Copertina
Autore Carlo Pagetti
Titolo Il corallo della vita
SottotitoloCharles Darwin e l'immaginario scientifico
EdizioneBruno Mondadori, Milano, 2010, Testi e pretesti , pag. 136, cop.fle., dim. 10,4x17x1 cm , Isbn 978-88-6159-417-3
LettoreCorrado Leonardo, 2010
Classe viaggi , storia letteraria , fantascienza , evoluzione , biografie
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


  1 Introduzione
    Darwin nel tempo

 13 Nel paese di Jemmy Button:
    un naturalista tra gli yahoos

 33 La foresta pietrificata delle Ande

 55 L'ultimo viaggio di Darwin

 77 Favole evoluzionistiche

 95 Dalle Galapagos alla Luna, e oltre

119 Note

131 Indice dei nomi


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 1

Introduzione

Darwin nel tempo


Né posso tacere la scoperta dei singolari rapporti che corrono tra gli animali e le piante delle isole Galapagos, e tra questi e gli organismi che vivono nell'America meridionale.

Charles Darwin, Autobiografia


Il 27 dicembre 1831, con la partenza del brigantino Beagle da Plymouth, sulla costa dell'Inghilterra sud-occidentale, comincia una delle avventure più straordinarie della cultura moderna. A bordo del Beagle, in quello che sarà un lungo viaggio attorno al mondo durato fino al 2 ottobre 1836, c'è anche Charles Darwin, un giovane naturalista di buona famiglia, nato nel 1809, destinato a osservare con mente lucida e curiosità sconfinata i fenomeni naturali, i costumi dei popoli "selvaggi", la ricchezza delle manifestazioni del mondo animale e di quello vegetale. È l'inizio di una ricerca che porterà nel 1859 alla pubblicazione de L'origine delle specie e alla formulazione della teoria della selezione naturale, basata sui processi di mutazione e di adattamento delle specie che hanno generato «il corallo della vita», nel meraviglioso dispiegarsi, tappa dopo tappa, delle forme viventi sulla Terra nel corso delle epoche passate. Nell' Autobiografia, elaborata in tarda età e pubblicata solo dopo la morte, avvenuta nel 1882, Darwin rievoca gli ultimi mesi del 1831, in cui, appena tornato da una spedizione geologica nel Galles, riceve e accetta l'offerta del capitano Robert FitzRoy, di quattro anni maggiore di lui, che voleva avere accanto a sé un gentiluomo colto, con cui poter fare conversazione, durante i lunghi periodi a bordo del Beagle. «A Cambridge avevo condotto una vita un po' stravagante», confessa, quasi per giustificare una decisione che da studente universitario un po' scapestrato lo trasformerà nel più grande naturalista dei tempi moderni. Dunque è pronto a partire, malgrado i rapporti con FitzRoy siano fin dall'inizio abbastanza tesi, tanto che, nell' Autobiografia, a distanza di molti anni, il fantasma di FitzRoy, morto suicida, torna per recitare il ruolo del villain, una sorta di "doppio" diffidente e scontroso, che si affida a teorie scientifiche già superate negli anni trenta dell'Ottocento (non gli piace il naso di Darwin, la cui conformazione gli sembra indicare debolezza di carattere), giustifica lo schiavismo e conserva una fede cieca nell'operato dei missionari cristiani e del Dio biblico.

In ogni caso, Charles scrive alla sorella Susan il 17 settembre 1831 che la ragione ha prevalso a stento sul sentimento, «poiché è davvero doloroso ogni volta che penso di lasciare per un tempo così lungo le tante persone che amo»? Ormai, ogni dettaglio sta per essere messo a punto, compreso l'imbarco delle armi da fuoco, consentite dal Governo britannico per le battute di caccia indispensabili al sostentamento dell'equipaggio, «per non menzionare che non è mai sicuro andare a riva senza le armi cariche; questa misura è sufficiente a tenere ben tranquilli i nativi». Dopo aver fornito notizie sulla nave e sul suo comandante, sui preparativi per il viaggio e sul conflitto tra le ragioni del cuore e quelle dell'intelletto, Darwin chiude la lettera elencando gli obiettivi della circumnavigazione del globo, che il Beagle si propone di fare anche per completare i risultati della precedente spedizione:

L'obiettivo del viaggio è quello di tracciare le mappe del lato orientale della Terra del Fuoco e della Patagonia; parimenti di stabilire la longitudine di molti luoghi in modo più accurato di quanto non avvenga oggigiorno; sull'altro lato hanno dato il nome a più di 50 nuove isole, così totalmente sconosciuta è quella parte della costa.


In un certo senso, il viaggio di Darwin non si è ancora compiuto, poiché esso continua attraverso la modernità, sopravvive ai tanti naufragi della ragione "occidentale" nel Novecento, arriva fino alla nostra contemporaneità, che ha ancora bisogno della visione nello stesso tempo intensa e cristallina dello scienziato vittoriano, della sua capacità di scandaglio, della sua imperturbabile — talvolta un po' ironica — urbanità. D'altra parte, anche Darwin ha spesso cambiato identità attraverso le numerose e contraddittorie interpretazioni che sono state tratte dalle sue opere: gentleman perfettamente integrato nel suo tempo, egli si trasforma, dopo la pubblicazione de L'origine delle specie in un iconoclasta blasfemo, negatore della divina provvidenza e della creazione biblica del mondo; quindi, negli ultimi decenni dell'Ottocento, assurge a nume protettore dello stato capitalista e liberale, basato sulla certezza dell'inarrestabile progresso e sulle argomentazioni filosofiche del Positivismo; in seguito quindi, la sua immagine "degenera" nelle aberrazioni del darwinismo sociale e perfino dell'eugenetica e del razzismo, pur rimanendo, sempre e comunque, punto di riferimento decisivo per ogni ricerca scientifica disinteressata e documentata, oltre che per gli sviluppi successivi della biologia e della genetica, della paleontologia e della psicologia. I ritratti di Darwin che ci rimangono ribadiscono, nel passaggio del tempo, i suoi diversi ruoli di viaggiatore curioso attorno al mondo, di "saggio" vittoriano, di pericoloso sovversivo del credo religioso.

L'anno 2009, che ha celebrato il bicentenario della nascita di Darwin e i 150 anni trascorsi dalla pubblicazione (a lungo protratta, come si sa, a causa degli scrupoli di uno studioso in fondo benpensante e borghese) de L'origine delle specie, ha ribadito la fama consolidata di Darwin e la sua attualità. Non è un caso che le iniziative maggiori abbiano riguardato la Gran Bretagna, di gran lunga il paese più "darwiniano" che esista, come testimoniano le lunghe file di visitatori inglesi e stranieri che a Londra hanno aspettato nella prima parte dell'anno il loro turno fuori dal Natural History Museum, a Kensington, prima di avere accesso alla grande mostra intitolata "Darwin Big Idea". Proprio il Natural History Museum ha inaugurato, nel settembre 2009, una nuova imponente struttura architettonica di forma ovoidale, il cosidetto "Cocoon", ossia il Darwin Centre, che ospita un'enorme collezione di insetti e di piante, promuove l'attività di centinaia di ricercatori e offre al grande pubblico un'affascinante presentazione multimediale del mondo emerso dagli studi di Darwin e dei suoi seguaci. Del resto, in Gower Street, nel quartiere di Bloomsbury, dove vissero Virginia Woolf e il gruppo di intellettuali modernisti che vengono definiti, appunto, il "Bloomsbury Group", una targa ricorda ai passanti meno distratti che Darwin abitò in quella zona dal gennaio 1839 al settembre 1842. È li che si estende il campus della University of London; in uno dei suoi edifici sono ancora visitabili le stanze del Grant Museum of Zoology, una raccolta eterogenea di ossa, fossili e animali sotto spirito iniziata da Robert Edmond Grant, insegnante di Darwin a Edimburgo, dove aveva preso avvio l'esperienza universitaria del futuro autore de L'origine delle specie.

Nel nostro paese ha ottenuto un notevole risalto la mostra dedicata a Darwin realizzata a Roma (dove è stata pubblicizzata da alcuni autobus su cui troneggiava il nome dello scienziato ottocentesco) e poi a Milano nel corso del 2009. Con la sua "Grande idea", Darwin può essere "divertente" e avere un forte impatto pedagogico, una volta che lo si accosti senza pregiudizi alle meraviglie della natura da lui studiate con tanto puntiglio e rispetto. Potremmo indubbiamente parlare perfino di un Darwin ecologico, anche se non si può dimenticare la sua passione per la caccia. Come accade per altri "eminenti vittoriani", e come conferma la sua esistenza di agiato borghese, circondato da una numerosa figliolanza, trascorsa a Down House, nel Kent – a partire dal settembre 1842, quasi quattro anni dopo il matrimonio, celebrato il 29 gennaio 1839, con l'altrettanto ricca cugina Emma Wedgwood – Darwin è tanto "nostro contemporaneo" quanto è profondamente radicato nella sua epoca, da cui trae tutti i benefici grazie alla sua condizione benestante.

Tornando alla nostra epoca, la popolarità del personaggio viene confermata dal biopic, o film biografico, Creation di Jon Amiel, con Paul Bettany nel ruolo di protagonista, presentato al Festival di Toronto nel settembre del 2009, mentre una serie di convegni mettono a fuoco la molteplicità dei settori esplorati o rivoluzionati da Darwin e dai suoi sostenitori, tra i quali spicca un formidabile terzetto composto da Joseph Hooker, Thomas Henry Huxley e Alfred Wallace. Sicuramente, le teorie di Darwin hanno esercitato un forte impatto anche sulle arti figurative, come ha segnalato la mostra giunta, sempre nel 2009, dagli Stati Uniti al Fitzwilliam Museum di Cambridge con il titolo "Endless Form: Charles Darwin, Natural Science and the Visual Arts". Sull'altro versante, nella seconda parte del 2009, il nuovo museo parigino Quai Branly ha preso in considerazione l'influsso esercitato dal grande naturalista inglese sulla cultura popolare novecentesca con la mostra "Tarzan!" dedicata a Tarzan. L'uomo scimmia, il personaggio creato dallo scrittore americano Edgar Rice Burroughs , che elabora una sorta di favola darwiniana, ambientata in Africa, sulla nascita dell'uomo e sul survival of the fittest, la sopravvivenza dei più adatti.

Non tutto, naturalmente, gira nel verso giusto. Ancora oggi, la polemica dei sostenitori dell' Intelligent Design, che chiedono l'istituzione di programmi scolastici alternativi, nei quali si prenda come punto di partenza il racconto biblico della Genesi, ricalcando di fatto le orme dei nemici di Darwin – i creazionisti, che insistevano su un'interpretazione letterale della Bibbia, secondo la quale il mondo era stato plasmato da Dio già perfetto e immutabile nel corso di sei giorni; e i catastrofisti, che collegavano i mutamenti geologici solo a ben riconoscibili eventi biblici, quali, per esempio, il Diluvio Universale – trova spazio nella cultura americana più retriva e non manca di sostenitori, benché più morbidi e, per così dire, opportunisti, nel nostro paese, come documenta Compagno Darwin. L'evoluzione è di destra o di sinistra?, un recente volume di Nicola Nosengo e Daniela Cipolloni. A questa categoria appartiene probabilmente il ministro per l'Industria e la Ricerca scientifica canadese, il quale, interpellato da un giornalista sulla sua adesione alle teorie evoluzionistiche, ha risposto: «Sono cristiano, e non ritengo corretto da parte di chiunque farmi una domanda sulla mia religione».

Né mancano veri e propri esempi di ostracismo nei confronti del pensiero darwiniano, se dobbiamo credere alle cronache giornalistiche e alla agenzie di stampa che, nel marzo 2009, hanno documentato le peripezie della rivista turca Bilim ve Teknik (Scienza e tecnica), a cui è stato impedito di presentare in copertina un'immagine del giovane Darwin, accanto al Beagle, e all'interno, un dossier di 16 pagine sulla biografia e sulle idee dello scienziato inglese: «La rivista è andata in edicola con una settimana di ritardo. Il naturalista inglese era stato sostituito da un piccolo globo terrestre adagiato come una goccia di rugiada su una foglia. Il dossier sostituito da una storia sul riscaldamento globale».

È pur vero che la ricerca scientifica si rivolge continuamente a Darwin per riconoscergli quelle intuizioni che solo in tempi recenti sono state confermate da conoscenze più avanzate (per esempio, nel campo della genetica), o per esaltare in lui l'ideatore della teoria dell'evoluzione naturale che trova riscontro nelle scoperte successive e nel continuo ritrovamento di sempre nuovi fossili. È un omaggio a Darwin il nome del Darwinius Masillae, un primate primitivo, ribattezzato Ida, vissuto 47 milioni di anni fa, il quale avrebbe dovuto rappresentare l'antenato comune di tutte le scimmie e anche degli esseri umani, ma che, secondo investigazioni più accurate, sarebbe invece progenitore dei lemuri. La strada a ritroso, alla ricerca degli "anelli mancanti" che congiungono la specie umana ad altre forme di vita animale, è lunga e tortuosa da percorrere. Lo stesso Darwin ne era ben consapevole. L'autore de L'origine delle specie rimane comunque una fonte inesauribile di ispirazione, tanto da stimolare anche la vena poetica di una pronipote, la poetessa Ruth Padel, che gli ha dedicato un'apprezzata biografia in versi. E vale la pena di ricordare anche il tentativo compiuto dalle composizioni di Luigi Trucillo , che si aprono "Sulla tolda del Beagle", una poesia in cui Darwin, che in giovane età era stato avviato agli studi teologici, fa la sua comparsa come «un prete che non è più prete»:

    Albeggia.
    Un prete che non è più prete
    Sulla tolda di una nave
    Che beccheggia
    Come un pastore
    Può salvare
    Molti più corpi e anime
    Assordati
    Riconducendoli nel flusso
    Della scienza.

Darwin sfugge ai confini della propria lingua e della propria nazione e riprende ancora oggi, metaforicamente, il suo viaggio per il mondo. Dopo aver visitato la mostra darwiniana che ho già menzionato, durante la prima tappa del suo cammino, all'American Museum of Natural History di New York (novembre 2005-agosto 2006), il critico letterario George Levine si è chiesto: «Chi è lo scrittore vittoriano che ha avuto l'impatto più grande sulla cultura occidentale moderna?», e ha risposto senza esitazione, escludendo Charles Dickens, George Eliot, Alfred Tennyson: «è quell'altro Charles, Darwin». Dal 1985 continua la pubblicazione, volume dopo volume, dell'edizione della sua Correspondence, curata da Frederick Burkhardt e da altri studiosi per i tipi della Cambridge Uniyersity Press, mentre non si ferma, come si è visto, il lavoro di ricerca sulla presenza di Darwin nella cultura popolare dell'epoca e la rivendicazione della sua attualità. Per parafrasare il titolo di un pamphlet recente di Edoardo Boncinelli , «non possiamo non dirci darwinisti».

Non è intenzione di questo volume ricostruire in modo esauriente i passi della vita e le tappe delle scoperte del grande scienziato, tanto più che abbiamo su questi argomenti studi biografici completi in ogni dettaglio, ma piuttosto puntare la nostra attenzione sul viaggio di Darwin a bordo del Beagle e sulle sue potenzialità immaginative, in seguito rafforzate e arricchite dal resto della produzione darwiniana. A ragione il filosofo Carlo Sini, parlando di un "Darwin visionario", fa riferimento non solo all'efficacia delle sue formulazioni scientifiche, ma anche al potere del suo linguaggio. Sul linguaggio di Darwin, sulle sue sfumature e intuizioni, si è soffermata in più occasioni Gillian Beer, la maggiore studiosa dei rapporti che intercorrono tra l'autore de L'origine delle specie e l'humus letterario da lui reso fertile in tutto il periodo vittoriano e oltre.

Nell'ambito di un discorso sulla storia della cultura, che non nasconde le sue componenti letterarie, emerge, dunque, la centralità del linguaggio, o piuttosto dei linguaggi di Darwin, arricchiti nei lunghi processi di rielaborazione intellettuale e verbale, e che riconducono ancora al viaggio sul Beagle. Durante quel viaggio, il giovane naturalista scrive lettere che invia alla famiglia e agli amici lontani, con cui dialoga assiduamente, anche per tenersi informato di quanto accade nel suo paese natale. Inoltre, Darwin tiene un vero e proprio diario di bordo, comincia a riempire di annotazioni numerosi taccuini, che poi verranno identificati attraverso il colore della copertina e una lettera dell'alfabeto. Tornato a casa, comincia a riscrivere e a pubblicare, meditando a lungo nel clima patriarcale della grande casa di campagna di Down House, scambiando opinioni con i suoi corrispondenti nel Regno Unito e all'estero, sottraendosi, per quanto gli è possibile, a inviti e festeggiamenti, anche a causa della salute cagionevole. Il modello ramificato, assai più irregolare di quello offerto da un albero, ma prodigiosamente denso di vita, fornito dal corallo con i suoi processi di crescita lenti e inarrestabili – uno dei tanti "misteri" naturali svelati nel corso del suo viaggio sul Beagle – diviene metafora anche dell'incessante sperimentazione operata da Darwin sul suo linguaggio, che passa dal registro confidenziale delle lettere alla densità dei trattati scientifici, dalla vivacità delle osservazioni di viaggio al tono intimistico dell' Autobiografia, completata prima della morte. Costruendo una serie di discorsi narrativi, con una preparazione che possiamo definire "umanistica" nel senso più completo del termine, Darwin influenza in modo radicale non solo gli sviluppi delle scienze moderne, ma anche la vasta area dell'immaginario scientifico nella letteratura e nelle arti, dagli ultimi decenni dell'Ottocento a oggi. Vissuto in un periodo storico in cui la figura dello scienziato (natural philosopher o, con una forte esclusione della presenza femminile, man of science) aveva una formazione fortemente letteraria, Darwin si colloca in una posizione privilegiata per indagare e allargare anche i confini del linguaggio.

Il corallo della vita ricostruisce, senza alcuna pretesa di esaustività, alcuni momenti di un percorso che trasforma i linguaggi di Darwin in divulgazione scientifica, filtra nei scientific romances di Herbert George Wells alla fine del secolo XIX, e che trova spazio nelle utopie e nelle distopie novecentesche, nella fantascienza e nelle forme più intense della cultura di massa. In un certo senso, anche la saga televisiva e cinematografica di Star Trek, incentrata sui vagabondaggi cosmici dell'astronave Enterprise, è una nuova versione del Diario di un naturalista intorno al mondo, in cui Darwin pubblicò nel 1839 le sue riflessioni sull'esperienza del Beagle.

In una puntata del serial televisivo americano C.S.I. Las Vegas ("Fantasmi del passato"), il detective Gil Grissom che è, tra l'altro, un esperto entomologo, si trova in un momento di intimità e di scoraggiamento con la sua compagna e collega Sara Sidle, la quale fantastica: «Sarebbe bello fare un viaggio, andare alle isole Galapagos, seguire letteralmente le orme di Charles Darwin». Si tratta, naturalmente, di un desiderio che non verrà realizzato dai due, e forse neppure da molti di noi, che non hanno la vocazione o le possibilità economiche per fare i turisti in terre così lontane. Eppure le Galapagos sono la Mecca e il Vaticano di chi crede nella capacità conoscitiva dell'indagine scientifica, in quanto sistema duttile e problematico per comprendere il nostro mondo. La letteratura e la cultura di massa possono darci una mano, far salire ciascuno di noi, con il proprio bagaglio di conoscenze, con la propria biblioteca, a bordo del Beagle, in modo da iniziare un personale viaggio verso l'ignoto.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 55

L'ultimo viaggio di Darwin


Verso la fine del Beagle Diary e nei soggiorni sulla terraferma, in data 6 agosto 1836, Darwin comincia ad annotare alcune considerazioni conclusive, passando in rassegna una serie di aspetti che riguardano la sua esperienza: riconosce l'importanza dei resoconti di viaggio del «per sempre illustre Humboldt », che hanno indubbiamente influenzato alcune sue reazioni, ricorda lo spettacolo sublime delle foreste primordiali vergini, «siano quelle del Brasile, in cui predominano le forze della vita, o quelle della Terra del Fuoco, in cui prevalgono la morte e il disfacimento» (JR, 469), ribadisce i vantaggi che ne ha ricavato nella sua formazione di naturalista, sottolinea il fascino degli spettacoli straordinari a cui ha assistito soprattutto nell'emisfero australe e nei mari del Sud, laddove la grande maggioranza dei suoi lettori non era mai arrivata:

Fra gli altri notevoli spettacoli che abbiamo mirato, si possono annoverare le stelle dell'emisfero meridionale – la tromba marina – il ghiacciaio che spinge le sue solide correnti blu fino a un audace precipizio a strapiombo sul mare – un'isola corallina che emerge dal mare per l'azione dei molluschi che formano il corallo – un vulcano attivo – e gli effetti sconvolgenti di un violento terremoto.

Il Beagle è diventato un veicolo cosmico, il vascello alla ricerca della conoscenza umana, che si va diffondendo, dopo il viaggio del capitano Cook, anche grazie ai nuovi sistemi di navigazione, in ogni parte del globo. È difficile non pensare, nelle proiezioni visionarie della nostra contemporaneità, al viaggio tra le galassie delle grandi astronavi del futuro. Gli oceani sono le distanze incommensurabili tra i sistemi stellari, a loro volta arcipelaghi composti da isole planetarie.

Come si conviene a qualsiasi viaggio, pur lungo e avventuroso, durante il quale si scrive un diario di bordo – a meno che non sia il manoscritto trovato in una bottiglia del grande racconto di Edgar Allan Poe –, esso prevede e comprende il ritorno a casa; infatti, anche nel caso del Beagle Diary, le ultime annotazioni di Darwin riguardano la tappa finale della spedizione, che, dopo una sosta a Greenwich, porta il brigantino di FitzRoy fino al porto fluviale di Londra, a Woolwich. Darwin pone la data 7 novembre 1836 alla sua chiusa, concentrando in poche righe stringate gli eventi di una decina di giorni: «È disceso fino a Woolwich, dove il 17 l'equipaggio è stato pagato e congedato» (BD, 447). Sbe moved down to Woolwich, scrive Darwin, attribuendo, secondo la tradizione nautica britannica, genere femminile al Beagle che, prosegue, «era entrato in servizio il 4 luglio 1831, e aveva dunque completato un periodo insolitamente lungo di cinque anni e 136 giorni» (ibid.). Non gli resta altro da fare che elencare i nomi dei marinai che non sono entrati nella Storia – simili al Bulkington melvilliano di Moby Dick, il quale sale quasi in incognito sulla Pequod –, pur avendo accompagnato il capitano FitzRoy, Darwin e gli ufficiali del Beagle intorno al mondo, e che ora vengono liquidati con il salario dovuto. Non si può ignorare che ci troviamo nel momento storico in cui il Regno Unito, dopo aver abolito la tratta degli schiavi nel 1807, esclude nel 1833 definitivamente dalle sue leggi quella schiavitù che Darwin aborriva e che non dimentica di menzionare nella seconda edizione (1845) del resoconto rielaborato del Journal, testimoniando una lunga serie di angherie contro i neri a cui ha assistito di persona «in una colonia spagnola» e a Rio de Janeiro: «Ho visto un ragazzo di sei o sette anni, colpito per tre volte con una frusta (prima che potessi intervenire) sulla testa nuda [...]; vidi suo padre tremare a una sola occhiata del padrone [...]. Vidi a Rio de Janeiro un povero negro aver paura persino di ripararsi da un colpo che pensava diretto al viso» (JR, 466). Troviamo nel primo esempio lo scrittore che non si limita a osservare, ma cerca anche di interrompere la violenza, rifiutando una neutralità che non si può applicare agli esseri umani. I bave seen... I saw... I bave seen... Lo scienziato registra con la solita lucidità l'orrore dell'istituto della schiavitù e, almeno in un caso, decide di intervenire di persona. Non solo, ma invita i lettori inglesi a immedesimarsi nella condizione dei reietti, che vivono nel continuo terrore di perdere mogli e figli e depreca con dure parole («Fa bollire il sangue e tremare il cuore...») l'atteggiamento di «noi inglesi e [de]i nostri discendenti americani con il loro millantato grido di libertà» (JR, 467), stabilendo una relazione tra passato e presente e rivolgendosi implicitamente al regime schiavista ancora imperante negli Stati Uniti. Non è solo la linea dell'equatore o il meridiano degli antipodi che Darwin supera nel suo viaggio intorno al mondo, ma anche il tratto della Storia che divide in Inghilterra gli ultimi residui della schiavitù in quanto istituzione legalmente riconosciuta dalla definitiva liberazione degli schiavi. Ben pochi viaggi hanno avuto termine sotto auspici così propizi.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 64

Si tratta di ribadire per i posteri, nello stesso tempo, sia un metodo d'indagine che riguarda inevitabilmente la scoperta della propria vocazione, del proprio posto nel mondo, sia la convinzione che esistano leggi fondamentali capaci di spiegare i fenomeni naturali nella loro prodigiosa varietà e differenziazione, senza ricorrere all'intervento della provvidenza divina. Così, a proposito della sua attività geologica durante il viaggio del Beagle, l'anziano naturalista commenta:

A prima vista, quando si osserva una zona nuova, il caos delle rocce sembra escludere ogni possibile interpretazione, ma se si considerano la stratificazione e la natura delle rocce e dei fossili provenienti da diversi punti, sempre ragionando e cercando di prevedere quali potrebbero essere le condizioni in un altro punto, ben presto la situazione si chiarisce e la struttura di tutta la zona diventa più o meno comprensibile (A, 58).

More or less intellegibile, perché Darwin è convinto che una conoscenza completa dei fenomeni naturali, come della propria interiorità, non è possibile, tanto più quando si tratta del mondo umano, nella sua inesauribile diversità di popoli, di costumi, di linguaggi. L'incontro con i "selvaggi" della Terra del Fuoco, rievocato vividamente anche nell' Autobiografia, ne è la prova estrema. Ma anche il comportamento dei bianchi civilizzati non è da meno; basterebbe pensare all'aneddoto, già citato, della prima intervista con il capitano FitzRoy, che vorrebbe escludere Darwin dalla spedizione «per colpa della forma del mio naso» (A, 54). L'episodio, raccontato con spirito umoristico nell' Autobiografia, non è fine a se stesso, poiché fornisce una prima indicazione del carattere umbratile e a tratti sgradevole del Capitano, sul quale Darwin non esita, pur riconoscendogli notevoli meriti nella guida del brigantino, a esprimere dure riserve, per via dell'adesione di FitzRoy allo schiavismo e all'ideologia bigotta, tanto che le pagine autobiografiche a lui dedicate si chiudono con alcune notizie spietate nella loro asciuttezza: FitzRoy, che proveniva da una famiglia altolocata, contrae forti debiti fino a trovarsi nell'indigenza più assoluta, e conclude un'esistenza infelice dandosi la morte: «Finì tristemente, suicidandosi, proprio come lo zio Lord Castlereagh, a cui tanto rassomigliava nel fisico e nei modi» (A, 58). Eppure anche FitzRoy resuscita nella cronaca dell'anziano compagno di bordo. Sebbene il suo nome non compaia durante il sintetico elenco delle tappe principali (la Patagonia, la Terra del Fuoco, le Galapagos), la figura del capitano gli si materializza accanto nel momento in cui prende corpo l'idea del Journal of Researches: «[... ] durante il viaggio, FitzRoy mi chiese di leggere qualche brano del mio diario e dichiarò che valeva la pena di pubblicarlo» (A, 62). A poco a poco si formano gli anelli progressivi che permettono allo scrittore di ricostruire, nella prosa asciutta dell' Autobiografia, tutta la sua carriera.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 77

Favole evoluzionistiche


In una lettera del 21 settembre 1871, indirizzata al fedele Thomas H. Huxley , Darwin si dichiara fiducioso della vittoria delle sue idee, ma anche convinto che la battaglia sarà lunga: «Grande è il potere di una rappresentazione scorretta». Paradossalmente, la misrepresentation di cui scrive l'autore de L'origine delle specie alimenta una produzione letteraria che scivola dalla severa esposizione di una teoria scientifica al piano della divulgazione adatta a un pubblico più ampio, fino ad approdare in quella sfera dell'immaginario scientifico, nella quale si collocano generi narrativi imparentati, come la favola, il racconto di viaggio inventato, l'utopia, la distopia, la fantascienza. In questo ambito non esistono più le regole che presiedono all'indagine della natura, ma solo quelle che appartengono alla creazione fantastica. D'altra parte, nella tradizione letteraria vittoriana anche la fairytale acquista un peso importante, perché si carica di valori pedagogici e formativi per i suoi fruitori potenziali: i giovani sudditi di Sua Maestà, destinati a rafforzare la superiorità industriale del loro paese e a proseguire sulla strada della conquista coloniale. Sono questi gli aspetti della visione darwiniana, filtrata nella letteratura inglese, che intendiamo esaminare attraverso alcuni esempi significativi. Essi sono pertinenti a quell'area che, nella tradizione britannica e anglo-americana, si definisce in senso lato romance (il romanzo avventuroso, sensazionalistico, fantastico). Nello stesso tempo, non si può non sottolineare l'impatto vigoroso che il linguaggio darwiniano, basato sull'esercizio di uno sguardo critico e apparentemente distaccato, ha su scrittori inglesi come Charles Dickens, George Eliot, Thomas Hardy, George Gissing, e sulle estetiche del naturalismo e del verismo che fioriscono negli ultimi decenni dell'Ottocento fuori dai confini del Regno Unito.

Le applicazioni del darwinismo nelle teorie e nelle pratiche della letteratura sono di vasta portata: influenzano negli ultimi decenni dell'Ottocento le storie della letteratura, in cui si manifesta spesso un principio evolutivo, e in seguito lo studio dei generi narrativi novecenteschi, dalla fantascienza al poliziesco, dal romanzo rosa al fantasy e allo horror (il "romanzo del sovrannaturale" di H.P. Lovecraft ), che si separano e si coagulano in un processo di distacco e di ibridazione, come una proliferazione corallina. Perfino nel nobile campo della critica shakespeariana è visibile qualche traccia diretta delle formulazioni di Darwin e dei suoi seguaci, tanto è vero che in un curioso volumetto miscellaneo del 1919, intitolato Prospero's Island, Henry Cabot Lodge giunge a sostenere che è nel «robusto suggerimento contenuto nel personaggio del "mostro" che troviamo un presagio di Shakespeare sull'evoluzione dell'uomo e sull'anello mancante.» Insomma, in terra americana, il Caliban della Tempesta è arruolato come ominide primitivo.

In ogni caso, sul fertile terreno dell'immaginazione scientifica darwiniana nasce un esteso fenomeno di divulgazione, che prolifera nelle riviste borghesi dell'epoca, invade le pubblicazioni di largo consumo, attecchisce tra le pagine dei romanzi e delle opere che preparano, verso la fine del secolo, l'avvento della cultura di massa. Innestandosi sul tronco del romance, la speculazione dello scienziato che si ispira a Darwin — così pronta ad accogliere il senso di meraviglia che emana dalla varietà delle forme naturali e a diffondere la portata rivoluzionaria del proprio discorso — trasforma i risultati della sua ricerca in favola dei tempi moderni, la teoria evoluzionistica in sogno a occhi aperti, ovvero, nell'incubo apocalittico di un mondo senza Dio.

Del resto, nelle opere di Darwin utopia e apocalisse sono dimensioni che fanno entrambe parte di una rappresentazione non scorretta delle forze della natura con cui l'umanità deve confrontarsi. Basterà pensare alla chiusa de L'origine delle specie, dove lo scrittore cerca di correggere l'affermazione pessimistica che le condizioni della vita sulla Terra implichino «una lotta per l'esistenza, e conseguentemente [la] selezione naturale, che comporta la divergenza dei caratteri e l'estinzione delle forme meno perfette», presentando un quadro potenzialmente utopico, proiettato nel futuro:

Così, dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte, direttamente deriva il più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori [...] mentre il nostro pianeta ha continuato a ruotare secondo l'immutabile legge della gravità, da un così semplice inizio innumerevoli forme, bellissime e meravigliose, si sono evolute e continuano a evolversi.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 90

Da metafore dell'infinita estensione del capitalismo, ma anche della volontà di conoscenza incarnata da figure come quella di Darwin, i scientific romances di Wells – assieme alle ultime opere di Jules Verne – diventano favole che mettono in luce uno spazio scardinato e impotente di fronte alla minaccia dell'invasione, e non importa se essa proviene dal basso della scala sociale (i ceti emergenti), dalla dimensione dell'altrove (i popoli sottomessi), dalla profondità dell'io scisso della fin-de-siècle, contaminato da pulsioni irrazionali e da sommovimenti culturali. Tra le prove dell'inquietudine dell'epoca, vi è anche il successo dei sostenitori dell'occultismo, che postula la possibilità di entrare in contatto con le forze dell'aldilà, quasi si trattasse di un nuovo avanzamento delle conoscenze scientifiche. Non è un caso, infatti, che tra i sostenitori delle "scienze occulte" ritroviamo, come si è già scritto, anche Alfred Russell Wallace, l'esploratore dell'arcipelago malese tra il 1854 e il 1862, colui che aveva indotto Darwin a non procrastinare più la pubblicazione de L'origine delle specie, ma anche uno dei sostenitori più agguerriti della Società per le ricerche psichiche, fondata nel 1900 a Londra da F.W. Myers. Nella Prefazione alla terza edizione del suo Miracles and Modern Spiritualism (1895) Wallace elenca come «fatti genuini», provati da Myers e da altri ricercatori, «la seconda vista, le visioni nella sfera di cristallo, la scrittura automatica». Tra lo scimmione e il superuomo, tra lo scienziato darwiniano e il medium che si occupa dei fenomeni spiritici, esiste solo l'intervallo di un racconto breve.

Una delle opere che chiudono il vecchio secolo è Tales of Time and Space (Racconti del tempo e dello spazio) di Wells, pubblicato nel 1899. Nei cinque racconti che compongono la raccolta, l'immaginazione dello scrittore inglese si muove dall'età della pietra al futuro di una massiccia urbanizzazione del territorio britannico (rispettivamente A Story of the Stone Age e A Story of the Days to Come). L'indagine sullo spazio circostante si carica di tensioni inesplicabili, dal momento che c'è chi, senza neppure comprenderne il motivo, è in grado di compiere miracoli prodigiosi (The Man Who Could Work Miracles), e chi, gettando lo sguardo dentro uno strano cristallo di forma ovoidale, vede apparire creature alate e dotate di tentacoli, residenti sul pianeta Marte (The Crystal Egg). Come già abbiamo visto, nulla è più relativo dello spazio se non il tempo stesso. Il cristallo che si trova nel negozio dell'antiquario Cave (anch'egli, malgrado le apparenze, un cavernicolo?) non solo serve come un telescopio di inaudita potenza ma, in contatto con un minerale simile che si scorge su Marte, consente alle creature aliene di cogliere qualche episodio frammentario della vita londinese:

Immaginate l'impressione dell'umanità che un osservatore marziano ricaverebbe, una volta che sia stato in grado, dopo un difficile processo di preparazione e con un considerevole sforzo oculare, di sbirciare Londra dal campanile della chiesa di St. Martin per un'estensione lunga al massimo quattro minuti alla volta.

La precarietà dell'osservazione condiziona la sua efficacia. Parimenti, le tecniche immaginative del romance non potenziano e non integrano i principi scientifici formulati da Darwin, piuttosto li sostituiscono con una narrazione instabile, densa di eventi inesplicabili. Londinesi e marziani alati rimangono sconosciuti gli uni agli altri, spettatori di una breve e incomprensibile tranche de vie, che assomiglia tanto a quella che si coagula provvisoriamente in una short story bizzarra. Perso ogni contatto con la solidità della ragione scientifica, il racconto tardo-vittoriano è scosso da sommovimenti tellurici che presuppongono equilibri nuovi, o forse la rinuncia a ogni armonia sancita da una tradizione che ormai tiene conto delle prospettive darwiniane, ma non le trova per nulla rassicuranti. In The Star, il secondo racconto di Tales of Space and Time, la civiltà è stata spazzata via su tutto il globo dal passaggio nelle sue vicinanze di un corpo celeste. Dal momento che non è stata varata alcuna Arca di Noè, il ritorno alla barbarie primordiale pare l'unica possibilità di sopravvivenza per i pochi superstiti — e infatti, il racconto successivo si intitola A Story of the Stone Age. In The Star nessun Darwin, e neppure nessun Viaggiatore del Tempo, arriverà per raccontare le conseguenze del cataclisma, ancora più vasto di quello a cui il giovane naturalista del Beagle aveva assistito vicino alle coste del Cile. Non rimane che affidarsi a uno sguardo alieno, totalmente privo di qualsiasi umana pietà:

Gli astronomi marziani – perché ci sono astronomi su Marte, sebbene essi siano creature molto diverse dagli uomini – furono ovviamente molti interessati a questi eventi. Naturalmente essi li videro dalla loro angolatura. "Considerate la massa e la temperatura del missile che è stato scagliato nel sole attraverso il nostro sistema solare," scrisse uno di loro, "è stupefacente quanti pochi danni abbia subito la Terra, che è stata appena mancata".

La visione apocalittica di Wells si traduce in un malinconico epitaffio alla scomparsa dell'umanità. Certamente più coinvolto era stato lo sguardo di Darwin di fronte alla selvaggia civiltà dei fuegini. Sono passati tre quarti di secolo dal viaggio del Beagle — più o meno l'arco dell'esperienza storica coperta dalla cultura vittoriana — e gli spazi aperti dall'immaginario scientifico darwiniano hanno acquisito la precarietà della trama evanescente di un romance, simile alla tela di uno dei minuscoli ragni che avevano visitato il brigantino del capitano FitzRoy sulla foce del Rio della Plata.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 110

Val la pena di ricordare che lo "Strand Magazine" ospitava tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento non solo alcune opere di Wells, ma anche i racconti polizieschi di Arthur Conan Doyle , il creatore di Sherlock Holmes. Laureato in medicina all'Università di Edimburgo, dove prima di lui aveva studiato anche Darwin, convinto dell'esistenza delle fate e anche lui affascinato dalle scienze occulte, Doyle dimostra come l'immaginario darwiniano sia fondamentale nello sviluppo delle forme della narrativa di "genere" che acquisterà grande rilievo nel corso del nuovo secolo, trasferendosi poi sul grande e sul piccolo schermo, al cinema e nelle serie televisive. Infatti, accanto all'utopia, alla distopia, alla fantascienza, che indubbiamente rappresentano l'area letteraria dove l'immaginario scientifico agisce in modo più diretto, occorre collocare anche la detective story quale genere eminentemente darwiniano. Infatti, la detective story è basata sulla ricostruzione di una serie di eventi sepolti nel passato che, attraverso l'indagine scrupolosa degli indizi (costituiti da esami sul corpo della vittima, reperti scrupolosamente catalogati, ricostruzioni verbali, testimonianze dirette o indirette) "parlano" in modo da riportare in vita – non il cadavere – ma la scena del crimine, l'atto primordiale in tutta la sua pregnanza e le cause che lo hanno provocato e permesso. Tutto ciò, secondo le formule consolidate del genere, senza che sia ipotizzabile – sebbene talvolta esso faccia la sua comparsa ingannatrice – l'elemento sovrannaturale, l'azione di una forza esterna alla volontà umana.

Non vi è dubbio, comunque, che la letteratura dell'immaginario scientifico – in cui, seguendo la teorizzazione di Darko Suvin, facciamo rientrare anche utopia e distopia – si sviluppi nel Novecento fino a oggi soprattutto nella fantascienza, sia quando essa si manifesta come short story o romanzo, sia nelle sue versioni cinematografiche e televisive. Il dibattito sul pensiero darwiniano è più diretto in alcuni momenti storicamente determinati del secolo scorso, per esempio negli anni trenta, in cui Aldous Huxley propone la sua satira contro il dominio della genetica e delle società di massa (non importa se si tratta di quella americana o della sovietica) in Brave New World (Il mondo nuovo, 1932). È pur vero che, tra i personaggi della distopia huxleyana, i quali prendono nome da figure storiche come Marx e Lenin, e riconoscono come divinità Ford, o Freud, non pare comparire nessun riferimento diretto a Darwin. Vi è solo una cintura anticoncezionale neo-malthusiana, indossata dalle promiscue fanciulle del futuro; e sappiamo che Malthus era stato uno degli ispiratori di Darwin. Si potrebbe pensare a una forma di rispetto di Aldous, che dopotutto era nipote di Thomas H. Huxley , uno dei più accaniti difensori dell'autore de L'origine delle specie; tuttavia, verso l'epilogo di Brave New World, il suo autore non sa resistere alla tentazione della dissacrazione anche nei confronti di Darwin, introducendo il personaggio di Darwin Bonaparte, fotografo e cineoperatore specializzato in feelies, i film semipornografici che solleticano i sensi degli spettatori del futuro. È Darwin Bonaparte che spia e riprende di nascosto John il Selvaggio, esule in un faro sulla costa del Surrey, mentre cerca di scacciare da sé, flagellandosi con una frusta, il desiderio dell'amata e infedele Lenina; ed è lui a mettere in circolazione in tutta Europa il feely Il selvaggio del Surrey, che scatena la curiosità popolare e porterà, a conclusione di Brave New World, al suicidio di John. In questo modo, il nome di Darwin viene accostato a quello di un genio militare, tradizionalmente visto come l'arcinemico degli inglesi, e attribuito alla figura di un grottesco voyeur, che "studia" i comportamenti umani come se si trattasse di animali.

Due anni prima, nel 1930, un altro intellettuale inglese, Olaf Stapledon , aveva pubblicato il romanzo evoluzionista Last and First Men (Ultimi e primi uomini), in cui il racconto di un essere umano del remoto futuro che si è messo in contatto telepaticamente con il narratore, ricostruendo il percorso dell'umanità attraverso una sterminata sequenza di fasi e periodi "storici", che contengono successive mutazioni psicologiche, culturali e anche fisiche, dal momento che una serie di ibridazioni con altri abitanti del sistema solare ha modificato in modo radicale, nel corso dei millenni e dei milioni di anni, l'aspetto dei terrestri. Alla fine, un'umanità composta da creature dotate di grandi poteri intellettivi arriverà fino ai confini del sistema solare, in attesa della morte del sole e della fine dell'esistenza, essendo destinata a sopravvivere solo come pulviscolo genetico fluttuante nel cosmo.

La componente darwiniana della fantascienza prosegue poi negli anni quaranta e cinquanta del Novecento, ed è facilmente rintracciabile, per esempio, nelle opere dell'inglese Arthur C. Clarke e dell'americano Isaac Asimov. Tuttavia, invece di disperderci in un labirinto di echi e di riscritture che variano da autore ad autore, preferiamo sottolineare come l'immaginario darwiniano prenda spunto sia dalla visione evolutiva e "progressiva" ribadita da Darwin, non senza qualche ambiguità, alla fine de L'origine delle specie e presente anche nelle opere successive, sia nella cronaca di viaggio del Beagle, per le modalità narrative che lo scrittore ottocentesco imprime al resoconto di una serie di incontri e di spedizioni, di ricognizioni scientifiche e di osservazioni naturalistiche. Malgrado il tentativo di familiarizzare l'alterità per i suoi lettori, il linguaggio di Darwin – come abbiamo cercato di mostrare – coglie il senso non solo della novità, ma anche della varietà, delle proprie esperienze, si tratti dei grandi relitti fossili che spuntano dai terreni dell'America del Sud o dello spettacolo delle barriere coralline, in occasione dell'incontro con i primordiali selvaggi della Terra del Fuoco o con le specie animali delle isole Galapagos. In questo senso, si potrebbe sostenere che il discorso darwiniano più approfondito nella dimensione immaginativa venga sviluppato dalle serie televisive americane di Star Trek.

| << |  <  |