Copertina
Autore Francesco Berto
Titolo Tutti pazzi per Gödel!
SottotitoloLa guida completa al Teorema di Incompletezza
EdizioneLaterza, Roma-Bari, 2008, i Robinson , pag. 272, cop.fle., dim. 14x21x2 cm , Isbn 978-88-420-8590-4
LettoreCorrado Leonardo, 2008
Classe logica , matematica
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Indice

    Prologo                                                         VII

    Ringraziamenti                                                   XV


    Parte prima - La sinfonia gödeliana


1.  Fondamenti e paradossi                                            5

    1.  «Questo enunciato è falso», p. 8
    2.  Il mentitore e Gödel (ma il mentitore non è Gödel), p. 11
    3.  Linguaggio e metalinguaggio, p. 12
    4.  Il metodo assiomatico, ovvero come ricavare
        il non ovvio dall'ovvio, p. 15
    5.  Gli assiomi di Peano..., p. 16
    6.  ...E gli incontentabili logici(sti), Frege e Russell, p. 18
    7.  Pillole di insiemistica, p. 20
    8.  Il Principio di Astrazione, p. 23
    9.  Altre nozioni insiemistiche, p. 25
    10. Proprietà, relazioni, funzioni, ovvero: ancora insiemi, p. 27
    11. Calcolare, computare, enumerare, decidere,
        ovvero la nozione di algoritmo, p. 29
    12. I numeri come insiemi di insiemi, p. 34
    13. Piovono i paradossi, p. 36
    14. La «diagonale» di Cantor,
        e un paio di altri paradossi famosi, p. 38
    15. Autoriferimento e paradossi, p. 42

2.  Hilbert                                                          46

    1. Stringhe di segni, p. 46
    2. «...in matematica non ci sono 'ignorabimus'», p. 50
    3. Il momento d'impatto, p. 54
    4. Il nostro primo approccio al Teorema di Incompletezza..., p. 56
    5. ...E un po' di precisazioni, p. 61

3.  La gödelizzazione, ovvero: ditelo con i numeri!                  64

    1. Il nostro primo incontro con l'Aritmetica Tipografica, p. 65
    2. Gli assiomi aritmetici dell'AT e il «modello standard», N, p. 68
    3. La Proprietà Fondamentale dei Sistemi Formali, p. 73
    4. La gödelizzazione..., p. 77
    5....E l'aritmetizzazione della sintassi, p. 82

4.  Un po' di aritmetica ricorsiva...                                84

    1. Precisiamo gli algoritmi, p. 84
    2. Pillole di ricorsività, p. 86
    3. La Tesi di Church, p. 89
    4. Ricorsività di predicati, insiemi, proprietà e relazioni, p. 91

5.  ...e come l'Aritmetica Tipografica riesce a rappresentarla       94

    1. Introspezione e rappresentazione, p. 94
    2. La rappresentabilità di proprietà,
       relazioni e funzioni..., p. 97
    3. ...E il circolo gödeliano, p. 100

6.  «Io non sono dimostrabile»                                      103

    1. Coppie dimostrative, p. 103
    2. La proprietà di essere un teorema dell'AT
       (non è ricorsiva!), p. 105
    3. Aritmetizziamo la sostituzione, p. 107
    4. Come può un enunciato dell'AT riferirsi a se stesso?, p. 108
    5. γ, p. 111
    6. Il punto fisso, p. 114
    7. Coerenza e omega-coerenza, p. 116
    8. La prova di G1, p. 118
    9. La prova di Rosser, p. 120

7.  L'indimostrabilità della coerenza
    e le conseguenze immediate» di Gl e G2                          122

    1.  G2, p. 122
    2.  Interludio tecnico, p. 126
    3.  «Conseguenze immediate» di G1 e G2, p. 127
    4.  Due sensi di «indecidibile», p. 129
    5.  L'incompletezza essenziale,
        o il Sindacato dei Matematici, p. 131
    6.  L'Aritmetica di Robinson, p. 133
    7.  Quanto sono generali i risultati gödeliani?, p. 135
    8.  Pillole di macchina di Turing, p. 136
    9.  G1 e G2 in generale, p. 139
    10. Pesci inattesi fra le maglie del formalismo, p. 141
    11. Numeri soprannaturali, p. 145
    12. Le colpe dello schema d'induzione, p. 147
    13. Un po' di Verità (ma non troppa), p. 149


    Parte seconda - Il mondo dopo Gödel


8.  Buttarla in politica»: le interpretazioni postmoderne           155

    1. Che cos'è il postmodernismo?, p. 156
    2. From Gödel to Lenin, p. 158
    3. «Dimostrazione biblica» è decidibile?, p. 160
    4. La Teoria della Totalità, p. 162
    5. Maestre borghesi!, p. 165
    6. Bivi interessanti e non, p. 167

9.  Gödel e Platone                                                 173

    1. Esploratori nel reame dei numeri, p. 173
    2. L'essenza di una vita, p. 175
    3. I «pregiudizi filosofici della nostra epoca», p. 179
    4. From Gödel to Tarski, p. 181
    5. Umano, troppo umano, p. 186

10. Atti di fede                                                    192

    1. «Io non sono pazzo!», p. 193
    2. Dubbi raffinati, p. 196
    3. Da Gentzen all'interpretazione di «Dialectica», p. 199
    4. I matematici sono uomini di fede, p. 201

11. Mente contro computer: Gödel e l'Intelligenza Artificiale       206

    1. La mente è (tutto) un programma?, p. 206
    2. «Vedere la verità» e «Uscire dal sistema», p. 208
    3. L'errore essenziale, p. 211
    4. Nelle nebbie del transfinito, p. 214
    5. «Conosci te stesso»:
       Socrate e l'inesauribilità della matematica, p. 219

12. Gödel contro Wittgenstein e l'interpretazione paraconsistente   223

    1. Quando i grandi si sfiorano..., p. 224
    2. Wittgenstein implausibile, p. 226
    3. «Non esiste una metamatematica», p. 229
    4. La «prova» e la «prosa», p. 231
    5. L'«unico argomento», p. 237
    6. Ma come può l'aritmetica essere incoerente?, p. 242
    7. Costi e vantaggi del rendere Wittgenstein plausibile, p. 250

    Epilogo                                                         252
    Bibliografia                                                    255
    Indice dei nomi                                                 265

 

 

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Pagina VII

Prologo



                                     Di questo Gödel non se ne può più.

                                     Anthony Hutton
                                     This Gödel is Killing Me



Nel 1930, un ragazzo sui ventitré anni dimostrò un teorema di logica matematica, e il suo risultato fu pubblicato l'anno seguente in una rivista scientifica austriaca. Il titolo dell'articolo in tedesco che conteneva la dimostrazione, tradotto, suona: Sulle proposizioni formalmente indecidibili dei «Principia Mathematica» e di sistemi affini I. I Principia Mathematica sono una gigantesca opera in tre volumi, scritta dal celebre filosofo e logico Bertrand Russell e dal matematico Alfred North Whitehead, e contenente un sistema di assiomi logico-matematici entro il quale si riteneva di poter esprimere e dimostrare tutta la matematica. Il teorema provato dal ragazzo verteva intorno a (una modificazione di) questo sistema. Č consegnato al mondo col nome di Teorema di Incompletezza dell'Aritmetica, e la sua prova è una delle più incredibili sequenze argomentative nella storia del pensiero umano. Il ragazzo era uno sconosciuto di nome Kurt Gödel, e il libro che avete fra le mani è una guida al suo Teorema.

In realtà, nel proprio articolo Gödel presentò una successione di teoremi, ma i più importanti fra essi sono il Teorema VI, e l'ultimo della serie, il Teorema XI. Č a questi due risultati che ci si riferisce, rispettivamente, come al Primo e al Secondo Teorema di Incompletezza di Gödel. Quando invece si parla solo del Teorema di Incompletezza, ci si riferisce di solito alla congiunzione di quei due; o almeno, così farò io.

La prova di Gödel è un risultato piuttosto tecnico. Nel 1931 (e per molti anni a seguire) costituì qualcosa di così innovativo che molti grandi logici, filosofi e matematici del tempo, da Ernst Zermelo a Rudolf Carnap allo stesso Russell, faticarono a capire di che si trattasse esattamente. Oggi la dimostrazione del Teorema è considerata non troppo difficile, e qualsiasi logico matematico l'ha incontrata in qualche manuale corrente di logica intermedia. Eppure, resta un fatto tecnico, inaccessibile ai non addetti ai lavori. Č quindi stupefacente osservare come questa dimostrazione abbia cambiato la nostra comprensione della matematica e, secondo alcuni, anche di noi stessi.

Tutti sono d'accordo, anzitutto, sul fatto che il risultato gödeliano è qualcosa di grande. John Dawson, il biografo ufficiale di Gödel, ha notato che invocare immagini geologiche in questo contesto sembra piuttosto normale. Sentiamo Karl Popper:

Il lavoro sulle proposizioni formalmente indecidibili fu avvertito come un terremoto, in particolare anche da Carnap.

Ecco John von Neumann, il «calcolatore umano» di Princeton, nel discorso che tenne nel 1951 in occasione della consegna a Gödel del Premio Einstein:

Il risultato di Kurt Gödel nella logica moderna è unico e monumentale — in realtà è più di un monumento, è una pietra miliare che resterà visibile da lontano nello spazio e nel tempo.

Quanto alla leggendaria amicizia fra Gödel e Einstein, una volta Einstein confidò all'economista Oskar Morgenstern di essere andato all'Institute for Advanced Study di Princeton solo «um das Privileg zu haben, mit Gödel zu Fuss nach Hause gehen zu dürfen»: per avere il privilegio di camminare insieme a Gödel sulla via di casa.

Questo però non basta ancora. Ci sono altri risultati assai tecnici della matematica contemporanea di cui si è parlato sui giornali, su cui sono stati scritti racconti: di recente è successo con la prova di Andrew Wiles dell'Ultimo Teorema di Fermat (una dimostrazione di 130 pagine, che in realtà è una prova della Congettura di Taniyama-Shimura sulle curve ellittiche, la quale a sua volta implica íl Teorema di Fermat), che ha ispirato un libro molto bello di Simon Singh. Tuttavia, nessun risultato matematico ha avuto ricadute extramatematiche lontanamente paragonabili al Teorema di Gödel. Sempre per restare alle metafore geologiche, sentiamo Rebecca Goldstein:

Il teorema di quest'uomo è, insieme al principio di indeterminazione di Heisenberg e alla relatività di Einstein, la terza gamba di quel tripode di cataclismi teorici che sono stati percepiti come un terremoto nella profondità dei fondamenti delle «scienze esatte». Le tre scoperte sembrano condurci in un mondo sconosciuto, così distante dalle nostre assunzioni e intuizioni precedenti che, quasi un secolo dopo, stiamo ancora lottando per renderci conto di dove, esattamente, siamo arrivati.

Il Teorema di Gödel è stato preso come icona della cultura contemporanea: una cultura, si ritiene, governata da cose come il relativismo, il postmodernismo, il tramonto delle verità incontrovertibili, dell'oggettività, e così via. Parole come «indeterminazione» e «incompletezza», naturalmente, suonano consonanti con quest'onda lunga del pensiero dominante del nostro tempo. Così è stato detto, ad esempio, che «Il teorema di incompletezza di Gödel mostra che non è possibile provare che esiste una realtà oggettiva»; o che «I credenti sostengono che la Bibbia contiene tutte le risposte, ma il teorema di Gödel indica che questo è impossibile». Al risultato gödeliano si sono riferiti innumerevoli racconti di fantascienza, da L'enigma dell'universo di Christopher Cherniak, a Software di Rudy Rucker, a Golem XIV di Stanislaw Lem. Hans Magnus Enzensberger gli ha dedicato la poesia Hommage à Gödel, su cui Hans Werner Henze ha composto un Concerto per Violino. Anche molti nomi celebri del pensiero contemporaneo hanno sentito il bisogno di dir la loro sul Teorema: da Wittgenstein, che ne ha affermato cose molto controverse nelle Osservazioni sui fondamenti della matematica; a Roger Penrose, il quale nel famoso La mente nuova dell'imperatore ha usato il Teorema per difendere, contro l'idea alla base dell'Intelligenza Artificiale, la tesi secondo cui la mente umana non potrà mai essere emulata da un computer; a Douglas Hofstadter, che col suo libro Gödel, Escher, Bach. Un'Eterna Ghirlanda Brillante ha ottenuto un immenso successo mondiale e vinto, fra le altre cose, il premio Pulitzer.

In questo libro, oltre a spiegare che cos'è il Teorema di Incompletezza, vorrei dire qualcosa sul fenomeno extramatematico che ha prodotto. Vorrei, se non rispondere, almeno mettere voi nella condizione di rispondere alla domanda: perché siamo tutti pazzi per Gödel? Com'è accaduto che una frase ai limiti del geroglifico come questa:

Per ogni classe K di formule ω-coerente ricorsiva esistono segni di classe ricorsivi r tali che né v Gen r né Neg(v Gen r) appartengono a Flg(K) (essendo v la variabile libera di r),

sia assurta al ruolo di emblema della nostra civiltà?

Perciò, il libro è diviso in due parti. La prima, intitolata La sinfonia gödeliana, fornisce l'introduzione vera e propria al Teorema. Il titolo prende sul serio l'affermazione di Ernest Nagel e James R. Newman, i quali nel fortunato volume La prova di Gödel hanno affermato che tale prova è una «stupefacente sinfonia intellettuale». Dopo aver parlato rapidamente del contesto storico in cui la scoperta gödeliana ebbe luogo (dal progetto fondazionalista di Frege e Russell, alla scoperta dei paradossi della teoria degli insiemi, al Programma di Hilbert), vi si ricostruisce passo per passo la prova di Gödel, spiegando ciascun suo movimento chiave in un capitolo separato. I dettagli della prova, si diceva prima, sono fortemente tecnici; ma la sua strategia generale non lo è: è anzi basata su un paio di idee straordinariamente semplici.

La seconda parte del libro, intitolata Il mondo dopo Gödel, è meno tecnica e considera alcune delle più famose tesi di metafisica, filosofia della matematica, filosofia della mente, e addirittura sociologia o politica, che si sostiene si fondino sul Teorema di Incompletezza, o derivino da esso. Qui mostro come alcuni usi del Teorema in contesti extramatematici siano fuori luogo e sorgano da buffi fraintendimenti del risultato di Gödel, mentre altri sono molto interessanti ed evidenziano la sua straordinaria fecondità. Č qui che entrano in scena i summenzionati nomi celebri, come Wittgenstein e Penrose.

Questa seconda parte è influenzata da un libro di Torkel Franzén il cui titolo, tradotto, suona: Il Teorema di Gödel: una guida incompleta al suo uso e abuso. Nella vasta letteratura manualistica su Gödel, il testo di Franzén si distingue perché è un'analisi molto seria, garbata ma anche impietosa, delle invocazioni più o meno arbitrarie dei risultati gödeliani in ambito decostruzionista, in ermeneutica, in filosofia della mente, ma anche in politica, arte, religione, new age e quant'altro — ambiti in cui il Teorema viene spesso citato a sproposito, frainteso, e adoperato per «dimostrare» più o meno qualsiasi cosa. Fra le metafore prese di mira da Franzén ci sono alcune di quelle proposte da Hofstadter — i cui voli metafisici fra le incisioni paradossali di Escher, le fughe di Bach, il Buddismo Zen, e i problemi dell'Intelligenza Artificiale, sono stati bacchettati da vari addetti ai lavori logico-matematici:

Trovare ispirazioni, metafore, e analogie in altri campi quando si studia la mente umana è, naturalmente, del tutto legittimo e potrebbe essere piuttosto utile. Ma questo può solo essere un punto di partenza; occorrerebbero teorie vere e proprie, e studi della mente umana, per dar fondamento a riflessioni come quelle di Hofstadter. Le invocazioni metaforiche del teorema di Gödel soffrono spesso della debolezza di offrire alla mente umana un compiacimento tale, che tendono a essere scambiate per osservazioni incisive e illuminanti.

Ora, io sto, col cuore, dalla parte di Hofstadter, al quale devo (insieme a milioni di persone) il mio interesse per Gödel. Credo che Hofstadter abbia messo in Gödel, Escher, Bach tutta la competenza logico-matematica che si potrebbe sperare in un testo sul Teorema di Incompletezza, e che il suo unico errore sia stato quello di metterci più cose ancora — in particolare, abbastanza cose divertenti da rendere il volume condannabile agli occhi di qualche studioso che si prende troppo sul serio. Credo anche che quello di Franzén sia un libro molto prezioso, e la seconda parte di questo volume è consonante con la sua guida all'uso e abuso del Teorema di Gödel su quasi tutti i punti. Soprattutto, è consonante con la sua ispirazione di fondo: pochi atteggiamenti culturali sono deprecabili quanto usare strumentalmente un prodotto del genio umano per fargli dire quel che ci piace che dica.

Si tratta, piuttosto, di un problema di toni. Dove Franzén fa (come nella citazione che abbiamo appena ascoltato) affermazioni del tipo: «Questa sarà pure una cosa interessante, ma è soltanto un'analogia e non segue logicamente dal Teorema», io tenderei a ribaltarle in: «Questa sarà pure un'analogia che non segue logicamente dal Teorema, ma è senz'altro una cosa interessante». Con una lieve divergenza di toni, coloro (e sono tanti!) che scrivono libri su Gödel possono fare la differenza fra un mondo in cui le persone si appassionano onestamente al suo risultato e uno in cui si crede che, tutto sommato, la logica non può avere nulla di fondamentale da dirci, dato che è una cosa troppo complessa e tecnica per contare davvero nella nostra vita.

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Pagina 54

3. Il momento d'impatto

Č a questo punto della storia che entra in campo Kurt Gödel. Gödel, il quale nel 1929 era un giovanissimo matematico talentuoso, che decise di cimentarsi con la lista dei Problemi di Hilbert — e scelse il Secondo. Gödel, che si mise al lavoro, non dunque con l'intento di distruggere il Programma di Hilbert, ma di farlo avanzare; e si trovò di fronte a un problema del tutto inatteso. E Gödel, che svariati anni dopo attribuì molti dei propri strepitosi successi in logica matematica al fatto di essere consapevolmente andato controcorrente, senza lasciarsi influenzare dalla generale diffidenza dei matematici del proprio tempo verso il ragionamento «non finitario»: al fatto, per dirla in modo un po' poetico, di non aver avuto paura di dare un'occhiata da vicino al vero infinito.

Ascoltiamo l' incipit dell'articolo gödeliano — l'inizio della sinfonia. Le parole di Gödel sono cariche di significato e riferimenti. Tuttavia, dopo aver accordato gli strumenti nel capitolo precedente e in questo, dovremmo essere in grado di apprezzare tutti i rinvii e la portata del suo discorso. Il puzzle, insomma, comincia a comporsi:

La tendenza della matematica verso un sempre maggiore rigore ha portato, come è ben noto, alla formalizzazione di suoi ampi settori, così che al loro interno è possibile dimostrare un teorema usando solo poche regole meccaniche. I sistemi formali più ampi elaborati fino a questo momento sono quello dei "Principia Mathematica" (PM), e il sistema di assiomi di Zermelo-Fraenkel per la teoria degli insiemi (con i successivi sviluppi di J. Von Neumann). Questi due sistemi sono talmente generali che tutti i metodi dimostrativi attualmente impiegati in matematica sono stati formalizzati al loro interno, cioè ridotti a pochi assiomi e alcune regole di inferenza. Si potrebbe quindi supporre che questi assiomi e queste regole siano sufficienti a decidere ogni quesito matematico formalmente esprimibile in essi. Si dimostrerà più avanti che non è così, e che al contrario esistono nei due sistemi citati problemi relativamente semplici riguardanti la teoria dei numeri naturali che non possono essere decisi sulla base degli assiomi. Questa situazione non dipende in alcun modo dalla natura specifica dei sistemi proposti, ma riguarda un'ampia classe di sistemi formali: e fra questi, in particolare, tutti i sistemi che si ottengono dai due indicati aggiungendo un numero finito di assiomi [...]. Un'analisi accurata di questa curiosa situazione porta a risultati sorprendenti riguardo alle dimostrazioni di coerenza per i sistemi formali....


4. Il nostro primo approccio al Teorema di Incompletezza...

La «curiosa situazione» cui si riferiva Gödel era proprio quella prodotta dal suo Teorema di Incompletezza, di cui, nel primo paragrafo del proprio articolo, egli volle «esporre l'idea su cui si fonda la dimostrazione, naturalmente senza pretese di rigore». Riesporrò ora l'abbozzo di prova in questione, all'interno di un discorso analogo a quello originale gödeliano — «analogo», nel seguente senso: si tratta, in primo luogo, di una spiegazione informale della prova del Teorema; e in secondo luogo, di (un abbozzo di) una prova di tipo semantico — dove con questo si intende: facente appello a nozioni semantiche come, per eccellenza, quella di verità.

L'esposizione ci consentirà un primo approccio al Teorema di Gödel, ed è conforme a quelle che si ritrovano in molti manuali e testi divulgativi di logica. Tuttavia, va presa con cautela. Vari malintesi sui risultati di incompletezza sono dipesi dal fatto che alcuni filosofi si sono concentrati soltanto sull'esposizione «senza pretese di rigore» del primo paragrafo dell'articolo del '31, e ne sono stati fuorviati. Secondo molti, questo sarebbe capitato nientemeno che a Ludwig Wittgenstein, nelle sue famose osservazioni sul Primo Teorema. Per eliminare i possibili malintesi, occorre seguire le mosse della dimostrazione «al rallentatore», ossia con tutti i dettagli matematici (e soprattutto, metamatematici) del caso; il che produce un certo numero di complicazioni. Questo fu eseguito da Gödel nel resto del suo articolo, e sarà rieseguito nei capitoli che seguono. Soprattutto, impareremo le complicazioni un po' alla volta.

Anzitutto, definiamo quattro nozioni che costituiscono due coppie di proprietà dei sistemi formali, una coppia sintattica e una semantica: (1) coerenza sintattica, (2) completezza sintattica, (3) coerenza semantica, (4) completezza semantica. Dovrò fare riferimento a queste quattro nozioni molto spesso nel prosieguo del libro.

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Pagina 64

3.
La gödelizzazione, ovvero:
ditelo con i numeri!



Gödel diede il primo annuncio del proprio Teorema il 7 ottobre del 1930, in un convegno tenuto a Königsberg. Al convegno erano stati invitati alcuni dei più importanti logici e matematici del tempo: fra essi, l'intuizionista Arend Heyting, per esporvi le idee di Brouwer; Friedrich Weismann, seguace di Wittgenstein; von Neumann, per parlare della fondazione formalista di Hilbert; e il neopositivista Rudolf Carnap, figura eminente del famoso Circolo di Vienna. Gödel, che non era certo fra i big guys, tenne una relazione di una ventina di minuti e non è affatto vero che, come è stato scritto, produsse un cataclisma. L'approccio gödeliano era così strano e innovativo che, a quanto pare, nessuno intese esattamente che cosa fosse successo.

Nell'articolo del 1931, Gödel si concentrò quindi su un particolare sistema formale per l'aritmetica, che chiamò P. In sostanza, si trattava di un sistema ottenuto con alcune modifiche da quello dei Principia Mathematica di Russell e Whitehead. Negli anni, i logici hanno raggiunto formulazioni astratte estremamente generali del Teorema di Incompletezza, ma Gödel fu inizialmente abbastanza cauto intorno all'estendibilità dei propri risultati — non solo perché era un uomo prudente, ma anche per una ragione più tecnica, che verrà spiegata più avanti. Seguirò un percorso prossimo a quello gödeliano (provando G1 e G2 non in forma astratta, come si fa spesso oggi, bensì in riferimento a un sistema formale preciso), ma sostituendo la sua notazione e il suo sistema formale con versioni più attuali. Insomma, eseguirò la sinfonia gödeliana originale, ma, per così dire, con una Fender e un sintetizzatore al posto dei suoi violini di inizio Novecento!


1. Il nostro primo incontro con l'Aritmetica Tipografica

Oggi si considera che il caso esemplare di teoria a cui può applicarsi il Teorema di Gödel sia un sistema formale chiamato Aritmetica di Peano, e siglato come PA. Seguendo Hofstadter, ho deciso che ribattezzerò il sistema dell'Aritmetica di Peano come Aritmetica Tipografica (e quindi, lo siglerò con AT ). Il motivo è che dovremo abituarci, sempre per dirla con Hofstadter, a «vedere le cose tipograficamente», ossia a considerare spesso il nostro sistema con occhi puramente sintattici — con gli occhi, insomma, di un formalista che fa teoria della dimostrazione. Dovremo guardare alle formule come a stringhe di simboli, alle regole d'inferenza come a istruzioni per manipolare simboli, ecc. — il che non è sempre facile o del tutto spontaneo. Per andare oltre il formalismo di Hilbert, insomma, occorre che cominciamo col prendere sul serio la sua prospettiva — che è esattamente quel che fece Gödel.

Se il famoso enunciato gödeliano è il vero protagonista di questo libro, l'Aritmetica Tipografica è la madre del protagonista. I simboli logici del linguaggio dell'Aritmetica Tipografica saranno quelli usuali della logica elementare classica.

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Pagina 73

3. La Proprietà Fondamentale dei Sistemi Formali

Una volta specificato il sistema formale in gioco, Gödel produsse la sua prima mossa geniale: l'introduzione di quella chi oggi chiamiamo, in suo onore, gödelizzazione, o numerazione di Gödel. In sé, l'idea è meravigliosamente, incredibilmente semplice. Consideriamo infatti l'Aritmetica Tipografica, che ho appena descritto, così come ci viene richiesto da un formalista: consideriamola come un sistema di (stringhe di) segni, puri segni, prescindendo del tutto dalla loro interpretazione, dalla loro «lettura intuitiva», ecc. Questo «vedere tipograficamente» le cose, si è detto, è difficile — richiede allenamento, perché noi siamo portati del tutto naturalmente ad assegnare, a simboli la cui forma ci è familiare, il significato che attribuiremmo loro di solito. Ad esempio siamo portati a leggere del tutto naturalmente il simbolo + (in grassetto) dell' AT , come significante l'operazione di addizione. Sforziamoci dunque di vedere l' AT solo con gli occhi della sua pura sintassi, come ci suggerisce Gödel:

Le formule di un sistema formale (ci limitiamo al sistema [AT]) esteriormente, sono sequenze finite di simboli primitivi (variabili, costanti logiche e parentesi o segni di separazione) e si può facilmente precisare in modo del tutto rigoroso quali sequenze di simboli primitivi siano formule sensate e quali non lo siano. Analogamente, le dimostrazioni, formalmente, non sono altro che sequenze finite di formule (con certe proprietà che si possono specificare).

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4. La gödelizzazione...

Quando studiamo in modo «puramente tipografico» un qualsiasi sistema formale S su un linguaggio formalizzato L , come ci viene richiesto nella metamatematica hilbertiana, abbiamo a che fare, si diceva, con un insieme numerabile di oggetti. Allora possiamo rappresentare questi oggetti mediante i numeri naturali, assegnando un numero a ciascun oggetto, numeri distinti per oggetti distinti. Č questo il cuore della mossa geniale della gödelizzazione. In sostanza, questa consiste in una funzione g che abbina a ogni simbolo, formula e sequenza di formule del sistema formale in gioco un singolo numero naturale, in modo univoco ed effettivo. Data un'espressione (simbolo, formula, sequenza di formule) ε del sistema, la funzione le assegna il numero g ( ε ), che è detto il suo numero di Gödel, o brevemente il suo gödeliano.

Oggi esistono molte diverse procedure di gödelizzazione, ossia molti metodi diversi per assegnare nel modo opportuno numeri naturali a espressioni linguistiche di linguaggi e sistemi formali. A qualunque associazione del genere si richiedono sempre le due seguenti caratteristiche: (1) deve assegnare numeri diversi a espressioni diverse (mai dunque, ad esempio, lo stesso numero a una formula e a una dimostrazione, o a due formule diverse); (2) dev'essere a sua volta una procedura algoritmica, dunque meccanica ed effettiva.

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5. ...E l'aritmetizzazione della sintassi

Ora, le nozioni che si applicano a espressioni del sistema formale, ossia a oggetti sintattici, come la nozione di formula e quella di dimostrazione, hanno corrispondenti concetti aritmetici che si applicano ai numeri di Gödel di quegli oggetti. Questa situazione è stata dunque chiamata aritmetizzazione della sintassi (o della metamatematica, o anche, della metateoria). A proprietà e relazioni sintattiche – ossia di cui godono, o che sussistono fra, espressioni del linguaggio dell'Aritmetica Tipografica – corrispondono in modo univoco ed effettivo proprietà e relazioni aritmetiche dei rispettivi numeri di Gödel. Una formula α, ad esempio, sarà derivabile da un'altra formula β, se e solo se sussiste una certa relazione aritmetica fra i rispettivi numeri di Gödel, g (α) e g (β). Per inciso, si noti che qualcosa del genere succederebbe anche se codificassimo numericamente oggetti diversi rispetto alle espressioni linguistiche. Ad esempio, quando andiamo al supermercato, ritiriamo un numero per essere serviti, e la numerazione assegnataci codifica l'ordine di successione fra i clienti. Così, il fatto (non matematico) che io, che ho il numero 74, sarò servito dopo la signora Rossi, che ha il numero 69, è riflesso nel fatto che 69 è minore di 74, ossia in una relazione aritmetica fra i numeri.

Siccome la funzione g di gödelizzazione è calcolabile in modo meccanico (così come la sua inversa), a proprietà e relazioni sintattiche-metamatematiche decidibili del linguaggio del sistema formale (come quella di essere una variabile, o una formula ben formata, o un assioma, o una dimostrazione) corrispondono proprietà e relazioni aritmetiche decidibili (quella di essere il numero di Gödel di una variabile, quella di essere il numero di Gödel di una formula ben formata, quella di essere il numero di Gödel di un assioma, ecc.). Anche se la scelta di una certa numerazione di Gödel piuttosto che di un'altra è largamente convenzionale, si diceva, il punto non sindacabile della costruzione è che le proprietà sintattiche delle stringhe di simboli che le rendono riconoscibili come stringhe di un certo genere corrispondano a proprietà aritmetiche decidibili dei loro codici numerici. Ad esempio, nella gödelizzazione vista sopra la proprietà di essere il numero di Gödel di una variabile, non è altro che la proprietà di essere un numero dispari maggiore di 29.

Ricordiamoci che la stessa procedura è applicabile a qualsiasi sistema formale, perché qualsiasi sistema formale sarà sempre costituito da un linguaggio con un insieme ben definito di simboli di base, da formule ben formate che sono sequenze finite di simboli costruite in base a precise regole, ecc. Č perciò che il titolo di questo capitolo è «Ditelo con i numeri»: noi possiamo sempre parlare di nozioni sintattiche, ossia di certe proprietà di, e relazioni fra, espressioni linguistiche, attraverso l'aritmetica, ossia attraverso le corrispondenti proprietà aritmetiche dei rispettivi codici numerici: simplex sigillum veri. La procedura di gödelizzazione è oggi prassi logico-matematica comune, e ha una quantità svariata di impieghi. Per capire meglio l'uso che ne fece Gödel nel proprio articolo, però, dobbiamo prendere una piccola deviazione matematica – cosa che faremo nel prossimo capitolo.

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9. G1 e G2 in generale

Oggi sappiamo che una precisazione delle nozioni di calcolabilità e di algoritmo può essere fornita dalla teoria della ricorsività, se si accetta la Tesi di Church. Ma pur essendo stato (e proprio a partire dall'articolo del '31!) uno dei padri della teoria della ricorsività, Gödel inizialmente non si fidava troppo della Tesi di Church, ed era riluttante a considerare anche la ricorsività generale come un'adeguata caratterizzazione della nozione di calcolabilità. Solo dopo che Turing ebbe mostrato l'equivalenza fra funzioni Turing-computabili e funzioni ricorsive, Gödel si convinse che le funzioni intuitivamente calcolabili coincidessero con quelle ricorsive.

Si è scritto molto intorno al fatto che Gödel sospettasse della Tesi di Church, mentre abbracciò senza riserve quella di Turing, che le equivale. Non che questo fosse un errore, da parte sua. In effetti, Gödel non sbagliò proprio nulla – diciamo solo che non ebbe «fiuto», il che è molto strano, visto che si trattava di un genio dall'intuito eccezionale. Ci si è anche chiesti perché Gödel abbia avuto un ruolo meno centrale di quello che avrebbe potuto avere nel successivo grande sviluppo della teoria della ricorsività, e c'è chi imputa la cosa al suo platonismo.

Io preferisco pensare che sia dipeso dalla natura filosofica della mente di Gödel. Il famoso intuito gödeliano si mostrava nella sua capacità di dirigersi con sicurezza verso i problemi fondamentali, aprendo nuove strade e dischiudendo prospettive originali: poteva permettersi di lasciare agli altri lo sviluppo dei dettagli tecnici. D'altra parte, nella nota aggiunta nel 1963 all'articolo del '31, in cui si generalizzano i due Teoremi di Incompletezza, è ancora Turing a essere messo in primo piano:

In seguito ad ulteriori risultati, in particolare al fatto che, grazie al lavoro di A.M. Turing, si può ora dare una definizione rigorosa e adeguata al di là di ogni dubbio, del concetto generale di sistema formale, è oggi possibile una versione del tutto generale dei Teoremi VI e XI. In altre parole si può dimostrare rigorosamente che in ogni sistema formale coerente che contenga una certa quantità di teoria finitaria dei numeri, esistono proposizioni aritmetiche indecidibili, e inoltre, che la coerenza di ognuno di questi sistemi non può essere dimostrata all'interno del sistema stesso.

Le formulazioni informali e generali-astratte di G1 e G2, dunque, possono essere le seguenti:


(G1) (Gödel-Rosser) Qualsiasi sistema formale S (omega-) coerente e in grado di rappresentare una certa quantità di aritmetica elementare è sintatticamente incompleto: vi sono enunciati aritmetici formulati nel linguaggio L di S, che non sono dimostrabili né refutabili in S.


(G2) (Gödel) Qualsiasi sistema formale S coerente e in grado di rappresentare una certa quantità di aritmetica elementare non può dimostrare l'enunciato del linguaggio L di S che rappresenta la coerenza di S.

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Pagina 192

10.
Atti di fede



C'è un motto attribuito al grande matematico André Weil che suona: «Dio esiste perché la matematica è coerente, e il Diavolo esiste perché non lo possiamo dimostrare». Il Secondo Teorema di Gödel per molti ha simili conseguenze religiose, e in questo capitolo ci chiederemo se e in che termini le cose stanno davvero così. Ci interrogheremo sulla natura matematica delle dimostrazioni di coerenza per sistemi formali, sulla loro portata filosofica, e sulla possibilità che G2 mini l'una o l'altra. Non si scomoderanno direttamente Dio e il Diavolo, ma si dovrà parlare di fede — o almeno, di fede matematica. Si parlerà anche di ciò che spesso si tende ad opporre alla fede, ossia di scetticismo. Vedremo però che scetticismo e fede possono allearsi, come fanno certi partiti politici ufficialmente opposti quando vedono un nemico ancora più pericoloso all'orizzonte. In questo caso il nemico è, manco a dirlo, proprio la filosofia — o meglio, una certa filosofia.

Sesto Empirico — lo scettico più noto dell'antichità — riteneva che lo scetticismo avesse una funzione terapeutica. La necessità di trovare ubi consistam filosofici era per lui un segno di disordine del pensiero, una specie di patologia dello spirito. Lo scettico di solito comincia come un ammalato di filosofia in cerca di verità definitive. Frustrato dalle batterie di argomenti e contro-argomenti usati dai filosofi che si oppongono su quali siano queste verità, lo scettico finisce per cadere, esausto, in una sospensione del giudizio: non sa più a chi dar ragione. E proprio da questa sospensione arrivano, in maniera inattesa e casuale, il sollievo e la liberazione dal bisogno di certezze. Sesto ricorda la storia del pittore Apelle, che a lungo cercò invano di dipingere la schiuma sulla bocca di un cavallo. In seguito ai ripetuti insuccessi, Apelle gettò la spugna. La gettò letteralmente, s'intende: prese la spugna che usava per cancellare gli errori, e la scagliò contro il dipinto. Del tutto casualmente, la spugna si abbatté sulla bocca del cavallo, producendovi una perfetta schiuma raffigurata, e risolvendogli il problema.

Per alcuni scettici matematici, la storia del Teorema di Gödel è del tutto analoga. I logici matematici ammalati di fondazionalismo filosofico si mettono a cercare una prova di coerenza per l'aritmetica; vari tentativi falliscono, finché uno di questi produce un risultato completamente inatteso: si dimostra che, in fin dei conti, la coerenza dell'aritmetica non si può dimostrare. Proprio questo fatto, d'altra parte, produce il ricercato sollievo: ora i matematici possono lavorare senza essere assillati dal bisogno filosofico di fondamenti, visto che si è provato che non ce ne sono.

Le cose stanno davvero così? Vediamo.


1. «Io non sono pazzo!»

Come si ricorderà, Hilbert prese posizione sulla crisi dei fondamenti per garantire un terreno sicuro all'analisi, ma anzitutto all'aritmetica, in primo luogo di fronte all'emergere dei paradossi della teoria degli insiemi. Nel proprio Programma propose, come sappiamo, di fornire una prova di coerenza metamatematica finitaria per l'aritmetica formalizzata. Il problema di dimostrare la coerenza, notiamo per inciso, è pressante soprattutto per il formalista, più che non per il platonista.

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12.
Gödel contro Wittgenstein
e l'interpretazione paraconsistente



Molti pensano che Ludwig Wittgenstein sia, molto semplicemente, il più grande filosofo contemporaneo. Io sono fra questi. Peraltro, i filosofi disputano su tutto, e una delle cose su cui disputano è l'identità dei migliori fra loro. Fra i logici c'è molto più accordo: da vari sondaggi di fine secolo risulta che Kurt Gödel è saldamente il logico del millennio (seguono, a grande distanza, Alfred Tarski e Gottlob Frege, mentre nella sottoclassifica degli ancora viventi si fa spesso il nome di Saul Kripke ). Ebbene, non sarebbe bello – visto che ci stiamo occupando delle interpretazioni filosofiche del Teorema di Gödel – se il più grande filosofo della nostra epoca avesse avuto qualcosa da dire sul più importante teorema prodotto dal più grande logico della nostra epoca? La domanda avrebbe un po' il sapore di quelle sfide da fanta-calcio, in cui si fa giocare il Milan di Van Basten con il Real di Puskas.

Sennonché, in questo caso, è successo davvero. Nelle Osservazioni sui fondamenti della matematica di Wittgenstein, infatti, si trovano alcuni commenti sul Teorema di Incompletezza. Wittgenstein si rivolge soprattutto ed esplicitamente al Primo Teorema, ma alcune delle sue affermazioni riguardano, in modo più indiretto, il Secondo. Intorno a queste osservazioni è sorta in breve tempo una grande mole di letteratura. Per trattarne in modo adeguato occorrerebbe parlare in generale dei rapporti fra il pensiero di Gödel e quello di Wittgenstein; e per far questo occorrerebbe un intero libro. Nella relazione fra i due, infatti, non è in gioco solo l'interpretazione del Teorema, ma la natura stessa della matematica, e anche qualche questione filosofica di portata ancora più ampia.


1. Quando i grandi si sfiorano...

Gödel e Wittgenstein si sfiorarono senza mai giungere a un incontro diretto, ma c'è da attendersi che, se un incontro ci fosse stato, si sarebbe in effetti trattato di uno scontro. Troviamo in ciascuno dei due brevi commenti sull'altro, scritti quasi di passaggio, e come ostentando l'intenzione di non dedicarvi troppo spazio o troppa importanza. Gödel si era formato a contatto col circolo di Vienna, entro il quale, nel bene e nel male, Wittgenstein aveva il carisma di un guru. Ma in realtà, come ha detto Rebecca Goldstein, «nessuno dei due avrebbe potuto riconoscere il lavoro dell'altro senza rinunciare a ciò che era più fondamentale nella propria prospettiva. Ciascuno [...] era una spina conficcata nella metamatematica dell'altro».

Ciò a cui la Goldstein si riferisce è l'opposta concezione che i due avevano della natura stessa della matematica. Conosciamo ormai bene il platonismo matematico di Gödel, e il modo in cui questo gli ispirò la scoperta del Teorema. Al contrario, un tratto comune sia al cosiddetto «primo» che al cosiddetto «secondo» Wittgenstein, e su cui egli non deflette mai, dal Tractatus logico-philosophicus fino agli ultimi scritti, è la profonda avversione al platonismo metafisico in generale, e in filosofia della matematica in particolare. L'antiplatonismo di Wittgenstein è peculiare: da un lato, è irriducibile sia al costruttivismo degli intuizionisti, che al formalismo hilbertiano (il quale invece era visto da Wittgenstein, si è accennato varie pagine fa, proprio come l'altra faccia del platonismo), che alla stessa filosofia neopositivistica della matematica come «sintassi del linguaggio», pur così ispirata dal Tractatus; dall'altro, condivide certi aspetti con ciascuna di queste posizioni.

Probabilmente, il tratto più generale e comune alle diverse e frammentarie osservazioni di Wittgenstein sul Teorema di Incompletezza consiste nel fatto che egli cerca di separarvi quella che chiama la «prova», ossia il vero e proprio risultato matematico, da quella che chiama la «prosa», ossia le pretese conseguenze filosofiche del Teorema, e in particolare quelle di stampo platonista. Ciò che Wittgenstein certamente rifiutava, dell'atteggiamento che probabilmente intravedeva in Gödel, era la pretesa di trarre conseguenze filosofiche, e magari di risolvere problemi fondazionali, a partire da un teorema matematico.

D'altra parte, dicevo, proprio perché ricostruire la filosofia della matematica di Wittgenstein è complesso e richiederebbe molto spazio, in questo capitolo mi limiterò non solo a quel che egli ebbe da dire sul Teorema di Incompletezza, ma anzi, a una particolare interpretazione di quel che disse. L'interpretazione che proporrò può essere riferita al recente sviluppo delle logiche e aritmetiche paraconsistenti. Ho già accennato rapidamente a queste logiche, le quali sono caratterizzate dal fatto che in esse vengono meno le varie versioni della Legge di Scoto: l'ammissione di contraddizioni all'interno di teorie e sistemi che hanno sottostanti logiche paraconsistenti non li rende dunque immediatamente triviali, o banali – non produce, insomma, un «caos» logico. Credo che i modelli per questi sistemi, oltre a catturare alcune delle intuizioni alla base della posizione wittgensteiniana sul Teorema di Incompletezza (ancorché, come vedremo, non tutte), contribuiscano a dare a questa maggior plausibilità alla luce della moderna logica matematica.

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