagina 116

Il secondo principio della termodinamica

Il secondo principio della termodinamica asserisce che non è possibile:

– trasmettere il calore da un corpo più freddo (cioè a temperatura più bassa) a un corpo a temperatura più alta, lasciando immutato tutto il resto;

– invertire l'attrito, cioè recuperare integralmente il calore sviluppato dagli attriti e trasformarlo di nuovo in lavoro meccanico;

– produrre lavoro meccanico sfruttando calore disponibile a una sola temperatura (si produce lavoro solo sfruttando un salto fra due temperature diverse). Se gradatamente in una regione dell'universo i corpi più caldi scaldassero quelli più freddi e si equilibrassero tutte le temperature a un valore unico, non sarebbe più possibile produrre energia di origine termica. Questa situazione è stata chiamata «morte termica».

Sadi Carnot dava per scontato che sia impossibile realizzare una macchina che produca lavoro meccanico (energia) dal nulla, cioè non credeva (giustamente) al «moto perpetuo».

Poi ragionò più o meno così. Una macchina puramente meccanica mossa, per esempio, dalla forza di un uomo, dissipa un'energia minima se funziona vicino all'equilibrio. Se spingi una delle sue ruote a girare in uno dei due sensi, ruota lentamente. Se spingi in senso opposto, torna indietro. Si riproduce la condizione iniziale: niente cambia e non si è dissipata quasi energia. Le due trasformazioni (ruota in avanti – ruota indietro) sono reversibili: da ciascuna passi facilmente all'altra. La macchina, però, è davvero reversibile se è priva di attriti, perché allora non c'è nessuna perdita e non si sviluppa calore. È una macchina ideale, non reale.

Ma Carnot studiava le macchine termiche nelle quali il calore del fuoco si trasformava in potenza motrice. Allora pensò che anche nelle macchine termiche (le macchine a vapore primordiali dei suoi tempi) le trasformazioni reversibili dovevano essere quelle a cui corrispondono dissipazioni di quantità minime di energia, cioè rendimenti più alti.

E come si può trasmettere calore in modo reversibile? Rendendo minima la differenza di temperatura fra il corpo che trasmette calore e il corpo che lo riceve. Infatti, se questa differenza è piccolissima, basta alzare appena appena la temperatura del corpo che riceve calore perché la trasmissione avvenga in senso opposto. La situazione è del tutto analoga a quella della ruota che gira in un senso e, invertendo la leggerissima spinta, gira in senso opposto.

Così Carnot immaginò un gas perfetto (come quelli di cui parlavo nel Capitolo 7, per i quali la pressione p, il volume v e la temperatura T sono legati dalla relazione p v = n R T) che ricevesse calore a una temperatura costante T, da una sorgente di calore che si trovasse a una temperatura appena appena più alta di T1. A tutti gli effetti, questa trasmissione di calore avviene alla temperatura T1. Possiamo rappresentarla su un diagramma cartesiano che abbia i volumi del gas in ascisse e le pressioni in ordinate. L'equazione della curva (che esprime la legge generale dei gas perfetti, già vista nella Digressione del Capitolo 7) è:


p v = n R T1, che è costante, dato che T1 è costante.

La curva, perciò, è un'iperbole e la trasformazione del gas è rappresentata dal tratto che va dai valori iniziali pA, vA (rappresentati dal punto A nella Figura 8.1) ai valori pB vB (rappresentati dal punto B). Chiamiamo Q1 la quantità di calore assorbita dal gas. Il lavoro meccanico compiuto dal gas è uguale alla somma dei prodotti dei successivi valori di pressione per le variazioni di volume.

Vedremo fra qualche pagina che il gas deve cedere calore a una temperatura T2 più bassa di T1. Qui riporto ragionamenti e formule: chi non fosse interessato, può saltare direttamente all'ultimo capoverso della pagina 122, ma sarebbe un peccato!

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Pagina 123

Entropia

La penultima equazione della pagina precedente si trasforma facilmente in:


Q1/T1 = Q2/T2

Questa è un'equazione fondamentale. L'abbiamo dedotta da quello che succede quando una macchina termica (che trasforma calore in lavoro meccanico) è reversibile, cioè senza attriti e senza perdite. E questa è proprio la condizione vitale: quando non cambia il rapporto Q/T fra calore trasmesso e temperatura assoluta a cui viene trasmesso, allora le condizioni sono ideali e il rendimento è massimo.

Se accade, invece, che il rapporto Q/T misurato alla temperatura T2 è maggiore di quello misurato alla temperatura T1, cioè:

Q2/T2 > Q1/T1 questo vuol dire che
Q2/Q1 > T2/T1

allora:

η = 1 — (Q2/Q1) < (1 — (T2/T1)) = ηmax

cioè il rendimento della macchina che stiamo considerando, che è per definizione η = 1 - (Q2/Q1), è minore del rendimento massimo teorico (1 - (T2/T1)).

A questo rapporto S = Q/T Rudolf Clausius diede il nome di entropia (che in greco vuoi dire trasformazione). La conclusione è che in un sistema chiuso, cioè che non ha rapporti con l'esterno, l'energia è costante, mentre l'entropia cresce sempre, dato che i fenomeni di cui ci occupiamo sono irreversibili, avvengono nel mondo reale e comportano perdite che diminuiscono i rendimenti.

Qui c'è qualche cosa di nettamente nuovo nel modo in cui capiamo il mondo. L'equazione fondamentale della meccanica di Newton (F = m a) è invertibile. Che cosa vuol dire? Significa che, se inverto il verso di una forza applicata a un corpo materiale, cambia la direzione dell'accelerazione, cioè la velocità del corpo subisce una variazione inversa rispetto a quella calcolata prima.

Quando ci occupiamo di termodinamica: NO. Non possiamo invertire il segno di una variabile e invertire la direzione in cui si svolge un fenomeno. Infatti l'energia resta costante, ma l'entropia cresce sempre, e non si può tornare indietro. Tutto il processo è unidirezionale: punta in una direzione, proprio come la freccia del tempo che nessuno è mai riuscito a invertire.

Attento! Qui parto con una diversa definizione dell'en- tropia: rassegnati, il resto del capitolo non è facile. Anzi è tanto difficile che non ti devi impressionare se non lo capisci. Prova a dargli ugualmente un'occhiata perché serve a sfiorare almeno certe idee che sono rilevanti anche per l'informatica. Perciò la cosa ti riguarda da vicino, se i tuoi interessi non sono diretti verso le turbine a vapore, ma verso il software. Nell'ultimo paragrafo di questo capitolo racconto che cosa si intenda per entropia quando si parla di informazione e di comunicazione.

Dunque: nel 1880 Ludwig Boltzmann provò ad analizzare il calore come se fosse un fenomeno statistico. Così formulò di nuovo il concetto di entropia basandosi sulla considerazione di tutti i possibili stati microscopici delle particelle in un sistema termodinamico. Boltzmann definì l'entropia come:

S = k log W

dove k = 1,38 10^-23 J/°K è la costante di Boltzmann (cioè il rapporto fra la costante dei gas R, che vale 8,314 J/°K, e il numero di Avogadro, che è il numero di molecole contenute in una mole di un qualunque elemento e vale 6,023 10^23). Nella formula di Boltzmann, W e il numero di possibili micro-stati che corrispondono a un certo macro-stato ovvero è la probabilità che quel macro-stato si verifichi. Da queste affermazioni (rozze e imprecise) si deduce almeno che entropia e probabilità di un certo stato termodinamico variano nello stesso senso. L'entropia cresce, se cresce la probabilità. Per un sistema chiuso è inevitabile (cioè estremamente - quasi infinitamente! - probabile) che l'entropia cresca, mentre l'energia resta costante. L'entropia è massima se tutti i micro-stati hanno la stessa probabilità. Questo stesso concetto si può esprimere dicendo (sempre rozzamente) che entropia è sinonimo di disordine.

Qui comincio a parlare per analogie, senza formule e senza nessuna pretesa di rigore. Prego, allora, i fisici veri o, in genere, chi ne sa già abbastanza, di saltare la parte finale di questa sezione e di riprendere da quella seguente.

Si può sostenere che la tendenza al disordine sia una delle manifestazioni del secondo principio della termodinamica. Come dicevo all'inizio del capitolo, questo principio afferma che le perdite (per esempio, in attriti) non si recuperano più. Non si trasmette calore da un corpo freddo a uno caldo (tranne il caso delle pompe di calore che vedremo nel paragrafo seguente) e, quando si trasmette da un corpo caldo a uno freddo, si può produrre lavoro meccanico ma, comunque, si finisce in una situazione in cui una certa quantità di materia si è raffreddata e un'altra certa quantità di materia si è scaldata. La situazione finale, cioè, è più disordinata di quella iniziale. Caldo e freddo si sono mischiati e hanno prodotto temperature intermedie. L'entropia è cresciuta.

L'entropia diminuirebbe, invece, se le molecole di un gas alla temperatura di 27 °C (300 °K) si separassero da sole entro un recipiente, concentrando a destra la metà delle molecole (quelle più veloci) che avrebbero una temperatura di 500 °K e a sinistra l'altra metà (quelle più lente) che avrebbero una temperatura di 100 °K. A questo punto si potrebbe sfruttare il salto termico prodotto per caso e il rendimento massimo teorico ottenibile sarebbe:

ηmax = 1 – (T2/T1) = 1 – 100/500 = 80%

Se cose come queste accadessero davvero, potremmo avere energia gratis. Non è così: l'energia gratis non si produce. Però il fisico britannico James C. Maxwell oltre cento anni fa inventò una situazione in cui il secondo principio viene violato. Descrisse un recipiente pieno di un certo gas. Le molecole del gas sono in disordine: alcune sono veloci e altre più lente. Allora dividiamo in due il recipiente con una parete e vi pratichiamo un buco che si può chiudere o aprire per mezzo di una saracinesca. Questa viene comandata da un diavoletto, il quale guarda le molecole che viaggiano e apre la saracinesca alle molecole veloci che vanno verso destra e a quelle lente che vanno verso sinistra. La chiude invece a quelle lente che vanno verso destra e a quelle veloci che vanno verso sinistra. A mano a mano che passa il tempo, tutte le molecole veloci staranno a destra e quella metà di gas sarà a temperatura alta. Tutte le molecole lente staranno a sinistra e quella metà di gas sarà a temperatura bassa. Il secondo principio è contraddetto.

La soluzione di questo paradosso fu trovata solo negli anni Trenta dal fisico Leo Szilard: per distinguere le molecole veloci da quelle lente, il diavoletto le deve vedere. A questo scopo deve bombardarle con fotoni, se no sta al buio e non le distingue. Questa attività di monitoraggio e quella di aprire e chiudere la saracinesca assorbono energia e fanno crescere l'entropia almeno di quanto diminuisce a causa della separazione delle molecole lente da quelle veloci. Infatti anche il diavoletto fa parte del sistema.

Non c'è paradosso, dunque, e, incidentalmente, i diavoletti non esistono.

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14. LE SUPERSTRINGHE



Bertrand Russell disse una volta:

La matematica è quella scienza nella quale non sappiamo di che cosa si parli, né sappiamo se quello che diciamo sia vero.

Saremmo tentati di dire temerariamente qualche cosa di simile anche della fisica. Troveremmo giustificazione in una frase scritta nel Capitolo 1 del libro The Elegant Universe (W.W. Norton, 1999) di Brian Greene, professore di fisica alla Columbia University di New York:

Una parte considerevole della comunità dei fisici e dei matematici si sta convincendo in misura crescente che la teoria delle stringhe può fornire la risposta [... al problema di formulare una teoria fisica unificata dei campi].

Se ne deduce – ed è vero – che buona parte dei fisici (tra i quali alcuni Premi Nobel) non condivide affatto questa convinzione, in base soprattutto alla considerazione che la teoria non ha (ancora?) alcuna base sperimentale.

Intanto altri fisici (tra i quali altri Premi Nobel) affermano di aver trovato basi inoppugnabili alla teoria. Fra questi c'è anche Edward Witten della Cornell University che, secondo alcuni (ma non secondo altri), è il più grande fisico vivente o, forse, di tutti i tempi.

Il principio dell' ipse dixit non si accetta più. Quindi non possiamo sperare di decidere se la teoria delle stringhe sia vera o utile in base alla fama di chi la caldeggia e di chi la combatte. Qui, perciò, mi limito a enunciare alcune delle descrizioni del mondo fornite da questa teoria elaborata negli ultimi anni. Lo scopo è, di nuovo, quello di dare un'idea di quali siano i contenuti della ricerca avanzata nella fisica e di far balenare ai profani, specialmente più giovani, quali affascinanti attività potrebbero attenderli se si dedicassero professionalmente a questi studi.

Mi scuso per la mancanza di rigore di quanto segue. Ti avviso che non ho né la cultura, né la competenza per esprimere un parere su queste controversie.

Incidentalmente ammetto che è inopportuno parlare di superstringhe senza aver parlato di tante particelle elementari: neutrini, muoni, quark, glioni, adroni, bosoni e gravitoni. Ne parlo ugualmente perché un discorso metodico sulle particelle richiederebbe di raddoppiare il numero delle pagine di questo libro. Per ora mi sembra inopportuno appesantire il testo. Parlare di superstringhe, invece, è meno impegnativo — se ne parliamo superficialmente — e dà, intanto, un flash sulle frontiere e sulle controversie della scienza.

Secondo i punti di vista di parecchi fisici, dunque, le dimensioni del nostro mondo non sarebbero 4 (3 spaziali e 1 temporale) come avevamo visto a proposito della relatività. Ce ne sarebbero 10 spaziali più il tempo.

Già nel 1919 il fisico Theodor Kaluza aveva suggerito l'esistenza di una quarta dimensione spaziale. Quelle aggiuntive suggerite ora potrebbero svilupparsi su piccoli cerchi, sfere, toroidi (ciambelle vuote) o altre forme strane (forse a sei dimensioni) connesse a ciascun punto dello spazio tridimensionale. Queste 7 dimensioni spaziali aggiuntive sono descritte come molto piccole e arricciate su sé stesse, appunto in una delle forme ora citate.

In questo strano universo nel quale forse viviamo, i componenti elementari sarebbero le stringhe. Si tratterebbe di entità piccolissime (10^-35 metri): cento miliardi di miliardi di volte più piccole di un nucleo atomico. Nessuno le ha mai osservate, né si potrebbero vedere se non disponendo di un acceleratore di particelle che sia milioni di miliardi di volte più potente di quelli disponibili oggi.

Le stringhe sarebbero i veri atomi — nel senso greco di oggetti indivisibili. Una curiosa petizione di principio nel libro di Greene già citato, dice: «Se le stringhe fossero costituite da qualche cosa di più piccolo, non sarebbero componenti fondamentali».

Sebbene siano fatte di niente, le stringhe vibrerebbero e le loro sequenze di vibrazioni sarebbero la vera origine delle masse e delle forze. Fra queste forze si potrebbe contare anche la gravità. Come ricorderai, i fenomeni gravitazionali NON sono spiegati dall'elettrodinamica quantistica. Invece un particolare tipo di vibrazione di certe stringhe genererebbe i gravitoni, particelle che trasmettono l'attrazione di gravità. L'entità della forza trasmessa sarebbe inversamente proporzionale alla tensione della stringa. Dato che la gravità è una forza molto debole, la tensione della stringa dovrebbe essere di 10^39 tonnellate, cioè di mille miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di tonnellate.

I teorici delle stringhe hanno arguito tante loro proprietà: i modi in cui entrano in collisione e interagiscono, le quantità discrete (nel senso di NON variabili con continuità) dell'energia emessa (con una similitudine alla teoria dei quanti).

Un pregio della teoria delle stringhe sarebbe che spiegherebbe tutte le 4 forze fondamentali: gravità, elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole. Sarebbe, perciò, una teoria di tutto ( theory of everything , come alcuni la chiamano).

Non avrebbe senso, però, continuare a parlare in modo qualitativo di un argomento così complesso e difficile da visualizzare in mancanza di ogni riscontro sperimentale. Negli anni prossimi qualcuno ne saprà di più e ce lo racconterà meglio.

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